Dall'intervento
di un operaio Ilva di Taranto alla presentazione del libro "Ilva la tempesta perfetta" alla libreria
Mondadori (in cui erano presenti anche esponenti di associazioni
ambientaliste);
“...Ancora adesso all'Ilva c'è uno
zoccolo duro di operai che comunque lotta. Il 30 marzo del 2012
(giorno della marcia organizzata da Riva e capi), in cui gli operai
sono usciti fuori con il kit, c'è gente che è anche restata in
fabbrica. Parliamo anche di questo! Quel 30 marzo c'è stato anche un
lato positivo. C'è stato l'operaio che si è ribellato. Non veniva
il sindacalista ma il caporeparto che diceva: esci fuori
dall'impianto. E tu hai detto: per quale motivo devo uscire? E lì si
rischia il posto di lavoro, si rischia il sostentamento, e se hai una
famiglia ci pensi un paio di volte... Ma poi dici: caspita, c'è la
dignità! In fabbrica c'era questa gente, e c'è ancora, non è che
non c'è.
Io sto in Ilva da 26 anni ormai, ho
visto tutta l'era Riva, sono entrato a “cavallo”. Molti operai
anziani non erano poi questi grandi pensatori, persone che hanno
fatto del bene. Molti figli di questi operai, entrati con Riva, sono
stati educati dai loro padri, operai che c'erano prima, a “piegare
la testa”. La cosa è quindi più complessa. Ma ancora oggi lì
dentro ci sono operai che lottano, saremo pochi ma comunque lottiamo.
Ed è più difficile lottare oggi. Prima era più facile, c'erano
rapporti di forza migliori, c'era il sindacato, che oggi non c'è.
Quindi oggi bisogna lottare contro i sindacati, contro l'azienda,
contro il tuo capo... è una lotta più complicata, più difficile.
Quando sento l'ambientalista dire:
“l'operaio Ilva è un assassino”, là l'ambientalista non fa il
suo dovere. L'ambientalista se vuole cooperare con l'operaio, deve
andare dall'operaio e spiegargli dove sbaglia, dire: guarda tu stai
sbagliando, perchè quella è una sostanza...
Se tu invece accusi l'operaio dicendo
“anche tu hai le mani sporche di sangue...”, a quel punto il mio
lavoro, all'interno, di resistenza verso l'azienda cade... Perchè a
quel punto l'altro che magari è più sindacalista, più aziendalista
dice: guarda, sei ritenuto “assassino” come me, quindi, a che
serve...? .
L'ambientalista deve essere anche
costruttivo, deve spiegare le ragioni. Noi lo facciamo dall'interno,
noi cerchiamo di tutelare la salute dall'interno. Ma non solo. Quando
c'è uno slopping, noi siamo i primi, i primi a dire: ma chi sta lì
a fare questa operazione?
Fuori, invece ci sono ambientalisti che
dicono. “assassini”. Poi c'è il politico di turno che incrementa
la dose... Invece, tu, ambientalista, vai dall'operaio, spiegagli la
situazione, coopera con gli operai, magari non riuscirai a
coinvolgere tutti, ma qualcuno, sì...”