sabato 20 luglio 2013

pc 20 luglio- A Forlì avanza sempre più il moderno fascismo: l'Anagrafe di Forlì minaccia di togliere residenza ad un compagno!


SIAMO ALL’ASSURDO: UN FOGLIO DI VIA DA FORLI’ PER UN RESIDENTE NELLO STESSO COMUNE!

Il giorno 19 luglio, dall'Anagrafe del Comune di Forlì, ho ricevuto una comunicazione cartacea "relativa al possibile annullamento della sua dichiarazione di residenza", poiché secondo la responsabile del procedimento  - D.ssa Noemi Masotti, che è anche la dirigente dell'Anagrafe - "la Sua presenza nel territorio del Comune di Forlì risulta essere in contrasto con il provvedimento di Divieto di Ritorno emesso dal Questore in data 13 maggio 2013". Ovviamente si riferiscono ad un procedimento di Foglio di Via nei miei riguardi, notificatomi però solamente l’1 luglio scorso. Il comunicato si conclude invitandomi, entro 10 giorni, a presentare "elementi utili alla positiva conclusione del procedimento di iscrizione anagrafica", ricordando che "in caso di esito negativo dell'istruttoria si procederà al ripristino della precedente posizione anagrafica ed alla segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza".

Ora, questo comunicato dimostra in maniera inequivocabile il grado di sudditanza psicologica e materiale dell'Anagrafe comunale ai voleri della polizia, alla faccia dei tanti bei discorsi sul servizio al cittadino. Come ai tempi del fascismo, in cui i solerti burocrati delle anagrafi italiane compilavano le liste degli ebrei da inviare ai campi di concentramento rendendosi responsabili dei massacri compiuti dai nazifascisti, anche oggi i moderni burocrati comunali si distinguono per una connivenza al limite del vergognoso con gli uffici di polizia, andando al di là dei loro compiti e ai limiti del legale.

Vi è da evidenziare che con il comunicato in cui si rende nota l’intenzione di revocarmi la residenza si tende a ribaltare il concetto per cui non è il Foglio di Via ad essere illegittimo poiché notificatomi solamente il 1 luglio quando la residenza effettiva mi è stata registrata, si badi bene, fin dal 6 giugno (quindi quasi un mese prima!) ma è la residenza stessa, incredibilmente e assurdamente, che sarebbe in contrasto con il provvedimento del Questore.
Giova ricordare che il Foglio di Via, ai sensi di legge, non può in nessun caso essere notificato a chi possiede la residenza nel comune dal quale lo si vuole allontanare. La legge che regola le misure di prevenzione, a cui il provvedimento di rimpatrio appartiene, dice infatti che il foglio di via "E‘ applicabile ai soggetti che si trovano fuori dal luogo di residenza". E, sempre secondo legge, come ogni altro atto, la sua validità inizia a decorrere dalla notifica all’interessato e mai prima.
Con le semplificazioni normative  del D.L.5/2012 il cambio di residenza avviene in tempo reale ed è effettivo dopo soli due giorni dalla domanda di iscrizione all'Anagrafe del Comune. Ne risulta che dal 6 giugno, a tutti gli effetti, anche se in effetti vi risiedevo da diverso tempo prima, la mia dimora abituale, nella quale convivo fra l’altro con la mia compagna more uxorio, si trova in modo incontrovertibile nel territorio di Forlì, questo tra l'altro sancito anche dalla visita degli agenti della polizia municipale che hanno eseguito il controllo nelle mia abitazione di Forlì nella mattinata del 1 luglio 2013.
E' il Foglio di via, dunque, ad essere totalmente illegittimo e non la mia dichiarazione di residenza. Oltretutto pende al Tribunale Amministrativo Regionale dell'Emilia Romagna la richiesta di annullamento previa sospensione dell'illegittimo foglio di via emesso dal Questore.

La cosa più assurda fu che, pur essendo a conoscenza da circa un mese della mia nuova residenza, la mattinata del 1 luglio la Questura, tramite un suo responsabile, si presentò assieme ai vigili che si erano recati nella mia residenza di via ....... a Forlì per eseguire il controllo che accertasse la mia residenza, nella quale circostanza l’incaricato di Questura mi notificò il Foglio di via anche se era stato appurato di fatto che io vivevo ed abitavo, come vivo e abito tuttora, in quella abitazione nel comune di Forlì, come proprio la visita dei vigili aveva ulteriormente accertato. L'operatore della Questura, una volta appurato che io risiedevo a Forlì dal 6 giugno, avrebbe dovuto astenersi dal notificarmi un atto che si connota con tutti i crismi dell'illegittimità. Vi è da rilevare la stranezza di questa operazione, che ancora una volta non può che dimostrare l’alto livello di interconnessioni tra operatori del Comune e quelli della Questura. Interconnessioni e operazioni in questo caso, come già detto, al limite del legale.

