pc 26 aprile: Milano e libertà di scelta delle donne in tema di maternità, ma su tutta la loro vita

L'articolo pubblicato su Repubblica di oggi cerca di fare il punto sull'obiezione di coscienza, prevista dalla L.194, a Milano e in Lombardia. Probabilmente, questo articolo è stato "sollecitato" anche da diverse iniziative che ci sono state a Milano sulla questione L.194, obiezione di coscienza e, contro l'ultimo, ma significativo, simbolicamente e praticamente importante, attacco ideologico alla libertà di scelta delle donne: il corteo dei fondamentalisti cattolici 'NO 194' che si è svolto a Milano il 12 aprile.
Nell'articolo si analizza il dato tecnico, i tentativi di garantire, come la legge stessa prevede, nelle strutture pubbliche l'interruzione volontaria della gravidanza. Manca l'aspetto del ruolo e delle conseguenze dell'obiezione di coscienza, come spada di Damocle che incombe sulla vita delle donne, ad ammonire, a mettere in discussione la libertà di scelta delle donne e che, sempre, allude a mettere in discussione la libertà di scelta delle donne in ogni ambito della loro esistenza.

Questo elemento le compagne del mfpr di Milano l'hanno fortemente posto nelle mobilitazioni del 1° febbraio - in concomitanza e solidarietà e sostegno alla lotta delle donne spagnole contro il disegno di legge Gallardon che intende criminalizzare le donne che abortiscono e riportare indietro la condizione delle donne in Spagna - ma sopratutto il 12 aprile contrastando la macabra marcia dei 'NO 194'.
Nell'opuscolo S/catenate! abbiamo scritto: "...Per le donne ogni attacco alle condizioni di lavoro e di vita significa più oppressione, più subordinazione, più attacchi ideologici, più legittimazione di un clima generale da moderno medioevo - vera fonte delle violenze sessuali; ogni attacco aumenta la condizione di oppressione familiare, in una famiglia che diventa sempre più sia il più grande "ammortizzatore sociale" per il sistema capitalista soprattutto nella fase di crisi, ma anche strumento di controllo, normatività. Ogni peggioramento della condizione delle donne, quindi, non è solo materiale ma anche ideologico, mira a riaffermare costantemente la posizione di "debolezza" e subalternità delle donne in questa società capitalista...”.
Per questo nella piattaforma dello storico sciopero delle donne del 25 novembre abbiamo posto la necessità, tra l'altro, di un miglioramento della 194 con l'abolizione, in essa, dell'obiezione di coscienza. In distinzione e contro chi parla di "piena applicazione della 194".

Mfpr- Milano


(Da Repubblica) - Milano, è emergenza aborti: Niguarda deve chiedere aiuto ai colleghi del Sacco
I medici non obiettori sono rimasti soltanto in due. Collaborazione necessaria per evitare lunghe attese. Il dg Trivelli: "Il progetto sta andando in porto, così riusciremo a garantire l’applicazione della 194"
di LAURA ASNAGHI

...È la prima vota che succede a Milano. I medici non obiettori scarseggiano e così Marco Trivelli, il direttore generale del Niguarda, ha deciso di fare appello ai colleghi. «Il progetto sta andando in porto — spiega Trivelli — e grazie alla collaborazione tra i due enti, riusciamo a garantire la corretta applicazione della 194».
26 aprile 2014
Nell’ultimo anno al Niguarda la situazione si era fatta molto critica per le donne che chiedevano di abortire. «Ci siamo ridotti ad accettare una media di venti richieste alla settimana e non di più — spiega Maurizio Bini, medico non obiettore del Niguarda, sempre in prima linea in difesa dei diritti delle donne — quando si è in pochi, far fronte a tutte le richieste è davvero difficile». E visto che, nonostante l’aiuto di un medico 'gettonista' (il cui contratto è in scadenza) molte finivano in lista d’attesa per l’aborto con interventi che venivano fatti a ridosso della scadenza della dodicesima settimana (il tetto imposto dalla legge), i medici hanno lanciato l’allarme e sollecitato i vertici a prendere provvedimenti.
Niguarda è l’ospedale che più soffre per la carenza di medici non obiettori: sono due su 16, che garantiscono 780 interruzioni l’anno. Negli altri enti le cose vanno meglio. In Mangiagalli ci sono 20 medici su 60, che garantiscono 1.300 interventi l’anno. Al Fatebenefratelli, a cui fa capo anche la Macedonio Melloni, i medici non obiettori sono otto su 26, ed eseguono 1.200 aborti l’anno. Al Sacco, l’ospedale che darà una mano al Niguarda, il rapporto è sei medici non obiettori su 12 (con 420 interruzioni di gravidanza). Al Buzzi cinque camici bianchi su 20 fanno aborti (1.000 all’anno), al San Paolo, otto su 18 sono pro 194 e garantiscono 400 interventi, mentre al San Carlo sette medici su 13 sono abortisti, con circa 700 interruzioni l’anno.
A Milano, rispetto al resto della Lombardia, la legge sull’interruzione della gravidanza è abbastanza tutelata. Fuori dal capoluogo lombardo, gli obiettori sfiorano percentuali del 76 per cento, come è stato denunciato di recente da Sara Valmaggi, consigliera del Pd e vicepresidente del Consiglio regionale. Ma il caso Niguarda dimostra che qualche crepa si sta aprendo anche a Milano. «Certo la collaborazione non si nega mai — spiega Irene Cetin, il primario di ginecologia del Sacco — i medici che accetteranno di andare a fare interruzioni di gravidanza al Niguarda lo faranno su base volontaria e fuori dall’orario di servizio. Altrimenti si rischia di impoverire il nostro servizio». E Mario Meroni, il primario della ginecologia ostetricia del Niguarda, spiega: «Con due medici non obiettori e un 'gettonista' è complicato applicare la 194 e coprire ferie, malattie e i turni notturni in corsia. La convenzione con il Sacco è un’ancora di salvezza...».

pc 26 aprile - 25 Aprile No Muos irrompono nella base USA a Niscemi

Numerosi attivisti “No Muos” hanno dato l'assalto alla base statunitense di contrada Ulmo, a Niscemi, “liberando” un pozzo di acqua per ridarlo simbolicamente alla città di Niscemi, che soffre di carenza d'acqua. L'attacco al presidio militare della Marina Usa è avvenuto attorno alle 13, quando circa sessanta attivisti (secondo la polizia, mentre gli organizzatori dicono duecento), a conclusione di una “passeggiata per i sentieri della resistenza”, hanno tagliato una quarantina di metri di rete metallica della recinzione in una zona periferica della base, lontana dalle antenne, “prendendo possesso” di un pozzo, ormai dismesso.



Giornale di Sicilia 26 aprile 2014

pc 26 aprile: 25 APRILE A MILANO - “LA LIBERAZIONE E’ ANCORA DA FARE” – L’ALTRO 25 APRILE DI PROLETARI COMUNISTI

Per ribadire la necessità di una Nuova Resistenza  Proletaria e Popolare che cacci il moderno fascismo

Al di la dei numeri, di sicuro non i centomila gridati dai giornali, la manifestazione nazionale per il 70° della Resistenza è stata lo specchio della fase attuale. Da un lato le istituzioni che hanno voluto ribadire, con un spropositato e indegno dispiegamento di vari corpi di polizia e digos, tutto il corollario del revisionismo storico e sciovinismo nazionalista: “Unità nazionale attorno alla democrazia borghese”, nell’ottica di legittimare la democrazia dell’oggi che cancella proprio i valori della Resistenza Partigiana – “pacificazione nazionale”, mettendo sullo stesso piano i Partigiani e i fascisti della rsi che si traduce oggi nel legittimare il diritto d’espressione per i gruppi neo nazi/fascisti – “lotta a tutti i terrorismi”, che vuol dire considerare  “banditi” tutti coloro che resistono alla barbarie di questo sistema, dai NoTav ai NoExpo, da chi lotta contro il razzismo istituzionale a chi lotta per il diritto all’abitare. A supporto la Cgil e l’Anpi: i primi “che parlano di antifascismo e chiamano alla mobilitazione contro la parata nazifascista del 29 per Ramelli” per coprire il loro fascismo a partire dall’accordo sulla rappresentanza del 10 gennaio; i secondi che gridano “difesa della Costituzione” che poi è la stessa che legittima la libertà d’espressione per tutta la feccia, da FN a casa pound.


