guarda il
sabato 4 ottobre 2014
pc 4 ottobre - sulla direzione proletaria..da Pillole comuniste
Senza
la costruzione e la direzione proletaria basata sulla
coscienza
di classe, qualsiasi organizzazione anche quella
composta da operai
degenera in organizzazione piccolo borghese e
a volte reazionaria!
da Pillole comuniste
30 luglio 2013
da Pillole comuniste
30 luglio 2013
I
partiti nati dal cadavere del PCI, hanno fondato la loro esistenza
nella struttura di piccole èlites fatte di salotti intellettuali a
volte e
pseudo tali in altre dimenticando che le masse stavano fuori
da
quei salotti, e non costruendo una struttura ma sopratutto una
direzione proletaria della quale un partito o un movimento
rivoluzionario non può fare a meno; pena il suo imborghesimento e
nei casi peggiori, la sua svolta reazionaria.
pc 4 ottobre - Lotte e Partito..da Pillole comuniste
La classe operaia anche quando manca del suo reparto d'avanguardia organizzato è in grado di produrre lotte e battaglie importanti, ma senza il Partito esse non sono inserite in una strategia di lotta per il potere
da Pillole comuniste -2 -
9-9-2013
da Pillole comuniste -2 -
9-9-2013
pc 4 ottobre - Firenze: contro sentenze al servizio dei padroni e dei manager di Stato,
info da assemblea 29 giugno viareggio
dalla parte di chi lotta
dalla parte di chi lotta
per
la sicurezza in ferrovia
Lunedì
13 ottobre
dalle ore 09.00 alle ore 13.00 presidio
a Firenze di fronte al Palazzo di giustizia, via A. Guidoni 61,
ingresso Peretola
Il
4
giugno 2013
il giudice del lavoro del Tribunale di Lucca, sig. Luigi Nannipieri,
aveva confermato il licenziamento di Riccardo Antonini. Una
sentenza schierata apertamente dalla parte sbagliata: quella
dell’imputato/rinviato a giudizio, cav. Moretti, il quale anziché
garantire la sicurezza di cui c’è estremo bisogno in ferrovia, ha
continuato a ripetere che in ferrovia “non
esiste un problema sicurezza”.
Nei suoi 8 anni di Ad delle ferrovie, sui binari hanno perso la vita
oltre 50 lavoratori: 1
Vittima ogni due mesi!
Una
sentenza complice con chi sacrifica la vita sull’altare del
profitto e che, oggettivamente, istiga a penalizzare la salute e la
sicurezza nei luoghi di lavoro. Oltre al fatto gravissimo che
costringe lavoratori e delegati Rls a non denunciare la mancanza di
sicurezza e di salute per non subire intimidazioni, minacce, ricatti
… licenziamenti(!).
Il
17
luglio 2014
la sentenza-vergogna viene confermata dal
collegio della Corte di Appello di Firenze, sezione Lavoro,
giudice/presidente, sig. Giovanni Bronzini, con i giudici/consiglieri
sigg. Gaetano Schiavone e Simonetta Liscio. Come il cav. Moretti che
non
fa licenziare ma licenzia (anche
di questo si è vantato), Bronzini tiene per sé gelosamente
l’impugnazione presentata da Riccardo, avocandola a sé, in qualità
di presidente del Tribunale. In mano ad altri potrebbe essere
giudicata diversamente. Meglio non rischiare: superiori
… e Moretti potrebbero risentirsi.
Così se la tiene stretta stretta e con Ordinanza la respinge
applicando l’art. 348 bis c.p.c.: “l’impugnazione
è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una
ragionevole probabilità di essere accolta”.
Un’ordinanza di 2 paginette scarne di falsificazione della realtà.
Rivendichiamo
il diritto/dovere a denunciare questa sentenza di “classe”. A chi
dice ormai la vergogna si è consumata, rispondiamo con la
mobilitazione per svelare la natura di una magistratura genuflessa al
potere e per evitare altre sentenze-vergogna
.
Postscriptum:
proprio il
17 luglio,
giorno della sentenza d’Appello di Firenze, tre operai di Rete
ferroviaria italiana (Rfi) sono stati travolti dal treno a
Caltanissetta. Ogni commento è ovviamente, e drammaticamente,
superfluo …
pc 4 ottobre - A Palermo continua la lotta dei precari delle coop - La lotta paga... ma continua...- il sostegno di proletari comunisti
La protesta davanti la Regione di venerdi'si è aperta con un saluto solidale virtuale alla manifestazione di Napoli in cui sono stati contestati i banchieri europei della BCE!
La manifestazione davanti al palazzo della regione si è protratta per una mezzora in attesa dell'incontro previsto Giunto il momento dell'incontro, tenuto dai rappresentanti della segreteria particolare di Crocetta, con la presenza dell'assessorato alle politiche sociali e del commissario Tucci della Provincia, all'interno del palazzo di nuovo forte è stata la denuncia dei delegati Slai e di una madre in particolare vicina al nostro sindacato e la pressione a che si "quagliasse" sulla risoluzione del problema, mentre gli altri lavoratori presenti di altre sigle come la Cisal non hanno quasi fiatato ... alla fine la Dott.ssa Lo Bello della segreteria particolare di Crocetta e la Dott.ssa Bullara della politiche sociali hanno annunciato che il servizio dalla prossima settimana ripartirà, i soldi sono rispuntati! e per ora sarà garantito fino a dicembre ma a novembre si aprirà un tavolo tecnico per ragionare sulla continuazione del servizio fino a giugno e sulla necessità di stilare un nuovo regolamento regionale per la garanzia del servizio a partire dal 2015/2016.I delegati Slai hanno ribadito che tutto questo " non è eccezionale ma è e deve essere la normalità", che la nostra denuncia e lotta non si fermerà e che vigileremo su tutto il percorso.Nel frattempo giù in piazza tutti i precari erano in attesa e quando i delegati Slai hanno mandato il loro messaggio tutti gli altri precari, anche di altre sigle e i genitori presenti, hanno applaudito insieme ai precari Slaicobas con in generale un riconoscimento collettivo sull'efficacia che ci è stato espresso della lotta portata avanti dallo SlaiLa lotta paga... ma continua...Precarie e Precari Coop SocialiSLAI COBAS PER IL S.C. PALERMO
Cosa era successo prima..