E' palese che la dirigente dell'Anagrafe, con il comunicato indirizzatomi in cui si rende nota l’intenzione di revocarmi la residenza, non solo commette un abuso ma abbia certamente voluto rendere un favore personale alla Questura, che anche contro gli stessi riferimenti di legge evidentemente vuole che la mia persona venga allontanata dal Comune forlivese per fatti eminentemente politici, dato che nelle motivazioni del Foglio di via si parla solamente della partecipazione a manifestazioni pubbliche antifasciste e in difesa degli spazi sociali. Una repressione politica che non colpisce solo ma, dato che negli ultimi mesi sono stati emessi altri 3 fogli di via, 3 avvisi orali e ben 51 avvisi di garanzia per eventi tutti riconducibili a iniziative di carattere legittimamente politico.
Quello che gli amici della Questura della signora Noemi Masotti, responsabile del procedimento e dirigente dell’Anagrafe, però non gli hanno riferito è che il suo comportamento, se porterà alla revoca della mia residenza nel comune di Forlì, si connota come un illecito penale ovvero come "omissione di atti d'ufficio", reato tanto più grave quando, come in questo caso, il responsabile è un dirigente dell'Anagrafe e quindi pubblico ufficiale. Senza contare i danni materiali e morali di cui la signora dovrebbe eventualmente rispondere.

In Piazzetta della Misura n. 5, sede dell’Anagrafe del Comune di Forlì, evidentemente c’è qualcuno a cui piace giocare sporco. Ma non si intende restare in silenzio rispetto a questi fatti, poiché solo dietro silenzio si perpetrano abusi e carognate come questi.

A.T.

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Per chi vuole dire la sua:
Anagrafe del Comune di Forlì - Servizi Demografici
Sede: Piazzetta della Misura, 5
Fax: 0543 712348 712208
Tel: 0543 712327
Responsabile: Noemi Masotti, tel: 0543 712855
mail: servizi.demografici@comune.forli.fc.it



pc 20 luglio - rivolta degli immigrati al CIE di Modena


Modena_Ennesima rivolta all'interno del C.I.E. di Modena che ha visto, come riportato dalla stampa locale, 9 fermi e oltre 70000 euro di danni alla struttura.
Veniamo alla cronaca: una giornata lunga all'interno della struttura di Via La Marmora, dove già nel primo pomeriggio era scattato un primo cenno di rivolta contro la scarsità d'igiene, che ha visto da parte dei migranti  bruciare  diversi materassi, danneggiando due blocchi del CIE. Condizioni di vita e scarsità di igiene hanno poi riacceso la scintilla in serata, quando una dozzina di migranti sono saliti sui tetti, cercando di difendersi scagliando tegole contro l'ingente spiegamento di forza pubblica ed esercito ( ricordiamo che all'interno del CIE di Modena c'è anche l'esercito). La  rivolta  ha portato a 9 fermi ( di fatto è stato solo un passaggio da carcere a carcere) e diversi agenti contusi.
Siamo a metà anno e il C.I.E. di Modena è già stato protagonista di decine di rivolte; quella della scorsa giornata non è stata che l'ennesima dimostrazione del verso senso di queste strutture usate per umiliare gruppi di immigrati nella loro dignità, ma molto utili per produrre mulinelli di denaro a discapito della vita di persone trattate con modalità aberranti e risultato di una legge razzista e xenofoba.
E' di questo che si deve parlare ad ogni rivolta, ad ogni tentativo di rompere la gabbia e trovare una prospettiva di libertà;  invece i media locali, in sintonia con quelli nazionali, mettono questo aspetto sempre in secondo piano, lasciando ampio spazio alle solite dichiarazioni vittimistiche della polizia di stato. Non c'è media che riporti il comunicato del sindacato Siulp che, essendo un sindacato di poliziotti, cerca di raccontare quanti soldi vengono sprecati per andare a sedare rivolte mentre in città ci sono furti.
Questo apparente garantismo di questa parte sindacale ci fa pensare a lacrime di coccodrillo da parte della polizia, che dovrebbe smetterla con questo vittimismo visto che per “proteggere”  devastazioni del territorio dalla Val Susa alla Sicilia, i soldi vengono sempre trovati; non sentiamo lamenti quando si tratta di supportare sfratti, per sgomberare esperienze di socialità o picchetti di lavoratori che lottano per il proprio posto di lavoro.
In quei casi il manganello rotea con disinvoltura e la “coscienza sociale” delle forze repressive, torna nel consueto oblio.
Infoaut Modena

pc 20 luglio - Notte calda NOTAV a Chiomonte .. aperta alla grande l'estate di lotta !