Dall'altra, a cercare di infastidire e contestare questo scempio, dai solidali con gli arrestati Notav,
a chi si oppone al canale che devasta una fetta del territorio in nome dell’Expo e che ha visto un attivista contestare vivacemente Pisapia, primo sostenitore di questa “grande opera”, il quale con la risposta alla contestazione mostra il suo vero volto di destra
«Erano 2 persone, qua siamo oltre 100.000 e io sento la voce dei 100.000 che sono, oggi, in piazza e dei 3,2 milioni di abitanti della futura città metropolitana che sono, sicuramente, favorevoli a fare tutto il necessario per rendere la nostra città e il nostro Paese più vivibili e sempre più avanti nella lotta alla povertà». Commenta così il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, la breve contestazione, ai suoi danni, messa in atto da 2 esponenti del Comitato No Canal. «Il problema è che c’è ancora una piccola minoranza che contesta la democrazia», continua Pisapia, alla testa del corteo meneghino per il 25 aprile. «Questo è inaccettabile, ma la forza di questa manifestazione dimostra che Milano, i milanesi e gli italiani sono antifascisti ma, soprattutto, guardano in avanti per una democrazia ancora più compiuta di quella che oggi è perché ancora troppi punti della Costituzione non sono diventati realtà».

A chi era a ricordare la resistenza del popolo palestinese e che ha contestato la presenza delle brigate ebraiche con la bandiera israeliana
A chi si oppone allo job act


A chi ha ribadito l’invito alla manifestazione del 29 contro la parata dei fascisti

Da sottolineare che non è mancata nella mattinata la provocazione di forza nuova allo Stadera, dove un anziano militante dell’Anpi ha detto che “chiudere questi covi ci vuole poco, un litro di benzina e un cerino”

noi condividiamo appiano questo concetto che afferma che l'unico Antifascismo è Militante

pc 26 aprile - L'altro 25 aprile a Taranto... vedi video su tarantocontro.blogspot.com

Taranto 25 Aprile per ricordare la liberazione dal fascismo di ieri e organizzarsi contro il moderno fascismo di oggi.

Si è svolta questa mattina tra via Di Palma e p.zza M.Immacolata la manifestazione dei compagni Proletari Comunisti in occasione del 25 Aprile giorno della liberazione fascista, con striscioni, volantini e banchetto informativo, e anche canti e slogan appoggiati da giovani e dalla gente. Una giornata in ricordo dei partigiani fatta di musica consensi e interventi al microfono.















































pc 26 aprile - TORINO: A NOI PIACE IL "ROSPO" DELLE CITTA' FABBRICA

Giorni fa nelle pagine di "inchiesta" de Il Manifesto è uscito un paginone su Torino, con vari articoli sulla trasformazione della città negli ultimi 20 anni: da "'rospo' della città fabbrica a 'principe' dell'innovazione".
Si tratta di articoli utili - di cui riportiamo larghi stralci - che dimostrano (indipendentemente anche dalla volontà degli autori) come nel dominio del capitale, con istituzioni agenti inevitabilmente da "comitati di affari" della classe borghese dominante, non ci sono innovazioni, economie alternative secondo i bisogni delle masse popolari, che tengano. Ogni trasformazione delle "brutte e inumane città industriali" che "sconvolgono" tanto la piccola e media borghesia, lasciano il posto a città peggiori, dove sempre e inevitabilmente in questo sistema l'unico criterio è il profitto, gli utili per la classe borghese, presi, in questi casi, da operazioni neanche produttive ma di pura speculazione, di affarismo a mani basse, di sfruttamento fondiario, ecc. Città in cui viene strappata l'"anima". Ma soprattutto fatti "scomparire" i proletari, gli operai, le masse popolari, gli immigrati - considerati fuori e "fastidiosi", parte della "città da cambiare", "alieni" all'immagine "innovativa", e spesso frivola delle nuove città. 
Città in cui ai giovani si danno realtà virtuali, quartieri e centri della città escludenti anche ai giovani dei ceti popolari e impoveriti, falsi per i ragazzi e ragazze della piccola borghesia. 
Quanto succede a Torino, come in altre città, vedi anche Milano, mostra come il capitale tutto ciò che tocca fa diventare sporco, brutale; lì dove riesce a mettere le sue luride e rapaci mani, porta, contro i bisogni dei proletari e delle masse popolari, un moderno imbarbarimento, una violenza strutturale accompagnata da una violenza culturale, ideologica per far passare quel cambiamento come buono e desiderabile. 
Al posto delle "brutte" fabbriche, dei quartieri industriali - che fanno tanto orrore ai 'liberi e pensanti' - vi sono zone e quartieri luccicanti da fuori ma neri e vuoti dentro, in cui i lavoratori, le masse popolari, i ragazzi e le ragazze proletarie quasi devono fare un ticket per entrarvi; al posto di quelle fabbriche e quartieri vivi di lotta di classe, il capitale ci mette la "morte" del "divertificio".  
Compagne di strada di tutto questo e che si pongono a fastidioso ostacolo della lotta necessaria contro questo "cambiamento", sono sia le posizioni di chi guarda nostalgicamente al passato, addirittura preindustriale, come periodo "umano" e vorrebbe tanto rinnovarlo (vedi alcune espressioni in voga a Taranto sul problema Ilva - posizioni che sono portatrici anche di una visione totalmente falsata della realtà, perchè quando non c'erano le fabbriche c'era la miseria più nera e niente affatto bella); sia le posizioni che guardano a città "alternative", basate su un economia ecosostenibile, su "innovative produzioni industriali" ("innovative" ma sempre "vecchie" per il capitale nella difesa dei suoi profitti nella crisi: della serie: cambiare per non cambiare la sostanza di fondo), sul turismo, il culturificio, ecc. 
Queste due posizioni, espressione della media e anche piccola borghesia, spesso si intrecciano e sono entrambe, o romanticamente o spudoratamente, reazionarie, e soprattutto profondamente, e spesso anche umoralmente, antioperaie, antiproletarie.

Ma il capitale non fa sconti! Non ci sono "cambiamenti" che non siano decisi e al servizio del profitto del capitale!
L'unico cambiamento è la rivoluzione contro il sistema del capitale, per rovesciarlo, per poter fare sì le trasformazioni, ma al servizio dei bi/sogni veri delle masse. 

