Riportiamo stralci dell''opuscolo su "LE UCCISIONI
DELLE DONNE, OGGI" delle compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario
Serve inquadrare il clima politico, ideologico,
sociale in cui e per cui avvengono oggi le uccisioni delle donne, a
dimostrazione del fatto che non si tratta affatto di casi isolati, da vedere in
sé per sé, ma si tratta di una tendenza che andrà purtroppo accentuandosi e che
può trovare come risposta soltanto una mobilitazione diretta delle donne.
Il fatto che le uccisioni delle donne stiano assumendo
dimensioni allarmanti, una “guerra di bassa intensità” contro le donne, fa sì
che la stessa giurisprudenza inizi a parlare di femminicidio.
Noi abbiamo usato il titolo di un libro per parlare
del nuovo livello del rapporto uomo/donna. Gli “Uomini che odiano le donne”
esprime - sia pur nei limiti di un
titolo di romanzo - questi rapporti nella fase del moderno fascismo.
Il moderno fascismo è l’edificazione a sistema di
tutto ciò che è reazionario, maschilista.
In questo senso le uccisioni non si potranno fermare,
né ci sono interventi di legge, di controllo che possano frenarli. Il moderno
fascismo le alimenta a livello di massa: le uccisioni hanno la caratteristica
di essere ripetitive, emulative – più se ne parla, più vengono prese ad
esempio. La stampa, la televisione berlusconiana sono in questo uno strumento
fondamentale: amplificano o minimizzano o nascondono, su alcune vicende
costruiscono dei talk show osceni, su altre fanno calare il silenzio; in questo
modo indirizzano e/o deviano l’attenzione, impongono idee, giudizi, con criteri
di scelta/selezione spesso razzisti, di classe o che comunque rispondono
all’utilizzo di tali uccisioni e violenze per rafforzare la politica,
l’ideologia, i “valori” dominanti e nasconderne la cause sociali, lì dove
invece i motivi di questa recrudescenza di uccisioni delle donne vanno visti sempre
come espressione della condizione generale delle donne e della realtà sociale.
Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della
gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi,
vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole,
che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi,
quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente
oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche
negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e
lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze
sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista - reazione alle
donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo
della famiglia.
Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi
terreni di combattimento.
Se prima le donne sopportavano in silenzio una
violenza anche continua, oggi gli uomini non possono come prima contare su
questo silenzio. Oggi le donne sopportano meno, rompono i rapporti, si
ribellano, cacciano i fidanzati, i mariti ecc. “Tu devi essere mia, o sei mia o
non sei”, questo è quanto ha detto un uomo prima di uccidere la sua ex
fidanzata; è la rottura di questo concetto di possesso, di proprietà, che c’era
anche prima ma che oggi, da parte delle donne viene messo in discussione, non
viene accettato.
Queste uccisioni e violenze come reazione degli uomini
alle donne che vogliono rompere i precedenti legami, la precedente vita sono
delitti fascisti, perchè mossi da una concezione fascista di attacco ad ogni
spinta di ribellione. Come fascista è spesso il clima generato di complicità
diffusa pre e post uccisioni, in cui gli uomini vengono considerati perbene, e
chi sa non parla e copre non solo perchè ha una concezione individualista, ma
perchè ha la stessa concezione maschilista, fascista verso le donne.
L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è
il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione
per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della
famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito
familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è
morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi
processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è
che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a
conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene
iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto
rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle
donne.
Il governo, lo Stato usano strumentalmente le
uccisioni delle donne per varare provvedimenti che non aiutano affatto le donne
ma aumentano il clima di controllo e repressione. Sulla uccisione nel 2007 della
donna di Roma Giovanna Reggiani, il governo di allora, di centrosinistra, pose
le basi per il pacchetto sicurezza tanto voluto da leghisti e sindaci sceriffi
di destra e di sinistra.
