sabato 8 novembre 2014

pc 8 novembre - A Napoli per governo e ministri c'è una sola accoglienza... JATEVENNE

Napoli contesta il ministro Giannini: “dimissioni”

Napoli contesta il ministro Giannini: “dimissioni”
Aspettavano Renzi, che però ha capito l’aria che tirava ed ha rinunciato alla sua visita nel capoluogo partenopeo. Ci ha provato il ministro dell’Istruzione, università e ricerca Giannini. Ma anche in questo caso la visita a Napoli non è andata completamente liscia. Alcune decine di medici specializzandi hanno infatti contestato il ministro della Pubblica Istruzione, Stefania Giannini al suo arrivo al Policlinico universitario dell’ateneo Federico II. I manifestanti, fronteggiati da un esagerato schieramento di polizia, hanno scandito slogan piuttosto espliciti: ''Vergogna, vergogna'' e ''dimissioni''. Sugli striscioni frasi come ''Miur bocciato'', ''Voi sbagliate e noi paghiamo. Questa è l'Italia in cui ci troviamo, Giannini dimettiti''. Per il governo a Napoli non tira proprio aria.

pc 8 novembre - Massa Carrara - giusto assalto al Comune e al sindaco da parte degli alluvionati. Basta con questi responsabili di crimini, cacciamoli!




Carrara: alluvionati assediano e occupano il comune, la polizia carica

Di seguito il comunicato del CSOA Casa Rossa Occupata
Almeno 2000 persone stamani al presidio sotto il comune a Carrara per chiedere le dimissioni di sindaco e giunta, dopo più di 2 ore quando finalmente il sindaco si è presentato dicendo che "loro non si sentono responsabili" la rabbia della popolazione è esplosa. Oltre 200 persone, tra cittadini colpiti dall'alluvione dei giorni scorsi e solidali accorsi al presidio hanno letteralmente assaltato il palazzo costringendo il sindaco a rifugiarso all'interno.
Zubbani, già sindaco 2 anni fa durante l'ultma alluvione, continua a negare le proprie responsabilità nonostante i cittadini avessero segnalato anche ufficialmente che i lavori per la messa in sicurezza del territorio o non erano stati fatti o erano fatti male, 4 milioni di euro stanziati a livello provinciale e ancora non si vogliono dimettere.
La rabbia delle decine di famiglie che stanno tuttora spalando il fango e contando i danni fatte alle proprie abitazioni, è esplosa in un vero e proprio assedio al palazzo comunale, costringendo le forze dell'ordine a scappare e barricarsi dentro la sala consiliare per poi doverla cedere ai cittadini che hanno deciso di occuparla fisicamente fino a quando la giunta comunale non rassegnerà le proprie dimissioni.
Stasera alle ore 20 è stata indetta un'assemblea facciamo appello a tutti i solidali di accorrere al comune di Carrara.
Guarda il video: http://www.youreporter.it/video_Forte_tensione_davanti_al_comune_di_Carrara

pc 8 novembre - Il regime turco... ancora e sempre alleato dell'ISIS - Kobane: i soldati turchi uccidono Kader Ortakaya, una giovane attivista curda - MFPR ha ragione. Sostenere il suo appello


Kobane: i soldati turchi uccidono Kader Ortakaya, una giovane attivista curda
  • di marco santopadre
  • contropiano
La Turchia come l’Isis… Abbiamo scritto solo due giorni fa della recrudescenza della repressione del regime Erdogan-Davutoglu contro la popolazione curda e la sua protesta contro la complicità di Ankara nei confronti dei jihadisti che dilagano in Siria, Iraq e Libano, e siamo di nuovo costretti a scrivere di una nuova vittima.
Giovedì a perdere la vita è stata Kader Orta­kaya, una giovane atti­vi­sta curda della Piat­ta­forma Col­let­tiva per la Libertà  e stu­den­tessa all’Università di Mar­mara (ad Istanbul), uccisa con un colpo alla testa spa­rato da alcuni militari turchi contro un gruppo di persone che manifestava pacificamente, realizzando una catena umana a Suruc, cittadina gemella di Kobane sul lato turco del Kurdistan.
Una frontiera ipermilitarizzata dall’esercito di Ankara, con migliaia di soldati che assistono all’eroica battaglia dei guerriglieri e delle guerrigliere curde che difendono da parecchie settimane la città del Rojava assediata e bombardata dai miliziani dello Stato Islamico. La città non è caduta nelle mani del califfato e Ankara non ha ricevuto da Washington l’ok a invadere il nord della Siria e a imporre la sua ‘no fly zone’ contro il governo di Damasco. Il regime islamista turco ha più volte affermato di considerare la guerriglia di sinistra curda peggiore dell’Isis e non sono mancate scene di fraternizzazione e collaborazione tra i militari di Ankara e i jihadisti che pure Erdogan afferma di considerare un nemico, anche se non prioritario. Negli ultimi mesi l’esercito turco è ricorso più volte alla forza contro sfollati curdi, attivisti politici e giornalisti che cercavano di attraversare la frontiera per andare a documentare cosa accadeva a poche centinaia di metri, a Kobane, oppure per unirsi ai combattenti delle Ypg e delle Jpg. Più volte i cannoni ad acqua e le pallottole di gomma hanno mostrato plasticamente al mondo da che parte sta la Turchia, con numerosi feriti nei combattimenti contro i miliziani jihadisti morti a pochi metri dagli ospedali di Suruc perché Ankara ha negato loro di oltrepassare la frontiera.
Ma quanto è accaduto giovedì ha dell’incredibile: alcune decine di atti­vi­sti hanno for­mato una catena umana lungo il confine, insieme ad arti­sti e musi­ci­sti dell’Iniziativa per l’Arte Libera. Per tutta risposta i soldati turchi li hanno prima attaccati con lacri­mo­geni e pal­lot­tole di gomma e poi improvvisamente hanno iniziato a sparare pal­lot­tole vere. La 28enne Kader è stata col­pita alla testa ed è morta sul colpo.
La rabbia per quanto è accaduto è stata tale che dall’altra parte del filo spinato alcuni guerriglieri dell’Ypg che stavano assistendo alla scena hanno sparato contro le postazioni dell’esercito turco.
Incredibilmente il prefetto turco di Suruc, Abdullah Ciftci, ha negato che ciò che tutti hanno visto e che è stato anche ripreso in alcuni video sia mai avvenuto, ed ha parlato solo dell’uso di lacrimogeni da parte dei poliziotti che sorvegliano il confine. Ha raccontato il parlamentare curdo del Partito Democratico dei Popoli (Hdp) Ibrahim Ayhan, testimone dell’omicidio:  “Ci trovavamo sulla frontiera. Hanno attaccato senza dare alcun avvertimento – ha spiegato all’emittente televisiva CnnTurk – Non é giusto che un soldato uccida un civile in questo modo. Lo condanniamo”. L’attacco delle forze di sicurezza turche ha causato anche altri 4 feriti, due dei quali musicisti.
I deputati dell’HDP di Şırnak, Faysal Sarıyıldız e di Urfa, İbrahim Ayhan, hanno presentato interrogazioni scritte al parlamento turco chiedendo conto al Ministro dell’Interno Efkan Ala e al Primo Ministro Ahmet Davutoğlu del comportamento omicida delle truppe schierate alla frontiera con la Siria. Nelle interrogazioni i deputati hanno chiesto: “Perché i soldati che hanno affermato di aver ‘avvertito’ componenti armati dell’ISIS che hanno violato il confine turco una settimana prima che Kader Ortakaya venisse uccisa con colpi di arma da fuoco, sparano ai civili senza avvertire?”. Sarıyıldız ha ricordato che l’agenzia di stampa Dicle ha pubblicato un filmato che ritrae le truppe turche che conversano tranquillamente con alcuni jihadisti. In seguito alla diffusione delle riprese lo Stato Maggiore turco si è giustificato affermando che i soldati stavano ‘avvertendo’ i due miliziani islamisti del fatto che si trovavano in un campo minato. Sarıyıldız ha chiesto polemicamente al Ministro dell’Interno Efkan Ala: “Sono stati uccisi, feriti o arrestati dei componenti dell’ISIS mentre attraversavano il confine ad Hatay, Kilis e Urfa? Quanti componenti dell’ISIS sono stati arrestati e quanti rilasciati?”
La giovane Kader Ortakaya, che era arrivata alcune settimane fa a Suruc e stava prestando la sua assistenza ai profughi di Kobane e di altre zone del Rojava costretti a fuggire dalle proprie case e dai propri villaggi a causa delle persecuzioni degli estremisti sunniti, nei giorni scorsi aveva scritto una lettera indirizzata alla sua famiglia avvertendo che avrebbe cercato di andare a Kobane per combattere a fianco dei suoi fratelli e sorelle.
Ecco la lettera scritta da Ortakaya alla sua famiglia:
“Cara famiglia,
Sono a Kobanê. Questa guerra non è solo una guerra del popolo di Kobanê, ma una guerra per tutti noi. Mi unisco a questa lotta per la mia amata famiglia e per l’umanità. Se oggi manchiamo nel vedere questa guerra come una guerra per noi, resteremo soli quando domani le bombe colpiranno le nostre case. Vincere questa guerra significa che vinceranno i poveri e gli sfruttati. Io credo di poter essere più utile unendomi a questa guerra che andando a lavorare in un ufficio. Probabilmente vi arrabbierete con me perché vi rendo tristi, ma prima o poi capirete che ho ragione.
Auguro a tutte e tutti di vivere liberamente e da uguali. Non voglio che nessuno venga sfruttato per tutta la vita per avere un pezzo di pane o un riparo. Perché questi desideri si avverino, bisogna lottare e combattere.
Ritornerò quando la guerra sarà finita e Kobanê sarà riconquistata. Quando tornerò per piacere accogliete anche i miei amici. Per piacere non cercate di trovarmi. È impossibile farlo. Una delle ragioni importanti per la quale sto scrivendo questa lettera è che non voglio che facciate sforzi per trovarmi e che ne soffriate. Se mi succede qualcosa ne sarete informati.
Se non volete che venga incarcerate e torturata in carcere, per piacere non rivolgetevi alla polizia o ad altre istituzioni dello stato. Se lo farete, io, voi e i miei amici, tutti ne soffriremo. Non dite nemmeno ai nostri parenti che sono andata a Kobanê in modo che non sarò incarcerata quando tornerò. Strappate questa lettera dopo averla letta.
Se volete fare qualcosa per me, sostenete la mia lotta. Siete rimasti in silenzio rispetto a tutti i malfunzionamenti dello stato. Dite basta al fatto che la gente viene uccisa per la strada, esposta a bombardamenti con gas, bombardata come è successo a Roboski. Continuerei a partecipare alle manifestazioni e alle attività delle associazioni se vivessi con voi. Vi affido la mia lotta fino a quando tornerò.
Vi abbraccio tutti, mia madre, mio padre e Ada, Deniz, Zelal e Mahir che sta per nascere. Mando un saluto particolare a mio fratello Kadri. Farà quello che è più adatto a lui.
Vi abbraccio con tutti i miei sentimenti rivoluzionari.
Il telefono è un regalo di mio fratello. Dentro ci sono le nostre foto. Mando la mia tessera di studente a mia madre. Lasciatele comprare le sue medicine fino a quando torno.
Vi amo tutti molto.
Per il momento arrivederci”

