A
Piacenza Stato e padroni hanno voluto colpire duro i lavoratori della
Fedex-TNT sia davanti ai cancelli con cariche, manganelli e
lacrimogeni, sia tramite i provvedimenti repressivi della Procura con
le perquisizioni all’alba del 10 marzo nelle case di diversi
operai, i sequestri di pc e telefoni, i 21 indagati, i 5 divieti di
dimora, i 6 avvisi di revoca dei permessi di soggiorno, le multe per
13.200 euro per violazione di misure anti-covid (mentre dentro i
magazzini o dentro le fabbriche gli organi repressivi dello Stato non
hanno lo stesso problema perchè non hanno mai messo piede per
tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori).
Gli
scioperi, i blocchi dei facchini del sindacato SiCobas hanno colpito
i profitti padronali. Proprio per questo una vertenza dov’è
protagonista la forza operaia ribelle e combattiva è stata
trasformata dallo Stato e dal padronato come questione di ordine
pubblico per mandare un messaggio chiaro a tutti i lavoratori in
lotta dei sindacati di base e di classe che l’obiettivo è
l’annientamento della forza organizzata dei lavoratori combattivi,
di coloro che non vanno col cappello in mano alle vertenze
accontentandosi delle briciole del padrone ma che combattono fino in
fondo per la difesa del posto di lavoro, per un salario dignitoso,
contro lo sfruttamento schiavistico, che lottano uniti con coloro che
vengono colpiti da attacchi repressivi antioperai.
A
Prato la violenza poliziesca si è scatenata contro il presidio degli
operai Texprint in sciopero da 50 giorni per ottenere contratti
regolari di 8 ore per 5 giorni, in una realtà dove la produzione per
i grandi marchi di moda italiana passa attraverso lavoratori
stranieri obbligati a lavorare 84 ore la settimana per mille euro,
senza giorno di riposo, senza ferie e senza malattia.
A
difesa della proprietà e dei profitti dei padroni, multinazionali o
criminali che siano (a Prato lo sono), c’è anche qui la violenza
dell’apparato repressivo lo Stato. Dove non arrivano i confederali
a piegare le richieste operaie arriva lo stato di polizia, arriva la
criminalizzazione politica delle lotte dei lavoratori, alimentata sui
media asserviti.
Ma
dove vanno a parare questi attacchi repressivi antiproletari, tra
montature politiche, decreti sicurezza liberticidi, la
strumentalizzazione dell’emergenza sanitaria per vietare le lotte?
Sempre
più è chiaro che sono gli scioperi, i picchetti, i blocchi ai
cancelli a venire processati dai Tribunali dei padroni, sono le forme
di lotta che fanno parte della storia del movimento operaio e
sindacale italiano ed internazionale ad essere incriminati.
Come
i governi non sono tutti uguali, così anche l’organizzazione dello
Stato non è la stessa cosa se formalmente democratica oppure
fascista e la crisi economica, che la pandemia ha aggravato, spinge i
padroni e i loro governi verso lo scaricamento di esse sui lavoratori
e le masse, e richiede soluzioni quindi sempre più fasciste, che
poggiano sulla violenza e sull’organizzazione neocorporativa tra
padroni e operai.
L’attacco
repressivo antiproletario di Piacenza va in quella direzione, in
quella, cioè, delle soluzioni sempre più fasciste. Lo Stato arriva
persino a legittimare, con la forza, i sindacati confederali. Il
carattere politico dell’operazione repressiva e i suoi fini sono
ben rappresentati dalle parole della Procura: “[tra i manifestanti]
vi erano anche facchini con buste paga da duemila euro al mese […]
a riprova di come le proteste fossero ‘pretestuose’”; “È
stato opportuno l’intervento delle forze dell’ordine e anche la
risposta sul fronte giudiziario a fronte di comportamenti violenti
PRIVI DI OGNI VALENZA SINDACALE..tanto è vero che i sindacati che
hanno sempre mantenuto un dialogo aperto e leale come la Cisl hanno
con forza condannato il comportamento di questi facinorosi”. E poi
la “perla” per giustificare le cariche poliziesche: “I
manifestanti hanno cercato di far cadere gli agenti schierati
prendendoli per le caviglie. A quel punto si è reso indispensabile
l’uso dei lacrimogeni per disperdere la folla.” Ci sarebbe da
ridere ma siamo accecati di rabbia per potere far passare queste
montature oltre alle mazzate della polizia.