per dare corpo ad un'estate di lotta che si preannuncia ancora lunga...Seguite qui la diretta.
Aggiornamenti:
04.28. Poco alla volta tutti i No Tav stanno rientrando dai boschi. Chiara è la determinazione di centinaia di #notav che ancora presidiano il piazzale di Giaglione. L'invito è quello di portare ai resistenti cibo e bevande calde.
Sta per concludersi una notte che ha saputo dimostrare che il movimento No Tav non rinuncia alla lotta e anzi rilancia, oltre i divieti e la violenza della polizia. 
02.35 Posto di Blocco con Digos a Mompantero zona santuario del Rocciamelone
02.31 Posto di blocco all’uscita dal centro abitato di Susa verso Bussoleno.
02.22.Il grosso dei notav è al campo sportivo di Giaglione, si attende chi sta tornando dai sentieri dei boschi!
02.11. Segnalato posto di blocco dopo i passeggeri verso susa, sullo slargo dove c'è il monumento della Susa-Moncenisio.
02.04. Giunge notizia di diversi feriti tra i #notav.
01.53. Testimonianze parlano di gruppi di notav nei boschi alle prese con i "cacciatori" dei carabinieri, ma il bosco lo conosciamo meglio noi...Forza No Tav!
01.41. Rainews24 parla di 9 fermati #NoTav.
01.41. Un primo gruppo di No Tav sta rientrando a Giaglione. Altri rimangono ancora nei boschi. Le notizie ora sono di nove fermi tra cui una compagna.
01.20. Il gruppo dei #notav spezzato in due dai cordoni della polizia. Parte degli attivisti si sono rifugiati nei boschi. Lacrimogeni a iosa. 
01.10 Giunge voce di altri quattro notav fermati, ma la notizia è da verificare
1.06. Continuano le cariche sul ponte Clarea contro i No Tav che resistono. Le notizie sui fermi sono ancora poco chiare, a breve daremo conferma.
00.48. continua il fronteggiamento tra no tav e polizia. Giunge la notizia di due fermi.
00.37. La polizia è uscita dallo svincolo autostradale per provare a prendere i no tav rimasti indietro. I No Tav però rimangono compatti e non se ne vanno. Si parte e si torna insieme.
00.30. Molti i lacrimogeni sparati dalle forze dell'ordine verso il ponte e nei boschi. Il troncone dei notav sul ponte è stato invaso dai lacrimogeni, molti anziani fanno fatica a respirare. Nei boschi continua l'azione dei notav contro le truppe d'occupazione. Il movimento continua a rimanere compatto e determinato Atteggiamento nervoso delle forze dell'ordine che da subito utilizza i lacrimogeni sul lato del ponte.

00.14. Scontri in corso lungo l'area del cantiere. Si sentono scoppi e lanci di lacrimogeni. Diversi mezzi della polizia attestati all'altezza dell'uscita dell'autostrada ma i poliziotti non sono per ora usciti dai mezzi che rimangono fermi.
00.09. un gruppo di no tav si sta avvicinando al cantiere
00.05.la polizia ha superato il ponte ma i notav mantengono ancora la posizione a poca distanza
23.54. fuoco e fumo dalla galleria autostradale di Giaglione
23.20. sono oltre 500 i #notav che si stanno dirigendo verso il cantiere divisi in due tronconi.
22.52. Il corteo si è diviso in due tronconi, il primo che procede verso il ponte e il fiume presidiato dalle forze dell'ordine, il secondo che ha preso la via delle montagne.
22.25.I No Tav proseguono il cammino per i sentieri in direzione del cantiere. L'umore è alto, numerosi i cori No Tav!
Ricordiamo che quindici no Tav sono in stato di fermo presso la Questura di Torino. Fermati mentre in auto cercavano di raggiungere la valle, la loro posizione è ancora al vaglio...
22.06. Partiti adesso centinaia di Notav diretti al cantiere mentre le forze di polizia sono già uscite dalle reti e si sono attestati al ponte. Si preannuncia una lunga notte!
Ascolta Nicoletta del movimento notav:


21.37 Centinaia di persone, partite dal presidio di Venaus, stanno scendendo il sentiero di Giaglione in direzione del campo sportivo per unirsi a chi ha già raggiunto il concentramento.
21.23 Moltissime le persone al concentramento di Giaglione nonostante i numerosi posti blocco. Giovani e meno giovani, tutti con bandiere e simboli No Tav!
ore 20.29 Manca ancora mezzora al concentramento a Giaglione, ma sono già centinaia le persone che hanno raggiunto il presidio di Venaus. Sarà una serata di lotta per il Movimento No Tav!
Nonostante numerosi posti di blocco da Torino a Giaglione sono moltissime le macchine che, prendendo le strade dei paesi, stanno raggiungendo il luogo del concentramento. Segui qui la diretta e usa twitter per dare aggiornamenti con #notav

Chiomonte, notte di guerriglia
I No Tav contro le recinzioni


Oltre 400  NOTAV- si sono radunati a Giaglione per marciare verso le reti del cantiere della Tav di Chiomonte, passando per i boschi. L'afflusso dal campeggio No Tav di Venaus, allestito a pochi chilometri di distanza, è continuato per tutta la serata. Le forze dell'ordine presidiavano l'area, sia dentro che fuori le reti, in tenuta antisommossa.... i primi tafferugli, rapidamente degenerati in una vera e propria guerriglia su più fronti, dall'autostrada ai varchi per il cantiere, con lancio di sassi, petardi, fuochi appiccati a copertoni d'auto, razzi contro le forze dell'ordine che hanno risposto con cariche e un nutritissimo lancio di lacrimogeni. Gli agenti hanno fermato diverse persone (almeno otto, tra cui una donna) e ci sono stati feriti tra gli agenti impegnati nel presidio della zona. Anche un militare dell'esercito ha riportato lievi ferite negli assalti compiuti dai manifestanti.  I primi segnali della guerriglia si sono avuti quando centinaia di antagonisti No Tav incappucciati hanno preso d'assalto il cantiere intorno alla mezzanotte lanciando razzi, bombe carta e pietre all'altezza del varco 8. Altri gruppetti hanno preso di mira altri punti del cantiere della Tav di Chiomonte.

L'autostrada A32 Torino-Bardonecchia è stata chiusa al traffico in direzione del capoluogo piemontese nella zona della galleria di Giaglione (Torino), dove alcuni attivisti del movimento No Tav che stanno manifestando hanno bruciato alcuni copertoni. I carabinieri sono intervenuti in forze per disperdere i dimostranti e spegnere gli incendi, sviluppatisi anche dentro una galleria. Solo dopo diverse ore è stato possibile spegnere i roghi.

Tra ieri e oggi polizia e carabinieri hanno identificato 175 persone sospette lungo le strade della bassa Valle di Susa a bordo di numerose auto, solo oggi 124. Molte di queste, provenienti anche da altre città italiane, sono già note ai servizi info-investigativi per aver partecipato a manifestazioni No Tav. Due degli antagonisti controllati erano già stati colpiti da fogli di via emessi dal questore per reati specifici commessi in Valle di Susa. Ad una giovane attivista proveniente da Milano è stato notificato oggi lo stesso provvedimento. Altre 14 persone sono state accompagnate in questura. Sono state trovate in possesso di passamontagna, maschere antigas e abiti scuri.








pc 20 luglio - USA senza giustizia nessuna pace ! Usa. Caso Trayvon:




Incidenti invece a Los Angeles, dove la manifestazione è degenerata in scontri con la polizia. Gli agenti hanno fatto uso di lacrimogeni e proiettili di gomma.



Un'ondata di manifestazioni già dalla notte e dalle prime ore del mattino sta interessando tutto il Paese: da Sanford, dove sono avvenuti i tragici fatti, a New York, Washington, Tampa, Philadelphia, San Francisco. Per il momento si tratta di proteste pacifiche e non si registra alcun arresto. I manifestanti - non solo afroamericani - lanciano accuse di razzismo e lo slogan più diffuso è "in questo Paese c'è giustizia solo per i bianchi". 

Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a New York - come in moltissime altre città d'America - per chiedere giustizia per Trayvon Martin.

Per le strade della Grande Mela hanno gridato tutta la loro rabbia per l'assoluzione di George Zimmerman, urlando slogan come "No justice, no peace", oppure 'Who is guilty? All system is guilty (Chi è colpevole? Tutto il sistema è colpevole).



