pc 23 agosto - visita e leggi il blog internazionale e internazionalista Maoistroad - tutte le informazioni e i testi sono provenienti da organizzazioni comuniste marxiste-leniniste-maoiste e rivoluzionarie e sono in inglese o in lingua originale

pc 23 agosto - Report in hindi della Giornata Internazionale a sostegno dei prigionieri politici


I compagni indiani sostengono in tutte le forme in India e a livello internazionale  la campagna prolungata per la libertà dei prigionieri politici promossa dal comitato internazionale di sostegno alla guerra popolare, che ha avuto un suo momento importante nella giornata internazionale del 25 gennaio 2015.
Quello qui contenuto e l'opuscolo in hindi diffuso dal PCI maoista.

http://www.bannedthought.net/India/JanSangram/2014/JanSangram-2014-Pamphlet-OnInternationalDayOfSupport-Hindi.pdf

pc 23 agosto - Isis e Kurdistan .. un dossier informativo


Glı attacchi dell’Isis e la resistenza ın Kurdistan

Glı attacchi dell’Isis e la resistenza ın Kurdistan
Un dossier informativo di straordinario interesse sulla realtà nella regione al centro della crisi in Medio Oriente. Il dossier è a cura dell’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia, una realtà politica del movimento di resistenza curdo con caratteristiche e progetto assai diverse dai partiti curdi iracheni che, ancora una volta, vengono sostenuti dagli Stati Uniti nei combattimenti in corso nel nord dell'Iraq.
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INTRODUZİONE.....................................................................................................................
2 LA RESİSTENZA CURDA PER L'UMANİTÀ E UNA VİTA UGUALİTARİA..................................
3 LE FORZE Dİ DİFESA CURDE STANNO PROTEGGENDO İ POPOLİ NELLA REGİONE...........
4 CONTESTO MİLİTARE DEGLİ ATTACCHİ Dİ ISIS A ŞENGAL.................................................
5 Gli attacchi nel sud Kurdistan (Iraq)..............................................................................
6 NUOVİ ATTACCHİ Dİ ISIS AL CONFİNE CON İL KURDİSTAN İRANİANO.................................
7 MİNORANZE RELİGİOSE E ETNİCHE SOTTO MİNACCİA İN KURDİSTAN...............................
8 EZİDİ (YEZİDİ).......................................................................................................................
9 ASSİRİ & CRİSTİANİ CALDEİ...............................................................................................
10 I turcomanni..............................................................................................................
11 Sciiti e aleviti............................................................................................................
11 Shabak curdi............................................................................................................
11 Kakai .......................................................................................................................
12 PER MAGGİORİ İNFORMAZİONİ E RİCHİESTE URGENTİ..................................................... 

Introduzione

Con questo dossier desideriamo condividere con voi informazioni importanti sulla guerra in corso in Siria ed Iraq. Come potrete cogliere da queste informazioni c'è una vasta guerra che sta accadendo in Medio Oriente e in particolare in tutto il Kurdistan. Il report mostra anche che i terroristi di ISIS stanno effettuando un massacro su vasta scala contro il popolo curdo e gli altri gruppi etnici e religiosi (sciiti, cristiani, yezidi etc.) nella regione.
I curdi sono impegnati in una guerra legittima di autodifesa per porre fine a questa sporca guerra contro l'umanità. Stanno combattendo ISIS con armi e tecnologie militari limitate e hanno soltanto la forza di volontà e il sostegno delle popolazioni. La tragedia è che i curdi sono stati lasciati soli in questa guerra che minaccia l'umanità. Nonostante questo i curdi sono determinati a resistere.

La resistenza curda per l'umanità e una vita ugualitaria

Sin dall'inizio della guerra in Siria tre anni fa (2011), lo Stato Islamico d'Iraq e del Levante (ISIS), fra gli altri gruppi terroristici, è diventato un flagello per il nostro paese, il Kurdistan, il Medioriente e per il mondo intero.
Questa crescita è degenerata con le politiche ostinate e miopi di Turchia, Qatar, Arabia Saudita e alcuni paesi occidentali.
Perseguendo una politica de “il nemico del mio nemico è mio alleato”, questi stati hanno contribuito a rafforzare ISIS, un mostro che non diffonde altro che ferocia e morte.
Gli attacchi barbari di ISIS contro il popolo curdo e le sue conquiste nel Kurdistan occidentale (Kurdistan siriano) durante gli ultimi due anni, sono state in gran parte inosservate fino a quando, il 10 giugno 2014, essi hanno conquistato Mosul (Iraq), attirando l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale.
Con la recente appropriazione di armi pesanti, ISIS allora si è concentrato di nuovo sul Kurdistan occidentale, con l'intento di massacrare il popolo curdo nel Cantone di Kobane, uno dei tre stati autonomi dichiarati nel Kurdistan occidentale un anno fa insieme a Cizre e Efrin. Tuttavia il popolo curdo si è mobilitato in massa e ha offerto un sostegno unanime alle Unità di protezione del popolo, le YPG e le YJA (le forze militari di quei tre cantoni), favorendo una resistenza storica e respingendo ISIS dall'area.
E' stato dopo questa disfatta contro le forze armate curde che i gruppi terroristi hanno attaccato il Kurdistan del sud (Kurdistan iracheno).
Dal 3 agosto ISIS sta attaccando una delle zone più antiche e sacre della nazione curda, Sinjar (Şengal) e il suo circondario, massacrando curdi yezidi, fedeli della più antica religione curda.
A seguito di questi attacchi più di 50.000 curdi yezidi hanno trovato rifugio sulle montagne di Sinjar. Più di 300.000 tra donne, bambini e anziani sono stati sfollati. Migliaia di donne, il loro numero non è chiaro, sono state rapite e ridotte in schiavitù o sono state vittime di stupri. Questa gente sulle montagne di Sinjar sta adesso affrontando la fame e la sete.
Quasi 300 bambini sono morti per malnutrizione e disidratazione e questo numero continua ad aumentare ogni giorno. Secondo i rapporti, centinaia di donne hanno commesso suicidio allo scopo di non finire nelle mani di ISIS.
Con i barbari attacchi contro popoli, religioni e comunità del Kurdistan e del Medioriente, i terroristi di ISIS hanno commesso crimini contro l'umanità e hanno portato morte e distruzione in ogni casa nella regione.
Decapitazioni, migrazioni forzate, sequestro di terra e proprietà, aggressioni sessuali contro le donne, mutilazioni di ragazze, l'abbandono di bambini alla fame e alla morte sono in corso a Kobane, Mosul, Sinjar, nel campo rifugiati governato dalle Nazioni Unite di Maxmur come in altre aree del Kurdistan.
Ogni cosa di valore storico, inclusi i centri religiosi, il patrimonio e l'arte, sono presi di mira da ISIS.