DOPO LA FORTE PROTESTA DI LUNEDI' MATTINA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE IN CUI PRECARI SLAI COBAS S.C. INSIEME A GENITORI DI RAGAZZI DISABILI HANNO CONTESTATO ESPONENTI DELL'ARS DEL PD, IL PARTITO DI CROCETTA E DEL GOVERNO RENZI, QUELLO DELLA "BUONA SCUOLA", DELLA "PRECARIETA' PERMANENTE", " DELLA DISOCCUPAZIONE DILAGANTE" " DEL CALPESTAMENTO ARROGANTE E MODERNO FASCISTA DEI DIRITTI DI LAVORATORI VEDI L'ART,18"...TRA CUI FERRANDELLI E LUMIA CONTRO IL TENTATIVO VERGOGNOSO DI STRUMENTALIZZARE LA LOTTA DELLE FAMIGLIE E DEI LAVORATORI PER FARSI "BELLI" QUANDO FINO AD OGGI SE NE SONO ALTAMENTE FREGATI DELLA QUESTIONE SEMPRE PIU' GRAVE DELLA NON FREQUENZA SCOLASTICA DI 1200 RAGAZZI DISABILI E DELLA PERDITA DI LAVORO DI 300 OPERATORIE HANNO CONTESTATO I DIRIGENTI DEI SINDACATI CONFEDERALI PIU' CHE DANNOSI IN QUESTA LOTTA CON IL LORO INDECENTE TENTATIVO DI ACCORDARSI CON LA EX PROVINCIA ANCHE A 18 ORE SETTIMANALI, VEDI LA UIL, E COME VERI E PROPRI PARASSITI ORA SI PRESENTANO IN PIAZZA PROVANDO A INTESTARSI LA LOTTA MA INVANO, I DIRIGENTI SONO RIMASTI AL PALO PERCHE' GLI E' STATO IMPEDITO DI SALIRE ALL'INCONTRO DI MARTEDI'E I DELEGATI SLAI, UNA MAMMA DI UNA STUDENTESSA DISABILE MOLTO COMBATTIVA E UN'ASSISTENTE ALLA COMUNICAZIONE SONO RIMASTI AD OCCUPARE LA SALA BLU DOPO L'INCONCLUDENTE INCONTRO CON LA DOTT.SSA LO BELLO E LA DOTT.SSA BULLARA CHE NON HA PORTATO A NULLA, OTTENDENDO ALLA FINE UN INCONTRO CON CROCETTA...... SI E' SAPUTO CHE LA REGIONE HA VERSATO ALLA PROVINCIA 1.600.000 EURO CON PRIORITA' DI SPESA PER DISABILITA', ISTRUZIONE E SERVIZI DI ASSISTENZA, E DI QUESTI SOLDI NON SI SA O PER MEGLIO DIRE LA PROVINCIA/TUCCI NON HA RESO CHIARO COME SONO STATI INVECE SPESI, HANNO PRETESO SPIEGAZIONI DAL COMMISSARIO TUCCI VISTO IL CAOS E IL GIOCO A RIMPIATTINO VERGOGNOSO TRA I PALAZZI CHE STA CAUSANDO UNA GRAVISSIMA VIOLAZIONE DELLE LEGGI VIGENTI IN MATERIA DI ISTRUZIONE, OBBLIGO SCOLASTICO, DIRITTO ALLO STUDIO ECC. IL COMMISSARIO TUCCI CON IL DOTT SPALLINA HANNO QUINDI DATO AI DELEGATI UN DOCUMENTO CHE ALLEGHIAMO DI "GIUSTIFICAZIONE" ALL'ARS SULLA MANCANZA DI RISORSE NECESSARIE PER LA RIPARTENZA DEL SERVIZIO
PRECARI E PRECARIE COOP SOCIALISLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE PALERMO
pc 4 ottobre - No Muos: annullamento del divieto di dimora a Niscemi per 15 militanti e attivisti, tra cui il Coordinatore dello Slai Cobas s.c. di Palermo e militante di Proletari Comunisti
Il tribunale del
riesame di Caltanissetta ha annullato, a fine settembre, 15 provvedimenti di divieto di
dimora emanati dal tribunale di Gela nel mese di Luglio scorso contro
diversi attivisti e militanti del movimento No Muos, tra cui il
Coordinatore Provinciale dello Slai Cobas per il s.c. di Palermo e
militante politico del Circolo di Proletari Comunisti.
Questo annullamento avvalora il
fatto che si è trattato di provvedimenti repressivi mirati e
tempestivi, che si sono aggiunti alle tante denunce, perquisizioni,
fogli di via..., provvedimenti con cui lo Stato borghese al potere,
all’interno del moderno fascismo che avanza, ha voluto attaccare
nuovamente e preventivamente tutto il movimento di lotta No Muos, in
prossimità della manifestazione a Niscemi del 9 agosto, ad un anno
dalla grande invasione della base USA da parte di migliaia di
manifestanti.
Chiaro era l'obiettivo
intimidatorio di questo Stato sempre più di polizia che però nel
corteo del 9 agosto ha trovato una nuova forte risposta di lotta
contro! rimandandolo al mittente: la giusta rabbia popolare infatti
non è stata fermata e in particolare durante il corteo questi
provvedimenti di divieto sono stati bruciati, strappati, fatti a
pezzi contro le reti di recinzione della base, noi gridammo trovando
la solidarietà di diversi manifestanti: “i divieti di dimora da
questa società li daremo a voi governi della guerra imperialista con
tutti i suoi strumenti di morte, e a tutti i vostri servi in divisa”, ha trovato la giusta protesta e ribellione che ancora una volta si è riversata più che
legittimamente nel territorio occupato illegittimamente dagli
Yankee con il servile beneplacito del governo italiano, dimostrando chiaramente che non è servito isolare
alcuni “violenti
e sobillatori pericolosi... che possano porre a repentaglio l'incolumità di numerosi altri soggetti..."
LA REPRESSIONE NON SPEGNE MA ALIMENTA LA RIBELLIONE GIUSTA E NECESSARIA!
LA REPRESSIONE NON SPEGNE MA ALIMENTA LA RIBELLIONE GIUSTA E NECESSARIA!
Sotto stralci del ricorso presentato dall'Avv.to Tuzzolino di Palermo e il provvedimento di annullamento del tribunale di Caltanissetta
*********************
ECC.MO
TRIBUNALE DEL RIESAME
PRESSO
IL TRIBUNALE DI CALTANISSETTA
Il sottoscritto avv.
Marcello Tuzzolino del Foro di Palermo, difensore di fiducia del sig. SCIORTINO
ROSARIO,
PREMESSO
che il sig.
SCIORTINO ROSARIO è indagato del delitto p.p. dagli artt. 110, 336
e 339 c.p. e dagli art. 110, 337 e 339 c.p. nel proc. pen. sopra
indicato;
che in data 16/07/14
nei confronti del sig. SCIORTINO ROSARIO è stata emessa l’ordinanza
di applicazione di misura cautelare sopra indicata;
propone richiesta di
riesame avverso detta ordinanza per le seguenti ragioni: ... solo a quelle stesse menti malate, a quegli stessi psicopatici poteva
venire l’idea di consentire l’installazione a Motta
S. Anastasia (CT) di una stazione di
telecomunicazioni Usa, a Caltagirone
(CT) di una ulteriore stazione di telecomunicazioni Usa, a Marina
di Marza (RG) di un’altra stazione di
telecomunicazioni Usa, a Monte Lauro
(SR) ancora di una stazione di telecomunicazioni Usa, a Centuripe
(EN) di un’altra stazione di telecomunicazioni Usa, a Niscemi
(CL) di una Base del NavComTelSta (comunicazione Us Navy), sull’Isola
di Pantelleria (TP) di un Centro
telecomunicazioni Us Navy, base aerea e radar Nato, sull’Isola
di Lampedusa (AG) di una Base della Guardia
costiera Usa (Centro d'ascolto e di comunicazioni Nsa) e oggi,
addirittura, sempre a Niscemi
(CL), una delle quattro stazioni di terra, dotata
di tre grandi
parabole del
diametro di 18,4 metri e due antenne alte 149 metri,
che, unitamente a cinque satelliti geostazionari, costituisce il
M.U.O.S. (Mobile User
Objective System), un sistema di telecomunicazioni satellitare della
Marina Militare statunitense, che sarà
utilizzato per il coordinamento capillare di tutti i sistemi militari
statunitensi dislocati nel globo, in particolare i droni, aerei
senza pilota, già
presenti a Sigonella
CT)1,
principale base terrestre dell'Us Navy nel Mediterraneo centrale,
supporto logistico della Sesta flotta (circa 3.400 tra militari e
civili americani). En
passant, va
segnalato come della famiglia dei droni faccia parte il Predator,
tristemente noto per la sua capacità di dispensare morte dal cielo,
grazie alla possibilità di viaggiare con un carico di bombe. In
sostanza, si vorrebbe trasformare la Sicilia da terra delle arance a
terra delle bombe, da terra della vita a terra della morte.
Posto,
infine, che uno studio commissionato dal Comune di Niscemi ha
affermato che per un principio di salvaguardia della salute della
popolazione e dell’ambiente, non dovrebbe essere permessa alcuna
installazione di ulteriori sorgenti di campi elettromagnetici
(M.U.O.S.) presso la stazione N.R.T.F. (Naval Radio Transmitter
Facility) di Niscemi, e anzi occorrerebbe approfondire lo studio
delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione,
secondo la procedura di “riduzione a conformità” prevista dalla
legislazione italiana in vigore e che alle emissioni del sistema
M.U.O.S. sono associati rischi di gravi incidenti e di danni per la
salute della popolazione e per l’ambiente, che andrebbero
attentamente valutati, e che ne impediscono la realizzazione alla
distanza di appena qualche chilometro da aree densamente abitate,
come quella della cittadina di Niscemi (Analisi dei rischi MUOS; Dr.
Prof. Massimo Zucchetti e Dott. Massimo Careddu, Politecnico di
Torino)2.
Tutto ciò premesso,
va da se che quei duemila manifestanti, che il 9 agosto 2013 si
sarebbero recati a Niscemi per protestare contro la realizzazione
della stazione di terra del sistema di telecomunicazioni satellitare
della Marina Militare statunitense, meglio noto come M.U.O.S.,
dovrebbero essere correttamente individuati come dei PATRIOTI, e da
questo punto di vista lo scrivente si onora di essere il difensore di
uno di essi...