(da Il Manifesto)
Torino a motore spento - "...Torino ha cercato di trasformarsi da “rospo” della città fabbrica a “principe” dell'innovazione... Le classi dirigenti e le maggioranze di centrosinistra... hanno tentato di sostituire il motore industriale con nuove attività. Di qui l'utilizzo a piene mani della rendita urbana, considerata al pari di un giacimento naturale, nel tempo accumulato dalle proprietà dei vuoti (valutati in nove milioni di metri quadrati), aperti dalle fabbriche disattivate, ubicate a ridosso degli scali e dei tracciati ferroviari, che solcano da nord a sud settori centrali della città. E' parso altresì decisivo potenziare la tradizionale cultura politecnica, la ricerca scientifica torinese, a favore di “innovative” produzioni industriali, senza dimenticare il turismo e le attività del tempo libero, offrendo, nel cuore della città, spazi per il divertimento, per l'incontro anche chiassoso...
Le scelte, gelate dall'attuale crisi economica, nell'insieme non hanno conseguito gli obiettivi attesi di rilancio occupazionale...
Incentrate sul riciclo delle aree già industriali e sull'incremento di densità di tutte le aree trasformabili, il piano è costruito per offrire agli investitori (il marketing urbano) in primo luogo la possibilità dello sfruttamento fondiario; questo non per soddisfare le esigenze di spazio... quanto per favorire operazioni immobiliari, cui non di rado tende a partecipare anche il Comune... Fiore all'occhiello del piano è l'insieme delle aree (la Spina Centrale), dell'estensione di circa 3 milioni di metri quadrati già occupati da industrie (tra cui Fiat, Michelin, Savigliano)... Nella Spina il piano prevedeva di insediare ventitremila abitanti e trentaduemila addetti al terziario, sostituiti in sede di attuazione, da abitanti per circa due terzi, a causa della carenza in Torino di attività di servizio. A parte la scelta contraddittoria di concentrare quelle quantità nel luogo più congestionato, il centro, la violenza maggiore inferta alla città dalla Spina è data dal fatto che quel disegno, reclamizzato e ingannevole (illustrava una città immersa nel verde...) è totalmente avulso dalle condizioni esistenti nel territorio limitrofo... il piano ha demolito ormai e prevede di demolire ulteriormente le fabbriche... molte delle quali prestigiose e di grandi dimensioni. Quasi la cultura torinese dominante, servendosi delle nuove architetture, per altro di forme spesso assai discutibili, volesse dimenticare e far dimenticare la tradizione industriale della città... Così Torino prosegue nella politica di concentrazione sul proprio territorio degli investimenti in infrastrutture e dello sfruttamento immobiliare...
San Salvario: il quartiere multietnico è diventato chic - "...Per una sorta di “dialettica della riqualificazione”, San Salvario ha conosciuto negli anni più recenti la sua gentrificazione. Case che si rivalutano, prezzi che aumentano, capitali che affluiscono... e la speculazione c'è e si vede: hanno chiuso moltissimi negozi per fare posto a pizzerie e ristoranti per ogni portafoglio. Difficilmente gli immigrati poveri potranno restare ancora a lungo: il vecchio quartiere “pericoloso” e alternativo è diventato di moda. E ora, a turbare – letteralmente - i sonni degli abitanti, italiani emigranti, ci sono la movida e il traffico serale e notturno fuori controllo. Il problema di convivenza, ora, ha caratteri e protagonisti nuovi”.  
Torino Il ventennio di cambiamento senza metamorfosi - "...Una rozza classificazione tripartita contrappone le città «che ce l’hanno fatta» a quelle che hanno imboccato un cammino di stagnazione e di declino, incapaci di ridefinire la propria vocazione produttiva e i propri assetti urbani... due sono le tendenze generali che sembrano emergere dalla trasformazione in corso. La prima è la crescente disuguaglianza tra i vincitori e i vinti della «modernizzazione urbana»: da una parte le città che hanno compiuto con successo la transizione trasformandosi in poli della ricerca e dell’innovazione, capaci di attirare capitali, talenti, opportunità, servizi di eccellenza, alti salari; dall’altra, le città che sono rimaste al palo, depauperate di centri produttivi, di capitale umano, di opportunità di invertire la tendenza e risalire la china. Alla disuguaglianza tra le città è andata accompagnandosi una crescente disuguaglianza nelle città, fatta di polarizzazione sociale e territoriale, tra zone gentrificate, ricche di servizi, vocate al buon vivere e al loisir, e zone lasciate alla marginalità e al degrado...
Torino, dal ciclo ventennale la città è uscita strutturalmente più debole di come vi era entrata, depauperata di quegli anticorpi economici, sociali, e anche politici, che avrebbero potuto contrastarne la decadenza.
Sin dall’inizio di questa fase, il gruppo dirigente locale individua nelle politiche di crescita competitiva (nella forma di politiche dell’offerta) la via obbligata per superare il modello di sviluppo industrialista, centrato sull’automotive e sulla produzione manifatturiera di serie... In questa chiave, il compito del potere pubblico è di creare, attraverso incentivi e infrastrutture, «un buon clima per gli affari», in modo da mantenere e attirare nuove imprese, risorse finanziarie e capitale umano sul territorio. Questo obiettivo strategico viene perseguito attraverso tre cluster di politiche pubbliche: politiche rivolte a promuovere la rigenerazione urbanistica della città sulle linee del nuovo piano regolatore; politiche indirizzate a favorire e promuovere l’innovazione tecnologica e la differenziazione dell’apparato produttivo locale, potenziando gli aspetti (le nuove tecnologie dell’informazione) e le strutture (l’Università, il Politecnico, i centri di ricerca) legati all’economia della conoscenza; politiche, rivolte a sviluppare il settore dell’intrattenimento (complessivamente e spesso disinvoltamente rubricate come «cultura»), riqualificando il settore dei musei, del cinema, del teatro, promuovendo lo svolgimento di grandi eventi periodici (i saloni ecc.) e non (le Olimpiadi) in grado di attirare turisti...
Ma oggi Torino è drammaticamente più incerta sul suo futuro di quanto non fosse vent’anni fa..."

pc 25 aprile - L'altro 25 aprile a Palermo - Ma quale democrazia si dovrebbe difendere o festeggiare… quella della borghesia al potere?

25 Aprile mattinata lungo le vie del centro di Palermo con attacchinaggio e volantinaggio 

A proposito dell'“appello unitario per il 25 aprile” che è stato lanciato a Palermo firmato ANPI Palermo - FIOM Palermo - Rifondazione Comunista Palermo - SEL Palermo - USB Palermo - Centri sociali palermitani... 

Ma quale democrazia si dovrebbe difendere o festeggiare… quella della borghesia al potere ?

L'appello infatti si conclude così: “La battaglia per la libertà continua ancora oggi, su vari fronti, a partire dalla difesa della democrazia e della Costituzione”.
Che alcune realtà firmatarie dell'appello sfilino in corteo il 25 aprile “a difesa” di una democrazia voluta dal potere borghese dominante non ci sorprende affatto ma rimaniamo perplessi quando tra di esse figurano pezzi del movimento palermitano cosiddetto antagonista.
Non si può trattare la Resistenza come viene descritta nell'appello che dice tra l'altro “I nostri Partigiani lottarono, anche per diritti universali delle donne e degli uomini, per la pace ripudiando la guerra...”. La Resistenza partigiana liberò il paese dalla dittatura nazifascista al servizio del capitale e, certo, aveva anche come obiettivo di mettere fine alla guerra imperialista ma soprattutto per i partigiani questo significava avanzare verso la liberazione anche dal potere monarchico/borghese che il revisionismo del Pci ha invece impedito essendo parte attiva nella formazione dell''attuale assetto democratico borghese.
Oggi soprattutto gli ultimi governi, con presidenti del consiglio di fatto non eletti, dimostrano fino a che punto nel nostro paese questa democrazia b
orghese difenda “i diritti democratici” e come la Costituzione rimane carta straccia quado si tratta di garantire i diritti di lavoratori e masse popolari ma riprende vita quando si tratta di garantire gli interessi del Capitale... questa è la “democrazia” che difendono i revisionisti e riformisti in qualsiasi modo si travestano...
Se non si parla di avanzamento del moderno fascismo che investe tutti gli ambiti (del quale già parliamo da tempo e di cui una manifestazione concreta contro le masse popolari in lotta è stato il 12 aprile a Roma da sempre più Stato di polizia) non si capisce dove sta andando questa “democrazia” per la cui “difesa” si scende in piazza il 25 Aprile .
 
Il nostro 25 aprile è quello che pone la necessità una nuova Resistenza proletaria e popolare che si voglia realmente liberare dal giogo proprio della democrazia borghese del sistema del capitale... 


Circolo Proletari Comunisti Palermo

pc 26 aprile - L'altro 25 aprile quello dei proletari in lotta Borgate-Bergamo




La giunta comunale di Bolgare, ha portato a 500 euro il costo del certificato per L'IDONEITÀ ALLOGGIATIVA, una vera tassa sugli immigrati dato che il documento è richiesto solo ai cittadini stranieri e negli altri comuni costa poche decine di euro.