Un corteo pacifico è partito da Union Square per dirigersi verso Times Square: un corteo pieno di persone di tutte le età - molti i bambini - e multirazziale, composto non solo da afroamericani, ma da ispanici, asiatici, indiani. Arrivati nella piazza simbolo di Manhattan, i manifestanti l'hanno occupata sedendosi in terra e inscenando un sit in. Un cartello mostrava le immagini di un Trayvon bianco e di uno Zimmerman di colore. Sotto la scritta: 'Il verdetto sarebbe stato lo stesso?. Tutto intorno il traffico paralizzato, anche se molti degli automobilisti hanno solidarizzato con la protesta, unendosi agli slogan e suonando i clacson. Parecchi gli agenti di polizia dislocati lungo il percorso della manifestazione, ma loro presenza è stata discreta, nonostante la folla enorme che alla fine si è ritrovata radunata sotto le luci di Times Square.

venerdì 19 luglio 2013

pc 19 luglio - Bari all'OmCarrelli anche bimbi e mogli bloccano tir azienda

BARI – C'erano anche i bambini questa mattina a impedire l’accesso in fabbrica ai camion che hanno provato a portare via, per la terza volta consecutiva , i 250 carrelli elevatori già pronti nella dalla Om carrelli di Modugno (Bari), i cui cancelli sono presidiati giorno e notte dagli oltre 220 operai che attendono di conoscere le sorti dell’azienda tedesca, di proprietà della Kion, chiusa ormai da due anni. "I carrelli non usciranno da qui – dicono gli operai - fino a che non sapremo cosa ne sarà di noi". E ora, "con le scuole chiuse – sottolineano – alcuni di noi hanno portato al presidio mogli e figli, così almeno l’azienda capirà chi sta rischiando con noi e cosa vuol dire perdere il lavoro quando si ha una famiglia". Ma quella degli operai "non è solo resistenza". Infatti, spiegano, "abbiamo avanzato alla Regione Puglia, ma a tutte le istituzioni in generale, l’idea di espropriare la fabbrica per pubblica utilità, così come previsto dall’articolo 42 della Costituzione". Secondo i lavoratori, le istituzioni possono per lo meno "cominciare con le pratiche dell’esproprio che, se andrà a buon fine, permetterà di concedere l’azienda in gestione a un altro soggetto, motivo per cui gli operai stanno pensando di costituirsi in una cooperativa". Se la "Regione lo avesse già fatto, oggi sarebbe l'interlocutore dei potenziali acquirenti dell’azienda, al posto della kion che non rispetta nè noi nè le nostre famiglie". Questa mattina, complice anche la presenza dei bambini, "i poliziotti anti sommossa non si sono avvicinati ai cancelli, ma sono rimasti di fronte a osservare". Del resto, spiegano alcuni operai, "l'azienda probabilmente non ha ancora deciso davvero di sgomberare il picchetto che impedisce l’uscita dei carrelli, perchè l’uso della forza produrrebbe un effetto solidarietà nei nostri confronti, che sarebbe controproducente per la Kion".

pc 19 luglio - la lotta nell'appalto ENI a Taranto

appalto eni - scontro sindacati confederali - slai cobas

TARANTO  – I sindacati confederali hanno deciso di interrompere, dopo quasi una settimana di mobilitazione, lo sciopero dei lavoratori dell’indotto e i presidi davanti alla raffineria Eni di Taranto. Il prefetto ha chiesto nuovamente alle parti di trovare un’intesa per mantenere i livelli occupazionali.

I sindacati chiedono l’inserimento di una clausola che preveda la salvaguardia di tutti i lavoratori anche in caso di passaggio di appalto da un’azienda all’altra. L’esubero annunciato riguarda invece 31 operai delle ditte De Pasquale e Rendelin.

Lo Slai Cobas per il sindacato di classe non ha condiviso la decisione di sospendere la protesta contestando l’accordo iniziale che prevedeva "l'assunzione graduale da un bacino a discrezione delle ditte". Per il sindacato di base, "sospendendo lo sciopero si ripete lo stesso copione delle scorse settimane di incontri inconcludenti con aziende e in prefettura". Il sindacato ha confermato quindi "lo stato di agitazione fino a martedì 23 luglio".


continua sciopero e blocco all'appalto eni - voci di arrivo di nuova polizia per interrompere il blocco con la forza - strumentale allarmismo antioperaio di ENI e amici, i benzinai sono forniti



nella giornata di oggi le assemblee dei lavoratori ENI Appalto e in  particolare lavoratori della De Pasquale e Rendelin hanno deciso di proseguire la lotta e i blocchi conseguenti in forme adeguate alla
situazione, in attesa dell'incontro con tutte le parti in causa in  settimana  per una soluzione definitiva soddisfacente della vertenza per i lavoratori dell'appalto




lo slai cobas chiede l'intervento del prefetto per rispondere positivamente alla lotta dei lavoratori appalti Eni