1
http://www.repubblica.it/cronaca/2014/06/29/news/hangar_segreto_sigonella_droni_usa-90269461/
2
http://staff.polito.it/massimo.zucchetti/RelazionRischiAssociatiRealizzazioneMUOS1.pdf
...Certo è che, dopo i
fatti di Bolzaneto e della Diaz, nulla potrà tornare come prima, il
rapporto di fiducia tra il cittadino e la cosiddetta Polizia Politica
è venuto irrimediabilmente meno, le brutali violenze, i tentativi
di introduzione di false prove a carico dei manifestanti (inermi
ragazzi, nel caso di specie) sono stati processualmente accertati, e
non formano più oggetto di discussione. E tuttavia, nel caso che ci
occupa, pur non volendo entrare nel merito, non può non rilevarsi la
presenza a Niscemi, il 9 agosto 2013, di agenti della DIGOS delle
Questure di Palermo, Messina e Catania, di Forze di Polizia in tenuta
antisommossa, e comunque di “un corposo
servizio d’ordine” (elementi questi
ricavati dal testo dell’ordinanza in esame e dai numerosi filmati
rinvenibili su Youtube...
Tutto ciò premesso,
le accuse mosse al sig. Rosario Sciortino sono prive di alcun
riscontro probatorio, anche quello minimo consentito per
l’applicazione delle misure cautelari: il sig. Rosario Sciortino è
indagato ed è stato sottoposto a misura cautelare sol perchè ha
partecipato, con una bandiera in mano, alla manifestazione tenutasi a
Niscemi il 9 agosto 2013.
In sostanza, il sig.
Rosario Sciortino, che - attingendo alle veline sbagliate –
potrebbe apparire un facinoroso nullafacente, è in realtà il
Coordinatore Provinciale dello Slai Cobas per il sindacato di classe
di Palermo, oltre che un onesto lavoratore, un cittadino che ha a
cuore le sorti della sua Sicilia, un uomo che pur svolgendo da 30
anni attività sindacale VERA non ha mai riportato condanne penali; e
proprio in tale veste di Coordinatore Provinciale era presente a
Niscemi il 9 agosto 2013 (ovviamente a volto scoperto, anche se
“armato” di una bandiera), era lì per manifestare, insieme a
tanti altri uomini e donne, a giovani e meno giovani, contro l’ultimo
atto di una corposa militarizzazione della Sicilia da parte di uno
Stato straniero (che, poi sarebbe la realizzazione, in chiave
moderna, del sogno di Salvatore Giuliano, che nel ’47 chiedeva a
Truman di fare della Sicilia la 49ma stelletta della bandiera
Americana)...
*************
pc 4 ottobre - Sulla repressione.. da Pillole comuniste
"La repressione alimenta la ribellione" è concetto scientifico che non va banalizzato.
Alimenta vuol dire che aumenta le ragioni della ribellione, indignazione e sollecita i cuori di chi è colpito e di chi è ad esso vicino, spinge a difendere e consolidare le ragioni dei colpiti tempra chi ne è colpito e chi scende in trincea
da Pillole comuniste 2
venerdì 3 ottobre 2014
pc 3 ottobre - F-35: altro che tagli! La miserabile ministra guerrafondaia del governo Renzi, Pinotti, ne difende la scelta nel nome degli interessi delle industrie belliche e dei vertici militari
F35, il ministro Pinotti rassicura i militari: «State sereni, non ci saranno passi indietro» |
Credetemi, non pensavo che ci avrebbero messo meno di una settimana per mandare all’aria tredici mesi di alchimie e di messe a punto. Perché tanto era durato il dibattito attorno agli ordini del giorno sull’F-35 che avevano fatto gridare al miracolo. Dimezzati gli F-35 recitavano sette giorni fa i peana pressoché unanimi.
Ieri mattina, amorevolmente assecondata da un assenziente Nicola La Torre, presidente della Commissione difesa, la generalissima Pinotti al Senato ha spazzato via l’insolita illusione dei pacifisti di aver portato a casa un risultato. L’impietosa generale ha spernacchiato tutti annunciando, senza nessuno sprezzo del pericolo (visto che di pericoli non ce n’erano), che aveva già in mano la penna con la quale avrebbe firmato l’ordine per altri due bei cacciabombardieri. E che, sì, aveva sentito parlare di un ordine del giorno che avrebbe voluto dimezzare i fondi per l’F-35, ma era uno tra i tanti. Tutti gli altri chiedevano che il megaprogramma della Lockheed continuasse. E lei, che fa il ministro anche se vorrebbe essere generale, deve tener conto di tutto quello che il Parlamento le chiede.
D’altronde lo si era capito appena chiusa la votazione, una settimana fa. La Pinotti, per dire, si era ben guardata dal farsi vedere in aula alla Camera. C’aveva spedito un generale, Domenico Rossi, provvisoriamente travestito da sottosegretario. Il quale, passati diciotto secondi dalla chiusura della votazione che in teoria dimezzava i fondi, annunciava all’urbe e all’orbe che “oggi il Parlamento ha dato il via libera o un programma quale quello dell’F-35 indispensabile nell’ambito del processo…” eccetera. La ministra invece, per far capire che lei con la carta delle mozioni avrebbe potuto arrotolarsi le sigarette, stava all’aeroporto di Pratica di Mare a un’esercitazione, guarda caso, dell’Aeronautica militare.
Con questo viatico era piuttosto ovvio che la mozione, quella del presunto dimezzamento dei fondi per l’F-35, non sarebbe sopravvissuta alle complicazioni del parto. Che erano numerose. A cominciare dal fatto che il documento del Pd, primo firmatario Scanu, era anche quello che aveva ricevuto meno voti, solo 275 a favore, contro ad esempio i 326 della mozione Brunetta e i 319 della Cicchitto. Tutte mozioni salomonicamente accolte dal Governo che a questo punto aveva buon gioco a prendere fior da fiore, spiluccando un po’ qui e un po’ là, e riconfezionandosi il documento su misura per i suoi scopi.
Diciamocela tutta, con buona pace di quanti avevano esultato. Il documento di Scanu era fatto male, a prescindere. Taglio della metà dei fondi. Ma quali fondi? Nun sacce. Non si sa perché ognuno tira l’acqua al suo mulino e le spese per il caccia crescono e salgono come le maree, fino a sparire. L’ultimo dato complessivo, infatti, lo si trova nella all’allegato C della nota aggiuntiva dell’ottobre 2012 e parla di 10 miliardi di euro, oltre a 2 miliardi di dollari per la ricerca e sviluppo, quasi 800 milioni per l’inutile stabilimento di Cameri, altri soldi per rifare le basi che ospiteranno gli F-35 (è un altro mezzo milione). Negli ultimi documenti contabili la spesa complessiva sparisce come un torrentello carsico. Nell’ultimo documento programmatico della Difesa sono indicate solo le spese annuali.
In realtà, nei documenti contabili interni della Difesa, al programma Smd 02/2009 (cioè l’F-35) sono allocati 15.876.579.556 euro, ridotti (si fa per dire) a 10.458.480.233 quando il numero passa da 131 a 90 caccia. Ieri, in commissione Difesa al Senato, la generalissima Pinotti fa fare inaspettatamente un balzo da olimpionico al prezzo: parla di 16,6 miliardi. Mistero. D’altronde, se dobbiamo tagliare, meglio tenerci alti così ci restano più soldi. Che poi siano grosso modo delle cifre buttate là in pasto ai leoni, chi se ne importa.
Così adesso sappiamo che sarà questa la cifra che la maga Pinotti farà apparire ai creduli e tremuli astanti: 16,6 miliardi. Se anche la tagliassimo del 50% resterebbero 8,3 miliardi, non lontanissimi dai 10 dell’ultima previsione certificata. Passata la festa, gabbato lo santo.