CONTRO QUESTO PROVVEDIMENTO RAZZISTA STA CRESCENDO UNA BELLA MOBILITAZIONE POPOLARE.

Una precedente ordinanza impone nel centro storico, LA CHIUSURA ALLE ORE 20.00 DEI NEGOZI, colpendo di fatto solo i negozi alimentari indiani e pakistani, indicati come pericolo per l'ordine pubblico!
IL SINDACO DI BOLGARE VUOLE FARE DELLA SUA POLITICA RAZZISTA UN ESEMPIO PER TUTTI I COMUNI.

RISPONDIAMO ALLARGANDO AGLI ALTRI PAESI L'ATTIVITA' DEL COMITATO!
VENERDÌ 25 APRILE PARTECIPIAMO NUMEROSI AL CORTEO DI BOLGARE.
IL SINDACO VA FERMATO!
LE ORDINANZE RITIRATE!
BASTA CON I POLITICI CHE ALIMENTANO L'ODIO RAZZIALE TRA LA POPOLAZIONE E TRA I LAVORATORI.
UNITA' E SOLIDARIETA' CONTRO LO SFRUTTAMENTO, PER IL LAVORO, PER I DIRITTI.
PER TUTTI.
comitato antirazzista

pc 26 aprile - Facchini slai cobas per il sindacato di classe e proletari comunisti contestano la CGIL al servizio dei padroni a Bergamo

Infoaut, riprendendo da un giornale di Bergamo, pubblica e informa, ma dato che la cronaca è poco precisa siamo costretti a correggere - frasi in nero e grassetto. La lotta vede lo slai cobas per il sindacato di classe e  proletari comunisti che contestano, le foto e le immagini video - vedi  Bgreport - su questo sono fin troppo chiare!

Contestazione dei facchini alla CGIL di Bergamo

altLa seconda contestazione sotto la sede della CGIL di Bergamo in sole due settimane.
Dopo quella del 15 aprile dei facchini della cooperativa Hydra, contrari all’accordo firmato dalla CGIL che ha portato alla dismissione di 27 dipendenti attraverso una “buonauscita progressiva al ribasso”, ora è il turno dei facchini dell’LDD di Trezzo.
A seguito dello spostamento del polo logistico da Capriate e Vignate a Trezzo e dell’acquisizione della Lombardini da parte dell’LDD-Lillo, rimangono in esubero 160 facchini dipendenti delle cooperative Logic Service e Progress.
La strategia dell’LDD, denunciata dallo Slai CoBAS (si tratta dello slai cobas per il sindacato di classe che è altra cosa dallo SLAI COBAS ufficiale) e dagli stessi lavoratori, è quella di sostituire, attraverso l’appalto alle nuove cooperative, i vecchi lavoratori, scomodi e sindacalizzati, con nuovi meno costosi, più precari e ricattabili, aumentando così gli utili dell’impresa.
Il 3 Aprile un tavolo di trattativa stabiliva alcuni punti chiavi dell’accordo: uno di questi era la ricollocazione di tutti e 160 i lavoratori dipendenti delle precedenti cooperative alle quali era affidata la gestione del carico scarico merci.
La cooperativa Logic Service, bypassando il punto fondamentale dell’accordo del 3 aprile, cioè la ricollocazione di tutti i precedenti dipendenti, ha fatto partire la procedura di mobilità, tutto ciò – come dichiarano i lavoratori e il sindacato di base – con il silenzio/assenso della CGIL.
Da questo nasce la contestazione di oggi sotto la sede del sindacato confederale.
I COBAS - anche qui si fa confusione: "cobas"... tutti si dicono cobas, ma lo slai cobas per il sindacato di classe è altra cosa) criticano l’atteggiamento eccessivamente lassista  (lassista?, collaborazionista è meglio) della CGIL, che, invece di prendere posizione appoggiando le lotte dei lavoratori e tutelando i loro posti di lavoro, sarebbe (si usa il condizionale per mettere dubbi sulla posizione dei lavoratori e della CGIL) disponibile a patteggiare per l’eventuale proposta della Logic Service di mandare i lavoratori in mobilità.
Come si evince dal video, i lavoratori criticano anche l’atteggiamento dell’amministratore delegato Massimo Berselli della B&M, società vincitrice dell’appalto della gestione del facchinaggio del nuovo polo di Trezzo, il quale durante l’assunzione della manodopera “invita caldamente” i lavoratori ad iscriversi alla FILT CGIL. Fatto ritenuto molto grave dai facchini in sciopero.
Ma la lotta non si ferma qui. I lavoratori rilanciano la mobilitazione. Il sindacato dei CoBAS  - viene proprio difficile dire slai cobas per il sindacato di classe? - promettono che le continue proteste e pressioni per la difesa del posto di lavoro continueranno anche a livello comunicativo, volantinando e sensibilizzando l’opinione pubblica davanti ai discount Ld.

pc 26 aprile - Torino: ora e sempre Resistenza!


20140425_161933Un corteo di diverse centinaia di persone, tra cui bambini, anziani, occupanti e migranti, ha percorso oggi le vie del borgo San Paolo in occasione del 25 aprile per ricordare i partigiani caduti durante l’insurrezione del ’45 e per ribadire che dopo 69 anni la Resistenza non è un mero esercizio di memoria ma una pratica quotidiana.
Il corteo si è fermato a porgere i fiori alla lapide di Giaretti Eugenio, combattente della quarta divisione Garibaldi. Nel gennaio 1945 venne fermato da ufficiali dei Rap in via Monginevro all'angolo con corso Racconigi, messo al muro e colpito con una scarica di mitra. Il giorno dopo è stato prelevato dall’ospedale Mauriziano e rinchiuso nell’albergo Sitea, dove è stato torturato per una settimana dai fascisti. In seguito il corteo ha fatto tappa allo stabilimento storico della Lancia, dove fin dal 1943 agivano numerose squadre dei SAP e il 25 aprile 1945 proprio questa fabbrica di via Monginevro, 99 è stata scelta come la sede del comando militare durante l’insurrezione. Un luogo che oggi è devastato dalla speculazione e dallo sfruttamento del territorio dei soliti palazzinari che non si sono fatti troppi problemi nel rimuovere la lapide del partigiano Nazzareno Maffiodo durante l’abbattimento della fabbrica. L’anno scorso gli antifascisti/e del borgo hanno rimesso la lapide che è stata onorata anche oggi. In piazza Robilant il corteo ha ricordato Paolo Braccini, Franco Balbis, Enrico Gioachino, Giulio Biglieri, Eusebio Giambone, Massimo Montano, Giuseppe Perotti e tanti altri. La tappa finale è stata in via San Bernardino, 14 dove gli antifascisti/e hanno ricordato Dante Di Nanni, giovane gappista che si è difeso coraggiosamente fino all’ultimo dall’attacco della polizia fascista. La giornata è proseguita nella zona pedonale di via Di Nanni tra spettacoli, mostre fotografiche, canti partigiani a cura del Csoa Gabrio.
Anno dopo anno diventa sempre più evidente la dicotomia tra i presunti eredi della Resistenza e i resistenti antifascisti. Se i primi, occupando le poltrone pubbliche, speculano, sfruttano e distruggono i territori, depredano i beni comuni, portano avanti politiche contro le classi sociali in difficoltà e conducono un vero e proprio attacco ai diritti primari, i veri resistenti costruiscono collettivamente percorsi di lotta per opporsi a questi saccheggi. In quest’ottica le battaglie per il diritto all’abitare, le occupazioni, le lotte contro le ingiustizie sociali generate dal sistema capitalista, la resistenza contro il Tav non sono altro che il 25 aprile dei giorni nostri. Non saranno di certo i manganelli, i violenti sgomberi, la criminalizzazione dei movimenti, i provvedimenti contro i singoli a farci arretrare anche di un solo passo.
Vicini a Chiara, Mattia, Claudio, Niccolò, Davide, Paolo, Forgi e a tutti gli atri resistenti/e!
Ora e sempre Resistenza!

