Il nuovo governo del giovane Renzi
nasce nel solco di Berlusconi, Monti, Letta, al servizio dei padroni,
della grande finanza, nell'Europa del capitale, per proseguire e
intensificare nella crisi – e con la collaborazione di tutti i
partiti parlamentari, con diversi ruoli, e dei sindacati confederali,
anch'essi con diversi ruoli - l'attacco ai diritti, alle condizioni
di lavoro e di vita dei proletari e delle masse popolari, e per
realizzare, attraverso progressivi “colpi di mano”, un'ulteriore
riforma reazionaria dello Stato, del Parlamento, fuori dall'attuale
Costituzione, nel percorso di un regime moderno fascista; anche
questo con la collaborazione di tutti i partiti parlamentari e la
spinta
dei poteri forti nazionali e
internazionali del capitale.
Come è nato questo governo.
Coniugando diversi aspetti: un colpo di Palazzo nel PD, partito con
le primarie e concluso con una manovra di stampo democristiano;
un'ancora di salvataggio offerta a Berlusconi per ridare al suo
governo una base parlamentare da “larghe intese” e che Berlusconi
ha prontamente raccolto come opportunità per ritornare a galla e
riaffermarsi; un passaggio dettato dalla borghesia imperialista
italiana o almeno dalla sua frazione industriale per rendere l'azione
del governo più corrispondente alle sue esigenze.
Da questo nasce il successo
dell'operazione “matteorenzi”, molto più che dall'operazione
immagine che pure ha contato, conta e conterà.
Nel giudicare i governi, infatti,
bisogna guardare tutti gli aspetti, gli interessi che stanno dietro,
le forme che assumono e, infine, cosa non secondaria, come vengono
fatti passare per ottenere il consenso delle masse.
Non è che Letta non stesse facendo
bene il suo lavoro, sostenuto dall'establishment del PD, bene accetto
all'Europa e agli Usa, voluto fortemente da Napolitano dopo l'impasse
post elettorale, capace di ottenere la maggioranza parlamentare nella
difficile congiuntura della decadenza di Berlusconi; operoso,
preparato e attivo nelle diverse materie di cui si è occupato. Ma
ciononostante non adatto a svolgere il ruolo, essendo troppo legato
all'entourage dei Palazzi, con un'immagine grigia, questa sì
puramente democristiana, troppo attento agli equilibri parlamentari e
con ministri via via screditati o autoscreditati.
Serviva quindi un cambio di cavallo e
un cambio di passo che fronteggiasse i lati deboli del governo Letta,
che rispondesse meglio ai padroni e che avesse un'immagine da
spendere nel marketing del “consenso popolare”, rispetto al crack
berlusconiano e a l'exploit
di Beppe Grillo.
Non c'era molta alternativa al
giovane avventuriero, partorito dall'odierna cloaca del PD, Matteo
Renzi.
Ma Renzi non avrebbe vinto la sua
partita senza il socio occulto, poi divenuto non tanto occulto,
Berlusconi, che aveva bisogno di un punto di appoggio, intanto per
uscire dal buco nero in cui era caduto, per poi pensare ad una sorta
di oscena resurrezione. Berlusconi ha trovato più in Renzi che in
Alfano il suo “delfino”, una specie di scimmietta delle sue
performance, e ne ha sostenuto l'ascesa sui mass media e perfino
nelle primarie - è spudoratamente vero che in diverse città gente
di centro destra ha votato in esse per gonfiare il risultato peraltro
scontato che ha portato al successo di Renzi. Ma il sostegno di
Berlusconi non è soltanto un'ancora di salvataggio e una manovra
politica, è l'ennesima dimostrazione della convergenza di valori e
scopi che unisce i partiti parlamentari e i suoi uomini, quello che
noi chiamiamo moderno fascismo in formazione; non tanto e non solo
come fenomeno politico ma come fenomeno globale a 360°, che tanti
osservatori intelligenti – certo più intelligenti di tanti che nel
campo della sinistra, anche di orientamento comunista, esistono –
hanno vivisezionato per comporre il mosaico o meglio il puzzle con
cui il moderno fascismo si impone e purtroppo continuerà ad imporsi.
Certo Renzi “berlusconi giovane” è
un po' esagerato. Berlusconi è un protagonista effettivo, una
frazione impersonata del capitale, non nata direttamente dal mondo
industriale, di ideologia ben definita. Renzi non può essere questo
ma semplicemente una figura animata dello stesso processo.
