Le recenti sentenze della Cassazione
su ThyssenKrup ed Eternit hanno rovesciato i verdetti di primo grado.
Questo perchè? Per debolezza dei processi stessi o per altro?
Bisogna contestualizzare. Le due
sentenze sono state sentenze profondamente innovative. Il caso
ThyssenKrup è partito come omicidio volontario, con dolo eventuale,
riconosciuto in primo grado, già in appello era stato derubricato in
omicidio colposo con colpa cosciente. Ed era comunque una sentenza
che in materia di infortunio sul lavoro aveva stabilito il massimo
della pena. Non c'è mai stata una sentenza di questo tipo in Italia
e una pena simile.
In Cassazione per la Thyssen vi erano 2
questioni, una quella sollevata dalla Procura, l'altra dal difensore
della Thyssen che affermava che la pena “colpa cosciente” era
esagerata.
La Cassazione a sessioni unite ha detto
che l'omicidio volontario non ci stava. C'è da dire che non è
frequente che la Cassazione faccia sentenze a “sessioni unite”,
lo fa quando la questione è stata decisa in modo diverso da altre
sezioni, ma in questo caso non vi era stato contrasto in Cassazione,
lo hanno fatto per la rilevanza della questione.
Si tratta di una
sentenza che diventa vademecum di questo tipo di processi, in questa
materia di infortuni, nei reati di lavoro non ci sarà mai l'omicidio
volontario. Questo risultato era scontato prima della sentenza
Thyssen, la sentenza di primi grado lo aveva messo in discussione, la
Cassazione, invece, lo ha riaffermato. Mentre non ha toccato la pena,
rimandandola alla Corte d'appello.
E' una sentenza che pone un muro molto
forte al fatto che sia riconosciuto l'omicidio volontario. Fino alla
Thyssen nel nostro paese non ci sono mai condanne alte per morti per
infortunio.
Questo muro è
stato sfondato, ma l'altro no. Fino a 4 anni non si va in galera; è
un sistema che dà le pene a scopo solo di ammonizione.
L'Eternit è stata un tentativo di fare
un'operazione innovativa. Di considerare come unico fenomeno quello
dei danni prodotti all'ambiente e alle persone da produzioni
industriali.
Ci sono stati processi per disastri
ambientali, ma quello di tenere assieme tutto, lavoratori, abitanti e
ambiente, con l'art. 434 del codice penale, è stata un'operazione
innovativa che è andata a sollevare un problema storicamente sotto
la polvere, cioè gli effetti a lungo termine delle produzioni
industriali. L'Eternit ha cessato la produzione nel 1986 e la gente
continua a morire per quelle produzioni.
Il primo grado di giudizio ha
riconosciuto che questa operazione si poteva fare, e anche la Corte
d'appello. La Cassazione in modo ancora più violento della sentenza
Thyssen, ha detto NO: dovevate fare i processi caso per caso per i
singoli morti, perchè tenere assieme quanto accadde nel 1986 con
oggi non è previsto dal codice penale, visto come articolo che
esauriva le possibilità di punire nel momento in cui cessavano i
comportamenti fattivi dei responsabili. Quindi è dal 1986 che
comincia a determinarsi la prescrizione. Il fatto che la gente
continui a morire non si tratta di “disastro” ma di singoli
omicidi che bisogna perseguire uno per uno.
Questa interpretazione è secondo me
forzata. La lettera della norma è degli anni '30, in quegli anni non
vi erano disastri per l'utilizzo dei cancerogeni, in mente, allora,
avevano l'idea di un disastro semi istantaneo, il cancerogeno invece
non è mai istantaneo, ci impiega almeno 10 anni per far emergere i
primi effetti, per l'amianto, almeno 30 anni dall'esposizione.
Quindi, secondo la Cassazione per i cancerogeni non ci possono essere
disastri. La Cassazione ha ideato il “disastro perfetto”, che c'è
ma non è punibile.
Questa è una visione reazionaria: c'è
un problema si cerca di affrontarlo per quello che è in maniera
unitaria, loro invece dicono no: la lettera della norma dice che si
devono vedere i singoli casi.
In Corte d'appello abbiamo detto che la
produzione industriale produce merci e morti in serie, le patologie
sono un effetto della produzione industriale, le patologia di amianto
non esisteva prima della sua produzione industriale, Il capitalismo
produce merci e morti con la stessa intensità.
