Il risultato principale di queste elezioni è il massiccio e inequivocabile astensionismo di massa che ha raggiunto oltre il 50% in tutte le grandi città in cui si è votato. I dati indicano che sono state le periferie, in cui già da tempo vi era un forte astensionismo, che in questa occasione hanno ulteriormente incrementato la loro non partecipazione al voto. Si tratta, quindi, fondamentalmente delle masse proletarie. E' un dato obiettivamente positivo perchè significa che è caduto completamente l'inganno populista del M5S e che questo non è stato recuperato dall'asse fascio-razzista-populista Salvini/Meloni.
Questo dato per noi comunisti, però, non è sufficiente ne ci fa gridare vittoria, perchè resta chiaro che la non partecipazione o il rifiuto del voto non va oltre un dato statistico, perchè nessun altro dato - questo non virtuale, non elettorale - ci permette di parlare di periferie in rivolta, riorganizzazione proletaria e popolare delle lotte sui bisogni, dentro la crisi e la pandemia che ha peggiorato le condizioni di vita e di lavoro, ha abbassato ulteriormente salari e redditi, ha esteso la mancanza di servizi sociali, e chiaramente ha mantenuto l'emergenza sanità e scuola.
Per i comunisti dimostra soltanto che quello che ci serve è la lotta non il voto e che questo deve rimanere l'asse centrale del lavoro di massa.
Si sbaglierebbe però a concentrare tutta l'attenzione su questo.
La questione politica, della rappresentanza politica è il problema principale nei settori operai e proletari che pure lottano, sia pure in una situazione a macchia di leopardo che vede lotte significative nella logistica, in alcune fabbriche - con il particolare della lotta della Gkn -, in alcuni settori dei lavoratori precari, a cui vanno aggiunti i fermenti nelle scuole e nelle realtà territoriali ben delimitate, dai Disoccupati di Napoli, al Movimento No Tav, ecc.
Qui le lotte vanno intensificate ed estese, resistendo alla repressione e alle manovre e linee riformiste che le influenzano, ma siamo ben lontani dall'emergere di realtà d'avanguardia che si diano un'effettiva prospettiva politica che, al di là delle fumisterie, si chiama: ricostruzione del Partito della classe, fronte unito proletario e popolare, forza militante per fronteggiare la repressione e per trasformare il conflitto sociale in guerra di classe, scontro con lo Stato borghese, costruzione dell'alternativa di potere al potere della borghesia.
Per proletari comunisti questo è il problema. Le forze che si presentano alle elezioni nel campo della sinistra, fuori dal Pd, non sono la soluzione ma parte del problema, sono energie sprecate e non recuperate alla lotta rivoluzionaria.
Chiaramente nel campo lasciato libero dai proletari con la grande voce afona dell'astensionismo i partiti della borghesia ci sguazzano e marciano come un carro armato per realizzare i piani dei padroni.
Il fronte unico dei padroni, compattato intorno a Draghi, appare poco sensibile alle convulsioni dei partiti della maggioranza governativa; questo spinge Draghi a non tenerne conto e ad incassare a suo favore il risultato elettorale andando avanti lungo il piano di governo.
Prende peso, anche questo fuori dalla contesa elettorale, il 'Patto per l'Italia' di padroni/governo/sindacati, così come il ruolo militarista e imperialista che l'Italia si trova e vuole svolgere nella contesa mondiale interimperialista, sempre più caratterizzata dell'acutizzazione di contraddizioni e da venti di guerra, vedi in particolare nel pacifico.
Il risultato elettorale premia il PD come forza di governo e pretoriana del governo Draghi, ma nello stesso tempo vede l'ulteriore disfacimento del M5S, la cui rappresentanza parlamentare e peso nel governo non corrisponde più alla geografia elettorale del paese.
L'altro polo della coalizione di Draghi e dell'arco parlamentare appare in crisi, contraddizione, anche se non è vero che sia stato ridimensionato nei numeri, al calo delle Lega corrisponde la crescita di Fratelli d'Italia e la palude centrista del centro destra e del centro sinistra costituisce comunque un'area politica determinante per qualsiasi maggioranza di governo.
Dal punto di vista dei proletari e delle masse popolari, quindi, nulla di nuovo sotto il sole.
Al fronte unico dei padroni bisogna contrapporre il fronte unico di classe.
Lo sciopero generale nazionale dell'11 ottobre è sicuramente parte di questa battaglia, in questo senso è importante. Estendere la partecipazione allo sciopero, costruire l'unità sindacale di classe, unire alla lotta proletaria di fabbrica, logistica, tutte le lotte dei lavoratori e lavoratrici, unire lavoratori e studenti, attrarre a questa lotta i settori della società e dei movimenti di lotta che siano fuori e contro partito parlamentari e sindacati confederali.
Non siamo fuori dal "lungo inverno", ne appare ancora all'orizzonte un nuovo "autunno caldo"; ma questa resta la parola d'ordine importante di noi comunisti, la linea di azione e di condotta, il piano e il programma in questo mesi.