Lettera aperta da Reggio Emilia: 27.6.14
In molti, ormai, danno per scontato che la legge di riforma sanitaria, Legge n^ 833/78, perderà un altro pezzo.
Leggiamo infatti (dal SOLE 24 ORE) che, con le dichiarazioni del 17 giugno u.s. , il Ministro del Lavoro
Giuliano Poletti conferma l'intenzione di voler istituire presso il Ministero stesso, una «Agenzia unica» per le
ispezioni riferite a tutte le problematiche delle imprese, dalle norme lavoristiche a quelle su salute e sicurezza,
oggi in capo a Inps, Inail, Min.Lav., Ausl e fisco.
È «una grande operazione di semplificazione, efficienza e risparmio», ha spiegato il ministro, in un video messaggio all'assemblea della Confesercenti.
Meno complicazioni per le imprese: «Crediamo - ha aggiunto Poletti - che non si possa più andare avanti con situazioni nella quale a una impresa può accadere che nel giro di pochi giorni si susseguono ispezioni del
ministero del Lavoro, Inps, Inail, magari quella della Asl e poi anche quella del fisco. In queste sistematica fila
di controlli se c'è qualcuno che si arrabbia ha molte ragioni per farlo».
L'obiettivo sarà quello di unificare in una unica agenzia tutti quei controlli, disturbando di meno l'azione degli
imprenditori. Quindi, ha chiosato il ministro, «più efficienza e meno complicazioni».
Da quanto si apprende la proposta di una Agenzia unica per le ispezioni verrà inserita tra le misure contenute
nel disegno di legge delega sul «Jobs act» all'esame della commissione Lavoro del Senato.
Sono davvero questi i motivi di fondo di tale decisione? Non e’ dato saperlo con precisione, almeno dalle
scarne dichiarazioni pubbliche del Ministro, anche se possono intuirsi.
Negli articoli di stampa che trattano il tema si parla di esigenze diverse:
- “ semplificare e risparmiare unificando in un’unica Agenzia tutti i controlli“ che hanno a che fare con i
luoghi di lavoro;
- “disturbare meno l’azione dei nostri imprenditori “ [con troppi controlli separati fatti dai vari Enti con
competenze di vigilanza] ;
- “piu’ efficienza e meno complicazioni” ;
- evitare duplicazioni / sovrapposizioni di azioni di natura ispettiva
- risolvere, una volta per tutte, problemi di coordinamento e omogeneità dell’operato dei Servizi di Prevenzione delle AUSL, (ri)mettendo in capo al Ministero del Lavoro da dove, con la L.833/’78, erano state spostate e affidate al Servizio Sanitario Nazionale (SSN), le funzioni ed i poteri di vigilanza ed ispezione in materia di prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro.
Dopo il referendum popolare del 18 aprile del 1993, che ha tolto le competenze di controllo sull'ambiente al
SSN per consegnarle alle Agenzie Regionali Protezione Ambiente (ARPA) , oggi un governo dove la “sinistra” si direbbe ben rappresentata, propone di smantellare una parte ben piu’ consistente della Legge di Riforma Sanitaria che la Sinistra degli anni ’70 e altre forze progressiste avevano fortemente voluto. Si toglie, così, un’altra importante competenza e funzione al SSN proprio in un’area, quella della Prevenzione degli Ambienti di Lavoro, che meriterebbe, invece, un radicale potenziamento, soffrendo tuttora di una condizione di sottodimensionamento in molte realtà regionali (vedasi resoconto Min. Salute sui Livelli Essenziali di
Assistenza 2012).
Ci sono molti quesiti di fondo che le scarne dichiarazioni del ministro sui motivi di tale scelta lasciano ancora
irrisolti.
1) Come mai il Ministro del Lavoro preannuncia questa importante modifica del SSN e della Legge 833/’78, con la chiusura dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle AUSL e il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin (molto attenta all’Assistenza Ospedaliera e ai consumi di Farmaci,) non dice una parola, apparentemente poco interessata alla Prevenzione Primaria negli ambienti di lavoro, come da tradizione consolidata del Ministero che governa?