Ma dubito francamente che arriveremo anche a questi 8,3 miliardi. L’intervento della generalessa al Senato è stato un drammatico fritto misto di arroganza e banalità. Basta ascoltare le sua personale ricostruzione del voto alla Camera. “La Camera ha respinto tre mozioni” ha esordito. Naturalmente sono quelle dei cattivi, M5S e Sel, e quella dei confusi, i leghisti che vogliono comperare il caccia F-22 al posto dell’F-35. Vabbè. Subito dopo la Pinotti però aggiunge che la stessa Camera ha approvato “quattro mozioni che impegnano il governo a proseguire il programma”. Tiè, pacifisti: quattro a tre, siete fuori.
Ha poi spiegato, la maga Pinotti, come tutte queste mozioni vogliano contemperare le esigenze della Difesa con quella di sviluppare la base industriale. Naturalmente quella della Lockheed, visto che in Italia al massimo ci occuperemo dei ribattini. Pertanto conclude, mentre tira fuori il mitico coniglio dal cappello, il programma continua, anzi appena esco di qua vado in ufficio a ordinare un paio di F-35 per farvi capire chi comanda (voleva aggiungere: gli americani, ma si è trattenuta per decenza).
Esaurita l’arroganza, la generalessa si è esibita in un tristissimo tentativo di raccontare ai senatori perché gli F-35 ci servono. Il fatto è che, non sapendolo neppure lei, non è riuscita a spiegare nulla, anzi si è arrotolata più volte nelle sue stesse spiegazioni. “A cosa servono gli F-35?” si è chiesta ricordando i suoi trascorsi di insegnante. Non trovando nessuna spiegazione plausibile, l’ha buttata là: “Poter intervenire nella coalizione contro l’Isis” con Francia, Inghilterra, Danimarca. Per poter inter-operare con gli altri alleati. Naturalmente, poiché nessuno di questi ha l’F-35 anzi ognuno ha un aereo diverso (F-16, Tornado, Rafale), non si capisce secondo la Pinotti come loro possano volare insieme e noi no. Ma non si può pretendere troppo, dopotutto.
Infine, essendosi spinta oltre le sue capacità dialettiche (che non sono neppure granché), in un ultimo disperato tentativo di salvarsi in angolo, ha aggiunto: “Se nel 2026 l’Italia volesse far parte di un’eventuale coalizione dobbiamo avere l’F-35″. Nel 2026? Completando infine così il suo discorso: e poi le forze armate sono un valore aggiunto, quando c’è un’alluvione sono le prime a intervenire. Ma ormai i senatori stavano uscendo.
pc 3 Ottobre - Lampedusani contestano Schulz, la feccia leghista populista prova ignobilmente a cavalcare la giusta indignazione popolare senza successo
dal "Fatto Quotidiano":
Lampedusa, commemorazione per il naufragio: contestato Schulz. “Pagliacciata”
I rappresentati del centro sociale dell'isola interrompe il discorso del presidente dell'Europarlamento: "Vi dovete vergognare, i colpevoli siete voi"
Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz è stato contestato durante il suo intervento a Lampedusa, in occasione dell’anniversario del naufragio del 3 ottobre. “Questa è una pagliacciata, i colpevoli siete voi, siete voi gli assassini” ha detto uno dei rappresentanti del centro sociale dell’isola rivolgendosi al presidente dell’Europarlamento, che ha ascoltato le critiche e ha poi ripreso il suo discorso al fianco della presidente della Camera Laura Boldrini e del ministro degli Esteri Federica Mogherini. A guidare la protesta un gruppo di militanti del cento sociale “Askavusa”. “Questa è solo una pagliacciata. Vi dovete vergognare – dice il leader dell’associazione Giacomo Ferlazzo - I colpevoli siete voi. Voi state con i nazisti. Avete finanziato i nazisti in Ucraina. Non siete graditi”. Altri militanti hanno poi iniziato a gridare: “Non dovete nominare i morti. Li abbiamo visti noi non voi. Ne ho viste tante, troppe. Basta, ve ne dovete andare”. Schulz stava per riprendere la parola quando è stato nuovamente contestato: “Non dovete parlare – dice Ferlazzo – vi dovete soltanto vergognare”. E la presidente Boldrini ha risposto: “Siamo un paese democratico”. E poi Ferlazzo e gli altri componenti del centro sociale sono stati allontanati dalla Digos. “Ce ne andiamo noi da soli perché non vogliamo continuare ad assistere a questa pagliacciata. Il convegno sta adesso proseguendo con gli interventi del viceministro dell’Interno Filippo Bubbico, il sindaco Giusi Nicolinie la stessa Boldrini. Ai contestatori ha replicato il capo della Farnesina Federica Mogherini: essere oggi a Lampedusa, dice, “non è una pagliacciata ma un nostro preciso dovere politico, morale e istituzionale. Che ci sia l’Ue qui non è per niente banale è il segno di un impegno che c’è stato e che continuerà. Questo è un segnale politico importante”. L’Europa c’è, insiste la Boldrini, e gli strumenti anche, quel che serve è la volontà politica e un’assunzione di responsabilità: se l’Europa esiste è perché si fonda sul rispetto dei diritti umani. “Noi siamo qui con i nuovi alleati perché siamo riusciti a rendere comune questa emergenza e ad europeizzare il tema dell’immigrazione. Il 3 ottobre fa da spartiacque, c’è un prima e un dopo, ma bisogna fare ancora di più e mettere mano alla radice dei problemi”.
Ma è anche e soprattutto il giorno del ricordo. Sui cubi frangiflutti del molo di Lampedusa, lo stesso dove l’anno scorso furono adagiati i cadaveri di 366 migranti, i sopravvissuti hanno realizzato alcune scritte: “God is love”, “Henrick rip”, “you are always in my heart”. L’iniziativa, la prima di una serie organizzata per la giornata dal Comitato 3 ottobre, è stata condivisa con i ragazzi del liceo di Lampedusa, che hanno aiutato i migranti a dipingere i cubi sul molo. Lacrime e abbracci tra i sopravvissuti, molti dei quali, alla vista di quel molo, sono scoppiati in un pianto dirotto. Ermete Realacci (Pd) ripropone il testo di legge depositato alla Camera insieme ai deputati Paolo Beni e Khalid Chaoukiper istituire “in questa ricorrenza una Giornata della memoria e dell’accoglienza per ricordare tutti i migranti morti nel tentativo di fuggire da persecuzioni, guerre, fame e miseria, nonché tutti gli uomini che per salvarli mettono a rischio la propria vita”.
Proteste all’aeroporto: “Commemorate i morti e ingabbiate i vivi”
Un gruppo di giovani lampedusani aveva invece manifestato davanti all’ingresso dell’aeroporto di Lampedusa. I manifestanti hanno cartelli contro il governo e le scelte fatte sull’isola. “Commemorate i morti e ingabbiate i vivi” è scritto su un cartello; “Ogni giorno è il 3 ottobre”; “No a Lampedusa caserma a cielo aperto”; “No Nato, più scuole, no Ue, meno caserme”. In particolare i manifestanti contestano la decisione di riaprire il centro di accoglienza e l’installazione di nuovi radar a Lampedusa. Le proteste sono anche contro il magnate Soros, che – affermano – avrebbe finanziato parte del Festival Sabir, organizzato dall’Arci proprio in questi giorni sull’isola. Anche al Porto Vecchio i lampedusani hanno inscenato una protesta, mettendo cartelli contro il governo e il sindaco, proprio di fronte all’ingresso del molo Favarolo, quello dove arrivano i migranti. “L’economia è in ginocchio – dicono – e i diritti dei lampedusani sono sempre negati”.
Un gruppo di giovani lampedusani aveva invece manifestato davanti all’ingresso dell’aeroporto di Lampedusa. I manifestanti hanno cartelli contro il governo e le scelte fatte sull’isola. “Commemorate i morti e ingabbiate i vivi” è scritto su un cartello; “Ogni giorno è il 3 ottobre”; “No a Lampedusa caserma a cielo aperto”; “No Nato, più scuole, no Ue, meno caserme”. In particolare i manifestanti contestano la decisione di riaprire il centro di accoglienza e l’installazione di nuovi radar a Lampedusa. Le proteste sono anche contro il magnate Soros, che – affermano – avrebbe finanziato parte del Festival Sabir, organizzato dall’Arci proprio in questi giorni sull’isola. Anche al Porto Vecchio i lampedusani hanno inscenato una protesta, mettendo cartelli contro il governo e il sindaco, proprio di fronte all’ingresso del molo Favarolo, quello dove arrivano i migranti. “L’economia è in ginocchio – dicono – e i diritti dei lampedusani sono sempre negati”.
