Dobbiamo portare la battaglia sul piano nazionale e organizzarci in una Rete nazionale per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro e nei territori
Di fronte alla strage quotidiana di operai sul lavoro (538 le vittime sul lavoro nei primi 6 mesi del 2021), i confederali sostengono il governo riguardo l'annunciato aumento del numero degli ispettori del lavoro e agire su prevenzione e formazione. Misure ancora insufficienti per fare i controlli nelle aziende, un segnale per portare ancora il consenso dei lavoratori al governo da parte di Landini, dopo lo sblocco dei licenziamenti e la liberalizzazione degli appalti.
Una Rete dal basso che unisca diverse energie che si battono realmente a difesa della vita degli operai nei luoghi di lavoro è sempre più necessaria per non delegare nè alle istituzioni, nè ai confederali, questa lotta.
Riguardo le Istituzioni: l'INAIL, da parte sua, permette alle aziende di risparmiare i costi del premio assicurativo all'INAIL per la sicurezza (Modello OT23: l’art. 23 delle Modalità per l’applicazione delle Tariffe INAIL approvate con decreto interministeriale del 27.02.2019).
Bruno Giordano, il nuovo direttore INL (Ispettorato nazionale lavoro), in un'intervista, fa il punto dei controlli e ammette anche che si tratta di una guerra e che si combatte, questa guerra, soltanto attraverso la prevenzione e che gli infortuni sono crimini di pace, che manca il coordinamento tra Ispettorato e Ausl, che a Prato e a Milano (nel cuore della produzione/logistica nazionale) lavoro nero nel 100% nelle aziende ispezionate e che la manipolazione dei macchinari avviene soprattutto nelle pmi per aumentare i ritmi, l'intensità del lavoro
Basteranno i 2.100 nuovi ispettori annunciati dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando?
Dopo dieci anni senza assunzioni questa è una boccata d’ossigeno salutare, ma la situazione resta grave. Attualmente, i dipendenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro sono circa 4.600, ma soltanto duemila sono ispettori e appena 200 sono ispettori tecnici, abilitati ad effettuare i controlli sui macchinari. Questo è il quadro. Con le forze attualmente a disposizione, si riesce a controllare soltanto il 5% delle aziende, con un rapporto di un ispettore ogni 5mila imprese. Eppure, nel 2019 su 10mila aziende verificate, più di 8.500 non sono risultate in regola. Ma quante sfuggono ai controlli?
da labottegadelbarbieri
intervento di Vito Totire
Un’organizzazione del lavoro che genera morte e orfani
Ancora non è sbollita la rabbia per l’omicidio sul lavoro di Luana D’Orazio che la morte in fabbrica colpisce ancora; la vittima è Christian Martinelli, 49 anni, secondo le cronache rimasto schiacciato da un tornio a Busto Arsizio, nell’azienda Bandera. Lascia la moglie e due povere bambine piccole. Si lamentava in famiglia che erano in pochi. Spesso a uccidere è la sproporzione tra il carico di lavoro e le possibilità umane di sopportarlo. Leggi adeguate per la prevenzione esistono ma rimangono sulla carta. Il Parlamento italiano ha varato un testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, il decreto 81/2008. Per la verità un testo unico era previsto dalla legge 833/1978 e doveva essere redatto entro il 31.12.1979! E’ arrivato con un ritardo di quasi 30 anni e, per stimoli provenienti dalla UE, ha inserito la valutazione del distress lavorativo. Ma il rispetto delle leggi se non viene “ricordato” ai padroni dall’azione sinergica della forza operaia e della azione degli organi ispettivi, CADE NEL DIMENTICATOIO perché organizzazioni tese solo al profitto e alla competitività uccidono, a volte anche per “risparmiare” pochi euro. Tanto il più delle volte i costi delle stragi e delle morti operaie vengono scaricati sulla collettività.
Quando la moglie dell’operaio morto parla delle lamentele del marito denuncia una organizzazione del lavoro che spreme e usura ma sulla quale i lavoratori non intervengono perché i rapporti di potere sono sfavorevoli mentre gli enti ispettivi non si muovono perché indeboliti, “rimodulati”, sotto organico o impegnati in altri compiti (come è successo durante l’epidemia).
TUTTO QUESTO DEVE CAMBIARE: IL MONDO DEL LAVORO E’ DIVENTATO UNA TRINCEA BELLICA MA GLI OPERAI /LE OPERAIE NON HANNO RICEVUTO NESSUNA DICHIARAZIONE DI GUERRA
Bisogna rafforzare una RETE TERRITORIALE E NAZIONALE PER LA PREVENZIONE CHE SIA IN GRADO DI INTERVENIRE “IL GIORNO PRIMA” DENUNCIANDO LE CONDIZIONI DI LAVORO INSOSTENIBILI , CESTINANDO I DOCUMENTI DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO REDATTI A TAVOLINO O MAI ESTRATTI DAL CASSETTO, SOSTENENDO LE POSSIBILITA’ DI AUTODIFESA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI.