Si deve pensare che “chi tace acconsente” o forse non si rende conto del problema? E’ davvero convinta, il Min. della Salute della bontà della proposta del Min. Lavoro? Non ricorda, il Min. Lorenzin, che la Prevenzione dei danni da lavoro – cioe’ delle Malattie Professionali (MP) e degli Infortuni sul Lavoro (IL) - e dei relativi, imponenti costi sociali ed economici ad essi connessi, che si riflettono pesantemente anche sul bilancio del Fondo Sanitario Nazionale, e’ un obiettivo fondamentale posto in capo all’attività delle AUSL e fa parte integrante della L.833/’78, quella che molti ritengono la più importante Legge degli ultimi 40 anni?
Una adeguata tutela della salute, infatti, si può assicurare con efficacia SOLO se un unico ENTE gestisce e coordina tutte le attività di PREVENZIONE, CURA e RIABILITAZIONE a ciò finalizzate.
Questo ENTE non può che essere il Servizio Sanitario Nazionale e le sue specifiche articolazioni. Questo era (e dovrebbe restare) il fondamentale concetto espresso da quella Legge, sostenuto dalle forze politiche e sociali che con passione e vigore la sostennero e la vollero emanare.
Con tale Legge si voleva anche rimediare alla fallimentare gestione da parte degli organismi del Ministero del Lavoro delle norme allora vigenti (DPR 547/’55 e DPR 303/’56) per la prevenzione dei danni alla salute di origine professionale.
A tale scopo fu anche previsto il passaggio ai Dipartimenti e Servizi di Prevenzione del SSN delle competenze e dei poteri di vigilanza ed ispezione dal Min. Lav. (e dal suo Ispettorato del Lavoro) finalizzati alla prevenzione delle MP e degli IL. (artt. 20-22).
Sono le stesse competenze di Vigilanza ed Ispezione che ora il Min. Lav. vuole riprendersi, assecondando (inconsapevolmente?) aspettative mai sopite, in certi ambienti del Ministero, di una “rivalsa” per tale operazione e di un ritorno all’ ”antico”; favorite in ciò, dal disinteresse storico del Ministero della Salute che, anche in passato, su questa materia, ha spesso “lasciato il pallino” in mano al Ministero del Lavoro.
Paradossalmente alcuni rappresentanti di quelle stesse Organizzazioni Sindacali che allora hanno spinto con forza per l’approvazione della L.833 e il trasferimento alle AUSL dei poteri ispettivi, si dichiarano entusiasti della proposta del Min. Poletti [17 giugno 2014 : Guglielmo Loy, Uil “Finalmente un’Agenzia unica sulle ispezioni” ] giustificandola con “ la bassa percentuale annuale di ispezioni che non supera il 15% del totale delle aziende con dipendenti”..
Viste le premesse, questo sindacalista dovrebbe essere preoccupato, anziché entusiasta, considerando che l’obiettivo di questa operazione appare essere esattamente l’opposto di ciò che lui auspica, in quanto punta a contenere e limitare il numero delle ispezioni nelle aziende e, con ciò, i problemi per i datori di lavoro (ma non certo per i lavoratori).
Per altro verso, l’esplicita accusa del sindacalista al sistema attuale di essere poco “attivo” e - si potrebbe desumere - poco efficace, costituisce l’appunto più interessante tra quelli raccolti, da affrontare e verificare, anche se l’efficacia dell’azione di prevenzione delle MP e degli IL non si verifica conteggiando gli accessi nei luoghi di lavoro, che rappresentano solo un indicatore spurio di attività svolta.
2) Il problema e’ la scarsa incisività e capacità di intervento delle AUSL? Si provveda allora a istituire i Dipartimenti ed i Servizi di Prevenzione previsti dalla L. 833/’78 in tutte le regioni e le AUSL, dove ancora non ci sono, fornendoli di personale competente e di dotazioni adeguate! Si rimuovano o si commissionino i “GOVERNATORI” regionali o i DIRETTORI Generali delle AUSL o di Dipartimento che non si preoccupano di istituirli o di farli funzionare secondo gli standard nazionali!
