....Dopo
aver “normalizzato” la fabbrica più rivoltosa, li dove maggiore erano
presenti le tracce dell’eterno conflitto “ Capitale – Lavoro “ e dopo
esser riuscita nel proprio intento, ecco spuntare sempre dal cilindro
magico dell’A.D. Una altra strategia volta sempre più a differenziare,
selezionare e controllare la classe lavoratrice, affinché non abbia
quest’ultima la possibilità di organizzarsi e di rivendicare maggiori
vantaggi e diritti.
La Fabbrica differenziata.
Per
prevenire la formazione di spunti di conflittualità rispetto al nuovo
ordine imperante e per impedire qualsivoglia tentativo di
socializzazione tra i lavoratori la linea di condotta di Marchionne si è
inventato ed ha applicato sulla carne viva dei lavoratori: la Settorializzazione delle Fasce.
Tale processo consiste nella formulazione in tre fasce di appartenenza delle maestranze:
Fascia “A”
in cui sono allocati tutti coloro addetti alle linee di produzione
(montaggio, verniciatura e lastrosaldatura) …i cosidetti “privileggiati,
in quanto sono esenti dal ricorso alla Cig, e per questo privilegiati,
nel lavorare a tempo pieno.
Fascia “B” gli addetti alle Presse e la Manutenzione, quella che veniva un tempo denominata “Aristocrazia Operaia“
Fascia “C”
ove sono presenti tutti quei lavoratori che fanno riferimento agli enti
improduttivi, cioè quei settori non strettamente vincolati alla
Produzione.
Quest’ultima
Fascia, per lo più da lavoratori “RCL” (Ridotte Capacità Lavorative) e
altri che in attesa di un aumento del picco produttivo, rimangono ai
margini dell’attività lavorativa, investiti anch’essi, dagli
Ammortizzatori Sociali, i Contratti di Solidarietà, valevoli soltanto
per coloro che risiedono in fascia “C” e per questo motivo impiegati a
rotazione soltanto per pochi giorni al mese.
Ovvio
che tale impostazione, la suddivisione della fabbrica in settori o
fasce, non ha diminuito ma inversamente, aumentato la rivalità e la
concorrenza “ a chi è più efficiente e affidabile nei confronti
aziendali, pur di lavorare, tra i lavoratori . Questa dinamica ha
determinato una ulteriore arretramento in termini di rivendicazioni
sindacali, peggiorando le condizioni di vivibilità lavorativa
all’interno della fabbrica.
Ad
oggi, la fabbrica di Pomigliano d’Arco è una assordante cassa acustica
composta dal silenzio misto a rassegnazione degli operai costretti e
sottoposti a turni infernali e a ritmi allucinanti sulle “catene” anche
se, osservando e vivendo più da vicino questa realtà, si ha la concreta
sensazione di trovarsi di fronte ad una pentola a pressione, pronta
prima o poi a esplodere per rompere la gabbia dello sfruttamento e
dell’alienazione.
Lo
avverti e lo senti nei colloqui nascosti, nelle parole imprecate, nei
visi e nei volti stanchi degli operai che, di nascosto dai loro
superiori, si avvicinano ai pochi delegati e attivisti sindacali,e
sfogano la loro rabbia repressa dalle condizioni di apparente normalità
in cui sono sottoposti quotidianamente. Rabbia e disperazione che aumenta di giorno in giorno e che prima o tardi, scoppierà!
- operaio Fiat/FCA