pc 26 aprile - NO TAV La resistenza continua - oggi a Bussoleno


manifesto_26Una giornata intera dedicata alla Resistenza, a chi ha resistito e a chi resiste ancora.
Per le vie di Bussoleno, dal mattino fino alla sera, da mangiare e da bere, dibattiti, banchetti informativi, gadgets, musica, magie, spettacoli e giochi per i grandi e i bambini
all’insegna della solidarietà e della lotta, come nella tradizione notav, dove nessuno rimane solo, neanche in un carcere.
Liberare tutti vuol dire lottare ancora!
Programma
ore 10.30 dibattito Anpi “Portare nel futuro e nel presente i valori della resistenza sostenendo le lotte per la difesa del territorio”a cura dell’Anpi Bussoleno-Foresto-Chianocco
ore 12.30 polentata lungo via Walter Fontan
dalle ore 14 spettacoli in strada
le magie del Wonder Injector Mariano Tomatis
spettacolo marionette “Assalto alla dirigenza” Django Reinhardt di Chiara Caruso
ore 15.30 presentazione della giornata “Diventa protagonista Sostieni la Resistenza”
a seguire presentazione del libro “Resisto! 10 anni con te 10 anni senza di te” La verità sull’omicidio di Dax militante antifascista. Interverranno Rosa Piro mamma di Dax e i compagni dell’associazione “Dax sedicimarzoduemilatre”
ore 18 Egin in concerto presentano “Canti della Resistenza”
ore 22 Chianocco presso Birreria “Il Cotonificio” concerto della Banda Popolare dell’Emilia Rossa a cura dell’Anpi Bussoleno-Foresto-Chianocco
per tutta la giornata
mostre delle opere di Piero Gilardi
mostre fotografiche
banchetti di produttori locali no tav
banchetti informativi ed esposizioni
giochi a cura dei comitati no tav

in caso di pioggia la manifestazione si svolgerà presso il salone polivalente di Bussoleno
i proventi della giornata verranno destinati al sostegno della resistenza no tav
Pubblicato in SPAZI SOCIALI

pc 26 aprile - Sbirri fascisti e assassini, impuniti continuano a uccidere!

Malapolizia. Le foto di Riccardo Magherini, morto durante un fermo

Malapolizia. Le foto di Riccardo Magherini, morto durante un fermo


Andrea Magherini, fratello di Riccardo, ha reso pubbbliche oggi in Senato le foto del fratello morto nella notte tra il 2 e il 3 marzo scorso, dopo essere stato bloccato dai carabinieri mentre “dava in escandescenze”.
Per la Procura della Repubblica di Firenze queste erano state provocate dall'assunzione di cocaina. I video e le foto sono stati presentati in Senato in una conferenza stampa che vedeva presenti Luigi Manconi e l'avvocato Fabio Anselmo (il legale che ha seguito il caso di Federico Aldrovandi e di altri episodi simili) nominato legale della famiglia.
Le immagini di Riccardo Magherini ci restituiscono alla memoria quelle di Federico, di Cucchi, di Uva e di tanti, troppi, altri. Secondo alcune testimonianze, due dei quattro carabinieri intervenuti avrebbero dato dei calci a Magherini mentre era a terra, ammanettato a faccia in giù, con le braccia dietro la schiena e a torso nudo a conferma delle voci che hanno parlato di un fermo violento in una strada di Firenze. 

pc 26 aprile - Firenze antifascista!

Il 25 aprile di Firenze antifascista
Pensiamo che il fascismo non possa esser ridotto ad un problema culturale, al frutto di ignoranza e assenza di memoria storica ma che sia il prodotto dei rapporti materiali che si sviluppano all’interno della crisi. Il fascismo, storicamente, non ha rappresentato una rottura con il sistema capitalista, ha anzi innalzato il livello di sfruttamento dei lavoratori, di controllo sociale e di autoritarismo e non rappresenta altro che una forma di gestione delle istituzioni politiche ed economiche di cui il capitale può dotarsi in una determinata fase storica. Il fascismo oggi non rappresenta un pericolo per le istituzioni democratiche che anzi, in alcuni casi, lo scelgono come mezzo per contrastare forti mobilitazioni sociali come accaduto in Grecia con Alba Dorata o all’interno dello scontro imperialista come avvenuto in Ucraina dove i neonazisti sono stati addestrati e finanziati dalle stesse istituzioni dell’Unione Europea oltre che dagli USA e della NATO. NAR e Ordine Nuovo in Italia, Alba Dorata in Grecia e ora Settore Destro in Ucraina, sono solo alcuni esempi di come lo Stato, in una determinata fase, arruoli queste strutture tra le proprie fila, per poi ridimensionarle se non addirittura reprimerle nel momento in cui esse esauriscano il loro ruolo. Il fascismo agisce quindi per conto del capitale a difesa dei suoi interessi al pari di altre forze e apparati dello Stato come le forze di polizia, la magistratura e la propaganda mediatica: livelli sicuramente diversi ma che agiscono con una propria coerenza verso un medesimo obiettivo.

La violenza poliziesca continua a colpire tutte quelle esperienze che rappresentano dei punti di riferimento nelle lotte, siano esse antifasciste, operaie o contro lo sfruttamento e la devastazione del territorio: una violenza che si traduce in una metodica militarizzazione del territorio, manganellate, denunce e arresti. Fra i nomi di quelli che oggi addestrano le forze dell’ordine ritroviamo chi ha costruito la propria carriera a partire dalle torture contro i militanti politici negli anni ’80 passando per i fatti di Napoli e Genova nel 2001: non sono forse le stesse istituzioni democratiche ad aver premiato “i loro uomini” per il lavoro svolto? La magistratura invece convalida arresti, dispone continui trasferimenti in regimi di alta sicurezza e condanna a decine di anni di carcere militanti e attivisti colpevoli di non voler abbassare la testa di fronte alle imposizioni di questo sistema. La ”cultura della legalità” che si accompagna alla retorica della “difesa delle istituzioni democratiche” non ha fatto altro che avvallare e legittimare il loro operato che si trattasse di azioni repressive contro militanti politici o quotidiani “abusi in divisa” commessi durante i fermi di polizia per strada, nelle caserme o nelle questure, il tutto coperto dalla più totale impunità.

Ma se questo piano culturale viene fatto proprio in modo acritico e opportunista anche da parte di alcuni settori “di movimento” oltre che dalla sinistra istituzionale, per quanto ci riguarda non possiamo che considerarlo un ulteriore attacco ai valori e alla pratica dell’Antifascismo. Cosa significa “legalità” se non l’accettazione della Legge imposta dallo Stato? Chi oggi sostiene la “legalità”, come può esser solidale nei confronti di chi per esempio occupa una casa? Come può pensare di combattere le leggi antisciopero? Come può dire NO alle scelte degli stessi che legiferano e determinano cosa sia “legale” e cosa “illegale”? Secondo quale logica ci si riempie la bocca con i valori della Resistenza Antifascista ma si definiscono "terroristi" o "violenti" coloro che oggi lottano contro la stessa miseria, sfruttamento e repressione contro cui si sono sollevati i Partigiani di ieri?

Gli antifascisti nel proprio agire non possano prescindere da questo piano e devono porsi il problema di come ribaltarlo. L’Antifascismo non può che maturare e svilupparsi all’interno delle lotte dei lavoratori e di tutti coloro che si battono per una società che superi la logica dello sfruttamento e della guerra. In caso contrario diventa retorico ed inutile alla causa degli oppressi nel loro percorso di emancipazione e liberazione. Solo così l’Antifascismo ed i suoi valori - solidarietà, internazionalismo e lotta di classe -diventano un’arma nelle mani delle classi subalterne nella lotta contro il capitalismo.