Salvini: “Mare Nostrum è un fallimento totale, un’idiozia”
Da lontano le critiche arrivano dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini: “Mare Nostrum aveva due obiettivi: meno sbarchi e meno morti. I morti sono stati più di tremila, gli sbarchi quasi 150mila. Un fallimento evidente, totale, un’idiozia da fermare. E invece il governo ancora ieri con il decreto stadi ha regalato altri 130 milioni di euro per l’accoglienza degli immigrati togliendoli al fondo per le espulsioni. E oggi a Lampedusa sfilano ipocriti e buonisti. A spese altrui”.
Da lontano le critiche arrivano dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini: “Mare Nostrum aveva due obiettivi: meno sbarchi e meno morti. I morti sono stati più di tremila, gli sbarchi quasi 150mila. Un fallimento evidente, totale, un’idiozia da fermare. E invece il governo ancora ieri con il decreto stadi ha regalato altri 130 milioni di euro per l’accoglienza degli immigrati togliendoli al fondo per le espulsioni. E oggi a Lampedusa sfilano ipocriti e buonisti. A spese altrui”.
pc 3 ottobre - PERCHE' IL GOVERNO VUOLE ELIMINARE L'ART. 18 E PERCHE' LO DOBBIAMO DIFENDERE - DA DUE COMMENTI
Da: Articolo 21 - di Domenico Gallo
L’ABROGAZIONE DELL’ARTICOLO 18 INDEBOLISCE LA LEGALITA’
"Il progetto di abolire le tutele previste dall’articolo 18 non rappresenta un’innovazione che apre la strada al futuro, ma una regressione a un’epoca in cui le relazioni industriali erano regolate esclusivamente dai rapporti di forza a prescindere dal diritto.
Di fronte alle mistificazioni con le quali si tenta di ingannare l’opinione pubblica, occorre precisare che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non interviene sulla libertà di licenziamento, che resta regolata dal principio della giusta causa o del giustificato motivo; si tratta di una norma-sanzione che reprime il licenziamento ingiustificato, cioè illegale, eliminandone gli effetti.
L’abolizione dell’articolo 18, quindi, non incide sulla libertà di licenziamento (che resta regolata dalla legge), bensì sulla repressione del licenziamento illegale, consentendo ai forti e ai furbi di sottrarsi all’osservanza delle regole. Tale sanzione rappresenta l’architrave per la tenuta di tutto l’edificio dei diritti, sancito dallo Statuto dei diritti dei lavoratori, che tutela la dignità del cittadino lavoratore nei confronti del potere privato.
Infatti da lungo tempo la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione hanno rilevato che i diritti nascenti dal rapporto di lavoro possono essere esercitati, in costanza di rapporto, soltanto in presenza di un regime di stabilità reale. Il riconoscimento della dignità del cittadino lavoratore impone che sia assicurata la tutela contro il licenziamento ingiustificato come richiede l’articolo 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
L’eliminazione della norma che sancisce la tenuta dello Statuto, consegna ai poteri privati la libertà di sottrarsi all’osservanza delle leggi e dei principi costituzionali e trasforma la prestazione di lavoro in una merce, consentendo che venga calpestata al massimo grado la dignità dei cittadini-lavoratori, e insidiata la libertà delle organizzazioni sindacali sgradite al potere privato, che potranno essere messe fuori dai cancelli della fabbrica, sbarazzandosi dei lavoratori sindacalizzati, come avveniva negli anni 50 del secolo scorso.
Che non si tratti di un pericolo puramente teorico è dimostrato dall’esperienza di questi ultimi anni che ci hanno fatto assistere al tentativo di un potere privato di sbarazzarsi del più forte sindacato metalmeccanico europeo; tentativo che è stato bloccato soltanto per l’intervento del potere giudiziario, che adesso si cerca disarmare, smantellando le sanzioni per i comportamenti illegali...."
Da:
Clash City Workers
"...PARTIAMO
DALL’INIZIO: COSA E’ L’ARTICOLO 18?
L’articolo
18 è un articolo dello “Statuto dei lavoratori”, la Legge che
regola le norme sul lavoro, approvata nel 1970, in un momento in cui
i lavoratori erano abbastanza forti da imporre ai padroni ed allo
Stato il rispetto di alcuni loro diritti. L’articolo 18 regola la
“reintegrazione sul posto di lavoro”: nelle aziende con più di
15 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo (cioè
ingiustificato, effettuato senza comunicazione dei motivi o per
discriminazione), si può fare causa al proprio datore di lavoro. Se
viene appurato che si è stati licenziati senza “giusta causa”,
l’articolo dispone che il lavoratore sia reintegrato nel posto di
lavoro e recuperi le mensilità perse (cioè i soldi dello stipendio
che avrebbe ricevuto se non fosse stato licenziato)...
QUANTI
LAVORATORI TUTELA?
Al
momento attuale l’articolo 18 copre circa il 65,5% dei lavoratori
dipendenti. Ovvero, su quasi 12 milioni di operai e impiegati
presenti in Italia, quasi 7,8 milioni possono beneficiare di questa
tutela. E’ ancora poco, se si pensa che altri milioni di lavoratori
(in particolare immigrati e giovani) non beneficiano di questa
tutela, perché lavorando a nero, con contratti precari, ricattati
fino a firmare le “dimissioni in bianco” al momento
dell’assunzione, sono esposti all’arbitrio del datore di lavoro
che li licenzia quando vuole. Ma è una misura importante, di
civiltà, che riguarda la maggior parte dei lavoratori italiani e
dovrebbe semmai essere estesa a quelli che non ce l’hanno, perché
ancora più sfruttati.
LE
MENZOGNE CHE CI STANNO RACCONTANDO
In
questi mesi padroni, giornalisti interessati e politici hanno
sostenuto che il problema dell’Italia è la “rigidità”, ovvero
che non si può licenziare facilmente... Il licenziamento per “motivi
economici” esiste dal 1966. Un’azienda in crisi può sempre
licenziare il lavoratore. Anche un’azienda che tramite l’acquisto
di macchinari ha bisogno di meno lavoratori, li può licenziare. Si
chiama “giustificato motivo oggettivo”, ma deve essere dimostrato
dal datore di lavoro davanti ad un giudice. Questo per evitare
imbrogli delle aziende, già frequentissimi (“finte” crisi,
cessione di rami di impresa, “scatole cinesi” ecc.).
Esiste
poi anche il “giustificato motivo soggettivo”, ovvero la
possibilità del padrone di licenziare un lavoratore perché
assenteista (cioè se non si presenta al lavoro senza fondati motivi
medici) o insubordinato (se si rifiuta sistematicamente di seguire le
mansioni per cui è stato assunto). Quindi i datori di lavoro già
hanno tutti gli strumenti di cui dispongono per fare funzionare bene
le proprie imprese...
IL
NON-DETTO DEI PADRONI E DI CGIL-CISL-UIL: PERCHE’ VOGLIONO TOGLIERE
L’ARTICOLO 18?
…il
primo motivo per cui i padroni vogliono abolire l’articolo 18 è
tutto materiale. La sua abolizione inciderebbe tantissimo sulla
produttività. Se posso licenziarti, quando diventi vecchio o non
produci come io ti dico di fare, ti ricatterò: se non vuoi essere
cacciato accetterai qualsiasi condizione. Anche perché la maggior
parte dei lavori di oggi non necessita di chissà quale formazione
particolare (sia in fabbrica che negli uffici, che nella logistica o
in un call center). E la gente è disposta a tutto pur di lavorare.
L’unico limite oggi trovato dai padroni è nella Contrattazione
Nazionale, nelle forme del diritto e nelle leggi strappate quando i
lavoratori erano più forti. Ma quello che è stato fatto in questi
anni sui giovani che entravano nel mercato del lavoro andava già nel
senso di abbassare il costo del lavoro per le aziende, e proprio con
la complicità dei sindacati!
...Renzi,
Confindustria e gli altri borghesi hanno ragione a dire che bisogna
“levare le rigidità” per attrarre investimenti e dare lavoro.
Solo che quello che non dicono è che il prezzo da pagare è lo
schiavismo! Una volta che in giro ci sono gli schiavi, pagati nulla e
cacciati fuori in qualsiasi momento, non sorprende affatto che
qualche indice di occupazione possa aumentare!