E’
evidente che padroni e governo vogliono andare oltre una singola
vertenza, vogliono prepararsi allo sblocco dei licenziamenti e alla
potenziale rivolta operaia con “le prove tecniche di moderno
fascismo”.
Di
recente, quest’attacco al diritto di manifestazione e di sciopero,
oltre che con la violenza poliziesca, lo abbiamo visto lo scorso 18
febbraio,
quando ai lavoratori è stata negata Piazza Montecitorio per
manifestare contro il nuovo governo Draghi e l’8
marzo scorso,
con il divieto di sciopero per tutto il settore scolastico.
Appunto
è sulla natura di questo governo che devono fare chiarezza le
avanguardie proletarie e trovare sempre più i metodi giusti per
fronteggiare questo e gli altri che verranno.
Il
compattamento attorno questo governo di Confindustria, Banche e
finanza, di tutto il parlamento, dei sindacati confederali, rivela
chiaro che si è costruita un’unità politica e un blocco sociale
egemonizzato dalla borghesia imperialista attorno al banchiere Draghi
e che questo governo è nato per scaricare crisi e pandemia sui
lavoratori e le masse e che questa unità nazionale è cementata
dalla
repressione
delle lotte e dell'opposizione politica del movimento reale.
Ma
a Piacenza lo scontro si è in qualche modo polarizzato e questa
dev’essere sempre più la strada da seguire: repressione poliziesca
col sostegno dei politicanti fascisti da una lato, e la piazza dei
lavoratori classisti dall’altro che hanno detto che la repressione
non ci fa paura e che non passerà e hanno dato una straordinaria
prova di forza partecipando numerosi alla manifestazione del 13
marzo, uniti sotto gli striscioni, con le numerose bandiere del
SiCobas e dello Slai Cobas psc, Adl, che chiedevano la libertà per
Carlo ed Arafat arrestati con la montatura repressiva del 10 marzo.
La
parola d’ordine “tocca uno, tocca tutti” ha coinvolto
lavoratori dal nord al sud, con moltissime iniziative nei luoghi di
lavoro e nelle città. L’immediata risposta, con più di un
migliaio di lavoratori e di lavoratrici, di cui la maggioranza
immigrata, è anche un altro elemento da valorizzare, una risposta di
massa che ha saputo infrangere a Piacenza i divieti e le provocazioni
della Questura arrivata a chiudere ambo i lati della strada, con
cordoni in assetto antisommossa e con i mezzi messi di traverso,
della Passeggiata Pubblica e che continuamente spingeva creando essa,
la polizia, le condizioni per un assembramento senza distanza
sanitaria. La manifestazione si doveva fare nella maniera più
assoluta e così è stato, continuando in una piazzetta antistante il
concentramento, senza arretrare, determinati, con la volontà di
prendere la parola in quell’assemblea a cielo aperto e continuare
la lotta contro l’attacco antioperaio repressivo di padroni e
governo ed esprimere sincera solidarietà di classe nei confronti dei
2 dirigenti arrestati.
La
questione è ora quella di allargare la lotta. Perché Carlo e Arafat
vengano liberati innanzi tutto e anche perché nessun permesso di
soggiorno ai lavoratori immigrati sia revocato. La lotta per
l’abrogazione dei Decreti sicurezza Salvini-Lamorgese è parte di
questa lotta, così come la lotta per i documenti, per fare saltare
il ricatto infame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro,
per la regolarizzazione di tutti e tutte. A Piacenza abbiamo detto
che è una lotta che riguarda noi tutti, tutti i settori classisti e
combattivi e in generale tutta la classe lavoratrice.
L’organizzazione
di una rete legale di avvocati che si impegnano a difesa dei
proletari colpiti dalla repressione è anche questo un obiettivo
necessario da portare avanti.
Il
disegno politico di padroni e governo a lungo termine porta alla
dittatura aperta, al moderno fascismo che, per sua natura e verifica
storica, è sempre corso al servizio del grande Capitale per salvarlo
dalla sua stessa crisi. La lotta alla repressione antiproletaria
mette in chiaro che si tratta di guerra di classe e che i lavoratori
non intendono sempre agire sulla difensiva. L’assemblea dei
lavoratori combattivi, il patto d’azione anticapitalista sono la
principale trincea di lotta che dobbiamo tutti rafforzare. Una
trincea di lotta a cui dovrà guardare presto tutta la classe operaia
se vorrà tornare ad essere protagonista dello scontro con i padroni
e il governo, organizzare la sua autonomia, la sua forza politica e
materiale che è un nuovo partito comunista, le sue alleanze.
pc