CI CHIAMAVANO BANDITI, CI CHIAMANO TERRORISTI, IERI PARTIGIANI OGGI ANTIFASCISTI!

Firenze Antifascista

pc 26 aprile - Grillo e grillini - fascisti nel cuore - 25 aprile Parma, Pizzarotti contestato: “Né di destra, né di sinistra: fascista”


25 aprile Parma, Pizzarotti contestato: “Né di destra, né di sinistra: fascista”


Nel suo secondo 25 aprile da sindaco di Parma, Federico Pizzarotti riceve fischi e insulti. All’inizio del corteo per la celebrazione della Liberazione, il gruppo di antagonisti del collettivo Sovescio ha contestato il primo cittadino, chiamandolo “fascista” e attaccandolo per le sue recenti ordinanze di sgombero, poi congelate, di due edifici occupati in città. Una cinquantina di persone armate di bandiere e di fumogeni, si sono accodate alla manifestazione in ricordo dei valori della Resistenza, cominciando a prendere di mira Pizzarotti sin dalla partenza del corteo in piazzale Santa Croce. Al grido di “Pizzarotti né di destra né di sinistra, chi sgombera le case per sempre fascista”, i manifestanti hanno marciato per ribadire il diritto alla casa e l’ingiustizia delle ordinanze antisgombero che il sindaco ha firmato all’inizio di aprile.
Il documento firmato da Pizzarotti interessa due edifici occupati: un ex cinema dove vive una famiglia e una casa in cui si è insediato il collettivo Sovescio. Per effetto del decreto del governo Renzi sul piano casa poi, l’amministrazione di Parma ha applicato il divieto di chiedere la residenza e l’allacciamento delle utenze a chi vive in edifici occupati. Dopo le proteste degli antagonisti, nelle scorse settimane il sindaco e l’assessore al Welfare Laura Rossi avevano incontrato i rappresentanti della Rete diritti in casa e del gruppo Sovescio per arrivare a una soluzione condivisa. “Nessuna preclusione al dialogo, ma nel rispetto della legalità” aveva detto Pizzarotti, che con l’amministrazione si era impegnato a trovare sistemazioni alternative per gli occupanti degli stabili, congelando temporaneamente gli sgomberi.
Ma il dialogo non è bastato e gli antagonisti hanno scelto la manifestazione del 25 aprile per far sentire la propria voce alla città e per inveire contro le politiche abitative messe in campo dall’amministrazione Cinque stelle. “La casa è un diritto, l’affitto è una rapina, Pizzarotti vai a vivere in cantina” hanno gridato gli attivisti, che hanno camminato dietro al corteo dei partigiani, con il sindaco in prima fila insieme alle altre autorità. Insulti e cori sono stati lanciati anche contro il Pd e i rappresentanti del partito presenti alla manifestazione.
Era dai tempi dell’ex sindaco Pietro Vignali che non avvenivano contestazioni per la festa del 25 aprile. Allora l’ex primo cittadino era finito nel mirino per avere dato una sede all’associazione di estrema destra CasaPound ed era stato fischiato sul palco mentre pronunciava il suo discorso istituzionale. Pizzarotti invece è stato attaccato solo durante il corteo, poi la manifestazione è proseguita senza momenti di tensione e il sindaco ha potuto fare il suo intervento tra gli applausi dei partigiani e della piazza affollata di persone.

pc 26 aprile - Stato del Capitale - Governo Renzi, Parlamento a sostegno dei padroni assassini - Ribellarsi è giusto! - Pagherete caro, pagherete tutto!

Reati ambientali, la legge che fa saltare i processi. E la grande industria ringrazia

Porto Tolle, Tirreno Power, Ilva: per magistrati ed esperti di diritto il testo in discussione al Senato sembra scritto appositamente per limitare le indagini e mettere a rischio procedimenti in corso. Il Pd si divide. Realacci parla di "eccesso di critica dei magistrati", Casson bolla il testo come un "regalo alle lobby"

Reati ambientali, la legge che fa saltare i processi. E la grande industria ringrazia