Le forze di difesa curde stanno proteggendo i popoli nella regione

Gli Stati Uniti e l'Unione Europea stanno finalmente riconoscendo la crisi umanitaria e hanno offerto aiuto. È evidente che questo non li assolve dal ruolo che hanno giocato nel rafforzamento di ISIS.
Le ben sperimentata politica imperialista del dividere e dominare non ha portato a niente ma ha prodotto conflitti religiosi tra i diversi popoli di questa antica regione.
I popoli curdi, armeni, arabi, turcomanni e assiri della regione hanno formato una comune forza di difesa contro queste politiche e attacchi.
I curdi e le altre comunità oppresse e gruppi religiosi stanno utilizzando i propri mezzi e le proprie forze per resistere agli attachi contro i valori umani e la decenza.
Di fronte all'artiglieria pesante e alla superiorità tecnica posseduta da ISIS, le forze di difesa curde si stanno difendendo con armi ed equipaggiamento limitato.
Guerriglieri donne e uomini che sono impegnati in questa legittima difesa nel Kurdistan occidentale e del sud, non stanno solo combattendo per gli uomini e le donne curde, non soltanto per le donne e i popoli del Medioriente, ma per gli uomini e le donne che stanno combattendo per il progresso, la libertà e la democrazia in tutto il mondo.
In effetti sono impegnati in una lotta esistenziale per l'onore e il senso morale.
Sfortunatamente non possiamo parlare di una lotta internazionale contro ISIS e simili organizzazioni terroriste, fino a quando i poteri che le sostengono non saranno disvelati e verranno adottate contro di loro sanzioni da parte della comunità e delle potenze internazionali.
Agli stati in questione, Qatar, Arabia Saudita e Turchia, deve essere chiesto conto e  devono essere adottate sanzioni economiche e sanzioni politiche fino a quando non recidano tutti i legami con ISIS.
La principale responsabilità di tutte le organizzazioni internazionali, ed in particolare delle potenze internazionali, dovrebbe essere quella di sostenere la resistenza dei popoli sotto attacco e delle forze curde di difesa che stanno resistendo ai terroristi di ISIS. Questa è una resistenza storica per la democrazia e l'umanità.

Contesto militare degli attacchi di ISIS a Şengal

Negli ultimi due mesi, dalla caduta di Mosul il 10 giugno 2014 da parte delle forze estremiste di ISIS dello Stato islamico d'Iraq e di Siria (ISIS), la situazione nelle regioni curde di Siria e Iraq si è deteriorata rapidamente. Il conflitto siriano ha fornito lo sfondo agli attuali attacchi di ISIS a Şengal (in arabo: Sinjar), Rabia, Makhmur e Hewler (in arabo: Erbil).
Dalla metà del 2013, ISIS è stato impegnato in un conflitto armato contro i curdi nelle tre regioni autonome della Siria settentrionale. Questo è diventato un sotto-conflitto distinto e separato nel più grande conflitto armato in Siria. Per oltre un anno pesanti scontri si sono ripresentati ai numerosi fronti attraverso le tre regioni curde di Efrin, Kobane (in arabo: Ayn Al-Arab) e Cizirê (in arabo: Al-Jizirah), tra le forze armate curde, le Unità di difesa del popolo (YPG), e ISIS.
Dopo la caduta di Mosul il 10 giugno 2014, il gruppo estremista è stato in grado di rafforzare i suoi attacchi alle regioni curde di Siria, trasferendo artiglieria pesante, carri armati e armamenti pesanti da Mosul alle proprie basi di Jarablus, Tal Abyad e Raqqah in Siria. Da queste tre località, gli armamenti pesanti sono stati utililzzati nelle pricipali offensive contro le regioni curde di Kobane, tra giugno e la fine di luglio 2014.
Trovandosi di fronte a una minaccia per la propria esistenza a causa degli attacchi di ISIS, la popolazione di Kobane si è mobilitata in massa per proteggere se stessa e la propria amministrazione autonoma.
Le YPG hanno avuto successo alla fine nel respingere gli attacchi di ISIS sui tre fonti, dopo l'eroica resistenza lunga un mese.
Quando i suoi piani militari sono falliti a Kobane, ISIS ha aperto un nuovo fronte a Cizirê, avviando un'offensiva sulla città di Hasakah e il suo circondario, che si trova in stretta prossimità con il confine  siriano-iracheno.
Dopo giorni di aspri scontri con le unità delle YPG, l'offensiva di ISIS è stata costretta ad arretrare e eventualmente a fermarsi. La città adesso è totalmente sotto il controllo delle unità delle YPG.