Sciopero Eni Taranto, stop autobotti






TARANTO - Continua oggi lo sciopero di 8 ore di tutte le ditte dell'appalto Eni, con presidi ai varchi delle portinerie della raffineria di Taranto, compreso quello di ingresso delle autobotti. Alla protesta, indetta da Cgil, Cisl e Uil, aderisce anche lo Slai Cobas per il sindacato di classe, che ha chiesto al prefetto Claudio Sammartino di convocare un incontro per «dare immediata garanzia di lavoro e salario agli operai, in sciopero e lotta da tanto tempo, e pretendere dall'Eni e dalle ditte interessate il rispetto di norme e contratti». I sindacati invocano il rispetto dell'accordo che prevede il mantenimento dei livelli occupazionali anche in caso di passaggio dell'appalto da una ditta a un'altra. È stata invece già dichiarata la mobilità per i 13 lavoratori della ditta Rendelin.

La polizia. «Mentre anche questa mattina nulla ancora si muove per arrivare ad una giusta soluzione per tutelare lavoro e salario dei lavoratori dell'appalto Eni che sono giustamente stanchi ed esasperati e stanno bloccando i tre varchi, la polizia interviene con intimidazione di repressione verso gli operai che pacificamente stanno presidiando il varco 2 dove passano le autobotti, rallentando il loro ingresso». È quanto denuncia Margherita Calderazzi dello Slai Cobas per il sindacato di classe in merito alla protesta dei lavoratori dell'indotto della raffineria Eni di Taranto. «Gli operai al varco 2 - aggiunge - in questo momento stanno seduti per terra, e chiedono il diritto al lavoro. Non ci deve essere solo il diritto alla produzione e agli utili dell'Eni, mentre agli operai viene perfino negato il diritto di vivere loro con le loro famiglie». I lavoratori chiedono la salvaguardia dei livelli occupazionali anche in caso di passaggio dell'appalto a nuove aziende. «Chiediamo al prefetto - conclude Calderazzi - di realizzare l'incontro con tutte le parti. Chiediamo al Questore e al Prefetto di non rispondere con la repressione ad una sacrosanta lotta dei lavoratori». In seguito alla protesta degli operai si è creata una lunga coda di autobotti sulla statale 106, all'ingresso di Taranto.

pc 19 luglio - Fiat Pomigliano nella fabbrica del fascismo e schiavismo padronale ora anche si muore !

operaio morto alla Fiat Pomigliano


Vincenzo Esposito Mocerino è morto dissanguato per le gravi ferite riportate cadendo da un buco nella vasca nel reparto verniciatura dello stabilimento Fiat di Pomigliano, in un'area interdetta ai lavoratori perché dismessa da circa dieci anni.

E' quanto emerge dai primi sopralluoghi effettuati dai carabinieri nello stabilimento Fiat di Pomigliano, per accertare la dinamica dell'incidente che ha portato alla morte del 62enne dipendente della De Vizia, ditta esterna che si occupa delle pulizie.

L'uomo, secondo quanto raccontato ai militari giunti sul posto, avrebbe dovuto recarsi in un reparto posto al primo piano della struttura, accanto a quello dove poi è deceduto.

Secondo quanto accertato dai carabinieri, dal reparto ormai chiuso da diversi anni, era stato portato via un macchinario, ed al posto dello stesso era rimasto un foro nel pavimento. Per cause ancora da accertare, il lavoratore ci sarebbe finito dentro cadendo nella vasca vuota da un'altezza di circa sei metri, rovinando, però, prima su una gru che gli ha tranciato un braccio.

Il lavoratore è poi stato ritrovato da alcuni colleghi che erano preoccupati della sua assenza per l'ora di pranzo. Sarà ora l'autopsia a stabilire se l'uomo, prima di cadere, abbia accusato un malore.

Gli operai dello stabilimento Fiat sono infatti usciti dai reparti nel pomeriggio ed hanno incrociato le braccia in segno di solidarietà con la famiglia del lavoratore della ditta esterna.

Mocerino lascia la moglie e due figlie di 26 e 22 anni. Tra due anni sarebbe andato in pensione.

Il comitato dei cassaintegrati che da mesi lottano per riconquistare il loro diritto al lavoro negato da FIAT, denunciando l'infortunio mortale oggi organizza venerdì 19 luglio, un picchetto davanti ai cancelli dello stabilimento FIAT.