In quella occasione scrivemmo: “... Il clima
securitario, le misure di sicurezza, da ordine pubblico già adottate dai
sindaci in alcune città come Bologna, Firenze, la stessa Roma, che hanno come
bersaglio principale gli immigrati, che mettono sotto controllo le città,
desertificandole, sono in realtà il miglior humus delle violenze. C’è un
rapporto diretto tra aumento delle misure di sicurezza e l’aumento degli stupri
e delle uccisioni delle donne.”
Sia negli anni precedenti, sia più recentemente, ogni
misura del governo contro le uccisioni, violenze ecc, in realtà non ha prodotto
una diminuzione delle stesse ma, anzi, in un certo senso ha prodotto un effetto
contrario, sia con le misure essenzialmente repressive, sia con quelle poche
misure che potrebbero essere utili ma per come vengono gestite sono negative
fino ad essere controproducenti. La legge sullo stalking della Carfagna, ad
esempio. Ci sono decine e decine di denunce di donne, che però non sono mai
state prese in considerazione, gli iter burocratici per cui si attivano le
forze di polizia o la magistratura sono complessi e lunghi e l’intero apparato
deputato ad applicare la legge se ne disinteressa; ma è soprattutto la
concezione che guida i poliziotti, i carabinieri che fanno le indagini che è
bacata in partenza, impregnata, e come non potrebbe esserlo, di una ideologia
maschilista, machista, congenitamente distante/contraria alle donne, alla loro
vita, e ai loro bisogni, ribellioni.
Affrontare la questione della violenza con le misure
repressive, togliendo quegli elementi di socialità, di apertura e solidarietà
che ci aiutano a combatterla, puntando invece alla chiusura, alla
fascistizzazione della società, alla desertificazione delle città, favorisce la
violenza. Nelle città hanno creato un deserto e alle 9 di sera non c’è più
gente per strada, e poi si meravigliano che una donna che giri da sola in
questa condizione è a rischio? Ma chi ha creato questa condizione?
Queste misure creano un clima oscurantista, sempre
ideale per la coltivazione di idee e pratiche fasciste, maschiliste, di
sopraffazione e quindi hanno un effetto opposto, di incoraggiamento delle
violenze sessuali a tutti i livelli; creano città sotto controllo, invivibili,
in cui sono bandite le normali libertà, la socialità tra i giovani, tra le
persone, l’uso normale delle città. E quando questo accade, sempre le città si
desertificano dalla gente e diventano terreno pericoloso soprattutto per le
donne, perché impediscono, addirittura criminalizzandolo, il senso collettivo,
sociale della città e dei problemi, spingendo a una concezione individualista, antisociale,
compagna di strada della sopraffazione, di un’ideologia comunque reazionaria,
razzista e fascista, che nei confronti delle donne si esprime sempre come
maschilismo e violenza...
La violenza
sulle donne non fa che proseguire la discriminazione, l’ingiustizia, il doppio fruttamento e oppressione di cui siamo vittime nella società capitalista.
Eva Gabrielsson, compagna dello scrittore Stieg
Larsson de “Uomini che odiano le donne”, di fronte alla domanda di un
giornalista che chiedeva quali sono le radici di questo odio contro le donne,
ha risposto: “Come diceva Von Clausewitz, la guerra non è altro che la
continuazione della politica con altri mezzi. La stessa cosa avviene per la
violenza sulle donne, che non fa altro che proseguire, su un diverso terreno,
la discriminazione e l’ingiustizia delle quali siamo vittime nella nostra
società. Per questo la violenza alle donne è una violenza a tutti i cittadini,
non un fatto privato tra individui”.
Il
padronato, il governo agiscono per ricacciare a casa le donne. Tante nel nostro
paese in questi mesi sono state colpite sul piano dell’occupazione, lavoratrici
licenziate, operaie messe in cassa integrazione, precarie sempre più
precarizzate, disoccupate in lotta per il lavoro caricate dalla polizia e multate,
donne super sfruttate fin quasi a condizioni di moderno schiavismo. Lo Stato
direttamente con l’attacco alla scuola sta portando avanti il più grande
licenziamento di massa in un settore a stragrande maggioranza femminile. Nello
stesso tempo, con un discorso tanto ipocrita “sulla parità” quanto di primo
passo di un attacco generalizzato, viene innalzata l’età pensionabile delle
lavoratrici. Tutto ciò non ha fatto altro che peggiorare le già pesanti e
discriminanti condizioni di lavoro e di salario delle donne, e l’Italia si
posiziona tra gli ultimi paesi per tasso di occupazione delle donne.Vengono
scaricate sulle donne i tagli e i peggioramenti ai servizi sociali, la gestione
della crisi nella famiglia. E sono proprio le donne e i bambini a pagare i
tagli alla sanità e la logica puramente produttivista e utilitarista che vi regna, con il ritorno
delle morti per parto.