Gli attacchi nel sud Kurdistan (Iraq)

Il 3 agosto 2014, uomini armati di ISIS hanno attaccato la terra di origine dell'antica comunità yezida, situata a meno di 50 km dal confine siriano-iracheno, a ovest di Mosul nel distretto di Şengal (Sinjar).
ISIS ha preso il controllo di Şengal città, entro 24 ore dal ritiro delle forze peshmerga dalle loro posizioni.
I combattenti di ISIS non hanno fatto nessuna distinzione tra civili e combattenti nella regione di Şengal. Quando non erano rimaste forze curde peshmerga, hanno lanciato attacchi sistematici e indiscriminati sulla popolazione civile. Il numero esatto dei morti, feriti e ostaggi e persone scomparse è ancora ignoto, tuttavia, rapporti locali parlano di 1500-2000 civili morti a seguito di esecuzioni sommarie, uccisioni, fame e disidratazione.
Quando la linea di difesa curda è caduta a Şengal, la comunità yezida è stata soggetta ad attacchi brutali, sistematici e senza limiti.
Militarmente, i comandanti di ISIS hanno riunito le loro forze e l'artiglieria pesante per un'offensiva alla città di confine di Rabia.
Gli attacchi genocidi contro i curdi yezidi, in associazione agli attacchi di ISIS a Rabia e il ritiro delle forze peshmerga, hanno spinto le unità armate delle YPG a intervenire immediatamente dal Kurdistan occidentale (Siria) per proteggere i civili in fuga e aprire corridoi umanitari per la popolazione bloccata sul monte Şengal.
Questo intervento critico delle YPG nelle prime ore del conflitto ha salvato migliaia di vite e ha impedito a ISIS di controllare una porzione maggiore di territorio nelle aree rurali a ovest di Şengal. Compresa la città strategica di confine di Rabia.
Nel frattempo, il comandante militare dell'Unione delle comunità del Kurdistan (KCK), Murat Karayilan, il 4 agosto 2014, ha affermato in un video comunicato che anche le Forze di difesa del popolo (HPG) avrebbero dovuto intervenire per proteggere i curdi yezidi, e combattere insieme alle altre forze curde, incluse le YPG e i peshmerga, contro ISIS.
Il giorno successivo, il 5 agosto 2014, membri di ISIS hanno avviato un'attacco nel distretto del campo di Maxmur, con una popolazione di 13.000 curdi provenienti dal Kurdistan settentrionale (Turchia).
Il campo rifugiati è stato sotto protezione ufficiale delle Nazioni Unite dal 1998.
La direzione del campo aveva evacuato donne e bambini il 4 agosto 2014, come parte di misure di sicurezza preventive.
Pesanti scontri sono seguiti nella regione di Maxmura tra i combattenti curdi delle forze HPG, YPG e peshmerga contro ISIS.
Da allora sono anche stati riferiti aspri scontri e bombardamenti attorno al campo rifugiati di Maxmur.
Le forze unificate sono state in grado di respingere gli attacchi di ISIS e adesso hanno il pieno contollo della città.

Nuovi attacchi di ISIS al confine con il Kurdistan iraniano

L'11 agosto 2014, rapporti hanno confermato che elementi di ISIS hanno conquistato la città di Jalaula, a meno di 40 km dal confine iracheno-iraniano. Pesanti scontri continuano in prossimità di Jalaula tra forze peshmerga e ISIS.
Il 10 agosto 2014 ci sono stati i tre maggiori attacchi suicidi di ISIS contro posizioni peshmerga, che hanno ucciso decine di persone.
L'offensiva di ISIS a Jalaula nell'Iraq del nord-est segna una nuova dinamica in questa regione d'Iraq, che pone una minaccia imminente per la sicurezza delle città curde di Kirkuk, Khaneqin e Halabja.
Inoltre, pone un ampio rischio regionale per una ricaduta del conflitto in Iran. Le forze militari iraniane hanno rafforzato la loro presenza lungo il confine per evitare una eventuale cooperazione tra ISIS e arabi sunniti che vivono in Iran.
Un attacco di ISIS a Kirkuk, città ricca di petrolio, potrebbe innescare un nuovo flusso di rifugiati e sfociare in nuove uccisioni di massa.
ISIS cercherà di aumentare il controllo sulle risorse energetiche e le infrastrutture economiche allo scopo di rafforzare il suo potere regionale e stabilire la sua struttura semi statale.
D'altra parte le forze curde di HPG e i peshmerga hanno dichiarato uno stato di emergenza e formato un coordinamento di difesa unificata per proteggere la regione di Kirkuk, la quale è abitata da curdi, turcomanni, arabi, cristiani e sciiti che vivono insieme.
Proteggere Kirkuk sarà centrale negli sforzi futuri di pace e sicurezza nella più grande regione.

Minoranze religiose e etniche sotto minaccia in Kurdistan

Il ricco tessuto etnico e religioso del Kurdistan si è formato nel corso di migliaia di anni di  convivenza tra popoli diversi. Questa convivenza è adesso sotto grande minaccia. Nonostante le loro differenze, questi gruppi condividono similitudini cullturali, sociali, politiche, economiche e psicologiche e vedono le loro differenze come una ricchezza.
Senza interferenza esterna hanno vissuto generalmente in pace.
Tuttavia all'inizio del 20° secolo il progetto di stato nazionale (si veda il patto di Sykes-Picot del 1916) è stato affondato come un pugnale nel cuore del Medioriente.
Questa politica della creazione di nazioni omogenee ha seminato odio e inimicizia tra i popoli, e come risultato curdi, armeni, assiri, turkmeni, keldani e altri popoli si trovano ad affrontare un genocidio fisico e culturale.
È ora evidente che confini immaginari e progetti politici imposti dall'esterno non soddisfano i bisogni dei popoli e non hanno avuto successo. Queste politiche imperialiste hanno radicato la guerra nel Medioriente e le vittime sono ancora una volta i popoli e i gruppi religiosi.
Il movimento curdo di liberazione crede in una cultura durevole di convivenza nella regione, e ha sviluppato un progetto di vita comune inclusivo piuttosto che esclusivo.
Questo progetto è stato messo in pratica nel Kurdistan occidentale (Siria settentrionale), dove come modello è stata proclamata l'autonomia democratica, e le differenti etnie, popoli e gruppi religiosi stanno condividendo in pace il potere e la regione.
Sin dall'inizio sono stati fatti tentativi per soffocare questa rivoluzione, con ISIS in prima linea  in questi attacchi.
Pertanto ISIS e le potenze che lo stanno sostenendo sono il nemico comune dei popoli della regione.
Storicamente, il colonialismo e il nazionalismo sono stati usati per dividere, indebolire e qui dominare i popoli.
Adesso, è il “cappello” dell'Islam che viene usato per attaccare la regione.
Di seguito si fornisce una lista dei gruppi etnici e religiosi più colpiti dagli attacchi di ISIS e dalla guerra nella regione.