Gli strumenti per controllare la situazione ci sono. Sono stati faticosamente predisposti da diversi anni: si facciano funzionare e si traggano le valutazioni conseguenti !
3) Il problema e’ la scarsa o carente efficienza / efficacia dei SPSAL, i Servizi delle AUSL, con funzioni di Prevenzione e Vigilanza sui luoghi di lavoro?
Da anni il Min della Salute produce, lodevolmente, la sintesi della erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza da parte di tutte le Regioni.
Anche se i dati di dettaglio alla base di tale documento, connessi alle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro, risentono ancora della soverchiante presenza di indicatori di processo (aziende ispezionate, sopralluoghi e ispezioni, sanzioni comminate, …. ) , mentre mancano quelli di risultato (stime di MP o di IL prevenuti, miglioramento delle condizioni di rischio infortunistico, ergonomico o di esposizione ad altri agenti patogeni, incrementi di consapevolezza e di capacità di gestione del rischio professionale da parte dei datori di lavoro o di autotutela dei lavoratori, …) e’ facile verificare l’incremento negli anni degli interventi e delle ispezioni eseguite da parte dei Servizi di prevenzione a fronte di una stazionarietà del Numero di operatori presenti, se non di una loro sensibile riduzione (almeno in alcune realtà) .
Un’esigenza vera e’ quella di attivare piani e strategie volte a favorire la “evidence based prevention”, impegnando i Servizi di Prevenzione a documentare l’efficacia del loro lavoro.
Non e’ certo una Agenzia “tuttologa” (che si occupa di tutto, dai controlli sul fisco alla regolarità del rapporto di lavoro o dei versamenti previdenziali, alla verifica delle norme del DL 81/’08) che può fare cio’ che gli attuali e dedicati Servizi di Prevenzione delle AUSL faticano ad assicurare: e cioè promuovere l’implementazione di misure di prevenzione efficaci e verificarne l’effetto positivo atteso (in termini di riduzione del rischio e delle tecnopatie indotte), nei comparti, aziende e lavorazioni “interessate” dagli interventi.
Sarebbe bene investire le risorse disponibili, tra cui quelle acquisite con le contravvenzioni comminate alle aziende inadempienti, per incrementare le competenze e capacità professionali degli operatori dei Servizi, orientandole ad una maggiore appropriatezza negli interventi oltre che una maggiore attenzione e capacità di analisi sui risultati ottenuti.
E [ perché no ?] sarebbe utile premiare anche economicamente i Servizi e gli operatori che dimostrano di aver ben operato e ben documentato i risultati veri di prevenzione ottenuti [dopo aver definito indicatori reali di cambiamento di una situazione di rischio] anche per limitare la forza di seduzione delle offerte di lavoro degli studi di consulenza privati, sugli operatori più capaci.
4) E’ forse lo spreco di risorse economiche che rende obbligatoria l’Agenzia unica? In Emilia Romagna il finanziamento dei Dipartimenti di Prevenzione delle AUSL che comprendono tutti i Servizi della Sanità Pubblica ( di Igiene Pubblica, Medicina Veterinaria, Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, Sicurezza Impiantistica ed Antiinfortunistica e, appunto, Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, SPSAL ) si colloca complessivamente, all’incirca sul 4,5% del Fondo Sanitario Regionale. I SPSAL, i servizi titolari delle funzioni ispettive e di vigilanza nei luoghi di lavoro assorbono annualmente meno dell’ 1% (uno x cento) dell’intero FSR (che ammonta a c.a. 8 miliardi di Euro). E l’Emilia Romagna e’ notoriamente tra le Regioni che investe maggiormente nella Prevenzione e nella Sanità Pubblica.