Mentre riprende il bombardamento ideologico e
attacco pratico da parte di governo e Vaticano contro la libertà di scelta
delle donne, contro il loro diritto di decidere in tema di maternità; i recenti
tentativi di bloccare nel nostro paese l’uso della pillola Ru486 costituiscono
un nuovo attacco contro le donne ancora accusate di essere assassine, di
praticare la violenza attraverso l’aborto.
Questa politica fatta da Stato, padroni, Governo,
Chiesa contro le donne, per le donne ha come inevitabile conseguenza l’aumento
dell’oppressione, del maschilismo fascista, della violenza sessuale contro le
donne...
Per le donne
nessun passo in avanti è duraturo e definitivo senza rivoluzione e la
rivoluzione nella rivoluzione.
Questa realtà dimostra che nella società borghese
nessun passo in avanti delle donne è duraturo e definitivo che solo una lotta
rivoluzionaria, in cui la ribellione e la lotta delle donne è una forza
poderosa e imprescindibile; solo un nuovo potere proletario basato sui principi
e la pratica per legge della piena emancipazione e liberazione delle donne, e
sulla lotta ideologica e l’educazione di massa, può rendere definitive quelle
conquiste. Per questo non basta instaurare un governo socialista, o pensare che
la rivoluzione risolva dall’oggi al domani tutte le concezioni maschiliste.
L’esperienza del movimento comunista ha dimostrato, e ha elaborato con la
Rivoluzione culturale proletaria in Cina, che occorre la rivoluzione nella
rivoluzione, un periodo in cui si combini la legge che impedisce che pratiche e
concezioni maschiliste e imponga altre pratiche, e l’educazione, la convinzione
a livello di massa.
Scrive Bebel su “L’emancipazione della donna” che la
forma della famiglia esistente in un’epoca determinata non può essere disgiunta
dalle condizioni sociali esistenti. Marx scrive che la famiglia contiene in sé
in miniatura tutti gli antagonismi che si svilupperanno più tardi largamente
nella società e nel suo Stato. Engels dice che la famiglia monogamica fu la
forma cellulare della società civile e in essa possiamo già studiare la natura
degli antagonismi e delle contraddizioni che nella civiltà si dispiegano con
pienezza.
Nell’attuale condizione sociale in cui la borghesia
può produrre solo distruzione, guerre con orrori che sono la negazione
dell’umanità, in cui il sesso, fatto anche dalle iene ridens delle soldatesse
americane, viene usato per perpetrare le più brutali torture ai prigionieri
irakeni, in cui il governo, lo Stato sta marciando verso un moderno fascismo,
un sistema sociale in cui le donne valgono meno di un embrione, in cui la
scienza viene usata contro la scienza, non per far progredire l’umanità e
quindi il benessere, la salute, ma per costruire mostruosità, la famiglia e i
rapporti uomini/donne cambiano in rapporto e funzionalmente a questo moderno
medioevo e nello stesso tempo ne contengono in embrione tutte le
contraddizioni. In questo senso non si tratta di una famiglia “arretrata”
rispetto ad una società avanzata, non si tratta di rapporti uomo/donna
apparentemente inconcepibili rispetto ai progressi delle donne, come a volte
viene detto; ma si tratta di una famiglia fino in fondo moderna, nel senso
adeguata a quello che oggi è il sistema sociale capitalista esistente, e a cui
serve.
Non è possibile lottare contro questa famiglia senza
rovesciare questo sistema sociale che la produce e di cui se ne fa puntello.