L'appello/proposta diffuso alla manifestazione del 1° novembre a Roma in solidarietà con la resistenza di Kobane, per un presidio di donne al fianco delle combattenti curde contro l'Isis e l'imperialismo da realizzarsi il 22 novembre sotto l'ambasciata turca ha due ragioni:

1) perchè vogliamo sostenere le nostre sorelle curde che combattono per la difesa di Kobane e Rojava; le combattenti curde sono in prima fila nella lotta di tutto il popolo curdo e insieme portano avanti la battaglia per la liberazione sociale delle donne; esse mandano un messaggio a tutte le donne che deve essere raccolto dalle donne del nostro paese;

2) perchè vogliamo denunciare il ruolo complice dell'Isis della Turchia, come dei regimi arabi, come degli imperialisti, Usa ed europei. Questo secondo aspetto è altrettanto importante e ci spetta, a noi donne che viviamo in uno di questi paesi imperialisti.
Oggi la Turchia in questa battaglia dei nemici del popolo curdo assume un ruolo di punta nello schiacciare la rivoluzione in Rojava.
Se vogliamo essere al fianco delle donne, combattenti curde che difendono con la vita Rojava per tutto quello che significa anche per le donne, noi dobbiamo lottare contro chi, Turchia, imperialismo... fa una finta opposizione all’ISIS mentre l'ha fornita di armamenti, dollari; come dobbiamo smascherare l'autorizzazione al passaggio di poche centinaia di curdi di Barzani (quelli, sì, che si affidano all'aiuto dell'imperialismo Usa) a fini di autopropaganda, mentre lascia morire ai suoi confini migliaia di curdi, donne, bambini.  
Questa lotta ci tocca.

Il presidio è e deve essere chiaramente, visibilmente di DENUNCIA, CONTRO la Turchia. Su questo non ci potranno essere equivoci.

Rinnoviamo, quindi, l'appello a realizzare per il 22 NOVEMBRE UN PRESIDIO SOTTO L'AMBASCIATA TURCA, come donne che lottano, come compagne, come democratiche.

MFPR

pc 8 novembre - I "LIBERI E PENSANTI" NON VOGLIONO CONTESTARE RENZI

Mentre dovunque vada in queste settimane Renzi viene fortemente contestato, e in particolare dagli operai quando va dove sono le fabbriche (vedi Brescia, Alcatel, ecc.), il 'Comitato cittadini lavoratori Liberi e Pensanti' di Taranto invece scrivono una letterina a Renzi, promettendogli di non contestarlo.

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“Noi le offriamo la possibilità di un viaggio vero nella carne moribonda del mostro d’acciaio”

A giorni potrebbe essere a Taranto il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Da indiscrezioni, pare che il presidente voglia visitare i luoghi di lavoro. A tal proposito crediamo possa risultare utile la nostra presenza e abbiamo preparato questa lettera aperta, inviata a tutti gli indirizzi postali del governo e alle massime autorità cittadine.

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO MATTEO RENZI-RICHIESTA DI INCONTRO


Signor Presidente del Consiglio,
Le scriviamo in merito alla visita che farà a Taranto nei prossimi giorni e che, stando alle indiscrezioni, prevederà anche una visita all’interno dello stabilimento Ilva. In questi anni il Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti ha svolto un importante ruolo negli eventi nevralgici che hanno segnato la storia della città e del siderurgico che ospita. Al proprio interno raccoglie cittadini impegnati in prima linea nella lotta all’inquinamento e lavoratori da anni attivi affinché, proprio in quella fabbrica, il lavoro non fosse solo un moltiplicatore di morte (tanto nello svolgimento delle proprie mansioni quanto coi fumi e i veleni della produzione). Alcuni di loro hanno svolto un ruolo centrale e decisivo anche nell’ambito dell’inchiesta “Ambiente Svenduto” condotta dalla magistratura tarantina. Un esempio su tutti: difficilmente si sarebbe giunti alla scoperta dei fiduciari dei Riva in fabbrica, che operavano come kapò pur non avendo alcun inquadramento aziendale, senza chi vi scrive; senza il mobbing e le angherie subiti da pochi coraggiosi operai spesso osteggiati anche da Cgil, Cisl e Uil. Se oggi non esiste più un “governo ombra” nello stabilimento lo si deve alle nostre scelte. Le scriviamo, dunque, perché il giorno in cui verrà a Taranto non vorremmo contestarla, urlarle contro le colpe che pure il suo Governo ha nella vicenda Ilva. Al contrario vorremmo accompagnarla, portarla negli impianti per farle conoscere la “vera” Ilva con gli occhi di chi per anni ha denunciato nel silenzio totale di istituzioni e sindacati (fino all’arrivo dei sigilli della Magistratura). Vorremmo poter esprimere le nostre idee alternative per Taranto, il Sud e l’Italia. La nostra posizione e la nostra storia non possono in alcun modo essere rappresentati dai sindacati e siamo certi che se si limiterà ad incontrare loro non potrà avere una vera idea di cosa è Taranto e di ciò che tutt’oggi accade nell’Ilva. Camminerebbe all’interno della bolla di vetro linda e pulita che sono bravi a decorare per le grandi occasioni. Noi le offriamo la possibilità di un viaggio vero nella carne moribonda del mostro d’acciaio, ma le ricordiamo anche che le organizzazioni sindacali non sono rappresentative di tutti gli operai presenti in fabbrica, bensì solo di una minoranza. Noi le diamo l’occasione di non fare una semplice passerella, e le chiediamo in cambio solo la possibilità di esporle il nostro punto di vista, quelle verità che tanto i sindacati quanto le forze politiche (a cominciare da chi rappresenta in terra ionica il Partito Democratico, l’on.Michele Pelillo) non le racconteranno mai.
A.P.S. Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
2 agosto 2012: I tempi che furono... belli e dimenticati alla svelta