Ma Renzi non ci sarebbe stato se i
padroni, quelli veri, non l'avessero preteso. Il 'padrone dei
padroni', il portavoce Squinzi, a un certo punto si è messo a
urlarlo quasi; tutto ciò che gli andava benino il giorno prima con
Letta all'improvviso non gli stava più bene e Letta è sembrato
improvvisamente figlio di nessuno, nessuno più lo difendeva, ad
eccezione quasi solo degli alfaniani. I padroni volevano uno giovane
e veloce, uno che sembrasse intelligente ma fosse esclusivamente e
innanzitutto un loro “puledro da corsa coi paraocchi”.
Questo ultimo aspetto è il più
importante nella fase della nascita del governo Renzi. E deve
interessare e preoccupare la classe operaia, i proletari e le masse
popolari.
I padroni si sono preoccupati della
continuità del discredito del potere politico che li rappresenta e
della necessità di “fare cassa” e di avere un servizio
efficiente per mantenere i profitti, che per buona parte di loro sono
continuati nella crisi; si sono preoccupati di stare in Europa e non
solo sotto processo, ma ancor più di stare nel mondo dove la contesa
è forte e, nonostante tutto, una certa ripresa c'è. E, quindi,
avere un fronte interno efficiente e “veloce” è importante.
Sono gli industriali i veri
azionisti di maggioranza del nuovo governo, quelli della grande
industria ma anche della media e piccola industria, dell'industria
privata come dell'industria “pubblica”, dell'industria operante
sul mercato mondiale ma anche piccola industria “schiacciata, come
dicono loro, da tasse e sindacati”. Un governo chiamato quindi a
fare fatti concreti, immediati, liberato in una certa misura da
mediazioni parlamentari – ma questo non è così facile attualmente
– e da mediazioni sindacali – e questo invece sembra
un'autostrada, vista la tragicommedia che arriva a Camusso-Landini.
Non si possono capire i
provvedimenti e l'azione del governo se non si coglie qual'è
l'azionista di maggioranza effettivo di questo governo, fuori dai
Palazzi della politica e in una certa misura fuori dall'entourage
tecnocratico che imbriglia e che ormai ha già rotto i c...
Chiariti gli interessi di fondo,
occorre però dire che Renzi ci ha messo del suo, la scena aveva
bisogno di un simile attore, c'era da riprendere il controllo del
mass media dopo l'esaurimento della sbornia berlusconiana, c'era da
contendere, col sorriso ma a muso d'uro, l'antipolitica dilagante
impersonata nel teatro della politica dal Grillo parlante.
Renzi ha messo in campo subito un
gruppo di ministri e in particolare di ministre, che sembrano dei
replicanti delle operazioni “Forza Italia” di Berlusconi e nello
stesso tempo una variante più studiosa e costruita da “laboratori”
più solidi dei grillini della rete.
E questo è farina del suo sacco, è
polizza di assicurazione di una certa durata e di una certa tenuta.
Gli interessi forti degli industriali e
la compagine renziana non sono quindi da sottovalutare e domandano ai
proletari e alle masse popolari, alle loro organizzazioni politiche e
sociali che ne esprimono interessi e capacità di lotta, un
adeguamento di analisi e linea di condotta per fronteggiare questo
nuovo governo.
Partiamo però da alcuni punti fermi.
Il tentativo di Renzi non ha futuro. Non basta né può
bastare al capitale un “renziveloce” per dare una svolta
nell'economia e nello Stato che permetta ai padroni italiani di
conquistare nuove posizioni nella contesa mondiale. Così come la
compagine renziana è sempre dentro una gabbia politica di
rinnovamento della casta in seno alla casta e di ministri
copia o fotocopia non certo in grado di sostituire gli originali,
Berlusconi-Grillo, che affondano le loro radici nella ben più
torbida società e situazione nazionale e internazionale.
Ma quello che avviene nell'altra
“collina” è solo parte del problema, il problema che abbiamo
noi proletari comunisti è nella nostra “collina”.
Il movimento sindacale, a guida
maggioritaria confederale, continua il suo processo di liquefazione
nella difesa degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari;
l'inamovibile casta sindacale cambia governi come cambia d'abito e
nella Cgil si celebra la parodia della lotta di linea, dalle finte
espulsione alle reali convergenze Camusso-Landini, alle cose un po'
più serie come la cacciata di Cremaschi e le uova al congresso di
Bergamo. Nella Cgil si passa dalla propria delegittimazione per
le scelte politico-sindacali di collusione, convergenza,
collaborazione con padroni, governi, Stato, all'autodelegittimazione.