L'appello, rivolto a tutti coloro che condividono le ragioni della loro lotta, è di essere presenti domani mattina per dar forza alla mobilitazione contro le scelte padronali FIAT, in nome del diritto al lavoro, alla sicurezza sul lavoro, alla dignità personale e collettiva degli operai, che non possono essere sacrificati in nome del profitto.








pc 19 luglio - Sciopero riuscito alla Koinè di Padova


riuscito lo sciopero alla Koiné di San Giorgio in Bosco (PD) al 90%
18 luglio 2013
 
Per oltre 20 ore si è protratto il presidio militante dei lavoratori dello Slai Cobas per il sindacato di classe in sciopero alla Koiné di Padova
presso il piazzale dell'Acqua Vera si San Giorgio in Bosco (PD).
Gli autisti della Koiné presso questa sede sono 43, solo 5 di loro hanno lavorato nella giornata
di oggi.
Il servizio lavorativo Koiné di oggi presso Acqua Vera è stato praticamente bloccato quasi del tutto.
Il piazzale era tutto imbandierato, ad ogni camionista in arrivo di altre ditte veniva dato il nostro comunicato.
I lavoratori hanno partecipato con spirito combattivo e con chiarezza espositiva, si sono uniti al Cobas altri
lavoratori e sono state spiegate le ragioni dello sciopero e lo sviluppo delle vertenze in Koiné ad alcuni altri
autisti di Bergamo e Calenzano che sono ripartiti senza dar corso ai viaggi della sede di Padova.
Il piazzale era strapieno di motrici e rimorchi della Koiné, con movimento molto ridotto dei piazzalisti fissi,
che invece non hanno scioperato.
Il presidio ha smobilitato solo alle ore 24.

giovedì 18 luglio 2013

pc 18 luglio - Napolitano il grande garante del moderno fascismo in formazione blinda il governo, dovrebbe essere cacciato

Un governo sempre più screditato sul piano nazionale e internazionale in cui ogni giorno un ministro meriterebbe di essere cacciato a calci, un governo che non rispecchia neanche il risultato elettorale;
un governo impegnato a salvare comunque Berlusconi dalla giustizia e dal carcere; un governo che viene tenuto in piedi con diktat e pressioni anticostuzionali dal grande vecchio che è state rieletto e che fa da factotum per conto terzi: Berlusconi, banchieri, industriali ed Europa del capitale.
Tutti coloro che abbiano un minimo senso della democrazia e della dignità, ovunque collocati nelle istituzioni,
dovrebbero rimuovere questo signore.

proletari comunisti
18 luglio 2013

pc 18 luglio - Strage di Viareggio, i 33 imputati a giudizio, anche l'ignobile amministratore delegato delle FFSS Moretti

Il giudice ha accolto  le richieste della procura per tutte le imputazioni. Tra questi l'amministratore delegato di Ferrovie L'inizio del dibattimento è fissato per il 13 novembre.

Il gup ha deciso. Tutti e 33 gli imputati vanno a giudizio per la strage ferroviaria del 29 giugno 2009, in cui persero la vita 32 persone. A processo finirà Mauro Moretti, ad di Fs, dirigenti e funzionari di altre società del Gruppo e delle ditte proprietaria del convoglio o che lo montarono o revisionarono.

Antonini , il ferroviere licenziato: "Decisione giusta, il giudice ha letto le carte"

L'inizio del dibattimento è fissato per il 13 novembre.   Gli imputati sono stati rinviati a giudizio per tutte le accuse formulate dalla Procura. Fra i reati ipotizzati, il disastro ferroviario colposo, l'incendio colposo, l'omicidio e le lesioni colpose plurime. Ad alcuni imputati sono state contestate anche violazioni delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
L'attesa dei familiari delle vittime della Strage di Viareggio è iniziata fin dalle 9 al polo fieristico di Lucca dove si tiene l'udienza preliminare. Sono arrivati in corteo, portando striscioni con le foto delle vittime e con la richiesta di "verità, giustizia, sicurezza per Viareggio". C'è la sorella di Emanuela, una delle vittime. Il fratello Stefania Mazzoni, Andrea Mazzoni, che nella strage ha perso la sorella, due nipoti Lorenzo e Luca. C'è il padre di Leonardo Piagentini, il solo della famiglia che si è salvato.    Il rinvio a giudizio dei 33 imputati per la strage di Viareggio "è un fatto positivo. La decisione del giudice si basa sulle carte e le carte parlano",  ha detto Valentina Menichetti, sorella di Emanuela.
"La sede giusta dove chiarire ogni dubbio - ha continuato Valentina - è il dibattimento. Come abbiamo fatto per l'udienza preliminare, anche lì saremo sempre presenti".
Valentina Menichetti è figlia di Daniela Rombi, la presidente dell'Associazione 'Il mondo che vorrei', che raggruppa i familiari delle vittime della strage. I familiari delle vittime hanno chiesto anche la dimissione da ad di Mauro Moretti.
Acquisita agli atti come prova anche la relazione ministeriale di indagine. Un documento nel quale si afferma che la cisterna che trasportava Gpl, deragliata alla stazione di Viareggio a causa di un asse portante che si è spezzato, è stata squarciata da un picchetto di regolazione delle curve. In particolare dal margine tagliente e non, come affermato dalla perizia dell'incidente probatorio, da un pezzo dello scambio.