pc 8 novembre - PERCHE' IL PRESIDIO DI DONNE A FIANCO DELLE COMBATTENTI CURDE

(Dal MFPR) - L'appello/proposta diffuso alla manifestazione del 1° novembre a Roma in solidarietà con la resistenza di Kobane, per un presidio di donne al fianco delle combattenti curde contro l'Isis e l'imperialismo da realizzarsi il 22 novembre ha due ragioni:

1) perchè vogliamo sostenere le nostre sorelle curde che combattono per la difesa di Kobane e Rojava; le combattenti curde sono in prima fila nella lotta di tutto il popolo curdo e insieme portano avanti la battaglia per la liberazione sociale delle donne; esse mandano un messaggio a tutte le donne che deve essere raccolto dalle donne del nostro paese;

2) perchè vogliamo denunciare il ruolo complice dell'Isis della Turchia, dei regimi arabi, degli imperialisti, Usa ed europei. Questo secondo aspetto è altrettanto importante e ci spetta, a noi donne che viviamo in uno di questi paesi imperialisti.
Se vogliamo essere al fianco delle donne, combattenti curde che difendono con la vita Rojava per tutto quello che significa anche per le donne, noi dobbiamo lottare contro chi, Turchia, imperialismo... fa una finta opposizione all’ISIS mentre l'ha fornita di armamenti, dollari; come dobbiamo smascherare l'autorizzazione della Turchia al passaggio di poche centinaia di curdi di Barzani (quelli, sì, che si affidano all'aiuto dell'imperialismo Usa) a fini di autopropaganda, mentre lascia morire ai suoi confini migliaia di curdi, donne, bambini.  
Questa lotta ci tocca...

In risposta a questo appello, che proponeva il presidio sotto l'ambasciata turca a Roma, vi è stata una proposta proveniente da compagne e i compagni curdi e realtà romane che hanno promosso il Convegno dell'11 e la manifestazione del 1° novembre di scegliere invece una sede governativa italiana per chiedere che venga fatta pressione sulla Turchia (che è membro della Nato) da parte dell'Italia e dell'Ue - di cui l'italia ha la presidenza - che smettano di dare sostegno a Isis.
Questa proposta è stata accettata dalle compagne del mfpr, invitando a costruire insieme, in maniera unitaria l'iniziativa.

MFPR

pc 8 novembre - Bellissima cacciata del fascio-razzista-leghista Salvini da Bologna


Bologna: gli antifascisti bloccano la provocazione di Matteo Salvini

Matteo Salvini che questa mattina aveva in programma una “visita” al campo rom di Via Erbosa a Bologna. Ma la provocazione dell’esponente razzista è stata rintuzzata da antifascisti e razzisti che fin dal mattino presto sono andati a presidiare l’insediamento, sorvegliati da un buon numero di esponenti delle forze dell’ordine in assetto antisommossa.
E' proprio dietro i cordoni di celerini che si sono rifugiati in mattinata alcuni militanti leghisti arrivati in Via Erbosa per raccogliere firme per "chiudere i campi rom" quando gli attivisti hanno strappato un cartello razzista inondando i provocatori di slogan e urla.

Poi verso le 12, quando l’automobile che trasportava Salvini, Alan Fabbri (candidato alla presidenza della regione Emilia Romagna per Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) e la consigliera comunale Lucia Bergonzoni (protagonista di un’altra provocazione pochi giorni fa nello stesso campo) ha imboccato Via Erbosa, gli antifascisti ll’hanno bloccata. e colpita ripetutamente... il servo che guidava nvece di fermarsi ha addirittura accelerato di fatto investendo alcuni giovani, due dei quali sono saliti uno sul tetto della vettura e un altro sul cofano. 
Il porco Salvini ha accusato il colpo..: “Sassate sulla macchina, calci, pugni e sputi. Se questa è la Bologna ‘democratica e accogliente’, dobbiamo liberarla”.
“Salvini sta provocando uno scontro sociale pericoloso. Sta basando la sua campagna elettorale sullo scontro sociale – afferma Djana Pavlovic, vice presidente della "Federazione sinti e rom insieme" – i rom del campo non c’entrano niente". 

nostro commento

Ora ci penseranno le TV, dalla Rai alla 7 passando per mediaset, i conduttori di talk show ignobili, tra gli altri 'Piazza pulita' e Santoro, a dargli lo spazio quotidiano, a fargli propaganda, a tirargli su la volata.

Ma avvisiamo costoro che questo giochetto non può andare avanti... e che si dovranno prendere le opportune misure per colpire chi dà spazio a nazifascistileghisti

proletari comunisti - PCmItalia
8 settembre

pc 8 novembre - Anche i ministri di Renzi sotto l'attacco della contestazione

Poletti contestato a Torino

Alcuni giovani, studenti e lavoratori del centro sociale torinesi Askatasuna, hanno interrotto l'intervento del ministro del Lavoro Giuliano Poletti all'incontro sulla Garanzia Giovani "Opportunità per la ricerca intraprendente di lavoro" in corso alla fiera IoLavoro a Torino. Poco dopo che il ministro aveva preso la parola, alcuni giovani hanno distribuito volantini in platea e hanno tentato di raggiungere il tavolo dei relatori ma sono stati bloccati... Una studentessa ha definito i Jobs Act "una farsa. Lavorare sottopagati o gratis ci rende semplicemente più ricattabili. Jobs act ci renderà ancora più precari e senza garanzie e questa è la fiera del lavoro precario".

pc 8 Novembre - SPECIALE ELEZIONI TUNISIA 5 - UNA PRIMA VALUTAZIONE DELLE ELEZIONI LEGISLATIVE


La Tunisia è in pieno clima elettorale, si sono da poco concluse le elezioni legislative lo scorso 26 Ottobre e si terranno quelle presidenziali il prossimo 23 Novembre. Dopo la rivolta popolare del dicembre 2010-Febbraio 2011 che ha avuto il merito di cacciare il regime autocratico di Ben Alì  legato all’imperialismo occidentale, la situazione politica prodotta dalla rivolta è stata normalizzata con le elezioni dell’Assemblea Costituente da cui è uscito vincitore il partito islamista di Ennahda (rinascita n.d.a.) facendo entrare il paese nel cosiddetto “periodo di transizione” che dovrebbe concludersi con le attuali elezioni.