Questo lascia comunque un vuoto di rappresentanza e di capacità di
lotta generale che non è riempito, e in una certa misura non può
essere riempito, dai sindacati di base.
La crisi, le convulsioni della
borghesia e dei suoi governi non possono essere adeguatamente
sfruttate dai proletari per difendersi realmente nella crisi, per
costruire la propria capacità di attacco, per cambiare i rapporti di
forza.
La politica borghese si riempie di
personaggi vuoti che trasformano i problemi reali del paese in
slogan, nomi, spot, ma essa fronteggia un vuoto del movimento
reale della classe operaia e delle masse popolari. Le lotte degli
operai e dei lavoratori sono piccole e inadeguate; le lotte dei
movimenti sono più significative ma anch'esse sulle spalle fragili
degli attuali leader di essi.
Nei prossimi mesi a questo si aggiunge
il fumo delle elezioni europee, che segnano un ulteriore degrado
della politica anche perchè parte di chi lotta o vuole fare le lotte
viene attratto dalla battaglia elettorale, perfino in elezioni che
non contano nulla. Le elezioni europee sono poco più che un
sondaggio politico, ma l'attrazione che esercitano verso le
avanguardie e settori del movimento di opposizione politico e sociale
influisce negativamente nello sviluppo di lotte effettive politiche e
sociali.
Al fumo delle elezioni e delle promesse
di Renzi corrisponde l'arrosto di provvedimenti effettivamente
pesanti, come il Jobs act con la precarizzazione selvaggia e a
vita, con la porta chiusa a milioni di precari e disoccupati, mentre
si cerca di comprare ad 80 euro al mese l'alleanza neocorporativa
degli operai e dei lavoratori stabili; l'arrosto della ulteriore
trasformazione del parlamento in una serra di nominati, delle
elezioni stesse in plebisciti con premi di maggioranza che cancellino
ogni simulacro di democrazia e di opposizione e trasformino sempre
più la Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza, in una
cornice di un quadro moderno fascista.
Le stesse elezioni europee, al fumo
dell'Europa da cambiare fanno emergere l'arrosto del vero cambiamento
in atto, quello dell'ascesa della nuova destra fascista e nazista
che attraverso le elezioni e con la complicità di Stato,
padroni, governi, trova una legittimità e una credibilità politica
che si sposa non solo con gli effetti della crisi nei paesi europei
ma anche con la contesa interimperialista foriera di guerra che
colpisce oggi l'Ucraina ma è pronta a contagiare tutto l'Est Europa.
Il governo Renzi anche su questo si
presenta come un governo spugna che assorbe il vento di
estrema destra e i venti di guerra per legittimarsi come governo
adeguato.
Un governo, quindi, moderno fascista,
della precarizzazione e della disoccupazione, e necessariamente della
repressione, perchè per quanto debole sia ancora il movimento
proletario e di massa, esso comunque lotta e combatte e focolai di
ribellione, di rivolta esistono e sono ancor più necessari e
inevitabili.
Analizzare il nemico anche nei suoi
aspetti più truci e consistenti non serve per farne un'apologia
della sua forza né per far diventare il nano Renzi un gigante, ma
per capire esattamente su cosa e come lottare.
Se è giusto analizzare gli elementi
forti del governo Renzi per combatterli, occorre innanzitutto dire
che è una forma di combattimento quella di demitizzarlo,
di dire che Renzi è effettivamente un buffone, un buffone “di
corte”, cioè della corte dei padroni, che i suoi ministri e in
particolare le sue ministre sono
delle “mezze calzette”, facenti parte di quella cerchia di
persone che non ha mai lavorato, figlie di “gente bene” che
trovano nella politica il “bel mestiere” e che sono espressione
non certo di giovinezza ma di corruzione ideologica banale; ministri
e ministre che nel loro apparire come zelanti esecutori fanno
sicuramente più danno dei precedenti ministri e ministre; una
compagine non qualificata né legittimata a stare lì, un'oscena
ingiustizia verso tanti giovani, ragazzi, ragazze costretti invece a
consumare la loro vita in call center lager o ad elemosinare in tutti
i modi lavori precari e dequalificati.