Licenziato alla Camera e ora all’esame delle commissioni Ambiente e Giustizia del Senato, il disegno di legge 1345 introduce delitti in materia ambientale, prima puniti solo con contravvenzioni, ad eccezione del traffico illecito di rifiuti (2007) e della “combustione illecita” del decreto Terra dei Fuochi (2014). Viene inoltre introdotto all’articolo 452 ter il “disastro ambientale”, punito con pene da 5 a 15 anni. Mano pesante, dunque, se non fosse che la norma è scritta con tanti e tali paletti da renderne impossibile l’applicazione, almeno ai casi davvero rilevanti. E lo dicono gli stessi magistrati che devono utilizzarlo. Il nuovo testo qualifica infatti il “disastro” come “alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema” quando quasi mai, per fortuna, il danno ambientale si rivela tale. In alternativa come un evento dannoso il cui ripristino è “particolarmente oneroso” e conseguibile solo con “provvedimenti eccezionali”. Ma il degrado ambientale potrebbe verificarsi anche se ripristinabile con mezzi ordinari. L’estensione della compromissione e del numero delle persone offese cozzano poi con la possibilità che il disastro possa consumarsi in zone poco abitate e non per forza estese.
Il disegno di legge sposta poi in avanti la soglia di punibilità configurando il disastro come reato di evento e non più di pericolo concreto, come è invece il “disastro innominato” (l’art. 434 del codice penale, comma primo), la norma finora applicata dalla giurisprudenza al disastro ambientale. Sinora era stato possibile punire chi commetteva “fatti diretti a causare un disastro”, quando vi era stato il pericolo concreto per la pubblica incolumità, anche senza che il disastro avvenisse perché non sempre il disastro è una nave che perde petrolio, un incendio o un’esplosione che producono evidenza immediata del danno. A volte, come nel caso dell’inquinamento da combustibili fossili e delle microparticelle come l’amianto, il disastro può restare “invisibile” a lungo prima che emergano i segnali della compromissione dell’ambiente e della salute della collettività. Segnali che, a volte, solo le correlazioni della scienza medica e dei periti riescono a individuare tra una certa fonte inquinante e il pericolo concreto di aumento di patologie e degrado ambientale in una certa area. Sempre che i magistrati abbiano potuto disporre le indagini penali.
Il procuratore generale di Civitavecchia Gianfranco Amendola, storico “pretore verde”, sottolinea la terza grave lacuna. “Deriva dalla evidentissima volontà del nuovo testo di collegare i nuovi delitti alle violazioni precedenti”. Il reato può essere contestato solo nelle ipotesi in cui sia prevista una “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale”. Come se fosse lecito, altrimenti, provocare enormi danni all’ambiente. “Fare addirittura dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall’osservanza o meno delle pessime, carenti e complicate norme regolamentari ed amministrative esistenti significa subordinare la tutela di beni costituzionalmente garantiti a precetti amministrativi spesso solo formali o a norme tecniche che, spesso, sembrano formulate apposta per essere inapplicabili”.
I processi a rischio: da Rovigo alla Terra dei FuochiIl testo di legge sembra sdoganare allora la linea difensiva (finora sconfitta) in alcuni processi celebri, a partire da quello di Radio Vaticana dove, a fronte di prove indiscutibili sulla molestia e la nocività delle emissioni, la difesa si era incentrata sul fatto che la norma contestata (art. 674 c.p.) richiede che l’evento avvenga “nei casi non consentiti dalla legge”. Ma soprattutto apre grandi incognite su quelli ancora da celebrarsi. Allunga un’ombra, ad esempio, sull’appello del processo appena concluso a Rovigo che ha visto condannare gli amministratori di Enel Tatò e Scaroni per le emissioni in eccesso della centrale a olio di Porto Tolle. C’è il rischio concreto, se la norma sarà licenziata così dal Senato, che in sede d’Appello ci sarà una normativa più favorevole ai vertici del colosso energetico che depenalizza proprio il reato per cui sono stati condannati.
“Nel dibattimento la maggior difficoltà è stata proprio quella di individuare specifiche disposizioni violate nella gestione dell’impianto”, spiega il legale di parte civile Matteo Ceruti. Era poi quello il cavallo di battaglia della difesa degli imputati, la non illeicità delle emissioni della centrale che – grazie a deroghe e proroghe connesse per gli impianti industriali esistenti – avrebbe potuto “legittimamente” emettere in atmosfera fino al 2005 enormi quantità di inquinanti, ben oltre i limiti imposti dall’Europa sin dagli anni Ottanta del secolo scorso. Il Tribunale ha invece condannato gli amministratori per violazione dell’art. 434, 1° comma cp che punisce i delitti contro la pubblica incolumità, evidentemente ritenendo – sulla base delle consulenze tecniche disposte dalla Procura – che l’enorme inquinamento provocato ha comunque messo in pericolo la salute degli abitanti del Polesine e l’ambiente del Parco del Delta del Po”. La stessa fine, a ben vedere, potrebbe fare anche il procedimento penale di Savona che ha condotto al sequestro dei gruppi a carbone della centrale termoelettrica Tirreno Power di Vado Ligure. Il decreto di sequestro emesso dal gip si fonda, tra l’altro, proprio sulla circostanza che per integrare il reato di disastro innominato non è necessario dimostrare che l’impianto abbia funzionato in violazione di specifiche prescrizioni di legge o dell’autorizzazione.
Lo scontro a suon di emendamenti. Il Pd diviso verso l’approvazione Sul testo si annuncia ora, in previsione del rash finale, uno scontro durissimo nelle commissioni Giustizia e Ambiente. Salvo slittamenti, si potranno presentare emendamenti fino al 29 aprile. E mentre la destra sta a guardare, è la sinistra che si ritrova il problema di far passare il testo com’è o tentare di arginare le falle. Ne rivendica la bontà il proponente, Ermete Realacci (Pd) che non lesina stoccate ai critici che “rischiano di mandare la palla in tribuna, quando sono vent’anni che si lotta per avere reati ambientali nel codice penale”. “Non sono un giurista né un magistrato – dice – se ci sono margini per migliorarlo ben venga. Ma ricordo che alcune toghe avevano criticato anche l’introduzione del reato penale di smaltimento dei rifiuti pericolosi che è stato invece determinante per combattere le ecomafie. Senza quel reato le inchieste sulla Terra dei Fuochi non sarebbero state possibili”. Non è una legge su misura delle industrie? “A volte si cerca la perfezione mentre tocca cercare vie praticabili. Questo testo riesce a tenere insieme l’equilibrio delle pene, che devono essere proporzionali rispetto ad altri reati e la certezza del diritto rispetto al quadro normativo, perché non è che se sono un magistrato posso arrestare chi voglio”.
Parole molto diverse da quelle di un altro esponente di punta del Pd, Felice Casson, vicepresidente della commissione Giustizia al Senato, per 25 anni toga di peso in fatto di reati e processi ambientali (a partire dal Petrolchimico di Porto Marghera, 1994). Casson ha colto subito nel testo il rischio di un favore ai gruppi industriali sotto assedio delle procure. E ha depositato a sua volta un disegno di legge in materia di reati ambientali. “L’avevo anche detto a quelli di Legambiente quando, a inizio legislatura, erano venuti in Senato a presentare il ddl: il testo, che resta un importante passo avanti, presenta però criticità di impostazione tecnica tecniche tali da impattare pesantemente su indagini e processi in corso. Allora proposi di modificarlo e rinviarlo alla Camera, piuttosto che farlo entrare in vigore così. A questo punto presenteremo emendamenti correttivi che integrino le disposizioni dei due testi, ma sarà dura. Perché c’è una pressione forte da parte del centrodestra per difendere il testo e farlo passare così com’è, ritenendolo perfetto proprio perché l’impostazione è tale da limitare le possibilità dell’azione penale della magistratura”.
Ilva e la norma sull’irreversibilità del danno
Anche a Taranto, nel procedimento contro la famiglia Riva e i vertici dell’Ilva per il disastro ambientale causato dalle emissioni nocive della fabbrica, il nuovo provvedimento legislativo potrebbe rappresentare un assist agli imputati. Già perché per dimostrare che il danno compiuto dalla fabbrica è “irreversibile” sarebbe necessario dimostrare di aver compiuto una serie di tentativi di bonifica che non hanno prodotto risultati. Nel capoluogo ionico, finora, le bonifiche sono state solo una promessa sulla carta: nonostante i mille proclami e la nomina di garanti, commissari e subcommissari, le operazioni di risanamento del quartiere Tamburi e delle zone colpite dalle emissioni dell’acciaieria, a oggi, nessuna operazione è concretamente partita. In un’aula di tribunale, quindi, al di là delle perizie, l’accusa non avrebbe strumenti per dimostrare che quelle operaizoni sono state inutili. Al collegio difensivo, in definitiva, basterebbe puntare sull’assenza di elementi certi per dimostrare che il danno arrecato non è, oltre ogni ragionevole dubbio, irreversibile. Un regalo che, tuttavia, non migliorerebbe di molto la situazione dei Riva che devono rispondere anche di un reato ben più grave come l’avvelenamento di sostanze alimentari per la contaminazione di oltre 2mila capi di bestiame nelle cui carni fu ritrovata diossina proveniente, secondo le perizie del tribunale, dagli impianti dell’Ilva. Un reato, che richiede la corte da’assise come per i casi di omicidio, punito con una reclusione che va da un minimo di 15 anni a un massimo, se l’avvelenamento ha causato la morte di qualcuno, anche con l’ergastolo.
(ha collaborato Francesco Casula)

pc 26 aprile - Napolitano capo del revisionismo storico contro la Resistenza e la Costituzione nata dalla Resistenza... VATTENE!

Scandaloso paragone tra i due marò imperialisti e assassini
che stanno bene dove stanno
e i resistenti...
Questo lurido individuo va contestato ovunque perchè  vilipende la Costituzione nata dalla Resistenza e offende  la storia reale del nostro paese

pc 26 aprile - Pillole comuniste

Il coraggio e la determinazione sono fondamentali nella lotta
di classe, ma essi non sono innati, anche se si trovano più facilmente in alcuni e non in altri, in generale forgiati dalla vita.
Essi dipendono dal sentirsi nel giusto e dalla fiducia che si ha nelle masse, o perchè le hai dietro o perchè pensi che ti possano venire dietro

da Pillole comuniste - 1 -
9 -5- 2013

pc 26 aprile - IL DISPOSITIVO DEL VERGOGNOSO VERDETTO THYSSEN

Roma, 24 aprile 2014

Dispositivo del verdetto sulla vicenda Thyssenkrupp” emesso dalle Sezioni unite penali della Cassazione:
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta esistenza della circostanza aggravante di cui al capoverso dell'art. 437 Cp ed al conseguente assorbimento del reato di cui all'articolo 449 Cp.
Dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte d'assise d'Appello di Torino per la rideterminazione delle pene in ordine ai reati di cui agli articoli 437, comma 1, 589, commi 1, 2, 3, 61 n.3, 449 in relazione agli art 423 e 61 n.3 Cp.