Alla domanda sopra riportata va risposto, innanzitutto, che il costo annuale, diretto e indiretto, delleMP e degli IL e’ enormemente elevato. Secondo le stime dell’INAIL, condotte alcuni anni fa, poco aggiornate e in difetto, ma le uniche a noi note, il loro costo complessivo si collocava attorno ai 41 miliardi di Euro/anno. Oggi, vista la crisi economica e la notevole riduzione (assoluta) degli IL (anche se compensata dall’enorme aumento delle MP), il costo complessivo potrebbe essere leggermente diverso, ma e’ sempre enormemente superiore agli investimenti fatti per finanziare gli organi di vigilanza.
Se solo si mettessero i Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) nellecondizioni di intervenire efficacemente nei luoghi di lavoro e si perseguisse l’obiettivo di ridurre anche solo del 5% gli IL e le MP, si risparmierebbero attualmente (in base ai dati INAIL citati) circa 2,0 miliardi di Euro/anno a fronte di un costo odierno dei SPSAL (proiezione nazionale dei dati dell’Emilia Romagna) di circa 1,6 miliardi /anno: sicuramente un buon investimento!
5) Allora il problema e’ dato dalla eccessiva difformità nelle modalità di intervento, di approccio e di atteggiamento? Possiamo ammettere che essendo previsto un Servizio di Prevenzione presso ogni AUSL presente in ciascuna regione, questo può costituire un problema : esso, tuttavia, non potrà mai essere superato del tutto, ma solo mitigato.
In ogni città ci sono vigili urbani che hanno tra loro atteggiamenti differenti con i soggetti sottoposti alle norme del Codice della Strada (automobilisti, ciclisti, ecc.) e non e’ certo riunendoli sotto un solo “sindaco“ nazionale che si può ovviare a tale diversità .
Solo agendo continuamente, su piani mirati, con la formazione e l’aggiornamento professionale, nonché mettendo in atto le tecniche di gestione e di “governo clinico” anche nei Dipartimenti di Prevenzione, tale aspetto negativo può essere mitigato.
Anche il lavoro per Gruppi (Prov.li , Reg.li o Nazionali), su specifiche tematiche e la applicazione di riconosciute e verificate “Buone Prassi “ di prevenzione può limitare tale inconveniente, se si faranno adottare ad aziende con analoghi problemi , le stesse, sperimentate misure di prevenzione (e quindi gli stessi costi).
6) Il problema e’ legato al fatto che le aziende italiane sono subissate da differenti interventi ispettivi da parte di Enti di Vigilanza diversi?
Forse e’ questa la parte piu’ “vera” delle esigenze espresse, assieme al fatto che l’attività di vigilanza in se’, in periodi di crisi, e’ sicuramente meno tollerata dalle aziende rispetto a periodi di “vacche grasse” e tanto piu’ se Organi di Vigilanza di Enti Diversi (AUSL, ARPA, INAIL , Ispettorato del Lavoro, VV.FF, …) si presentano, casualmente, nella stessa azienda, in giorni ravvicinati per fare il loro dovere.
Per la nostra esperienza, nelle Regioni e nelle AUSL la particolare e prolungata fase di crisi delle aziende e’ tenuta in grande considerazione sia nella programmazione che negli “approcci” ispettivi; a tale esigenza si può rispondere che un “coordinamento” tra organi ispettivi di Enti diversi e’ obbligatorio e si sta anche sperimentando in alcune zone d’Italia, proprio per non sovrapporre interventi “in sequenza” ravvicinata, nelle stesse aziende.
Questo coordinamento, su indicazioni dei ministeri e delle autorità regionali competenti, può e deve essere implementato nella corrente programmazione annuale, anche in periodi meno critici di quello attuale.
Ma per affrontare i possibili problemi suindicati ed emendare possibili carenze attuali non e’ necessario istituire un’Agenzia unica della Vigilanza e Ispezione per le aziende che (almeno per quanto riguarda l’azione di prevenzione delle tecnopatie) rischierebbe di risultare meno produttiva e meno “economicamente “ valida di quanto oggi l’insieme dei Servizi di Prevenzione può essere, gettando via, in tal modo, “ bambino e acqua (neanche tanto) sporca ”.
dr. Fulvio Ferri
Medico del Lavoro
Coordinatore Prov.le FP CGIL Medici
Reggio Emilia