Oggi
le controversie legate all’articolo 18 non sono molte. Secondo gli
ultimi dati forniti dall’ISTAT, riferiti al 2006, parliamo di circa
8.651, di cui circa la metà (dopo anni di spese) si concludevano a
favore del lavoratore, il quale peraltro non rientrava quasi mai in
fabbrica, perché sapeva che il datore di lavoro avrebbe cercato di
ostacolarlo in ogni modo. Ma se l’articolo 18 venisse abolito, gli
scrupoli dei padroni ad imbarcarsi in una lunga causa e in spese di
avvocati scomparirebbero subito.
L’ALTRO
MOTIVO: QUELLO IDEOLOGICO
Esiste
anche un altro motivo per cui si vuole abolire l’articolo 18, ed è
ideologico. Il Governo e la borghesia italiana vogliono dimostrare
all’Unione europea ed ai capitalisti stranieri che in Italia si può
venire a investire, perché oramai i lavoratori non contano nulla,
non fanno più paura, sono più mansueti delle pecore. Vogliono anche
intimorirci per le battaglie future...
Inoltre
l’abolizione dell’articolo 18 risponde ad un’altra necessità
padronale: eliminare dalle aziende ogni personalità ribelle e ogni
avanguardia di lotta. Il messaggio deve essere semplice: appena rompi
le palle, su orari, condizioni di lavoro, diritti, ecc., sei fuori..."
pc 3 ottobre - BLOCK BCE... NON E' CHE L'INIZIO - UN COMUNICATO DA NAPOLI
(comunicato dal CAU Napoli)
Ultimo aggiornamento ( Giovedì 02 Ottobre 2014 21:07 )
BlockBce...non è che l'inizio!
Dopo giornate di mobilitazione e informazione, caratterizzate da cortei,
azioni, un'occupazione simbolica del Banco di Napoli, workshop
all’università e volantinaggi in tutta la città, il 2 ottobre siamo
scesi in piazza contro il vertice della Bce.
Oltre 3.000 persone hanno
attraversato le strade dei Colli Aminei, quartiere dove nei giorni
precedenti le forze dell’ordine hanno incentivato un allarmismo
ingiustificato facendo circolare volantini che invitavano a “barricarsi
in casa” e “tenere chiusi i negozi”: il quartiere, invece, alla vista
del corteo ci ha accolto con applausi di grande solidarietà.
Il corteo ha
proseguito con azioni comunicative, interventi e volantinaggi cercando
di comunicare il messaggio della giornata agli abitanti del quartiere ,
facendo capire che i
veri violenti sono e restano solo quelli che oggi si sono chiusi
all’interno della reggia di Capodimonte, responsabili delle politiche di
immiserimento, disoccupazione
che colpiscono il paese Una volta arrivati sotto le mura della reggia,
con una semplice scala siamo riusciti a mettere in difficoltà l’ingente
macchina organizzatrice del vertice e uno dei manifestanti è riuscito
ad entrare all’interno del parco e esporre uno striscione,
prima di essere fermato dalla polizia. In quel momento è partito un
fitto lancio di lacrimogeni e fortissimi getti d’acqua urticante con
l’obiettivo di spezzare e disperdere il corteo.
Non ci sono riusciti! Siamo andati
avanti, compatti e determinati, attraversando quartieri popolari come la
Sanità comunicando alla popolazione il perché ci trovavamo lì e cosa
stava accadendo. Il corteo si è diretto nei pressi della questura ed è
terminato soltanto una volta rilasciato il compagno. Questa giornata è solo l’inizio di una grande mobilitazione contro chi, da anni ormai, tiene le redini del nostro presente e del nostro futuro.
Ma la Bce non è il nostro unico nemico.
Infatti, sebbene emani direttive chiare e precise sulle politiche di
sfruttamento e precarietà da adottare, trova piena complicità nei
governi nazionali. Tali manovre, in Italia, si concretizzano nell’attuale riforma del lavoro, che di fatto istituzionalizza la precarietà, nell’abolizione dell’articolo 18,
unica tutela dei lavoratori contro i licenziamenti collettivi e contro
l’impossibilità di ottenere un reintegro in caso di licenziamento
ingiustificato, e si concretizzano nelle generali politiche di sfruttamento diffuse in tutta Europa.
Per questo ritorneremo in piazza il 10 Ottobre al fianco degli studenti contro la nuova riforma della “buona scuola” che va a deteriorare gli ultimi resti del sistema scolastico.
Saremo in piazza anche il 16 Ottobre, in occasione dello sciopero della logistica,
al fianco dei facchini che lottano per ottenere migliori condizioni di
lavoro, retribuzioni dignitose e il rispetto dei propri diritti.
Non è che l'inizio...supportare la resistenza, preparare l'offensiva!
pc 3 ottobre - Olivetti - inchiodati in Tribunale i padroni assassini - Amianto ecco i verbali: “Così eliminavamo i dati scomodi”
Le deposizioni di alcuni ex dipendenti di Ivrea
mettono nei guai dirigenti e vertici aziendali Si procede per 15 omicidi
colposi, sotto indagine 39 manager, fra cui anche Carlo De Benedetti.
02/10/2014
giampiero maggio
Il capannone di San Bernardo, il più contaminato.
«L’ammontare del costo per bonificare la struttura – spiega Giuseppe Cerbone –
era di oltre un miliardo di lire. La bonifica non venne effettuata perché la
Olivetti cedette il capannone ad un certo Merletti, che non fece in tempo a
bonificarlo perché, a quanto ne so, venne arrestato»
02/10/2014
giampiero maggio
Ivrea
Tre testimonianze. Forti, dettagliate. Per la Procura di Ivrea, impegnata a
far luce sul caso di 15 vittime colpite da mesotelioma pleurico quando erano
dipendenti alla Olivetti, sono fondamentali. Assieme alle oltre mille pagine
della perizia di Giancarlo Guarini, che ha ricostruito gli organigrammi
societari nel periodo compeso tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli
anni Novanta, quelle testimonianze sono una delle architravi dell’inchiesta.
Il lavoro dei pm, Lorenzo Boscagli e Gabriella Viglione e degli ufficiali di polizia giudiziaria dello Spresal, ha portato fin qui a 39 indagati, tra cui Carlo De Benedetti, Corrado Passera, Elserino Piol, Roberto Colaninno. Tutti accusati di omicidio colposo plurimo (tranne Colaninno, che ha soltanto le lesioni) aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Ecco, allora, alcuni passaggi delle testimonianze, racchiusi nelle oltre 20 mila pagine che inchiodano gli ex vertici dell’azienda di Ivrea.
I monitoraggi
Quando le analisi riscontravano presenza di amianto superiori alla norma, piuttosto che inserirli nei documenti ufficiali non si citavano. Insomma, venivano formalmente omessi. «Perché si faceva così. Lo facevano altre aziende e lo facevamo anche noi». È questo uno dei passaggi chiave della testimonianza di Luisa Arras, 57 anni, responsabile del Servizio prevenzione e protezione della Olivetti dal 1991 al 1996.
Il 26 maggio di quest’anno la Arras viene sentita a sommaria informazioni dai due pm, Boscagli e Viglione. Lei si mostra inizialmente reticente. I magistrati le chiedono dei monitoraggi e delle bonifiche delle officine di San Bernardo e delle ex Officine H, due degli stabilimenti maggiormente contaminati. Le mostrano un documento «sintesi degli adempimenti previsti dal DL 277/91» ed in particolare la relazione del Comitato aziendale ecologia del 13 aprile 1992 e in cui si evidenziava l’opportunità di procedere alla bonifica delle due officine.
I pm le chiedono perché, dal ’92 al ’95, non si è provveduto a sanare quegli ambienti. «Non lo so – risponde lei -, immagino che la situazione fosse tenuta sotto controllo con ispezioni visive. Ricordo che l’ingegner Abelli insisteva molto sulle bonifiche con chi poteva spendere, quindi in particolare con Tarizzo». Pierangelo Tarizzo, così come Luigi Pescarmona, entrambi indagati, erano delegati, in quegli anni, ad attuare tutte le misure di legge nel campo della sicurezza e della prevenzione.