Questa lotta non ha niente a che fare (e anzi deve smascherare) con la politica
del femminismo piccolo borghese che vuole liberarsi dalla famiglia in una
logica tutta individualista, né può essere ridotta a mera lotta contro gli
uomini.
Nella famiglia, anche proletaria, gli uomini sono
privilegiati rispetto alla condizione delle donne, ma quanto miseri sono questi
privilegi! La famiglia è una catena ed è insopportabile anche per i proletari,
per i giovani, che restano in famiglia scaricando il loro peso sulle donne, che
spesso usano la famiglia, ma non vedono l’ora di scappare da questo carcere
arrivando ad odiarla.
Questa lotta, se non può che essere fatta innanzitutto
in prima persona dalle donne, che subiscono tutte le catene, non è però
interesse solo delle donne, ma di tutti i proletari, perché è una lotta per una
nuova umanità, nuovi rapporti sociali.
Per noi comuniste “in morte della famiglia” vuol dire
fare della famiglia, invece che puntello del sistema capitalista e oggi della
marcia verso il moderno fascismo, leva della ribellione delle donne per
rovesciare il sistema.
Noi odiamo gli
“Uomini che odiano le donne”
Noi abbiamo detto “noi odiamo gli “uomini che odiano
le donne”. Queste parole le abbiamo prese dal romanzo di Stieg Larsson, che ha
alcuni aspetti emblematici:
E’ ambientato in Svezia, una società in cui le donne
hanno fatto delle conquiste, si sono emancipate e però lì, guarda caso, negli
ultimi 2-3 anni sono usciti molti scrittori e scrittrici di gialli ambientati
in Svezia, molti dei quali hanno al centro le donne: le donne violentate, le
donne uccise ecc. (nella realtà e non solo nei romanzi). Sono dei libri che
parlano di uccisioni moderne, di uccisioni che avvengono nelle società capitaliste
più avanzate, non quelle più arretrate e che per questo smentiscono che le
violenze oggi siano il frutto solo di una realtà sociale arretrata; che
mostrano il marciume di un imperialismo arrivato alla frutta, che non può
portare a nulla di progressivo, ma solo a un moderno medioevo.
La protagonista del romanzo, Lisbeth Salander, è una
ribelle ad ogni tentativo di “normalizzazione”/considerata diversa per
eccellenza, ha tentato di uccidere il padre quand’era ragazzina perché
violentava la madre, ecc. Lisbeth è ribelle a ogni regola e questa ribellione è
insopportabile per gli altri, soprattutto per gli uomini che la devono
“domare”, fino a violentarla e tentare di ucciderla.
Ma chi sono questi uomini? Sono grandi manager di
industria, fascisti, nazisti, che odiano le donne.
Lisbeth a un certo punto, a fronte dell’altro
protagonista del libro, un giornalista che tenta anche di giustificare il
violentatore/assassino, facendo un’analisi psicologica, esclama: “cazzate,
questo odia le donne!”. “Cazzate!”, appunto, perchè dobbiamo respingere le
interpretazioni/giustificazioni che spesso vengono fatte dopo uccisioni perchè
servono solo a mettere un cappello sopra; diverso è raccogliere alcune di
queste interpretazioni ma per mostrarne il loro carattere assolutamente
sociale, comune a migliaia di uomini e
spiegabili solo con un’analisi sociale, di classe e di genere.
Questo romanzo, indipendentemente anche dalla volontà
dello scrittore, aiuta a capire quello che stiamo dicendo. Oggi effettivamente
c’è una sorta di “odio” verso le donne, come verso gli immigrati, verso gli
omosessuali ecc. Questo odio tout court verso le donne, in quanto donne che
pensano, che agiscono, che decidono, è fascista. Questo odio fa alzare il tiro,
mette in moto la violenza.
“Gli uomini che odiano le donne” esprime l’immagine
del sistema capitalista, nella sua fase di crisi, di putrefazione imperialista,
di un sistema che non ha più nulla di costruttivo, ma è solo distruzione. E
proprio per questo deve essere distrutto. E LE DONNE HANNO DOPPIE RAGIONI PER
FARLO!