martedì 20 agosto 2013

pc 17-25 agosto - IN PIAZZA CONTRO LA DITTATURA MILITARE EGIZIANA

La notizia della prossima scarcerazione di Mubarak e il suo ritorno probabile nelle sue cariche militari e sulla scena politica mostra senza ombra di dubbio il carattere del nuovo regime militare in Egitto, guidato dal boia macellaio al-Sisi, al servizio dell'imperialismo e del sionismo.
Il colpo di Stato, i massacri nelle strade e nelle piazze, tuttora in corso, che hanno provocato migliaia di morti, il massacro nelle carceri dei prigionieri musulmani arrestati, godono del sostegno economico incondizionato della monarchia Saudita, degli Emirati Arabi e del Kuwait, e hanno potuto contare sulla cooperazione anche militare dello Stato di Israele che oggi pattuglia la frontiera a sostegno della dittatura militare.
La regia politico strategica di questo passaggio è e resta nelle mani dell'imperialismo Usa che evidentemente ha mantenuto un'immagine diplomatica a parole e un sostegno nei fatti.
La dittatura militare egiziana è il nuovo grande nemico non solo del popolo egiziano ma di tutte le masse arabe del Medio Oriente e del Golfo.
I generali di al-Sisi sono i nuovi Pinochet dell'area. Le masse musulmane hanno opposto e stanno opponendo tuttora una fiera resistenza, con in prima fila le donne.

Proletari comunisti esprime loro solidarietà e sostegno e invita i proletari e le masse popolari del nostro paese, gli immigrati del mondo arabo a scendere nelle piazze e ha mostrare in tutte le forme la loro denuncia e condanna della dittatura militare.

La dittatura militare è il punto di arrivo della controrivoluzione che era già cominciata verso il movimento di piazza Tahir, dove l'esercito con una mano massacrava e con l'altra faceva una ritirata tattica che sacrificava temporaneamente Mubarak, mentre costruiva le condizioni per una nuova restaurazione. In questa ritirata tattica vi è stata l'apertura ai Fratelli musulmani che rappresentavano all'epoca l'ala destra e moderata del movimento di protesta democratico popolare anti Mubarak.
Le posizioni filo democrazia occidentali e l'assenza politica del proletariato, che pure era in campo protagonista di forti scioperi, hanno favorito il fatto che siano stati i Fratelli musulmani a capitalizzare i frutti della rivolta popolare, diventando maggioranza elettorale e nuovo governo in Egitto. I Fratelli musulmani hanno quindi cercato di consolidare il loro potere, provocando una nuova discesa in campo di una parte del movimento democratico.
Questa contraddizione è stata l'occasione per i militari che sono in questo paese, parte integrante del capitalismo burocratico organicamente fuso con l'imperialismo, il sionismo, le monarchie reazionarie dell'area, per produrre un colpo di Stato che sin dalle prime ore è apparso, a chi aveva occhi per vedere, un golpe neo mubarakiano, con caratteristiche assimilabili, in un contesto storico e politico molto diverso, a quelle della dittatura militare di Pinochet, per un Egitto da riportare pienamente nell'alveo di puntello storico dell'imperialismo e del sionismo nell'area.
Qui si è dimostrato come le componenti cosiddette “democratico occidentali” da sostenitrici della democrazia siano diventate prime sostenitrici della dittatura militare, e abbiano condiviso i massacri delle piazze, la cancellazione del risultato elettorale che aveva visto vincenti i Fratelli musulmani e la trasformazione del “laicismo” in una componente della realtà islamofoba, con il ritorno infine sulla scena e al potere della Chiesa del Vaticano di osservanza copta che, come in occasione di tutte le dittature militari, si schiera anche questa volta con questa dittatura militare.
La nuova dittatura militare egiziana con le sue caratteristiche ora diventa una proposta di soluzione in tutte le realtà del mondo arabo e i primi a farne le conseguenze possono essere le masse palestinesi che, con il pretesto di Hamas, sionisti, imperialisti e militari egiziani possono puntare a schiacciare.