Ezidi (Yezidi)

La maggior parte della popolazione yezida vive nel Kurdistan iracheno, dove il loro numero è di circa 500.000. Sono particolarmente concentrati nell'Iraq settentrionale, nella provincia di Ninive. Le due più grandi comunità sono a Shekhan, a nordest di Mosul, e a Şengal, vicino al confine siriano e a circa 80 chilometri da Mosul.
Gli yezidi in Siria vivono principalmente in due comunità, una nella zona della Cezira ed altri nel Kurd-Dagh.
Oggi probabilmente ci sono in Siria  tra i 12.000 e i 15.000 yezidi circa.
Gli Yezidi sono un'etnia curda con un sistema di credenze religiose yezida.
Al di fuori di Şengal, gli yezidi sono concentrati nelle aree a nord di Mosul e nella provincia sotto il controllo curdo di Dohuk.
Per gli yezidi la terra ha un significato religioso profondo, e fedeli di tutto il mondo -esistono comunità residue in Turchia, Germania, e altrove- si recano in pellegrinaggio alla città santa curdadi Lalesh.
ISIS ha raggiunto Şengal nell'agosto 2014 a seguito del ritito delle truppe peshmerga. Come risultato, 200.000 residenti hanno disperatamente abbandonato le loro case per timore di attacchi fondati sulla base del loro credo religioso.
In seguito, 200.000 residenti, donne e bambini sono stati sistematicamente presi di mira, i bambini separati dalle loro famiglie, e presi in ostaggio.
Le prime testimonianze di persone che erano riuscite a fuggire da Şengal hanno parlato di stupri, molestie sessuali, violenze di genere e la presa in ostaggio di centinaia  di ragazze e donne yezide.
Il destino di più di 1500 donne nel distretto è sconosciuto alla data di redazione di questo rapporto.
Quegli yezidi che non hanno trovato una via di fuga, sono stati intimati di convertirsi all'Islam o di affrontare la morte. Il giorno successivo, il 4 agosto 2014, l'esodo di massa della comunità yezida aveva creato un disastro umanitario.
Approssimativamente 500.000 di loro sono stati intrappolati sul monte Şengal senza nessun accesso a acqua, cibo, medicine e riparo mentre le unità di ISIS avevano circondato la regione.
Nelle 72 ore successive, tra il 4 e il 7 agosto, molti yezidi inclusi bambini sono morti durante la fuga per disidratazione, stanchezza, fame e  mancanza di medicine.
Un rappresentante dell'UNICEF, Marzio Babille, ha dichiarato il 5 agosto: “Le famiglie che hanno abbandonato la zona necessitano immediatamente di assistenza urgente. Famiglie tra cui 25.000 bamnini sono ora bloccati sulle montagne circostanti a Sinjar, e sono in disperato bisogno di aiuti umanitari, tra cui acqua potabile e servizi igienico-sanitari".

Assiri & Cristiani caldei

Gli assiri sono considerati essere una delle popolazioni indigene del Medio oriente. La loro terra è situata nella zona attorno al Tigri e all'Eufrate nel Kurdistan  del sud (Iraq settentrionale).
Gi Assiri tradizionalmente provengono dall'Iraq, dalla Turchia sud orientale, dall'Iran nord occidentale, e dalla Siria nord occidentale.
C'è una popolazione significativa in Siria, dove si stima che vivano 877.000 Assiri.
C'erano circa 500.000 cristiani in Iraq - una cifra che è diminuita di quasi 300.000 negli ultimi cinque anni. A un certo punto c'era oltre un milione di cristiani che vivevano lì, prevalentemente nel Kurdistan del sud.
World Watch Monitor ha riferito che ISIS si è spostato nelle zone cristiane nei pressi di Mosul e ha occupato il villaggio assiro e caldeo di Qaraqosh, entrando  nel monastero di S.Benam. ISIS ha avvisato i residenti cristiani di Mosul, in special modo le donne, di indossare il velo islamico.
L'agenzia stampa internazionale AINA ha riferito che 200.000 assiri hanno lasciato l'area della piana di Ninive adesso controllata da ISIS, i cui jihadisti sono saliti verso nord -dalla città di Mosul conquistata un mese fa-  per iniziare a sterminare coloro che non erano musulmani sunniti abitanti nelle zone circostanti.
AINA ha aggiunto che Qaraqosh, la più grande città crtistana della nazione, è ora completamante svuotata di assiri.

I turcomanni

La regione ospita anche molte comunità turcomanne. I turcomanni parlano turco ma non dai tempi dell'Impero Ottomano. La maggioranza dei turcomanni sono sciiti e di conseguenza un bersaglio per l'ISIS. La città turcomanna di Amerli, con una popolazione di 200.000 abitanti, da giugno è stata circondata da ISIS, ma eroicamente continua a tenerli fuori nonostante venga attaccata quotidianamente. Se ISIS conquista questa città, probabilmente giustizierà molte persone, se non tutti gli uomini, in quanto sono sciiti eterodossi kakai, considerati “idolatri”.
Il cibo si sta esaurendo e la popolazione è alla disperata ricerca di qualcuno per aprire un corridoio di evacuazione. Nonostante affermi di sostenere i turcomanni, lo stato turco non ha fatto nulla per proteggere la comunità turcomanna contro ISIS.
E' chiaro che il governo turco ha abbandonato i turcomanni in favore dei propri interessi economici. Rapporti dei media internazionali mostrano chiaramente che la Turchia sta sostenendo direttamente e indirettamente ISIS in Siria e Iraq. Il confine tra Turchia e Siria è diventato una via di attraversamento per i militanti di ISIS, e la Turchia ha fornito cure mediche e sostegno militare a ISIS per attaccare i curdi. Non sorprende che il Ministro degli esteri, in un'intervista data di recente, il 7 agosto 2014, ha dichiarato: “ISIS non è gruppo terroristico, anzi sono persone che sono arrivate insieme come movimento di reazione”.