«Avevano una speciale procura rilasciata nel 1993 dal Cda dell’azienda – scrivono i magistrati - e che dava loro potere di spesa fino a 300 milioni di vecchie lire per ogni singolo intervento». Il placet per opere di bonifica più costose, però, doveva arrivare dai vertici aziendali.
Le prove documentali
C’è di più. Sempre nel corso dell’interrogatorio alla Arras vengono mostrati due documenti, a firma della dirigente, in cui si fa riferimento ai monitoraggi e al rispetto dei valori limite del DL 277/91 e del Decreto ministeriale 94, quest’ultimo molto più stringente in termini di prevenzione sul rischio di esposizione all’amianto dei lavoratori. Gli inquirenti le contestano che quando i valori superavano la soglia imposta dal DM del ’94, questi non comparivano nelle carte ufficiali. Perché?
Arras prima tentenna, poi diventa un fiume in piena: «Da noi tutte le volte che c’erano dati che non andavano bene o si ripeteva l’esame o non si citava il dato». Arras arriva al punto: «Era una prassi che seguivamo. Già dall’inizio del mio servizio in azienda ho visto che si faceva così, i miei responsabili mi dicevano di fare così: se c’erano dei valori che non andavano mi dicevano di ripetere l’esame e se i dati erano ancora critici mi dicevano di non riportare il dato».
Il dato, però, informalmente arrivava ai suoi diretti superiori. Che, poi, avrebbero dovuto relazionare a chi stava più in alto di loro. A chi? Per i magistrati – lo ricostruisce la perizia di Guarini - al Consiglio di amministrazione, all’amministratore delegato e al presidente. Erano, quelli, gli anni di De Benedetti alla guida della Olivetti.
Il servizio ecologia
Il talco contaminato da tremolite d’amianto si usava nelle officine. Ad Agliè, dove si montavano le macchine per scrivere. A San Bernardo e alle Officine Ico, dove si svolgeva una parte della produzione. Si scopre nell’81 che quel talco ha quantità d’amianto 500 mila volte superiore al consentito. Ma la Olivetti provvede a sostituire quel prodotto con talco esente da fibre asbestiforme soltanto nell’86. Il 28 agosto 2013 i pm interrogano Paolo Fornero, 72 anni, all’epoca membro del Servizio ecologia ambiente e della commissione permanente istituita nel ’74 per valutare i rischi ambientali in azienda. I pm chiedono conto dei ritardi. Fornero risponde: «Noi del servizio ecologia avevamo rilevato la presenza dell’amianto. Ci hanno messo cinque anni a decidere». I magistrati insistono e gli chiedono chi doveva decidere sulla sostituzione: «La Commissione per l’ecologia avrebbe dovuto dare l’input, ma in quegli anni non ci riunivamo spesso a causa dei cambiamenti avvenuti dopo il passaggio ai De Benedetti».
Il caso San Bernardo
Il capannone San Bernardo Sud, dove gli operai lavorano fino alla fine degli anni Novanta, è lo stabilimento più contaminato. Non verrà mai bonificato. Su come sia stata gestita la partita di quella struttura gli inquirenti lo scoprono da Giuseppe Cerbone, dal ’70 al 2001 dirigente Olivetti e dal ’90 membro del Sesl, il Servizio ecologia. Cerbone nel 2002, ormai fuori dall’azienda e dipendente di una società che si occupa di rimozione amianto, viene contattato dalla Olivetti per un preventivo di bonifica del capannone di San Bernardo: «L’ammontare del costo – spiega Cerbone – era di oltre un miliardo di lire. La bonifica non venne effettuata perché la Olivetti cedette il capannone ad un certo Merletti, che non fece in tempo a bonificarlo perché a quanto ne so venne arrestato».
Le deleghe
Dice Guarini: «L’Olivetti aveva un’organigramma verticistico». A decidere i grandi interventi, comprese le bonifiche dai costi elevati, per i magistrati erano i dirigenti con l’avvallo del Cda, dell’amministratore delegato e del presidente. «Le deleghe non erano piene, i dirigenti non potevano decidere in autonomia» spiega, in sintesi, il procuratore capo della Repubblica di Ivrea, Giuseppe Ferrando.
Il lavoro dei pm, Lorenzo Boscagli e Gabriella Viglione e degli ufficiali di polizia giudiziaria dello Spresal, ha portato fin qui a 39 indagati, tra cui Carlo De Benedetti, Corrado Passera, Elserino Piol, Roberto Colaninno. Tutti accusati di omicidio colposo plurimo (tranne Colaninno, che ha soltanto le lesioni) aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza negli ambienti di lavoro. Ecco, allora, alcuni passaggi delle testimonianze, racchiusi nelle oltre 20 mila pagine che inchiodano gli ex vertici dell’azienda di Ivrea.
I monitoraggi
Quando le analisi riscontravano presenza di amianto superiori alla norma, piuttosto che inserirli nei documenti ufficiali non si citavano. Insomma, venivano formalmente omessi. «Perché si faceva così. Lo facevano altre aziende e lo facevamo anche noi». È questo uno dei passaggi chiave della testimonianza di Luisa Arras, 57 anni, responsabile del Servizio prevenzione e protezione della Olivetti dal 1991 al 1996.
Il 26 maggio di quest’anno la Arras viene sentita a sommaria informazioni dai due pm, Boscagli e Viglione. Lei si mostra inizialmente reticente. I magistrati le chiedono dei monitoraggi e delle bonifiche delle officine di San Bernardo e delle ex Officine H, due degli stabilimenti maggiormente contaminati. Le mostrano un documento «sintesi degli adempimenti previsti dal DL 277/91» ed in particolare la relazione del Comitato aziendale ecologia del 13 aprile 1992 e in cui si evidenziava l’opportunità di procedere alla bonifica delle due officine.
I pm le chiedono perché, dal ’92 al ’95, non si è provveduto a sanare quegli ambienti. «Non lo so – risponde lei -, immagino che la situazione fosse tenuta sotto controllo con ispezioni visive. Ricordo che l’ingegner Abelli insisteva molto sulle bonifiche con chi poteva spendere, quindi in particolare con Tarizzo». Pierangelo Tarizzo, così come Luigi Pescarmona, entrambi indagati, erano delegati, in quegli anni, ad attuare tutte le misure di legge nel campo della sicurezza e della prevenzione.
«Avevano una speciale procura rilasciata nel 1993 dal Cda dell’azienda – scrivono i magistrati - e che dava loro potere di spesa fino a 300 milioni di vecchie lire per ogni singolo intervento». Il placet per opere di bonifica più costose, però, doveva arrivare dai vertici aziendali.
Le prove documentali
C’è di più. Sempre nel corso dell’interrogatorio alla Arras vengono mostrati due documenti, a firma della dirigente, in cui si fa riferimento ai monitoraggi e al rispetto dei valori limite del DL 277/91 e del Decreto ministeriale 94, quest’ultimo molto più stringente in termini di prevenzione sul rischio di esposizione all’amianto dei lavoratori. Gli inquirenti le contestano che quando i valori superavano la soglia imposta dal DM del ’94, questi non comparivano nelle carte ufficiali. Perché?
Arras prima tentenna, poi diventa un fiume in piena: «Da noi tutte le volte che c’erano dati che non andavano bene o si ripeteva l’esame o non si citava il dato». Arras arriva al punto: «Era una prassi che seguivamo. Già dall’inizio del mio servizio in azienda ho visto che si faceva così, i miei responsabili mi dicevano di fare così: se c’erano dei valori che non andavano mi dicevano di ripetere l’esame e se i dati erano ancora critici mi dicevano di non riportare il dato».
Il dato, però, informalmente arrivava ai suoi diretti superiori. Che, poi, avrebbero dovuto relazionare a chi stava più in alto di loro. A chi? Per i magistrati – lo ricostruisce la perizia di Guarini - al Consiglio di amministrazione, all’amministratore delegato e al presidente. Erano, quelli, gli anni di De Benedetti alla guida della Olivetti.