Il governo islamista ha avuto vita breve a causa di un rifiuto diffuso da parte di molti settori della società tunisina la quale fin dai tempi dell’indipendenza è considerata la più laica nel mondo arabo e islamico. I partiti politici laici di diversa estrazione da Nida Tounes (partito creato nell’Agosto 2012 che accoglie molte personalità politiche e non del vecchio regime) al Fronte Popolare (coalizione dei principali partiti della sinistra borghese sedicenti marxisti, marxisti-leninisti, panarabisti ecc.) hanno cavalcato l’onda anti-islamista per propri fini politici e perché attaccati fisicamente dai jihadisti di Ansar al-Sharia e dalle Leghe di Difesa della Rivoluzione, ala militare/illegale di Ennahda. Proprio il giorno prima delle elezioni in un sobborgo periferico di Tunisi c’è stato uno scontro a fuoco tra le forze di sicurezza e una cellula di 5 miliziani di Ansar al-Sharia che ha lasciato sul terreno quattro jihadisti e un poliziotto, invece qualche giorno dopo le elezioni lo stesso gruppo terrorista ha condotto un’imboscata contro un pullman dell’esercito nella città occidentale di El Kef causando la morte di 4 militari e il ferimento di 14 persone.

L’ostruzionismo in sede di Assemblea Costituente e nelle strade con grandi scioperi ha portata Ennahda a rassegnare le proprie dimissioni dal governo. Tale decisione è stata presa anche in base a quanto successo recentemente in Egitto con il colpo di stato militare che ha portato al massacro dei Fratelli Musulmani che come Ennahda avevano vinto le elezioni dopo la caduta di Mubarak, Il partito islamista ha quindi  preferito cedere il passo ad un governo “tecnico” presieduto da Jomaa, uomo d’affari legato a doppio filo con la finanza internazionale e l’imperialismo francese in particolare che ha prestato servizio nella grande azienda francese Hutchinson  e per la multinazionale petrolifera francese Total S.A. diventando in seguito direttore generale della Hutchinson Aerospace

Dopo questo passaggio di consegne molti analisti e think-tank hanno definito la Tunisia come l’unico paese che sta avendo una transizione più o meno pacifica verso la “democrazia” dopo la “Primavera Araba”. Nei mesi scorsi si sono susseguite visite di stato da parte di capi e membri di governo e di stato delle principali potenze imperialiste (Francia, USA, Russia, Italia), da parte delle petromonarchie del golfo (in particolare il Qatar ha interessi molto forti nel paese) e di paesi minori, tutti questi paesi fanno a gara ad appoggiare ed approvare la “miracolosa” transizione che a differenza di quanto avvenuto in Libia, Egitto e Siria non si è conclusa in guerra civile. A conclusione di questi pellegrinaggi il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon si è recato a Tunisi lo scorso 10 Ottobre per sincerarsi che la macchina organizzativa elettorale fosse pronta.

Entriamo nel merito di queste elezioni, le prime svoltesi con la nuova costituzione in vigore reputata positiva più o meno allo stesso modo da tutte le forze politiche che hanno contestato le elezioni, da Ennahda a Nida Tounes financo dal “marxista” Fronte Popolare.
Inutile dire che queste elezioni sono state precedute da una massiccia propaganda ideologica sulla necessità di recarsi alle urne per contribuire alla conclusione del “periodo di transizione”, locuzione che per i tunisini ha un significato estremamente negativo e si traduce con insicurezza, microcriminalità, terrorismo islamista, sporcizia nelle strade, disordine in generale. La retorica dominante è quella che il nuovo governo che uscirà dalle elezioni, qualunque esso sia, metterà fine a questo periodo di caos e risolverà i problemi del popolo.
Ovviamente tutti i partiti che hanno contestato le elezioni hanno condiviso questa impostazione avendo inoltre come base comune l’idea che la nuova costituzione rappresenta un punto di partenza da implementare (ognuno secondo le proprie interpretazioni del mondo e della società).
A questo si è aggiunto l’ulteriore propaganda ideologica del “voto utile” in funzione anti-islamista rivolta in particolare ai giovani e ai delusi verso tutto l’arco istituzionale, incitandoli dunque ad andare a votare, una vera e propria campagna contro l’astensionismo.

I dati ufficiali parlano di un’affluenza alle urne del 69% al cui interno c’è un 2% di schede lasciate in bianco e un 3% di voti nulli. Questi ultimi due dati aggiunti alla percentuale dell’astensionismo elettorale portano al 36% l’elettorato che per protesta si è rifiutato di andare a votare o ha respinto l’intero processo elettorale disilluso e contrariato dagli sviluppi che ha intrapreso la “rivoluzione” come viene comunemente definita la rivolta in Tunisia. Alcuni analisti sono preoccupati dal fatto che questo 36% è formato prettamente da giovani, ma non erano stati proprio i giovani l’anima della rivolta? I conti tornano…
i 3 compagni maoisti arrestati per la campagna di boicottaggio elettorale
Unica voce controcorrente che si è fatta carico del malcontento popolare e giovanile è rappresentato da alcuni gruppi e partiti marxisti-leninisti-maoisti e rivoluzionari e che agiscono al di fuori delle istituzioni che, messe da parte le divergenze politico-ideologiche hanno dato vita ad un Comitato di Boicottaggio delle Elezioni, conducendo azioni di propaganda anti-elettorale e di boicottaggio attivo.
Dovrebbe fare pensare come durante la campagna elettorale non si siano registrati problemi tra militanti dei diversi partiti alcuni di essi teoricamente antitetici e che invece durante un volantinaggio anti-elettorale di fronte la stazione centrale di Tunisi a piazza Barcellona, i compagni siano stati prima provocati da militanti islamisti di Ennahda e subito dopo tratti in arresto dalla polizia che ha incriminato 3 di loro per turbativa elettorale e manifestazione e riunione (quella che ha dato vita al comitato) non autorizzata.

Per quanto concerne i risultati elettorali il partito che ha ottenuto la maggioranza relativa è Nida Tounes guidato dall’ottantasettenne Béji Caid Essebsi, uomo politico già collaboratore di Bourguiba negli anni ’50 e Presidente della Camera dei Deputati sotto il regime di Ben Alì, si considera un liberale e laico. il partito ha ottenuto il 39,17% delle preferenze aggiudicandosi 85 seggi sui 217 totali.

Segue Ennahda con il 31,80% delle preferenze e 69 seggi. 

Il terzo partito è l’Unione Patriottica Libera che ha ottenuto 16 seggi. Questo partito è legato alla persona di Slim Rihai, magnate del calcio tunisino e uomo d’affari, fondatore di questo partito populista di destra che strizza l’occhio ad Ennahda.

Al quarto posto con 15 seggi si piazza il Fronte Popolare, seguono i liberali di stampo classico di Afek Tounes con 8 seggi, infine si aggiudica solo 4 seggi il Congresso Per la Repubblica, partito di Marzouki ormai ex Presidente Provvisorio della Repubblica e candidato alle prossime presidenziali. I restanti 20 seggi vanno a partiti della cosiddetta “diaspora destourienne” o bourguibista.

Se analizziamo questi risultati elettorali da un punto di vista prettamente “geografico” il paese è praticamente diviso a metà. Nida Tounès ha vinto in tutte le regioni del centro-nord ed Ennahda in tutte quelle del sud.
Questo elemento non è secondario e ci aiuta a interpretare meglio il risultato elettorale: fin dai tempi dell’indipendenza, se non già da prima, il paese si divide sostanzialmente in un nord più ricco in particolare le città costiere, oggetto di investimenti per il settore turistico (Tunisi, Hammamet, Sousse, Monastir, Mahdia, Tabarka e Bizerte a cui si è aggiunta la meridionale isola di Djerba) e un sud prettamente agricolo e sottosviluppato. Anche nei poli industriali di Sfax e nei centri minerari di Gafsa e Metlaoui i profitti derivati dallo sfruttamento dei lavoratori sono andati direttamente nelle casse del governo centrale di Tunisi che li ha investiti principalmente sulle città costiere settentrionali. Questa è stata una precisa scelta politica di Bourguiba, perseguita anche dal regime di Ben Alì.
Jasmin: la spiaggia turistica di Hammamet
Da ciò si spiega la vittoria di Nida Tounes (leggi RCD, il nome del partito al potere durante il regime di Ben Alì) al nord dove sono presenti funzionari statali e del terzo settore in particolare turistico che hanno ancora legami clientelari con i personaggi riciclati del vecchio regime e dove si teme un’eventuale islamizzazione della società che cambierebbe gli stili di vita della popolazione delle città costiere più “occidentalizzate” rispetto alla popolazione del sud del paese sicuramente più conservatrice. 