Sciiti e alawiti

Nonostante il rischio che ISIS rappresenta per yezidi, turcomanni, cristiani e altre minoranze del Paese, il rischio per la maggioranza di musulmani sciiti in Iraq è molto più diffuso. Nel loro tentativo di creare un califfato islamico che si estende dalla Siria all'Iraq, ISIS ha preso di mira gli sciiti in entrambi i paesi. Nel mese di giugno, il gruppo ha affermato su Twitter di aver ucciso almeno 1.700 sciiti in quel mese. Come molte delle minoranze in nella provincia di Ninive, sciiti e alawiti sono stati etichettati come infedeli da ISIS. La maggior parte di Baghdad è prevalentemente sciita, ma grandi porzioni di territori occidentali e settentrionali dell'Iraq ospitano popolazioni di maggioranza sunnita.

Shabak curdi

Decine di shabak curdi dalla pianure di Ninive si sono uniti all'afflusso di rifugiati nella regione del Kurdistan. Uno shabak rifugiato ha detto che i militanti islamici hanno ucciso 20 membri della loro comunità negli ultimi giorni. La maggior parte di chi è stato salvato ora è stato collocato nelle città di Duhok e Zakho
Kakai
Diversi gruppi di minoranza sono a rischio estremo anche in questa zona. I kakai sono una setta eterodossa legati all'Islam sciita, probabilmente dal 14 ° secolo. ISIS li uccide ogni volta che li cattura. Sono sotto attacco nei pressi di Kirkuk e Tuz Khurmatu, che ora è circondata da forze di ISIS.

Per maggiori informazioni e richieste urgenti

Contatto Kurdistan  del sud (Iraq)
Persona di riferimento: Meral Cicek,
Organizzazione delle relazioni delle donne
Tel: 00964 - 751 052 60 45
E-mail: repak_kwro@mail.com

Contatto Kurdistan occidentale (Siria)
Persona di riferimento: Sinem Mohamadi
Tel: 0032 - 489 91 79 05
E-mail: sinam56@hotmail.com

Contatto in Europa
Persona di riferimento: Hakan Cifci
Indirizzo: Rue Jean Stas 41, 1060  Bruxelles    
Tel: 00 32 - 2 647 30 84    
E-mail: kongrakurdistan@gmail.com 
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venerdì 22 agosto 2014

pc 22 agosto - USA - Dallas: corteo armato delle nuove Pantere Nere per Ferguson


altCentinaia di manifestanti sono scesi in piazza mercoledì scorso nella metropoli texana nell'ambito della protesta serale "Don't Shoot Dallas", veicolata dall'hashtag #DontShoot sui social media come le altre iniziative di solidarietà ai rivoltosi di Ferguson.
La protesta è stata preceduta nel pomeriggio dal corteo armato di una trentina di associati dello Huey P. Newton Gun Club che hanno brandito apertamente fucili a canne mozze e d'assalto (oltreché cartelli e striscioni) nella zona meridionale della città come monito agli agenti dal grilletto facile e riaffermazione del diritto all'autodifesa della comunità da criminalità e polizia.
Positiva la reazione degli spettatori al corteo dipanatosi lungo il Boulevard Malcom X, e che ha fatto anche ingresso in un ristorante dove un gruppo di poliziotti stava finendo di pranzare. A questi è stato chiesto energicamente conto dell'omicidio di Jason Harrison, ucciso per aver impugnato un cacciavite davanti alle forze dell'ordine lo scorso 14 giugno e la cui famiglia è stata finora lasciata nel silenzio.
Il club prende il proprio nome da Huey P. Newton, uno dei fondatori del Partito delle Pantere Nere originario.