(*) Vito Totire, medico del lavoro
Morti, feriti e ammalati al lavoro. Niente prevenzione, niente sicurezza, ma tante polizie
di Salvatore Palidda
La morte al lavoro di Luana D’Orazio, ventiduenne madre di un bambino, ha solo in piccola parte svelato la tragedia delle morti sul lavoro che si ripetono continuamente: sono 3 al giorno ma a queste si aggiungono oltre 130 mila incidenti più o meno gravi che a volte lasciano invalidi a vita le vittime … e ancora tanti ammalati per contaminazioni tossiche tipiche di tante attività. Il paradosso è che negli anni scorsi con le lotte è stata conquistata una normativa che sulla carta è buona. Ma non è applicata né fatta rispettare. Manca la prevenzione e quindi la protezione di chi lavora. Come ci dicevano alcuni operai durante un’inchiesta nel 2009: «Ogni giorno andiamo a lavorare come se andassimo in guerra! Rischiamo incidenti o di morire». La causa di questa assenza di prevenzione e di protezione è evidente ma le autorità la ignorano, un’ignoranza che di fatto è criminale! Dal 1990 in poi le agenzie di prevenzione e controllo (ispettorati del lavoro, ispettorati ASL, INAIL e anche RLS e RLST cioè responsabili sindacali per la sicurezza) sono state indebolite o ridotte a fare ben poco. A fronte di milioni di imprese in tutta Italia gli ispettorati del lavoro hanno solo 4500 dipendenti spesso costretti a stare in ufficio in mezzo alle scartoffie e quindi poco impiegati per ispezioni di controllo. Gli addetti alla prevenzione e ai controlli delle Asl sono rimasti 2 mila in tutta Italia! (erano 5mila ancora nel 2009). Gli ispettori dell’Inail sono ridotti a solo 246. Ciononostante quando questi ispettori riescono a fare controlli si scopre che oltre l’80% delle attività economiche non sono in regola [1]. Spesso gli impianti di sicurezza non sono messi in funzione perché frenerebbero i ritmi produttivi che i padroni vogliono sempre più veloci. E in generale le autorità fanno finta di non sapere che circa il 35% del PIL è dovuto alle economie sommerse, cioè lavoro semi-nero e nero, a rischio di incidenti, oltre che di evasione fiscale e contributiva.
Eppure l’Italia è il paese che ha in proporzione agli abitanti più polizie. Ma per quale sicurezza? [2]
Dal 1990 in poi tutte le autorità non fanno altro che assecondare il discorso demagogico contro le insicurezze (di comodo) attribuite a immigrati, marginali, tossicodipendenti o presunti sovversivi. Il signor Salvini quando era ministro degli Interni si è guardato bene di dire alle polizie di andare a controllare le attività al nero nei suoi feudi elettorali come per esempio la Valle della gomma dove si strappano al nero guarnizioni per auto a 2 euro per mille pezzi. Nessun governo ha varato un vero e proprio programma di bonifica delle economie sommerse che fra l’altro significano evasione fiscale e collusioni con la criminalità organizzata. Le vittime di queste economie sono italiani e immigrati stranieri. Ma queste vittime e chi rischia la vita sul lavoro vengono ignorate, non hanno diritto ad alcuna protezione. Allora perché non si riqualifica metà del personale delle polizie e lo si destina alla prevenzione e il controllo dell’insicurezza e delle irregolarità nelle molteplici attività economiche?
La risposta è una sola: le economie sommerse valgono 10 milioni di voti!
Perchè sono circa 10 milioni gli italiani che “beneficiano” di lavoro semi-nero e nero, quindi di evasione fiscale e contributiva e di abusivismi. Nessun partito osa mettersi contro questo elettorato. E il presidente della Repubblica che si commuove a ogni morte sul lavoro o su casi di neo-schiavitù perché non dice nulla su questo? E perché il Recovery Plan o PNRR varato dal governo Draghi IGNORA questa realtà? Si legittima così il fatto che l’economia nazionale si nutre di economie sommerse e delle loro vittime!
[1] Vedi https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/05/04/morti-sul-lavoro-la-politica-scopre-lemergenza-dettori-cgil-le-leggi-ci-sono-ora-metterci-i-soldi-pochi-controlli-e-8-aziende-su-10-non-sono-in-regola/6187058/
[2] Vedi il mio libro «Polizie, sicurezza e insicurezze», Meltemi, 2021