Non accorgersi di questo è grave,
quando se ne erano accorte le vedove dei lavoratori che appendevano i
manifesti funebri sui muri della fabbrica. Se ne sono accorte loro
negli anni '80..., ma la Cassazione ha detto: se ne dovevano
accorgere prima...
In risposta a queste due sentenze
sono state purtroppo deboli. La stampa ha dedicato solo alcuni
articoli, e non c'è stata un'adeguata reazione di forze sindacali,
ambientaliste, politiche.
Il presidente della Repubblica che più
volte si è pronunciato per la tutela dei lavoratori, questa volta ha
taciuto su Eternit e questo ha un significato. C'è da dire che
Eternit non era solo un riconoscimento della questione unitaria, la
sentenza di secondo grado aveva aggravato la pena (18 anni di carcere
ad un multimiliardario svizzero, che è tra il più importante
“benefattore” della Svizzera, organizza corsi di formazione in
Vaticano sullo sviluppo sostenibile). La Cassazione si è trovata di
fronte ad un soggetto grosso. Non ho le prove delle telefonate del
padrone Eternit ai suoi “amici”, ma...
Rispetto alla politica, Renzi in primis
ha deviato l'interesse sul problema, Renzi ha detto che bisognava
allungare la prescrizione, ma il problema è invece da quando decorre
la prescrizione non quanta è lunga.
Per l'Eternit la seconda sentenza aveva
detto che non c'era prescrizione perchè il disastro è in atto e
rientrerà solo quando i morti rientreranno nella media.
Altri hanno detto: approvare norme
nuove, ma queste si applicheranno ai disastri nuovi. Quindi dovremo
aspettare altri 30 anni per i disastri nuovi. Vi sono stati articoli
stampa che hanno scritto: la fregatura che hanno preso le vittime
almeno sta portando al cambiamento delle norme. Ma che facciamo? Chi
ha dato ha dato chi ha avuto ha avuto...
In questo senso una certa timidezza c'è
stata per chi dovrebbe occuparsi di certe cose. Per le organizzazioni
sindacali la loro timidezza è data dal fatto che ci sono altri
processi simili, vedi Ilva, dove c'è una famiglia di un certo peso e
una attività in corso. Quindi prendere una posizione drastica, “che
i reati vanno sempre puniti”, rischiava di sbilanciarsi.
E' stato un segnale
La sentenza Eternit è reazionaria, nel
senso reale della parola; dice: torniamo indietro di 50 anni.
Ma siccome questi due processi
riprendono, cosa c'è da aspettarsi?
Dalla Thyssen solo un aggiustamento
minimo della pena comminata. Il processo Eternit è più complicato,
perchè mette assieme 260 casi di morti nel corso degli anni, in
parte lavoratori in parte abitanti, unificati dal dato di essere
molto documentati - perchè nel disastro puoi affrontare il fenomeno
anche genericamente rispetto al singolo episodio, in questo caso
invece devi dimostrare il singolo episodio.
Terzo elemento: fare un unico processo
per così tanti casi implica tempi lunghissimi, solo un udienza per
ogni caso già sarebbero 260 udienze. Il tutto perchè la Cassazione
ha impedito la trattazione unitaria della questione.
Il processo Ilva può essere
considerato una sorta di maxi processo che raccoglie tutti gli
elementi che erano stati indicati negli altri processi.
Si tratta in effetti di un maxi
processo, per il numero degli imputati, ma anche le contestazioni,
non solo il disastro doloso, ma viene anche contestata tutta la
struttura organizzativa che operava attorno all'Ilva in modo
collusivo e l'inchiesta evidenzia uno stretto legame tra gli
atteggiamenti collusivi e gli effetti ambientali.
Questo non è mai stato fatto con
un'impresa in attività, a livello mondiale.
Anche qui esiste l'elemento del
disastro ambientale contestato.
Qui la questione della prescrizione non
c'è perchè l'attività continua e non possono dire che ha smesso di
inquinare.
E' una obiettiva diversità rispetto
all'Eternit, che deve incoraggiare.
Diversità che mette al riparo dalle
obiezioni fatte al processo Eternit.
Questo processo è appena cominciato
e già il numero di udienze del Gup fa capire che sarà un processo
lungo che ha sempre il rischio della prescrizione.