pc 22 agosto - Arabia Saudita-Israele. L'asse anti-Gaza

Arabia Saudita-Israele. L'asse anti-Gaza

  • Tariq Dana*
  • -
L’aggressione israeliana contro Gaza ha confermato quello che già sapevamo sull’esistenza di caldi rapporti tra Israele e alcuni regimi arabi. Questa volta, però, il cosiddetto “campo dei moderati” ha costruito un’alleanza strategica con Israele e mostrato una palese ostilità nei confronti della resistenza palestinese. E ancora, come la logica che ha guidato la posizione antagonista di questo asse verso Hezbollah nel 2006, la resistenza palestinese è stata accusata di aver spinto Israele verso una sanguinosa guerra, riprendendo la giustificazione sionista del diritto alla difesa israeliano.
La causa palestinese è sempre stata sfruttata come giustificazione per la sopravvivenza di regimi dittatoriali nella regione. La maggior parte degli Stati arabi era solito esprimere un disonesto sostegno alla causa palestinese e allo stesso tempo mantenere relazioni diplomatiche, economiche e di sicurezza con Israele. Tali politiche sono valide ancora oggi e chiaramente fatte proprie da molti paesi, come Arabia Saudita, Egitto e Emirati Arabi tra gli altri, e mostrano un crescente allineamento con Israele, nella palese speranza che Israele distrugga definitivamente Hamas e ogni altra forza di resistenza e restituisca all’Autorità Palestinese il controllo di Gaza.
Se l’Egitto appare l’attore chiave di questa rete – visto il suo storico peso regionale, il controllo dei confini con Gaza, le proposte di cessate il fuoco e il suo ruolo di mediatore tra palestinesi e israeliani – è di fatto l’Arabia Saudita che guida, finanzia e promuove questo asse anti-resistenza. Nonostante il suo ruolo cruciale, l’Egitto non è più una forza regionale leader capace di imporre il proprio volere nella regione. Al contrario, la leadership militare ha apparentemente trasformato il sistema politico egiziano in un regime fantoccio al servizio degli interessi strategici dei sauditi e dei paesi del Golfo, andando ovviamente contro i reali interessi degli egiziani. Riguardo Gaza, l’Egitto è divenuto il canale attraverso il quale i sauditi impongono i loro diktat volti a danneggiare le infrastrutture della resistenza nella Striscia e a indebolire la loro capacità di deterrenza delle aggressioni israeliane.
Sono molte le ragioni per credere che il crescente allineamento tra Israele e Arabia Saudita sia ben organizzato. Tra tutte, i due paesi sono ideologicamente compatibili perché entrambi sfruttano, manipolano e soggiogano le rispettive religioni per fini fascisti. Il risultato è l’emergere di ideologie politiche razziste e violente che sono linfa vitale per omicidi e bagni di sangue nella regione. L’implicito accordo tra il wahabismo saudita e il sionismo israeliano nella distruzione della regione è il naturale risultato storico delle loro ideologie.
Sebbene i legami tra Israele e i sauditi non siano stati formalizzati in un trattato di pace, negli anni recenti si è assistito ad un’intensificazione delle relazioni tra i due, in particolare nel campo della sicurezza, del commercio e di regolari incontri tra funzionari politici. L’avvio delle relazioni commerciali risale al 2005 quando i sauditi annunciarono la fine del divieto di importare beni e servizi israeliani. La normalizzazione economica saudita con Israele giunse mentre la società civile palestinese iniziava la campagna globale di boicottaggio (BDS) per fare pressione internazionale su Israele dal punto di vista economico.
Tuttavia, fu la paranoica ossessione israeliana e saudita della sicurezza che portò alla luce gli interessi comuni e solidificò la loro alleanza dietro le quinte. All’inizio degli anni Settanta, sauditi, israeliani e americani cooperarono per formare e sostenere i gruppi afghani e i mujahidin arabi contro l’Unione Sovietica. Più tardi gli stessi gruppi hanno dato vita ad Al Qaeda e, oggi, al Fronte al-Nusra e all’Isil.
Israele e Arabia Saudita hanno anche svolto ruoli cruciali nel sostenere l’aggressione statunitense contro l’Iraq negli anni Novanta e l’occupazione e la distruzione dello Stato iracheno  e della sua società nel 2003. gli interessi comuni tra israeliani e sauditi sono diventati ancora più evidenti nell’azione contro la crescente influenza regionale dell’Iran. Entrambi hanno regolarmente espresso le stesse posizioni e tentato di spingere l’amministrazione Usa verso un attacco contro l’Iran. Come parte di questa guerra indiretta all’Iran, Israele e Arabia Saudita, sotto l’ombrello statunitense, hanno fondato, finanziato e equipaggiato insieme gruppi terroristi per destabilizzare e dividere la Siria, il Libano e l’Iraq secondo linee settarie e religiose.
L’ambiguo sostegno saudita all’aggressione di Israele contro Gaza ha assunto forme differenti. Come al solito, il primo passo dell’oligarchia saudita è stato il reclutamento della rete wahabita perché offrisse una giustificazione religiosa. Il gran Mufti ha emesso una fatwa contro le marce pro-Gaza, definendole “azioni inutili e demagogiche”. Secondo, i sauditi hanno pubblicamente accusato la resistenza palestinese di incoraggiare i massacri israeliani a Gaza. Il loro re analfabeta è andato così oltre da dire che Hamas e le forze di resistenza “hanno allontanato l’immagine dell’islam dalla sua purezza e la sua umanità e lo hanno sporcato con ogni sorta di brutte qualità con le loro azioni, la loro ingiustizia e i loro crimini”. Non ci sorprende leggere rapporti che riportano di incontri regolari tra le intelligence saudita, israeliana e egiziana per discutere dei progressi della guerra e decidere le prossime mosse. Non da ultimo, la confessione da parte di funzionari israeliani per cui Israele, come mai prima, ha incrementato la sua presenza in una necessaria coalizione regionale.
La crescente capacità della resistenza di Gaza di ottenere un alto livello di deterrenza è il segno della sconfitta di Israele e dei suoi alleati nella regione. Chi appoggia Israele per distruggere la resistenza palestinese è rimasto ancora una volta deluso, come avvenne con la vittoria della resistenza libanese nel 2006. L’Arabia Saudita in particolare è diventata il principale sostenitore regionale dell’aggressione israeliana. Nessuna sorpresa, visto che l’ideologia wahabita saudita e il sionismo israeliano sono le due facce della stessa medaglia.
*Tariq Dana è un professore e ricercatore palestinese. È analista politico di Al-Shabaka.
L'articolo è stato pubblicato dall'Alternative Information Center- Traduzione e diffusione in italiano a cura della redazione di Nena News

pc 22 agosto - In questi giorni di rivolta a Ferguson e negli USA, ricordiamo il 21 agosto 1971 -L'ASSASSINIO DI GEORGE JACKSON

Commozione e rabbia nella comunità afroamericana e fra tutti i detenuti rivoluzionari degl stati uniti per la morte di George Jackson, avvenuta il giorno precedente. Il 21 agosto 1971, infatti, nel cortile della prigione San Quentin veniva ucciso a colpi di fucile da un secondino George L. Jackson, field marshal per le prigioni del Black Panther Party.

L'omicidio diede il via ad un a feroce campagna di repressione contro il movimento dei neri che coinvolse, fra gli altri, anche la militante comunista Angela Davis.


