Abolizione
immediata dei “decreti sicurezza”!
II 24 luglio scorso
la Camera ha approvato la fiducia posta dal governo Conte sul cosiddetto
“decreto sicurezza bis”. Pochi giorni dopo il Senato ha posto il sigillo sul
testo facendolo divenire legge, promulgata da Mattarella con ipocriti
“distinguo”.
Questo provvedimento è stato fortemente voluto dall’ex
ministro di polizia, l’ultrareazionario Matteo Salvini, che a poche ore del
voto di Montecitorio si era rifiutato di dare spiegazioni sui 65 milioni di
fondi russi alla Lega, non presentandosi in Aula. Un magnifico esempio del
carattere falso e ipocrita del parlamentarismo borghese.
Oltre
agli effetti propagandistici, il "decreto sicurezza bis" ha un duplice scopo.
Da un lato, indurisce
l’infame politica migratoria che ha contraddistinto il governo dei populisti.
Si vieta l’ingresso in acque italiane, si chiudono i porti, si confiscano le
navi, si militarizza il Mediterraneo, si intensificano la minaccia e la
persecuzione dei volontari che salvano vite umane in mare. In tal modo si
impedisce che i migranti, superstiti da traversate infernali e dai lager
libici, siano soccorsi.
Ciò equivale a una condanna
a morte per migliaia di oppressi che fuggono da guerre, miseria e regimi
reazionari, e maggiori ricatti per
chi riesce a sbarcare.
Dall’altro
lato, il “decreto sicurezza bis”, introduce una serie di norme
politico-giuridiche volte a restringere il diritto di manifestazione
(facendo divenire reato con pene fino a 4 anni di galera l’accensione di fumogeni
e l’uso di fazzoletti per non essere avvelenati dai gas lacrimogeni), e
inasprendo le sanzioni penali per alcuni reati previsti dal Testo unico delle
leggi di “pubblica sicurezza” approvato dal fascismo.
Con i decreti sicurezza 1 e 2 le forze di polizia
godranno di maggiori tutele, al contrario dei manifestanti, che saranno più esposti alla violenza di Stato.
Sempre
più misure e risorse sono messe in campo per reprimere i lavoratori, sempre
meno misure e risorse per tutelarli.
Bersaglio della gestione populista dell’ ”ordine
pubblico” sono le lotte di quei settori
proletari e popolari che non piegano la testa e si preparano a riscendere in campo di fronte alle manovre governative e
all’approfondirsi della crisi economica.
Si vuole scoraggiare e impedire la partecipazione più
ampia delle masse alle manifestazioni, colpevolizzare gli organizzatori,
creando condizioni migliori per le scellerate azioni di provocatori prezzolati.
Si
punta a dividere, paralizzare e reprimere il proletariato, a sopprimere le sue
libertà e gli spazi di agibilità politica e sindacale conquistati con decenni
di dure lotte.
I capitalisti hanno tutto l’interesse ad appoggiare i
“decreti sicurezza”, perché sanno bene che agiscono contro il proletariato,
fiaccano la sua resistenza e disorganizzano la sua forza.
La lotta contro i “decreti sicurezza” - che hanno i loro
antecedenti nei “decreti Minniti” - non è solo necessaria, è anche urgente,
perché le loro norme, causano seri danni nelle file del proletariato,
costringendolo ad arretrare e perdere diritti, a combattere con le mani legate,
mentre l’attacco padronale si fa più duro e spietato.
Noi
comunisti esigiamo la cancellazione immediata degli infami “decreti sicurezza”
voluti da Salvini, non la loro “correzione” attraverso la modifica di qualche
articolo.
Allo stesso tempo ci poniamo il problema di come lottare
efficacemente nelle nuove condizioni, come contrastare l’applicazione delle
misure liberticide che costituiscono un tassello della trasformazione
reazionaria dello Stato borghese.
Una cosa è chiara: le misure reazionarie non si
sconfiggono con gli appelli umanitari e
non si possono affrontare continuando a lottare separati, oppure
isolando la questione della repressione dai bisogni urgenti e vitali degli
operai e degli altri lavoratori sfruttati, che entrano sempre più in urto con
il capitalismo e il suo apparato di oppressione statale.
L’offensiva
reazionaria si può battere solo con il fronte unico proletario di lotta, basato
sulla difesa intransigente degli interessi della classe operaia, contro il
capitalismo e la politica governativa di divisione antioperaia, contro le
manovre dei capi sindacali collaborazionisti e opportunisti.
Questa è la via attraverso la quale possiamo sviluppare
l’azione di classe e spezzare le unghie alla borghesia.
Lavorare per realizzare l’unità di lotta dei proletari
per il pane, la libertà dei lavoratori e la pace, contro tutti i tentativi
reazionari e riformisti di dividere la classe, significa lottare per l’unione dei gruppi comunisti e degli elementi di
avanguardia della classe operaia in una sola Organizzazione comunista, in
marcia verso il Partito indipendente e rivoluzionario del proletariato.
Da “Scintilla”, n. 101 – settembre 2019