Il conservatorismo da un lato e la giusta voglia di rivalsa dall'altro ha fatto si che il movimento di rivolta a sud sia stato capitalizzato da Ennahda che per l’appunto utilizzando la retorica islamica promette una “rinascita”. Innanzitutto morale, contro l’immoralità degli “atei” Bourguiba e Ben Ali, rinascita intesa come un ritorno ad una società che si basi sulla shari’a (la legislazione islamica). Ovviamente i politici di Ennahda che hanno subito la dura repressione sotto i precedenti regimi e che hanno imparato bene dall’esperienza dei loro omologhi in Algeria e in Egitto, pubblicamente si presentano come aperti e vengono definiti dai media “islamici moderati”. In realtà questo equilibrismo nasconde la loro vera natura reazionaria e legata al jihadismo di Ansar al-sharia (durante il governo Ennahda i jihadisti tollerati e poco controllati sono stati in grado di uccidere sotto casa prima Chokri Belaid nel Febbraio 2013 e dopo pochi mesi Brahmi nell’agosto dello stesso anno, entrambi personaggi di spicco di partiti facenti parte del Fronte Popolare). Molti giovani tunisini dicono che il concetto di “islamista moderato” è prettamente occidentale, in Tunisia vengono percepiti come islamisti e basta. 
miniere di fosfati a Metlaoui
Altro motivo della vittoria di Ennahda in queste zone del paese è dato dall’assenza o dalla condotta del Fronte Popolare e del suo corrispettivo sindacale l’UGTT.
Questi partiti sedicenti marxisti all’interno del fronte, invece di giocare un ruolo di avanguardia della classe operaia ne stanno alla coda, durante gli scioperi spontanei nelle miniere di Gafsa nel 2008 (avvenimento che molti considerano il vero inizio della rivolta) l’UGTT dopo aver perso ad unirsi alla rivolta spontanea dei minatori, ha svolto il ruolo del sindacato rivendicativo economicista quando alcune frange dei lavoratori criticavano apertamente il regime politico dimostrandosi molto più avanzate del sindacato stesso (e dei partiti sedicenti marxisti che lo dirigono).
Adesso che i partiti di sinistra sono apertamente legali, essi hanno come fine principale quello di entrare nelle istituzioni e nel parlamento tramite elezioni, “tattica” adatta alla contingenza come dicono loro e come prima di loro da un paio di secoli hanno detto tutti i riformisti e i traditori del movimento operaio. Quindi la classe operaia di queste città meridionali ed emarginate che prima era saldamente organizzata nell’UGTT semi-clandestina sotto Ben Alì adesso guarda in parte ad Ennahda e in parte ha contribuito al dato del boicottaggio elettorale.

Più in generale la vittoria a livello nazionale di Nida Tounes è spiegabile con un duplice significato: la volontà di uscire dal “periodo di transizione” punendo Ennahda che nonostante i proclami iniziali di considerarsi un’alternativa non ha fornito significativi segnali che indichino una “rinascita” del paese.

La Tunisia va incontro a due scenari circa il possibile governo di transizione:

Béji Caid Essebsi, l’uomo che personifica la vittoria elettorale potrà scegliere o un governo che abbia il proprio minimo comun denominatore nel laicismo anti-islamista e che quindi comprenda Nida Tounes, il Fronte Popolare e Afek Tounis. Il rischio da valutare è l'eterogeneità delle tre forze politica (una rappresentante direttamente l'ex regime, una di centro-sinistra repressa dall'ex regime e una di centro-destra) e la conseguente polarizzazione con l’altra fazione della borghesia tunisina quella reazionaria, islamista e filo Qatar rappresentata da Ennahda

Oppure un governo di unità nazionale con Ennahda ma che nella sostanza sarebbe instabile, in quanto dovrebbe conciliare gli interessi della borghesia filo-occidentale con quelli della borghesia che guarda più ai paesi del Golfo. Inoltre ricorderebbe molto l’ultimo governo “tecnico” Jomaa in cui vi era tutto e il contrario di tutto, un governo che sostanzialmente ha “rassicurato” la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la finanza internazionale in generale, senza però poter intraprendere nessuna direzione nell’arena internazionale proprio per queste contraddizioni interne, limitandosi a gestire il potere per poco meno di un anno con l’obiettivo principale di organizzare le attuali elezioni e dare una parvenza di stabilità al paese. Un governo del genere rappresenterebbe una stagnazione/continuità del famoso “periodo di transizione”, ciò verrebbe accolto da un malcontento generalizzato tra la popolazione, malcontento che si andrebbe ad aggiungere a quello peraltro già presente in particolare tra i giovani causato dal risultato elettorale che ha sancito il ritorno dello RCD sotto nuove forme.

Per il momento Essebsi prende tempo, ha dichiarato infatti che non discuterà della natura del governo di coalizione prima delle elezioni presidenziali il cui esito darà un’indicazione e indirizzerà tale decisione.

In entrambi i casi saremmo di fronte ad un governo facente gli interessi della borghesia burocratica e compradora tunisina legata alle potenze straniere siano esse l’imperialismo occidentale e/o le petromonarchie del golfo Qatar in testa.

Data la “quota di maggioranza” posseduta da Nida Tounes, qualsiasi governo che verrà formato sarà espressione di restaurazione del vecchio regime, sia se esso lo faccia in maniera aperta sia se lo faccia in maniera più velata e “pluralista” con il sostegno degli islamisti, nel senso che i problemi posti dalle masse e dalla rivolta quali “khobz w me’w
Ben Alì lè!” (pane, acqua, no a Ben Alì), quindi vita dignitosa e libertà non saranno mai soddisfatti da un governo al servizio del capitale straniero sia esso filo-occidentale o filo-“orientale”.

Per quanto ci riguarda in questa situazione complessa e “confusa” scorgiamo due segnali positivi in particolare:

il primo è dato dai tanti giovani in particolare del sud che non hanno votato nessun partito rifiutando in blocco quest’operazione di restaurazione gattopardiana rappresentata dalle precedenti elezioni della costituente e dalle attuali legislative e presidenziali.

Il secondo è quello di un primo passo di unità d’azione da parte delle forze realmente rivoluzionarie in Tunisia con la creazione del Comitato di boicottaggio Elettorale. Questo può essere da un lato un primo passo per l’unità dei rivoluzionari tunisini che permetterebbe un salto di qualità nella loro azione rivoluzionaria, dall’altro se questo elemento si legasse al primo organizzando le masse di giovani, donne, operai, minatori, contadini poveri e disoccupati ci sarebbero le reali potenzialità di spazzare via i reazionari islamici e laici, i riformisti sedicenti di sinistra e dare continuità alla rivolta erroneamente chiamata “rivoluzione” ma che finalmente prenderebbe la forma di una vera Rivoluzione di Nuova Democrazia in Tunisia, ciò avrebbe un enorme impatto non solo in Nord Africa ma anche in Medio Oriente e per certi versi anche in Europa.