Non sul disastro, sui reati
amministrativi corruttivi è possibile.
La sentenza Eternit ha detto che non si può parlare di disastro ma di casi singoli.
Ma perchè il “disastro” era
prescritto, loro dicono che prima che cominciasse il processo era già
tutto prescritto.
All'Ilva però sembrano venir fuori
altre insidie.
Il numero degli imputati e il numero
dei reati contestati
Circa il numero degli imputati,
secondo il giudizio popolare non sono troppi ma pochi rispetto al
sistema corruttivo, collusivo esistente intorno all'Ilva.
Il fenomeno di consenso intorno
all'Ilva è assimilabile a quello che aveva l'Eternit a
Casalmonferrato, in cui è arrivata a regalare anche le auto alla
stazione dei carabinieri...
Era impossibile non inserire nel
processo questo “sistema”, quindi il fatto che siano molti
imputati è inevitabile.
Negli atti c'è la prova che l'Ilva
procedeva per esempio a finanziamenti a strutture religiose in cambio
di favori, e non è da escludere che lo facesse anche nei confronti
di altri soggetti
Dall'inizio del processo è sembrato
che ci siano stati due messaggi, uno positivo, l'accoglimento delle
parti civili, l'altro negativo, l'esclusione delle 3 società.
L'esclusione dell'Ilva, determinata dal
Decreto del governo Renzi e dalla sua dichiarazione di insolvenza,
nonché delle altre due società, sarà recuperabile nella fase
dibattimentale, con la chiamata come responsabile civile
dell'Amministrazione straordinaria e di tutte le società del gruppo
Ilva sopravvissute.
A questo processo sono parti civili
operai Ilva, lavoratori del cimitero, cittadini dei Tamburi e di
Paolo VI, principali quartieri inquinati, occorre evidenziare questo
dato perchè in generale la via scelta dalle parti civili è stata di
presentarsi come associazioni, mentre i soggetti colpiti assistono da
spettatori
Si sono costituiti parti civili gruppi
di lavoratori, si tratta di gruppi ristretti di persone a cui va dato
atto del coraggio perchè non vi è stato nessun genere di appoggio
ad una costituzione significativa di cittadini e di lavoratori; si sa
che nell'Ilva non è “apprezzato” che i lavoratori si
costituiscano parte civile nei confronti della società. E'
indispensabile la presenza delle persone fisiche, non si può
delegare alle associazioni un processo che giudica che negli anni una
città è stata travolta da un'impresa, in cui ambiente di lavoro e
di vita sono stati e sono compromessi da un impresa che continua ad
operare. Quindi è ragionevole che chi è colpito si faccia vivo nel
processo. Non è una questione di associazioni che devono affermare
un principio generale, ma di persone che devono affermare la
questione del pericolo in cui vivono. E devono farlo in prima
persona. Se avremo aule vuote rischiamo di avere sentenze brutte, se
invece vengono e si parla di cosa succede nelle aule è possibile che
le sentenza fotografano quello che è effettivamente accaduto.
È chiaro che i processi risentono
non solo dell'aspetto che trattano ma del clima politico sociale
generale, e questo fa sì che giustizia, risarcimenti, deterrenza
verso l'azione dei responsabili e del capitale, possano o meno essere
messi in discussione dal clima politico e sociale in generale. Tu
pensi che processi di questo genere possano incidere positivamente.
Soprattutto questo processo può fare
molto di più sia in bene che in male. Le leggi, la Costituzione
impediscono lo scambio salute-lavoro e impediscono lo scambio
lavoro-ambiente. Sul piano sociale si sta affacciando la messa
all'ordine del giorno che questa rigidità è un po' eccessiva e che
per il lavoro si può fare qualche sacrificio. Quante volte abbiamo
sentito i mass media che i lavoratori e i cittadini di Taranto sono
posti nella drammatica scelta? E chi la fa questa scelta?
Qui c'è il rischio che se il processo
va male viene affermato il principio che lo scambio fa parte delle
condizioni di progresso della società. A Torino c'è un monumento
grande per i lavoratori caduti del Frejus, e sono “eroi caduti per
il progresso”. Rischiamo di andare in questa direzione anche a
Taranto: “monumento agli eroici caduti”...