Rigetta nel resto i ricorsi del procuratore generale e degli imputati.
Rigetta il ricorso della persona giuridica Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa che condanna al pagamento delle spese processuali.
Condanna in solido gli imputati ed il responsabile civile Thyssenkrupp acciai speciali Terni spa alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile 'Medicina Democratica' che liquida in complessivi euro 7 mila oltre accessori come per legge.
Infine visto l'art. 624, comma 2 Cpp dichiara irrevocabili le parti della sentenza relative alla responsabilità degli imputati in ordine ai reati sopraindicati.

pc 26 aprile - ROMA 25 APRILE, AGGREDITI I PALESTINESI DA SQUADRISTI SIONISTI DELLA COMUNITA' EBRAICA al servizio dello Stato di stampo Nazista ISRAELE

Vergogna alla manifestazione del 25 aprile. Aggrediti i palestinesi, spezzato il corteo

Comunicato stampa

Il corteo ufficiale per il 25 Aprile a Roma, è stato oggi testimone di un episodio gravissimo.
La delegazione palestinese e le reti solidali con la Palestina si stavano concentrando al Colosseo per partecipare come tutti gli anni alle manifestazioni che celebrano la Resistenza e la Liberazione dal nazifascismo. Ma i palestinesi e gli attivisti sono stati aggrediti da una quarantina di squadristi della comunità ebraica romana, non nuovi ad episodi di aggressione come questa. Si è scatenato un corpo a corpo impari, da una parte giovani palestrati tra i 25 e i 40 anni, dall'altra donne, mannifestanti anche di una certà età, attivisti.
Ad aggravare le cose è stato l'atteggiamento delle forze di polizia che si sono schierate in mezzo – ovviamente rivolte contro gli aggrediti e non contro gli aggressori. Questo fatto ha consentito agli squadristi di agire a proprio piacimento, con incursioni che – passando in mezzo alla fila degli agenti - prelevavano gli attivisti filopalestinesi e li trascinavano tra le loro file per essere pestati.
A quel punto l'Anpi ha fatto partire lo stesso il corteo – con lo striscione e la bandiera israeliana ben visibile e “scortata” dai gorilla della comunità – ed ha fatto sì che la polizia tenesse fuori e bloccato lo spezzone con le bandiere palestinesi.
Diversi gruppi di manifestanti – esponenti del Pdci, Prc, Pcl e altri – sono rimasti per solidarietà insieme allo spezzone palestinese. Lo stesso ha fatto un circolo dell'Anpi (quello universitario dedicato a Walter Rossi).
Eppure dieci giorni fa c'era stato proprio un incontro tra i palestinesi, le reti solidali e l'Anpi per concordare la partecipazione al corteo della Liberazione. Evidentemente nelle manifestazioni che celebrano la Resistenza e la Liberazione si è preferito avere nel corteo la bandiera dell'oppressione (quella dello Stato di Israele e non solo quella della brigata Ebraica che ha invece titolo per essere nella manifestazione) ma non quella di una lotta popolare di Liberazione (quelle palestinesi).
Ma lo spezzone con le bandiere palestinesi è arrivato comunque a Porta San Paolo ed è diventato uno spezzone numerosissimo e partecipato. Le intimidazioni evidentemente non hanno funzionato.

Oggi è stata una vergogna per la giornata del 25 aprile, una vergogna anche per l'Anpi. Un nuovo episodio da aggiungere al lungo dossier sull'impunità da parte di polizia e magistratura di cui gode lo squadrismo nella città di Roma.

Roma, 25 aprile 2014

Reti di solidarietà con il popolo palestinese

pc 25 aprile - ONORE ALLE PARTIGIANE


“...La partecipazione delle donne alla Resistenza fu dovuta principalmente a motivazioni personali. A differenza di molti uomini che scelsero di andare in montagna per sottrarsi all'arruolamento dell'esercito di Salò, nessun obbligo militare costringeva le donne ad una scelta di parte. Potevano starsene a casa, insomma. La Resistenza fu anche occasione per affermare qui diritti che non avevano mai avuto. Mai come in quei mesi ci siamo sentite pari all'uomo. Paradossalmente con la guerra si crearono le condizioni di una libertà personale mai sperimentata prima. Molte di noi con la Resistenza si guadagnarono la loro autonomia...”.

 Onorina Brambilla detta Nori, nome di battaglia SANDRA

pc 25 aprile - Basta impunità per i padroni assassini! Dal presidio della Rete alla Cassazione a Roma per la sentenza Thyssen

Noi non dimentichiamo!
Non accetteremo colpi di spugna! Nessuna impunità per i padroni assassini della Thyssenkrupp!
Siamo qui per dirlo forte.

Con queste parole gridate al microfono di fronte alla Cassazione di Piazza Cavour a Roma, si è aperto stamattina il presidio indetto in occasione della sentenza del processo Thyssenkrupp.
Un presidio indetto dalla Rete Nazionale per la sicurezza e la salute sui posti di lavoro e territori che ha raccolto l’appello di familiari e operai della Thyssen, portando delegazioni del comitato 5 aprile di Roma, altre delegazioni da Taranto, Milano, Ravenna, L’Aquila. Erano presenti delegazioni di associazioni di familiari e altri comitati di vittime da lavoro e nocività venute da Torino, Casale Monferrato, Viareggio, Taranto, organizzazioni sindacali di base, USB, SLAI COBAS per il sindacato di classe, USI, della Cgil di Torino, e l’Associazione Esposti Amianto.
Udienza dopo udienza, la Rete ha seguito tutto lo svolgimento dei processi come parte della guerra di classe tra operai e padroni, presenziando e dando sistematica controinformazione delle varie udienze in primo grado e in appello, organizzato manifestazioni e presidi.
La mobilitazione permanente ai processi ha portato a ottenere una condanna senza precedenti, fino ad oggi, per i responsabili della strage dei sette operai bruciati vivi nell’incendio alla linea 5 dello stabilimento Thyssenkrupp di Torino il 7 dicembre 2007. Senza precedenti era stata anche l’imputazione per padroni e dirigenti della fabbrica, omicidio volontario, per la deliberata e dolosa inosservanza delle procedure e norme di sicurezza in uno stabilimento che ormai avevano già deciso chiudere e che è costata la vita degli operai.
L’imputazione era poi stata derubricata in appello a omicidio colposo, con sensibile riduzione delle pene. Oggi la Cassazione si pronuncerà sui ricorsi sia della procura di Torino che della difesa. Una pronuncia che avrà certamente un peso sullo sviluppo ed esito dei prossimi processi e può essere un segnale di continuità nell’impunità dei padroni assassini o di una parziale inversione di tendenza.

Mentre al microfono si alternavano gli interventi dei compagni della Rete, le tante troupe dei telegiornali hanno seguito con collegamenti frequenti la giornata.
Gli interventi hanno rinnovato le denuncia di un sistema che produce morte non per fatalità, ma per profitto. di una sostanziale impunità di cui godono nelle aule dei Tribunali i padroni
Questi interventi hanno ricostruito le fasi della vicenda mentre, contemporaneamente, all’interno del Tribunale si susseguivano le interminabili arringhe degli avvocati degli imputati che hanno dilatato i tempi per la riunione dei giudici in camera di consiglio. Il “microfono aperto” in piazza ha denunciato l’infame provocazione di uno degli imputati riportate dal quotidiano on line La Repubblica preoccupato di finire in galera e non potere così vedere crescere la propria nipotina!
Infine sono stati anticipati i prossimi passi della lotta contro i padroni assassini. Primi fra tutti una nuova mobilitazione per la prossima pronuncia della Cassazione per il processo Eternit, già calendarizzata in maggio, e, ancora più importante, la campagna per una costituzione popolare di parte civile al processo contro Padron Riva, che inizia a Taranto il prossimo 19 giugno.
Su questo c’è da registrare l’interesse a prendere parte in qualche modo alla mobilitazione di alcuni familiari degli operai Thyssen e dell’associazione esposti amianto di Casale Monferrato.
A metà pomeriggio, arrivano le prime notizie dall’aula.
La Procura generale, che in cassazione è l’equivalente della pubblica accusa negli altri gradi di giudizio, non raccoglie le ragioni del ricorso della Procura di Torino e conferma la derubricazione del reato da omicidio volontario a colposo. Inoltre, la stessa Procura Generale accoglie il ricorso della difesa e chiede la revoca della provisionale a favore di Medicina Democratica, ultima parte civile rimasta. La cosa non fa certo ben sperare
Mentre scriviamo i giudici sono ancora in camera di consiglio (vi sono entrati alle 19.30) e si vocifera del rischio di un rinvio della sentenza,