pc 8 novembre - LE TRASMISSIONI TELEVISIVE FANNO DA GRAN CASSA AI LEGHISTI RAZZISTI E ALLE CAROGNE NEO FASCISTE

Soprattutto la 7, sembra diventata la rete del razzista Salvini, di Forza Nuova, Casa Pound, ecc.
Da Santoro a Bersaglio mobile, a Ballarò, ecc. non c'è trasmissione in cui non sia fisso Salvini - ci sono giorni, come ieri, che nella stessa giornata dobbiamo vederci la sua stupida faccia in tre talk show - e non facciano interviste a rappresentanti di Forza Nuova, Casa Pound o collegamenti con iniziative di queste carogne, che se non fosse per la TV non li saprebbe nessuno.
L'accanimento con cui viene fatta questa propaganda di forze razziste e fasciste ha ampiamente superato pure la, già oscena, logica commerciale di fare audience, o l'altrettanta ignobile giustificazione, spacciata per "atteggiamento democratico", di dare spazio e voce a tutti, che poi diventa sempre dare spazio soprattutto alla destra, o estrema destra; si tratta ora di una vera e propria "campagna pubblicitaria" (non sappiamo quanto "gratuita" o lautamente pagata), di volano elettorale.
Si tratta di realtà che grazie a queste trasmissioni vengono fatte crescere artificialmente, come la Lega di cui viene rappresentata una forza nazionale che tuttora non ha; si tratta di gruppi neo fascisti e neo nazisti che vengono attaccati e quasi sempre respinti nelle loro fogne dalle realtà di movimento appena tentano di fare iniziative, e che invece vengono elevate a forze influenti e rappresentative dai Santoro, dai Mentana, ecc.
Siamo a trasmissioni che fanno "apologia di fascismo, di razzismo", che per questo dovrebbero essere impedite.
Queste trasmissioni devono essere assolutamente denunciate a livello di massa e vanno costruite iniziative sia sotto le loro sedi, sia zittite con mezzi adeguate.
ragazza rom prende a schiaffi una leghista a Bologna

pc 8 novembre - Messico, ritrovati i resti dei 'nostri ragazzi'. Il crimine assoluto dei mostri in Messico- borghesia, latifondisti, imperialismo


I corpi bruciati dei 43 studenti universitari in lotta contro il governo nella Regione del Guerrero sono stati ritrovati.  
Erano stati fatti sparire, poi trucidati per l'azione combinata di polizia-esercito e narcos che dominano il paese e le sue istituzioni per conto dei ricchi padroni,latifondisti,legati all'imperialismo USA un crimine barbaro e assoluto, che non ha trovato sufficiente spazio nell'informazione ufficiale e nelle TV del nostro paese, nè ha trovato ascolto il nostro appello a farne un  tema importante della mobilitazione nazionale degli studenti e del movimento.
Gli studenti bruciati sono stati lasciati soli.
In Messico studenti, familiari e ampie fette della popolazione ha manifestato per avere verità e giustizia ha assaltato i palazzi governativi, le sedi del partito al potere, ha fatto sentire in tutte le forme il proprio dolore e indignazione, ma anche di questo nessuno informa e parla realmente, nè questo ha toccato il cuore e le menti nel nostro paese del movimento studentesco e popolare, che pure è in generale progressista e antimperialista.
Ora che il crimine è certo - c'è ancora tempo per fare la nostra parte.
Gli studenti sono ancora senza sepoltura e non hanno ancora la pace dei morti.
Non possiamo certa averla noi
Noi dobbiamo considerarli vivi e che lottano insieme a noi
Abbiamo legami e informazioni dirette con quel paese e con parte del movimento studentesco e popolare in lotta.
E' necessario che il movimento studentesco e ogni forza  che si ritenga progressista e antimperialista non lasci nel silenzio questa vicenda,
Costruiamo tutte le iniziative possibili anche nelle scuole, università, nelle nostre città.

info

proletari comunisti - PCm Italia
pcro.red@gmail.com
8 novembre 2014

pc 7 novembre - Napoli in lotta contro il governo Renzi a Bagnoli, corteo, cariche, nuovo corteo..poi assemblea per il 14 novembre

#‎napoli‬ ‪#‎7N‬ siamo migliaia stamattina a sfilare per le strade di Fuorigrotta e Bagnoli. ‪#‎renziscappa‬ mentre noi, giorno dopo giorno, nelle scuole, nelle università, sui nostri territori e sui posti di lavoro, proviamo a costruire un'opposizione di classe a questo governo e ai suoi provvedimenti. Qualcosa che dica forte e chiaro che non ci stiamo a farci sfruttare, a contrattare al ribasso i nostri diritti, a barattare la nostra dignità per il profitto di qualcun altro...





 La polizia schierata davanti Città della Scienza carica il corteo con camionette e lacrimogeni!




Dopo le cariche e i lacrimogeni il corteo si ricompatta e torna per le strade di Bagnoli, per gridare a Governo, polizia e padroni che non ci fermeranno la loro violenza brutale né la loro repressione.
Continueremo ad opporci allo sfruttamento delle nostre vite e alla speculazione che distrugge i nostri territori, contro ‪#‎jobsact‬, ‪#‎pianoscuola‬ e ‪#‎sbloccaitalia‬!
‪#‎napoli‬ ‪#‎7N‬


Questa mattina si è svolta a Napoli una manifestazione a cui hanno aderito diverse realtà di movimento, molti studenti, precari, disoccupati e sindacati di base. Migliaia di persone sono scese in strada contro quella che doveva essere l'ennesima visita di Renzi, che alla fine ha deciso di disertare, evitando così l'ennesima contestazione scomoda che lo attendeva. Le ragioni che hanno portato migliaia di persone a scendere in piazza a Bagnoli, la recentissima approvazione del decreto Sblocca Italia e il Jobs Act, tutte misure introdotte dal governo Renzi in un declino sociale e economico che non accenna a risalire. Se negli ultimi mesi sono state portate avanti molte iniziative,  per ultima l'occupazione simbolica della Città della Scienza, il corteo di oggi è emblematico di una rabbia che non accenna a diminuire. 
Il corteo che ha attraversato Bagnoli era aperto da uno striscione che ben identificava le parole d'ordine della manifestazione: Fermiamo lo Sblocca Italia, cacciamo il governo Renzi". Al centro della questione infatti, il decreto diventato ormai legge da due giorni, e che mira ad aprire la strada alla realizzazione di opere costose quanto inutili, come la riqualificazione dell'area di Bagnoli, creando di fatto un commissariamento ad hoc che derogherà leggi ambientali, piani urbanistici. E se per l'area di Bagnoli è riservato un progetto che di fatto andrà a far sparire la spiaggia pubblica e il parco attualmente esistente a vantaggio di una colata di cemento, la speculazione edilizia sull'ultima grande area libera del litorale urbano di Napoli rimane a far da padrona.
Una volta giunto davanti all'ingresso di Città della scienza, nella parte non distrutta dall'incendio, il corteo  ha provato a entrare nonostante l'ingente schieramento di polizia in tenuta antisommossa. Si sono così verificate le prime cariche da parte di quest'ultima, con successivi scontri, mentre i manifestanti non hanno accennato ad abbandonare il campo, esprimendo la volontà di entrare all'interno dell'edificio nonostante il fitto lancio di lacrimogeni e le ripetute cariche. Successivamente, il corteo è proseguito per le vie di Bagnoli, per poi concludersi nel primo pomeriggio. Per le ore 16 è prevista un'assemblea al Politecnico di Napoli per andare a costruire le prossime mobilitazioni verso lo sciopero sociale del 14 novembre.