"Sono stato in rivolta per tutta la vita" scrisse George Jackson in una sua lettera. La prima rivolta fu il crimine. George Jackson fu arrestato per la prima volta a 14 anni per il furto di una borsetta, Da qui fu un susseguirsi costante di arresti, riformatori e rilasci provvisori. A 18 anni fu arrestato per il furto di 70 dollari da un distributore di benzina; ebbe una condanna a tempo indeterminato: da 1 anno a vita.

Proprio in carcere iniziò la sua maturazione politica:
"...scoprii Marx, Lenin, Trockij, Engels e Mao, e ne fui redento. Durante i primi quattro anni non studiai altro che economia e discipline militari. Conobbi i guerriglieri neri, George "Big Jake" Lewis, e James Carr, W.L. Nolen, Bill Christmas, Terry Gibson e molti, molti altri. Tentammo di trasformare la mentalità del criminale nero nella mentalità del rivoluzionario nero."


DI SEGUITO ALCUNE SUE CITAZIONI

Col sangue agli occhi
Lettera a un compagno
28
 marzo 1971
Mia sorella mi ha informato che sei stato rilasciato e che hai costituito un corso di educazione
 politica. Noi due siamo ancora vicini, l'ho sentito nelle parole di mia sorella e nelle tue lettere. Da quando ci hanno separato siamo passati più o meno attraverso le stesse scoperte: dalle fughe confuse verso l'Africa delle rivoluzioni nazionali, fino allo stadio delle sommosse dell'Amerika nera rivoluzionaria. Adesso siamo giunti, con il resto del mondo coloniale, al socialismo scientifico rivoluzionario. Ho sempre sperato di non vederti intrappolato allo stadio delle sommosse, come lo sono in piena buona fede tanti e tanti altri fratelli. Qui devo tutti igiorni fargli la predica: pensano che essere pronti alla battaglia sia più che sufficiente. Eppure, senza disciplina e senza direzione, finiscono a lavare macchine in qualche garage, o finiscono cadaveri senza nome negli obitori dello stato metropolitano. Ma ero quasi certo che un fratello come te non sarebbe finito in quel modo.
Citazioni
La rivoluzione all'interno di una moderna società industriale capitalistica ha un solo significato: il rovesciamento di tutti i rapporti di proprietà esistenti, e la distruzione di tutte le istituzioni che, direttamente o indirettamente, sostengono i rapporti di proprietà esistenti.
·         Avere un cambiamento rivoluzionario significa prendersi tutto ciò che è in possesso dell'1 per cento e trasferirlo nelle mani del rimanente 99 per cento. Se questo 1 per cento è semplicemente sostituito da un altro 1 per cento, allora di cambiamenti rivoluzionari non ce ne sono stati.
·         Per lo schiavo, la rivoluzione è un imperativo, è un atto cosciente di disperazione, dettato dall'amore.
·         L'idea amerikana
Avere un servo era per Frankestein una necessità e un'espressione del suo ego tarato; egli creò allora una creatura deforme e demente, patologicamente forte ed enorme. Diede a questo bestione un'intelligenza inferiore, per poterne limitare a volontà le azioni. Edificò intorno al gigante delle istituzioni abbastanza flessibili per farlo lavorare, e abbastanza rigide per prevenire ogni crescita delle sue facoltà mentali. inserì nel cranio del bestione, malvolentieri, un cervello, solo perché era necesario per farlo muovere. Il bestione lavorava e combatteva i nemici del suo creatore. Il bestione era felice quando guardava il suo creatore sempre più potente. Viveva attraverso il suo creatore. E quando alla fine si vide come era in realtà, impazzì.
·         La giustizia amerikana
Vogliono la libertà di depredare i popoli del mondo... qualunque ne sia il prezzo in sangue.
·         L'oppressione suprema della legge non è l'ordine, è la prigione.
Dopo la morte del fratello, Jackson scrisse in una lettera:
Non ho versato una lacrima, sono troppo fiero per farlo. Un bellissimo, bellissimo uomo-bambino con un fucile automatico in mano. Lui sapeva come essere con il popolo. Ho amato Jonathan, ma la sua morte ha solo rafforzato la mia volontà di lottare. Per essere fiero mi basta sapere che era carne della mia carne e sangue del mio sangue.


pc 22 agosto - Con la complicità dei governi USA-UE-Renzi, "distratti" dall'intervento "umanitario" in Iraq, riprende il genocidio di Israele a Gaza

Gaza. Uccisi tre leader di Hamas, oltre 2040 vittime in un mese

La ripresa dell’attacco ha già provocato oltre 22 morti. Tra loro i comandanti delle Brigate al Qassam. Hamas promette una reazione. Kerry cerca la mediazione di Qatar e Turchia. Intanto l’incontro tra il presidente dell’ANP Abbas e il leader dell’ufficio politico di Hamas Meshaal è stato “positivo”, dicono fonti palestinesi presenti in Qatar al meeting a cui ha partecipato anche l’emiro Tamim bin Hamad al Thani. Oggi pomeriggio i due si incontreranno di nuovo. Il consiglio dei ministri israeliano, intanto, ha approvato la chiamata di altri 10mila riservisti. Colpito stamattina un cimitero nel distretto di Sheikh al-Radwan district, uccidendo quattro persone: Muhammad Talal Abu Nahl, Rami Abu Nahl, Haitham Tafesh e Abed Talal Shuweikh. I loro corpi sono stati portati all’ospedale Shifa di Gaza City. Le forze israeliane hanno colpito mentre seppellivano dei familiari, uccisi la notte prima dai raid israeliani.


Ormai Margine Protettivo è tornata nel vivo, a due giorni dal fallimento del cessate il fuoco mediato dall’Egitto. Razzi verso Israele, bombe contro la stremata popolazione gazawi. Il timore ora è che il conflitto si faccia quasi latente: meno devastante del mese scorso, a bassa intensità ma continuo, impedendo alla Striscia di avviare la ricostruzione e di tornare a vivere una vita “normale”.