Il servizio ecologia
Il talco contaminato da tremolite d’amianto si usava nelle officine. Ad Agliè, dove si montavano le macchine per scrivere. A San Bernardo e alle Officine Ico, dove si svolgeva una parte della produzione. Si scopre nell’81 che quel talco ha quantità d’amianto 500 mila volte superiore al consentito. Ma la Olivetti provvede a sostituire quel prodotto con talco esente da fibre asbestiforme soltanto nell’86. Il 28 agosto 2013 i pm interrogano Paolo Fornero, 72 anni, all’epoca membro del Servizio ecologia ambiente e della commissione permanente istituita nel ’74 per valutare i rischi ambientali in azienda. I pm chiedono conto dei ritardi. Fornero risponde: «Noi del servizio ecologia avevamo rilevato la presenza dell’amianto. Ci hanno messo cinque anni a decidere». I magistrati insistono e gli chiedono chi doveva decidere sulla sostituzione: «La Commissione per l’ecologia avrebbe dovuto dare l’input, ma in quegli anni non ci riunivamo spesso a causa dei cambiamenti avvenuti dopo il passaggio ai De Benedetti».
Il caso San Bernardo
Il capannone San Bernardo Sud, dove gli operai lavorano fino alla fine degli anni Novanta, è lo stabilimento più contaminato. Non verrà mai bonificato. Su come sia stata gestita la partita di quella struttura gli inquirenti lo scoprono da Giuseppe Cerbone, dal ’70 al 2001 dirigente Olivetti e dal ’90 membro del Sesl, il Servizio ecologia. Cerbone nel 2002, ormai fuori dall’azienda e dipendente di una società che si occupa di rimozione amianto, viene contattato dalla Olivetti per un preventivo di bonifica del capannone di San Bernardo: «L’ammontare del costo – spiega Cerbone – era di oltre un miliardo di lire. La bonifica non venne effettuata perché la Olivetti cedette il capannone ad un certo Merletti, che non fece in tempo a bonificarlo perché a quanto ne so venne arrestato».
Le deleghe
Dice Guarini: «L’Olivetti aveva un’organigramma verticistico». A decidere i grandi interventi, comprese le bonifiche dai costi elevati, per i magistrati erano i dirigenti con l’avvallo del Cda, dell’amministratore delegato e del presidente. «Le deleghe non erano piene, i dirigenti non potevano decidere in autonomia» spiega, in sintesi, il procuratore capo della Repubblica di Ivrea, Giuseppe Ferrando.
pc 3 ottobre - I "MORTI VIVENTI" IN GIACCA E CRAVATTA..da Pillole comuniste
La putrefazione del sistema politico ed economico finisce per rappresentarsi con facce putrefatte di morti viventi alla testa delle istituzioni.
Spazzare via questo sistema e i suoi uomini è compito della gioventù proletaria, ma essa oggi non ha ancora coscienza e organizzazione per farlo.
da Pillole Comuniste - 1 -
22.4.2013
Questi morti che camminano in giacca e cravatta non hanno e non possono avere soluzioni alla precipitazione economica, politica, culturale del loro sistema borghese; per reggerlo, per reggersi "studiano" ogni giorno come scaricare la crisi sulle masse proletarie. Ma sono ricette che se per i lavoratori, i giovani, le donne sono di più miseria, più oppressione, più attacco alla dignità, al futuro, per loro li avvicinano sempre più nel baratro.
Ma questi non cadranno da soli.
Per reggersi "studiano" ogni giorno come reprimere le lotte, fino ad ogni fruscio di ribellione, si attrezzano come se devono affrontare una guerra con le masse.
Sono, allora, le masse, soprattutto la gioventù proletaria, che si devono a loro volta attrezzare per condurre una vera guerra di classe rivoluzionaria. Per questo non basta il "movimento" o le lotte anche dure ogni tanto; serve l'organizzazione rivoluzionaria comunista, serve la scienza del marxismo leninismo maoismo che guidi la ribellione.
Spazzare via questo sistema e i suoi uomini è compito della gioventù proletaria, ma essa oggi non ha ancora coscienza e organizzazione per farlo.
da Pillole Comuniste - 1 -
22.4.2013
Questi morti che camminano in giacca e cravatta non hanno e non possono avere soluzioni alla precipitazione economica, politica, culturale del loro sistema borghese; per reggerlo, per reggersi "studiano" ogni giorno come scaricare la crisi sulle masse proletarie. Ma sono ricette che se per i lavoratori, i giovani, le donne sono di più miseria, più oppressione, più attacco alla dignità, al futuro, per loro li avvicinano sempre più nel baratro.
Ma questi non cadranno da soli.
Per reggersi "studiano" ogni giorno come reprimere le lotte, fino ad ogni fruscio di ribellione, si attrezzano come se devono affrontare una guerra con le masse.
Sono, allora, le masse, soprattutto la gioventù proletaria, che si devono a loro volta attrezzare per condurre una vera guerra di classe rivoluzionaria. Per questo non basta il "movimento" o le lotte anche dure ogni tanto; serve l'organizzazione rivoluzionaria comunista, serve la scienza del marxismo leninismo maoismo che guidi la ribellione.
pc 3 ottobre - Lotta di classe potere alle masse!
Vietnam libero, gridavamo per le strade: allora, una forza più istintiva che ideologica, ci univa sotto il tetto di ciò che rimaneva del PCI di Antonio Gramsci che già da tempo aveva abbandonato la lotta di classe e dopo un primo incerto Togliatti, lasciava il campo al revisionismo (via italiana al socialismo) che neanche un acclamato Berlinguer aveva la capacità di sconfiggere, anzi la sosteneva!
Ne è passata acqua sotto i ponti e da quel tempo e di quel tempo, neanche l'istinto di sinistra è rimasto . . . il compromesso storico e/o l'alternativa democratica hanno lasciato solo dei cadaveri!
Le guerre hanno continuato a invadere il pianeta . . . parliamo chiaramente delle guerre volute (dovute per la sua esistenza) dalla borghesia, al cui evidente collasso non voleva e non vuole arrendersi . . . guerre e crisi che si moltiplicano a livello esponenziale ma che non vedono le piazze di 40 anni fa . . . almeno non le vedevano fino a oggi!
Gli eredi del PCI (non parliamo certo del PD), sembrano essere, al meglio, delle mummie imbalsamate, quando non diventano anch'essi parte del sistema e di questo e con questo condividono strategie e poltrone.
Un nuovo modo di intendere il disagio, viene fuori dai movimenti che rappresentano sicuramente le masse e come l'ottobre dello scorso anno e l'aprile di questo (per non parlare del mai dimenticato G8 di Genova) ribadiscono, forse ancor di più lo testimonia l'aumento della repressione da parte del potere!
Noi proletari comunisti, pur distinguendoci dai movimenti spontanei e non sposando in toto le loro tesi, individuiamo in tutto ciò, la possibilità di una ripresa seria della lotta di classe e poichè il nostro posto è unicamente e perennemente in mezzo alle masse, siamo attivamente presenti, anzi ci riteniamo parte fondamentale di questa lotta.
Lotta dura e senza paura - lotta di classe potere alle masse!
Ne è passata acqua sotto i ponti e da quel tempo e di quel tempo, neanche l'istinto di sinistra è rimasto . . . il compromesso storico e/o l'alternativa democratica hanno lasciato solo dei cadaveri!
Le guerre hanno continuato a invadere il pianeta . . . parliamo chiaramente delle guerre volute (dovute per la sua esistenza) dalla borghesia, al cui evidente collasso non voleva e non vuole arrendersi . . . guerre e crisi che si moltiplicano a livello esponenziale ma che non vedono le piazze di 40 anni fa . . . almeno non le vedevano fino a oggi!
Gli eredi del PCI (non parliamo certo del PD), sembrano essere, al meglio, delle mummie imbalsamate, quando non diventano anch'essi parte del sistema e di questo e con questo condividono strategie e poltrone.
Un nuovo modo di intendere il disagio, viene fuori dai movimenti che rappresentano sicuramente le masse e come l'ottobre dello scorso anno e l'aprile di questo (per non parlare del mai dimenticato G8 di Genova) ribadiscono, forse ancor di più lo testimonia l'aumento della repressione da parte del potere!
Noi proletari comunisti, pur distinguendoci dai movimenti spontanei e non sposando in toto le loro tesi, individuiamo in tutto ciò, la possibilità di una ripresa seria della lotta di classe e poichè il nostro posto è unicamente e perennemente in mezzo alle masse, siamo attivamente presenti, anzi ci riteniamo parte fondamentale di questa lotta.
Lotta dura e senza paura - lotta di classe potere alle masse!