 

pc 7 novembre - Bruxelles in rivolta operai, precari disoccupati.. un nuovo grande esempio a cui guardare


in via di traduzione

Bruxelles : Les manifestants affrontent la police

Plus de 120’000 personnes sont descendues dans la rue lors de la première manifestation d’un automne qui s’annonce chaud. Une telle mobilisation est exceptionnelle : pour mémoire, la dernière mobilisation massive contre la droite avait eu lieu lors de l’Euro-manifestation en octobre 2010 et avait réuni 100’000 manifestants. De violents affrontements ont commencé entre la Gare du Midi et la Porte de Halles. Voitures renversées, poubelles en feu et mobilier urbain dévasté : les travailleurs affrontent la police qui a déjà fait plusieurs blessés en utilisant matraques, auto-pompes et gaz lacrymogènes. Des policiers anti-émeute protègent actuellement le siège du MR (libéral) et des manifestants occupent le siège de la FEB (Fédération des Entreprises de Belgique). La police semble débordée.
Les travailleurs affrontent la police à Bruxelles
V

Bruxelles : Premier bilan de la manifestation

Une manifestation massive a aujourd’hui défilé dans Bruxelles. A l’appel des trois syndicats, 120’000 personnes ont manifesté de la Gare du Nord à la Gare du Midi. A 1 kilomètre de là, le siège du Mouvement Réformateur (libéral) était copieusement protégé par la police anti-émeute. Un très imposant barrage a donc bloqué toute la largeur de la petite ceinture, à l’entrée de la Porte de Halles pour empêcher les manifestants de se diriger vers le local du MR. Plusieurs centaines de manifestants ont donc tenu têtes aux centaines de policiers, aux cinq auto-pompes et aux grenades lacrymogènes durant deux heures. Le tronçon entre la Gare du Midi et la Porte de Halles a été ravagé, plusieurs voitures incendiées, la totalité du mobilier urbain détruit, des ballons de peintures, pavés et autres projectiles lancés sur la ligne anti-émeute. A 16h, la police a chargé les manifestants, avançant même dans le reste de la manifestation qui ne prenait pas part à l’émeute. Premier bilan provisoire : 26 manifestants et 12 policiers blessés, une dizaine de voitures incendiées, une moto de la police incendiée et plusieurs arrestations. La police a très clairement été débordée et a dû faire appel aux autres zones de police pour contenir cette manifestation exceptionnellement massive : si des arrestations ont bien eu lieu il y en a eu peu au regard des affrontements, les manifestants ont même réussi à aller rechercher une personne qui était tombée et que la police s’apprêtait à embarquer. Un rassemblement aussi impressionnante n’avait pas eu lieu depuis 2001 lors des manifestations contre la guerre en Irak. Plusieurs cadres de la FGTB ont "déploré les incidents", rejetant la faute sur "les anarchistes".
EDIT : Il y aurait eu 30 arrestations.

Bruxelles : Bilan de la manifestation

La police dénombre 112 blessés dans ses rangs. 43 policiers de la zone de Bruxelles Capitale-Ixelles ont été blessés, dont 35 inspecteurs de la direction des interventions et du maintien de l’ordre, 6 de la direction de la recherche locale et 2 de la direction trafic. Au moins 18 policiers subissent une incapacité de travail et une quinzaine d’agents doivent encore faire constater leurs blessures par un médecin. 37 policiers de la zone Midi (Anderlecht, Saint-Gilles, Forest) ont été blessés. Plusieurs véhicules de police de cette zone ont en outre subi des dégradations, notamment des vitres brisées et une moto de la police a été incendiée (photo). Enfin, 19 policiers de la zone Nord, 6 de la zone Montgomery et 2 policiers fédéraux ont également été blessés.
Les dégâts matériels sont importants. On dénombre 11 véhicules incendiés (7 camionnettes, 4 voitures et une remorque). 62 autres ont été endommagés. Il y aurait pour un million et demi d’euros de dégats rien que pour le mobilier urbain. La police a procédé à 43 interpellations. Deux hommes soupçonnés d’avoir blessé des policiers ont été arrêtés. L’un a blessé quatre policiers et est cité en procédure accélérée. Le deuxième suspect qui a déjà des antécédents judiciaires, a quant à lui blessé cinq policiers. Il sera déféré devant le juge d’instruction dans le courant de la journée et le parquet de Bruxelles a requis un mandat d’arrêt à son encontre. La ville de Bruxelles a annoncé qu’elle portera plainte te se portera partie civile. Une procédure accélérée sera appliquée pour poursuivre les manifestants identifiés par l’étude des images des caméras.
Voir le dossier: Belgique - Autres sujets avec les tags: - - Nos sou

pc 7 novembre - Rivoluzione d'ottobre... oggi a Palermo

CAUSA POSSIBILE ALLERTA METEO  L'INIZIATIVA PALERMITANA E' SPOSTATA PRESSO LA SEDE IN VIA G. DEL DUCA 4 (ACCANTO AI CANTIERI CULTURALI DELLA ZISA). 
READING DAL "CHE FARE" DI LENIN E DAL LIBRO DI JOHN REED "I DIECI GIORNI CHE SCONVOLSERO IL MONDO", FOTO, VISIONE DI ALCUNI PASSAGGI DEL FILM "IL TRENO DI LENIN", DIBATTITO E BRINDISI
VI INVITIAMO A PARTECIPARE

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VOLANTINO DIFFUSO IN FABBRICA AI CANTIERI NAVALI

pc 7 novembre - Continua la lotta di Maurizio Alfieri contro gli abusi in carcere

da infoaut
noisolRiceviamo e pubblichiamo questa nuova lettera di Maurizio Alfieri detenuto nel carcere di Spoleto. Maurizio ha più volte denunciato gli abusi che l'amministrazione penitenziaria riserva ai prigionieri. Per questi motivi Maurizio è stato minacciato e trasferito da alri carceri al carcere di Spoleto, nel quale la sua lotta di denuncia contro gli abusi e le brutalità ai danni dei detenuti continua.

Compagni/e ciao un abbraccio,
non ho fatto neanche un'ora di isolamento che ho visto il primo abuso e istigazione nei confronti di un detenuto extracomunitario ad autolesionarsi e vi racconto il fatto.
È arrivato verso le 10.30, lo sentivo urlare e riempire di parolacce le guardie chiedendo perchè era stato portato in isolamento, così dopo averlo fatto spogliare e lasciato nudo è andato in escandescenza e ha iniziato a rompere il plaforo con la lampadina, ha iniziato ad urlare che si sarebbe tagliato ma la guardia gli diceva che cosa aspettava a farlo, così iniziò a tagliarsi dappertutto. Vi premetto che conosco bene questo ragazzo che è stato in sezione dove ero io, è educato, rispettoso e pulito. Ho cercato di dissuaderlo dal tagliarsi perchè avrebbe fatto solo felice questi infami di Spoleto, ma lui non ha voluto sentire nessuno.
Dopo diversi tagli arrivano tutti gli agenti, compreso il vice comandante Cuomo. Gli danno i vestiti e gli promettono che lo mandano subito in infermeria per le medicazioni ma come sempre le loro promesse sono menzogne che puzzano come la merda...così dalle 11 del mattino ci si arriva alle 17 di sera e il ragazzo inizia a rompere la porta del bagno dove c'è un vetro molto duro che cede ai colpi, così tutti i vetri del diametro di 1 cm per 1 cm si trovano sul pavimento di tutta la cella, allora inizio a chiamare il brigadiere di aprirmi che avrei cercato di calmarlo. Mi aprono gli porto il tabacco con cartine e filtri, cerco di calmarlo ma lui diceva: ” Hai visto Maurizio è da stamattina che mi prendono per il culo e mi istigano”. Mentre gli sto per dire di mettersi sul letto che il pavimento era pieno di vetri e rischiava di infilzarsi un vetro nel piede, appena glielo ripete anche il brigadiere inizia ad andare su tutte le furie...così inizia a saltare con tutto il suo peso sui vetri, il sangue inizia a colare come se fosse stata versata una bottiglia da un litro sul pavimento... (ormai era fuori si senno)
In conclusione oggi giorno 18, quel povero ragazzo non si può muovere e devono portarlo in ospedale. Si è appena svegliato dai psicofarmaci che gli hanno dato (questi infami) e i primi infami sono questi pseudo dottori se così possiamo definirli, che somigliano molto alle cure di Giosef Mengele (l'angelo della morte) come veniva definito ad Auschwitz (infami come Mengele)
A Spoleto possono stare sicuri che tutte le loro infamie e abusi verranno resi pubblici, questo non è che l'inizio così dopo un anno di prese per il culo sul trasferimento vicino alla mia famiglia per tenermi buono adesso sono proprio incazzato e quello che cerco sono proprio le sezioni di isolamento così non potrete nascondere ed occultare i vostri abusi […]
Vi comunico che alle 21 gli hanno tirato fuori i vetri dai piedi però lui è in sciopero della fame perchè vuole partire da sto carcere infame. Il ragazzo si chiama Ibrahim El Almaraini, ha 26 anni. Qui a Spoleto vige il razzismo, come è accaduto poco tempo fa con quel ragazzo che durante il ramadan gli mandavano la carne cruda adesso lo hanno chiamato 5 volte per fargli ritirare la denuncia contro la direzione ma lui non ritira niente, la storia è sull'opuscolo n° 94 (OLGa ndr)
Questo è il carcere di Spoleto (e degli abusi) con la complicità del magistrato di Sorveglianza.
Compagni/e vi aggiungo questo scritto per le cose che vi ho mandato da pubblicare inerente allo sciopero che doveva esserci a Spoleto e poi non si è fatto. Siccome mi sono informato con tanti amici e ho saputo che la direzione sta provvedendo a mettere una tettoia per i familiari che arrivano a colloquio e non dovranno stare sotto la pioggia, poi il lavoro a rotazione (turn-over) già in vigore e (dovrebbero) ridare il computer che hanno tolto a tutti dopo che avevano concesso di acquistarli e ci sono altre cose richieste per fare lo sciopero che (sembra) che la direzione sia pronta ad accogliere. Per cui per correttezza nei confronti dei compagni che si sono esposti a parlare con la direzione, a parer mio non c'è stato nessun segno di resa o compromesso, quando invece molti parlano di resa. Invece l'unione ha fatto capire alla direzione che stavolta si faceva sul serio.
Qui in isolamento non è cambiato nulla, addirittura arrivano nuovi isolati e non hanno nemmeno i piatti e posate per mangiare ma ci pensiamo noi, almeno a far capire agli abitanti di Spoleto che qui non è un albergo come vuol far credere la direzione.
Poi vi informo che Stefano Marucci si trova a Livorno, lui è originario di Firenze e siccome il direttore e comandante dopo la denuncia della madre erano preoccupati, gli avevano promesso che se la ritirava lo mandavano in Toscana, Per cui, detto fatto. Per forza, hanno massacrato un ragazzo che prendeva metadone, poi la guardia dopo un certo orario non poteva aprire la cella e in più il fatto della lite con la guardia era già successo e invece loro sono saliti e lo hanno massacrato rompendogli costole e la testa in più parti con le chiavi, oltre a renderlo irriconoscibile in viso...
Per cui queste merde, quando vogliono le strade per trasferire vicino a casa le trovano. Ecco perchè io non mi farò più prendere in giro da questa feccia. Ho aspettato un anno, dopo varie promesse a me e al mio avvocato, adesso sarò la loro ombra e tutti gli abusi di qua li renderò pubblici e me ne fotto dell'isolamento e le corna di questi cornuti.
Aggiungete questo scritto e quello dove vi informo del mio isolamento e di preparare attraverso il coordinamento dei detenuti uno sciopero nazionale da concordare con tutti i collettivi che porteranno il loro appoggio dall'esterno.
Un abbraccio forte, Maurizio.