Lo scontro si fa sempre più diretto tra Hamas e Israele: dopo aver tentato di far saltare in aria Mohammed Deif, leader del braccio armato del movimento islamico, le Brigate al Qassam, (finendo per uccidere invece la figlioletta e la moglie), Tel Aviv la notte scorsa ha preso di mira tre comandanti di alto livello in bombardamenti a Rafah, nel quartiere di al-Sultan, uccidendoli. Si tratta di Muhammad Abu Shammala, Raed al-Attar e Muhammad Barhoum.
Abu Shammala, 40 anni, era comandante generale delle Brigate al Qassam a sud della Striscia, al-Attar (40 anni) del distretto di Rafah. Entrambi erano nella lista nera israeliana, accusati di aver pianificato il rapimento del soldato Shalit nel 2006. Si sta ancora cercando tra le macerie il corpo di Barhoum. Secondo i servizi segreti israeliani, Abu Shammala è stato coinvolto nell’infiltrazione in territorio israeliano via tunnel dello scorso 17 luglio, quando 13 miliziani sono riusciti a oltrepassare il confine. Agli omicidi mirati dei tre leader Hamas risponde con durezza, promettendo a Israele di far “pagare un prezzo alto per l’assassinio dei comandanti delle Al Qassam”: “I crimini israeliani non distruggeranno la determinazione palestinese – ha detto il portavoce Sami Abu Zuhri – Non renderanno la resistenza debole”.
Nell’attacco contro i tre leader sono stati uccisi anche cinque civili, almeno 40 i feriti: Hasan Hussein Younis, 75 anni, sua moglie Amal Ibrahim Younis, il 17enne Ahmad Nasser Killab, Nathira Killab e Aysha Atiyyeh. Due morti anche al campo profughi di Nuseirat, colpiti mentre guidavano una moto: Jumaa Matar, 27 anni, e Omar Abu Nada, 22. A Beit Lahiya uccisi un bambino di 13 anni e un uomo. Ha ormai superato quota 2.040 morti il bilancio dell’operazione Margine Protettivo, ripresa martedì sera dopo l’ennesimo fallimento al tavolo dei negoziati. A ieri sera erano almeno 22 le vittime dalla fine del cessate il fuoco, 10.200 i feriti in oltre un mese di attacco.
Negoziati a cui ancora qualcuno tenta di aggrapparsi: il segretario di Stato Usa Kerry è ancora in diretto contatto con Turchia e Qatar, paesi considerati sponsor di Hamas, per rinnovare la tregua tra Israele e movimento islamista. Israele aveva rifiutato di avere al tavolo Ankara e Doha proprio per la vicinanza ad Hamas, preferendo ovviamente l’Egitto, acerrimo nemico del movimento palestinese. Ma importa poco a chi ci si rivolge in qualità di mediatore: fino a quando Israele non accetterà nessuna delle condizioni poste dalle fazioni palestinesi, che chiedono l’ovvia fine dell’assedio di Gaza e dei suoi quasi due milioni di abitanti, un accordo non sarà mai raggiunto.


giovedì 21 agosto 2014

pc 22 agosto - LE COMUNITA' PALESTINESI IN ITALIA LANCIANO UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA PER IL 27 SETTEMBRE


proletari comunisti - PCm Italia 
aderisce alla manifestazione nazionale




Un appello è stato lanciato dalle comunità palestinesi in Italia chiedendo a tutte le forze solidali con il popolo palestinese e indignate per l'ennesimo mattatoio scatenato da Israele contro Gaza di mobilitarsi e indica una data, sabato 27 settembre, per una manifestazione nazionale a Roma.
Qui di seguito il testo dell'appello:
Terra, pace e diritti per il popolo palestinese. Fermiamo l’occupazione
Appello per una manifestazione nazionale in sostegno al popolo palestinese il 27 settembre a Roma
L’aggressione Israeliana contro il popolo palestinese continua, dalla pulizia etnica del 1948, ai vari massacri di questi decenni, dal muro dell’apartheid, all’embargo illegale imposto alla striscia di Gaza e i sistematici omicidi mirati, per finire con il fallito tentativo di sterminio perpetuato in questi ultimi giorni sempre a Gaza causando più di 2000 morti ed oltre 10.000 ferite.
Il Coordinamento delle comunità palestinesi in Italia indice una manifestazione nazionale di solidarietà:
- per il diritto all’autodeterminazione e alla resistenza del popolo palestinese;
- per mettere fine all’occupazione militare israeliana;
- per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane;
- per la fine dell’embargo a Gaza e la riapertura dei valichi;
- per mettere fine alla costruzione degli insediamenti nei territori palestinesi;
- per il rispetto della legalità internazionale e l’applicazione delle risoluzione del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
- per uno stato democratico laico in Palestina con Gerusalemme capitale (come sancito da molte risoluzioni dell’Onu);
- l’attuazione del dritto al ritorno dei profughi palestinesi secondo la risoluzione 194 dell’Onu e la IV Convenzione di Ginevra.
Chiediamo a tutte le forze democratiche e progressiste di far sentire la loro voce contro ogni forma di accordi militari con Israele.
Chiediamo al Governo italiano e in qualità di presidente del “semestre” dell’UE di adoperarsi per il riconoscimento europeo dei legittimi diritti del popolo palestinese e mettere fine alle politiche di aggressione di Israele, utilizzando anche la pressione economica e commerciale su Israele.
Il coordinamento delle Comunità palestinesi in Italia chiede a tutte le forze politiche e sindacali e a tutti le associazioni e comitati che lavorano per la pace e la giustizia nel mondo di aderire alla nostra manifestazione inviando l’adesione al nostro indirizzo mail comunitapalestineseitalia@gmail.com
Coordinamento delle Comunità Palestinesi in Italia