Visco: «No alla rincorsa prezzi-salari...nello scenario futuro c'è il rischio di un meccanismo nel quale l’impennata dei prezzi produce spinte sulle retribuzioni che a loro volta alimentano l’aspettativa di nuova inflazione. È la classica «spirale prezzi-salari». «No a vane rincorse fra prezzi e salari... l'Italia deve spingere sulla produttività grazie anche al rilancio degli investimenti del Pnrr»
Servono interventi mirati e calibrati facendo attenzione all’equilibrio delle finanze pubbliche per evitare che gli interventi per sostenere le famiglie e contenere i rincari delle materie prime diano avvio a un circolo vizioso tra inflazione e crescita salariale. “Un aumento una tantum delle retribuzioni”, potrebbe ridurre tale rischio". La soluzione non è inseguire i rincari con corrispondenti aumenti di stipendio bensì puntare su “interventi di bilancio di natura temporanea, e calibrati con attenzione all’equilibrio delle finanze pubbliche”
"un circolo vizioso come negli anni Settanta, quando gli aumenti innescati dalla crisi petrolifera si trasferivano direttamente alle retribuzioni attraverso la cosiddetta scala mobile, con il risultato di alimentare ulteriori rincari...".
In questo quadro il governo anche sul salario minimo dice che approvare un minimo legale appare sempre più improbabile.".
*****
Così ha detto il Governatore della Banca d'Italia, a nome del capitale, ponendo una "avvertenza" ai sindacati, che non rischino di essere i responsabili di una inflazione galoppante! (ma su questo, al di là di dovute lamentele, non c'è pericolo), ma anche richiamando parlamento e governo ad essere uniti e rigidi su questa linea.
In realtà Visco ha mostrato che i padroni ciò che temono di più è che gli operai, a fronte anche dell’aumento dei prezzi, lottino per aumenti salariali - Diciamo "anche" perchè i salari è da tempo che sono diminuiti; per guardare agli anni più recenti, nella pandemia con migliaia di lavoratori in cassintegrazione e poi rientrati (chi è rientrato) in condizioni contrattuali peggiori, i salari sono stati già ampiamente tagliati; la maggior parte dei lavoratori non ha neanche avuto in questi anni la miseria degli aumenti dei rinnovi dei contratti e, andando più indietro, fonti ufficiali ci dicono che dal 1990 i salari reali sono diminuiti.
La lotta per aumenti salariali è quindi una lotta di recupero di un salario che il capitale con i suoi interventi ha già abbassato.
Ma è proprio questa lotta per il salario che gli operai, tutti i lavoratori devono fare! Questa lotta è centrale non solo per una necessaria difesa economica, ma perchè essa rappresenta il cuore dello scontro tra classe operaia e capitale, tra lo sfruttamento e i livelli sempre più pesanti di "rapina" del pluslavoro, non pagato, operaio - attraverso sia un incremento nudo e crudo dell'orario di lavoro, dei ritmi, sia attraverso l'incremento della produttività - e i profitti dei capitalisti che non sono diminuiti ma concentrati.
La lotta per il salario ha a che fare con i rapporti di forza tra classe operaia e capitalista. La lotta è tra il capitale che “cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo” e l’operaio che “esercita una pressione in senso opposto. La cosa si riduce alla questione dei rapporti di forza delle parti in lotta” (Marx).
Gli operai, nel fare questa lotta - come scrive Marx - “adempiono solamente un dovere verso sé stessi e verso la loro razza”.
Ma per i capitalisti il salario viene ad essere una sorta di “costo ingiusto” che devono sborsare dalle “loro tasche”, come se il salario non lo produca/ricostruisca lo stesso operaio con una parte del suo tempo di lavoro (l’altra parte è quella che diventa sempre più grande, in cui l’operaio lavora gratis per il profitto del padrone).
Detto questo, è falso che l'aumento dei salari spinge ad un aumento dei prezzi
Primo, le stesse fonti borghesi hanno spiegato che gli aumenti dei prezzi, in particolare delle materie prime vi erano già stati (non sono affatto tutti addebitabili alla guerra in Ucraina) e per i movimenti del capitale, non certo per aumenti dei salari: “La ripresa economica dopo i lockdown ha portato a un eccesso di domanda di materie prime, in cui negli ultimi mesi si sono inseriti i timori per l’inflazione e le tensioni geopolitiche. A correre più di tutti è stato il prezzo del gas naturale. Le quotazioni del gas — sul mercato europeo — è salito anche del 600 per cento come livello massimo a metà dicembre. Da cui anche la crescita del costo dell’elettricità, prodotta in misura crescente da centrali a gas. Ma anche il petrolio si è mosso in scia: in questo caso i grandi produttori riuniti nel sindacato Opec+ (lo storico cartello allargato alla Russia) vengono accusati di non aumentare la produzione in maniera sufficiente per calmierare il prezzo“. (dalla stampa borghese).
"Marx spiega come la lotta per aumenti salariali è di fatto una lotta di recupero di un salario che il capitale con i suoi interventi ha già abbassato. Quindi se il l'operaio non facesse questa lotta non è solo non avrebbe un aumento del salario ma vedrebbe il suo salario ulteriormente diminuito".
"L'aumento generale del livello dei salari non incide sui prezzi delle merci (Marx dimostra che questo accadrebbe anche se gli operai con quell'aumento acquistassero beni non di prima necessità), ma sui profitti! Un aumento generale dei salari, quindi, “provocherebbe una caduta del saggio generale del profitto, senza esercitare alcuna influenza sui prezzi medi delle merci o sui loro valori”.
"Quindi, l’aumento dei prezzi mai può essere addotto come argomento contro l’aumento dei salari. E in particolare contro la lotta per l’aumento dei salari".
“Il valore di una merce non dipende dal rapporto tra domanda e offerta di quella merce, ma dipende dal tempo di lavoro necessario per produrla”. Tale valore non coincide col “prezzo di mercato”, perché quest’ultimo dipende dall’influenza della domande e dell’offerta, mentre il valore no, e non coincide meccanicamente con essa".
"Questo spiega perchè gli aumenti dei salari sono sempre in rapporto a questo uso che il capitalista fa dell'operaio. Se, poniamo, il prezzo di una merce è 100, di questo 100, metà, 50, è per pagare il salario dell'operaio e 50 è gratis, è il profitto del capitalista; quando questo rapporto varia, se per esempio l'operaio con la sua lotta riesce a ottenere 60, il profitto è 40. Cioè l’aumento del salario non incide sui prezzi delle merci ma incide sul saggio di profitto, sulla quantità di profitti".
"Gli operai, ieri, oggi e domani, possono valutare tranquillamente sulla loro pelle e con la loro testa che quando i rapporti di forza tra padroni e operai fanno sì che gli operai non ottengano aumenti dei salari e che quindi il loro salario cala, i prezzi continuano lo stesso ad aumentare e mentre difendono l’aumento dei profitti o la tenuta di essi, il salario cala".