17 ottobre 2014, Maurizio Alfieri via Maiano 20 – 06049 Spoleto (Perugia)

pc 7 novembre - L'ISIS non solo è sostenuta dal regime turco... ma in Turchia l'Isis è ERDOGAN che scatena i suoi fascisti contro i kurdi

In Turchia è caccia al curdo: accoltellamenti, aggressioni e arresti
In Turchia è caccia al curdo: accoltellamenti, aggressione arresti
Le vicende legate alla veemente protesta delle popolazioni curde contro il sostegno più che esplicito accordato dal regime islamista turco alle milizie dello Stato Islamico sia all’interno dei confini del paese sia sul campo di battaglia di Kobane, ha riacceso in Turchia una pesante persecuzione nei confronti degli esponenti curdi che vede protagonisti gli apparati repressivi dello stato, le formazioni islamiche estremiste e gli ambienti dell’estrema destra nazionalista.
Numerosi gli episodi negli ultimi giorni di quelle che appare come una vera e propria ‘caccia al curdo’, in un crescendo che i media italiani si sono ben guardati dal riportare.
Uno riguarda il calciatore Deniz Naki (nella foto), che proprio in queste ore ha deciso di lasciare la Turchia dopo un pestaggio a sfondo razzista subito domenica scorsa ad Ankara. "Non ho nessuna intenzione di tornare" ha scritto ieri dalla Germania il giocatore, in un messaggio postato su Facebook per spiegare la sua decisione. Naki, che aveva recentemente espresso il suo sostegno ai guerriglieri e ai volontari curdi che stanno difendendo la cittadina siriana di Kobane dall'assedio dei jihadisti del Califfato, giocava nel Gencelerbirligi, una delle più importanti squadre di Ankara, che milita nella Super league, cioè la serie A del campionato turco di calcio.
Domenica scorsa, dopo averlo riconosciuto, tre uomini hanno iniziato prima a insultarlo per le sue origini curde e alevite (minoranza sciita che conta 15 milioni di membri in Turchia, considerata un corpo estraneo dagli ambienti più estremisti della maggioranza sunnita e spesso sottoposta a persecuzioni e attacchi al pari del popolo curdo). "Mi insultavano chiedendomi: 'Sei uno sporco curdo, sei Deniz Naki?' - ha spiegato il giocatore - poi hanno detto: 'Che sia maledetta Kobane, che sia maledetta Sinjar'. Ho provato a calmarli, ma all'improvviso uno di loro mi ha colpito ad un occhio, ho gli ho tirato un pugno per difendermi e sono scappato". Mentre si allontanava il giocatore è stato minacciato: "Non è stato abbastanza il primo avvertimento? Questo è il secondo e l'ultimo. Lascia il paese, questa città e questa squadra!" gli hanno urlato gli aggressori, ha raccontato il calciatore che martedì ha lasciato la Turchia.
E’ andata invece molto peggio al deputato curdo e membro dell’Assemblea dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli) Ahmet Karataş che proprio martedì mattina è stato aggredito fisicamente e accoltellato alla gola e ad una gamba da un assalitore che è penetrato all’interno della sede provinciale di Ankara della formazione politica della sinistra curda. Mentre l’assalitore è fuggito perdendo però il suo telefono all’interno degli uffici dell’HDP, il deputato è stato portato d’urgenza all’ospedale Numune di Ankara perché le sue condizioni sono apparse subito molto gravi.
In una dichiarazione il deputato curdo Sebahat Tuncel ha addossato la responsabilità dell’aggressione al presidente turco Erdogan e al primo ministro Davutoglu che non perdono occasione per attaccare i partiti curdi. Secondo il co-portavoce del Congresso Democratico dei Popoli (HDK), Ertuğrul Kürkçü, il governo ha inasprito la situazione dall’inizio della crisi di Kobanê: dopo il recente incontro del Consiglio Nazionale di Sicurezza i militari turchi sono tornati a svolgere un ruolo più attivo, il che lascia intendere che il governo e gli apparati militari hanno lanciato un ennesimo piano ‘antiguerriglia’ diretto ad attaccare tutte le espressioni politiche della sinistra curda oltre che altre voci dissonanti della società turca. Durante la repressione delle manifestazioni popolari contro il governo, accusato di appoggiare l’Isis contro i curdi a Kobane, le forze di sicurezza turche e gruppi armati dell’estrema destra nazionalista e islamisti hanno in molti casi aperto il fuoco contro la folla, e i manifestanti morti in pochi giorni sono arrivati a più di 40.
Proseguono intanto anche le retate contro i militanti e gli attivisti curdi. Otto persone, di cui cinque minorenni, sono stati arrestati proprio perché accusati da Ankara di aver partecipato agli scontri scoppiati dopo la manifestazione del 1 novembre per Kobanê ad Amed, la principale città del Kurdistan turco (Diyarbakir). La polizia ha arrestato undici persone nel corso di una vera e propria retata e i detenuti sono poi stati rinviati davanti alla corte con richiesta di arresto per “partecipazione a manifestazioni illegali.” Solo tre minorenni sono stati rilasciati anche se sottoposti a misure cautelari. Altre cinque persone sono state arrestate a Malazgirt nel distretto di Muş per aver partecipato anche in quel caso a manifestazioni contro l’assedio di Kobane.