Questo governo dimostra come la
borghesia è sempre più incapace in realtà di dare una faccia
rispettabile al suo potere e che proprio facendo ministri e
ministre certe persone dimostra tutto il suo profondo disprezzo verso
le masse. Un governo di una classe dominante che butta nel cesso la
democrazia anche quella parlamentare, le elezioni come fatto
democratico, della cui santificazione si era beata la borghesia per
nascondere sotto il manto del sistema parlamentare la dittatura di
classe.
Un governo quindi illegittimo che
non ha ragione di essere rispettato e riconosciuto, i cui
provvedimenti dal fiscal drag, al jobs act, ecc. o le sue soluzioni
per la scuola, la casa, la burocrazia, non solo sono dannosi alle
masse ma sono aria fritta. Un governo che non si occupa delle domande
espresse dalle lotte sociali perchè verso di esse ha una sola
risposta la repressione, usando il monopolio della forza di polizia,
apparati militari, dediti all'arbitrio garantito dall'impunità . Un
governo che all'insegna della 'velocità' dà segnali pericolosi,
perchè lascia mano libera agli apparati di Stato dell'ordine
pubblico e si occupa poco e male di problemi internazionali perchè
per essi delega gli imperialismi più forti, principalmente USA, al
cui carro opera con soldati per far la guerra o per cosiddette
“missioni di pace” o anti pirateria, riducendoli perfino a
mercenari di cause perse e luridi assassini, come i marò.
A questo governo, ai suoi
provvedimenti, alle sue dannose e false ricette dobbiamo opporre da
subito - senza farsi prendere, come purtroppo avviene anche tra le
masse, dallo sguardo e dall'attesa ebete - l'opposizione rigida al
Jobs act, la denuncia della falsa restituzione delle 80 euro,
data se maiin cambio della rapina che continua in materia di tasse,
tariffe e balzelli vari; dobbiamo dare nuovo fuoco alle lotte in
corso, da Termini Imerese all'Ilva, all'Electrolux, dal Gruppo
Fiat - con Marchionne grande sponsor di Renzi che se ne va lasciando
sul terreno fabbriche e operai - alla nuova rivolta necessaria dei
disoccupati, dei precari che ha già i suoi focolai accesi, a
Taranto, a Palermo, a Napoli, ecc., dalla lotta contro il nuovo
schiavismo nella logistica, al movimento No Tav, No Muos contro le
devastazioni ambientali e territoriali che diventano sempre più
stragi in intere zone nel nostro paese...
Affermare con forza che la lotta e
non il voto ci serve per combattere l'Europa della Troika, i suoi
governi e i fascisti e neonazisti che quest'Europa cova e alimenta.
Dobbiamo dare continuità e contribuire a unire il movimento di
lotta contro la repressione, rispondere colpo su colpo, elevando
strumenti e forme di combattimento per fermare la violenza
poliziesca, i processi persecutori, il carcere che questo Stato,
qualunque sia il suo governo, riserva a chi si ribella e oppone. Dire
un chiaro NO e lottare contro ogni partecipazione italiana ai
focolai di guerra imperialista, agli F35 come agli Eurofigter, al
Muos e ai nuovi armamenti.
PCm – Italia
marzo 2014
Le elezioni europee giungono in una
fase in cui i governi e gli Stati imperialisti europei, in unità e
contesa imperialista tra di loro, scaricano la crisi sui proletari e
sulle masse popolari del nostro continente per affrontare la
battaglia e la contesa nel mondo con le altre potenze imperialiste,
in questa situazione i paesi imperialisti da un lato si sono dotati
di strumenti rappresentati dal concetto di Troika, per decidere
politiche comuni, ma dall'altro queste politiche comuni si risolvono
nello scaricare la crisi dai paesi più forti ai paesi più deboli
della UE.
I paesi più forti nel quadro
dell'Europa imperialista, Germania e Francia, puntano però non solo
a scaricare e difendersi ma anche a cogliere le opportunità della
crisi per espandere la propria presenza imperialista dentro i paesi
europei e fuori dell'Europa per i mercati, il controllo delle fonti
energetiche.
Questa politica espansionista accende nuove tensioni
internazionali in diversi scacchieri del mondo e alimenta corsa agli
armamenti, presenza militare, interventi imperialisti diretti, a
volte in connubio con l'imperialismo americano, a volte in contesa
con esso.