Queste sono ampie ragioni tutte visibili, se si guardava oltre le apparenze, per potersi schierare in questa vicenda, le cui conseguenze non ricadono solo sull'Egitto ma su tutte le masse arabe e sui popoli del mondo.

Appare del tutto evidente d'altra parte che la dittatura militare spinge i Fratelli musulmani verso prospettive algerine, e permette una nuova penetrazione alqaedista in Egitto e nel mondo arabo in generale che non tarderà a mostrare i suoi effetti in tutta l'area ma anche in tutto il mondo.

In tutto questo, gli operai egiziani, le loro organizzazioni sindacali, che pure potevano giocare un ruolo importante dentro lo scontro in atto in Egitto e caratterizzarlo anche in termini di classe, sono stati via via ridotti, innanzitutto dalle stesse direzioni sindacali, al ruolo di spettatori passivi dello scontro via via che esso ha assunto il carattere della controrivoluzione. La dittatura militare neo mubarakiana è ora la peggiore delle soluzioni nei confronti degli interessi della classe operaia e questo comunque pone le condizioni per un suo ritorno in campo.
Ma anche in Egitto non è la lotta sindacale l'arma per difendere gli interessi operai, ma la costruzione del partito politico della classe che guidi la rivoluzione di Nuova democrazia, attraendo sia le masse musulmane sia quelle democratiche. Ma, chiaramente, tutto domanda la necessità di schierasi ORA senza esitazione contro la dittatura e a sostegno delle masse musulmane in lotta.
Questo può consentire di contendere ai Fratelli musulmani la direzione del movimento di lotta antidittatura e la guida politica delle masse musulmane, solo, però, se il proletariato egiziano gioca un ruolo di prima fila, scendendo in piazza, combattendo contro repressione e carri armati.

La dittatura militare egiziana al servizio dell'imperialismo, principalmente Usa, e del sionismo israeliano non ha trovato soltanto il silenzio assenso dei governi imperialisti europei, Italia compresa, ma anche quello infame delle componenti cosiddette di “sinistra” dell'opposizione a questi governi, fino alla maggiorparte delle componenti di estrema sinistra e di stampo troskista o autodefinentesi “comunista”. Alcuni di questi si sono schierati apertamente inneggiando al movimento che ha prodotto il colpo di Stato militare, altri lo hanno giustificato o hanno assunto una posizione equidistante.
Certo ora qualcuno denuncia e vuole manifestare contro la dittatura ma senza alcuna autocritica per l'indecente mancanza di schieramento e di denuncia dei primi giorni caldi e drammatici.
La sinistra democratico parlamentare - anche se è fuori dal parlamento – i troskisti e la sinistra comunista a parole ma neo revisionista nei fatti svolgono su questa importante vicenda un ruolo di copertura dell'imperialismo e un ruolo di disorientamento nelle fila del movimento che deve essere denunciato, isolato e combattuto.

Proletari comunisti, sin dai prossimi giorni nelle fila della classe operaia, delle masse popolari condurrà una campagna di informazione e controinformazione, a sostegno delle masse egiziane, musulmane in primis, e di denuncia della dittatura militare egiziana, dell'imperialismo, del sionismo israeliano, del governo imperialista italiano.
In questa battaglia sono importanti i fratelli proletari immigrati egiziani che sono nel nostro paese, la cui mobilitazione in queste circostanze difficile e anche molto confuse è indispensabile.


Salutiamo positivamente le manifestazioni di Milano e di Torino che denunciano con forza ciò che sta avvenendo realmente in Egitto: “con l'esercito che ha attaccato brutalmente bambini, uomini e donne, e con i manifestanti nelle piazze sottoposti al terrore totale degli spari della polizia nelle strade, dagli elicotteri e con cecchini dagli edifici”.

Proletari comunisti - PCm