Nel tradurre queste politiche
antioperaie e antiproletarie all'interno e all'esterno servono a
borghesie, governi e Stati realizzare un fronte interno compatto, dei
veri e propri regimi con equivalenti Stati di polizia per imporre con
la forza preventiva e diretta piani e decisioni che fronteggiano,
come è naturale che sia, lotte, proteste e, in alcuni paesi e in
alcune occasioni, rivolte proletarie, giovanili e popolari.
Nel tradurre queste ulteriori
trasformazioni reazionarie dello Stato in ciascun paese si alimenta
un moderno fascismo adatto alla storia e alle condizioni di ciascuno
dei paesi. Non centra che il governo sia di centrodestra o di
centrosinistra, socialdemocratico o liberal popolare, la forma Stato
che realizzano assume sempre più i caratteri di una moderna
dittatura. In questa tendenza generale si rafforzano le tendenze
apertamente neofasciste e naziste che da un lato sono organiche alla
direzione di marcia di una Europa-nazione come blocco imperialista
autonomo, dall'altra cavalcono i sentimenti e il disagio popolare
antieuropeo e anti euro, per costruire una propria forza elettorale,
politico e “militare”. A questo va aggiunto che la politica
imperialista europea dentro l'azione globale dell'imperialismo
produce miseria, sfruttamento, fame e guerre nelle masse dei paesi
oppressi che alimentano le ondate di immigrati che arrivano in Europa
principalmente attraverso i paesi mediterranei più esposti.
I governi e gli Stati imperialisti da
un lato accolgono ampi settori di queste masse per trasformarle in
moderni schiavi, dall'altro approvano leggi razziste e antimmigrati
che ne provoca miseria e morte nel mar mediterraneo.
Le forze apertamente fasciste e naziste
scatenano in questo contesto razzismo e violenza che intercettano gli
umori più beceri anche in settori popolari.
Le elezioni europee in questo contesto
sono la pura esplosione del peggio di Stati, governi e forze
parlamentari e forze apertamente reazionarie. Il parlamento europeo
non conta nulla, è un covo di politicanti corrotti e arricchiti, per
dare un simulacro di democrazia alla dittatura delle borghesie dei
paesi europei e dentro l'Europa del peso di quelle più forti su
quelle più deboli.
C'è un solo modo di opporsi a questi
governi ed esso non passa in nessuna maniera dalla partecipazione al
voto in queste elezioni. Chi a sinistra partecipa al voto, lo fa per
entrare nel Tavolo truccato di una democrazia che traveste la
dittatura, e nonostante quello che afferma in programmi e comizi e
elettorali, non rappresenta gli interessi proletari e popolari e
contribuisce solo alla politica imperialista e alla rappresentazione
di essa.
I comunisti, i rivoluzionari, gli
antimperialisti, gli organismi proletari e di massa in lotta, il
movimento studentesco, gli antifascisti e gli antirazzisti in Europa
possono essere uniti solo dal boicottaggio attivo delle elezioni, che
non è né anarchismo né astensionismo di principio, ma costruzione
coerente del fronte che nelle lotte presenti lavora per il futuro, la
lotta per il potere proletario in ogni paese imperialista europeo,
per il socialismo.
Non contribuiscono né a questa lotta
né a questa prospettiva quelle forze che si dicono comuniste, che
concentrano la campagna nel “NO euro” e “fuori dall'Europa”,
civettando, che lo vogliono o no, col populismo reazionario
dell'estrema destra. Non è “l'euro” che riduce in miseria le
masse proletarie europee ma il capitalismo che utilizza gli strumenti
monetari necessari ai suoi profitti; non è un supergoverno chiamato
Troika il nemico principale ma la borghesia imperialista del proprio
paese che è parte integrante dell'unità e della contesa dell'Europa
imperialista.
Non esiste una tappa intermedia della
lotta per il socialismo che passi per 'l'uscita dall'euro e
dall'Europa', dipingendo i governi imperialisti più deboli come
succubi della Troika a guida tedesca. Questa linea è opportunista di
destra nel movimento proletario e comunista e non basta che sia
portata avanti anche da alcune forze politiche e sindacali che
quotidianamente lottano contro la politica imperialista europea, né
basta che alcune di queste nelle elezioni di maggio si dichiarino
anche contro il voto, per cambiare la natura della loro politica.
maggio 2014
I due numeri di proletari comunisti sono richiedibili e scaricabili
info pcro.red@gmail.com