"Siamo contenti del risultato, vuol dire che è stato dimostrato che l'impostazione accusatoria al momento ha retto", ha detto il procuratore di Lucca Aldo Cicala

comunicato

Tutti e 33 gli imputati della strage ferroviaria di Viareggio rinviati a giudizio con i capi d’imputazione della procura di Lucca. Non essendogli, ad oggi, stato contestato il reato di dolo, possono ritenersi fortunati. Come si suol dire, gli è andata di lusso!
Moretti, gli altri Ad delle società Fs & soci, prima indagati, poi imputati, adesso rinviati a giudizio cosa aspettano a rassegnare le dimissioni?
Moretti deve dimettersi da Ad delle Ferrovie dello Stato italiane, ritirare tutti i provvedimenti disciplinari (licenziamenti, sospensioni, ecc.) nei confronti dei ferrovieri impegnati sulla sicurezza e la salute, affrontare il processo senza alcun tentativo di fuga. Questo è l’unico atto umanamente concreto per avanzare le proprie scuse per la strage ferroviaria di Viareggio, per le rappresaglie scatenate contro i ferrovieri, per le frasi offensiva scritte e dette in questi 4 anni, ultime quelle fatte pronunciare ai suoi avvocati durante le sedute dell’udienza preliminare.
Chi lo ha messo a capo delle ferrovie deve fare una profonda e sincera autocritica e destituirlo immediatamente!
A Viareggio sono state raccolte 10.000 firme per le sue dimissioni, consegnate ai massimi rappresentanti delle istituzioni e dello Stato, ma rimaste nel cassetto o cestinate. Non possono continuare a fare orecchie da mercante.

En espanol - Declaración del PCm Italia en apoyo del artículo “Contra el Avakianismo” (“Naxalbari” nº 4)

nei blog maisti nel mondo circola il seguente messaggio in appoggio all'uscita della rivista dei compagni indiani NAXALBARI che sviluppa una critica approfondita e sostanzialmente corretta dell'Avakianismo ovvero il pensiero e l'opera del leader del PCR USA , Bob Avakian

questa estate questo testo sarà tradotto in italiano e commentato






Nota – Hemos recibido de los camaradas del Partido Comunista maoísta de Italia la siguiente declaración, cuya traducción al español es responsabilidad de Gran Marcha Hacia el Comunismo. Madrid, julio 2013.

DECLARACIÓN
El PCm Italia apoya el texto “Contra el Avakianismo” del PC [de la India] (ML) NAXALBARI y llama a todos los partidos y organizaciones mlm –en el antiguo MRI y fuera de él- a apoyar este texto como uno de los textos en preparación, hacia el seminario Internacional y Conferencia Internacional de todos los partidos y organizaciones mlm que la Reunión Especial de algunos Partidos y organizaciones MLM del MRI con un Documento Final y Llamamiento han propuesto para los próximos meses del 2013-2014.
PCm Italia
12 julio 2013


Para información sobre el seminario internacional y conferencia internacional escribir a maoistroad@gmail.com
Leer y escribir sobre este asunto en http://maoistroad.blogspot.com

Revista NAXALBARI, Nº 4
Al nº 4 de NAXALBARI, revista política del Partido Comunista de la India (Marxista-Leninista) NAXALBARI se puede acceder a través de la web
http://thenaxalbari.blogspot.com/2013/07/naxalbari-issue-no-4.html
Este número contiene un exhaustivo rechazo del avakianismo, la desviación promovida por el PCR, EEUU como una “Nueva Síntesis”.
Indice de la revista:
-Los Desafíos ante los Maoístas
-Contra el Avakianismo
-La Situación en Nepal

pc 18 luglio - partiti parlamentari: 91.354.339,00 EURO PER QUATTRO MESI DI DOLCE FAR NIENTE


Ancora una volta i partiti borghesi si dimostrano per quello che sono: macchine mangiasoldi inutili, assolutamente incapaci di fare una politica che sia degna almeno di uno Stato di polizia; questo "rappresenta una evoluzione - avvenuta nel periodo dell'Illuminismo - del tipico Stato assoluto e monarchico in quanto basato sullo ius politiae, un diritto mirato, sull'onda di alcuni principi giusnaturalistici, alla soddisfazione degli interessi dei sudditi e alla promozione del loro benessere, sebbene la determinazione di questi interessi continui ad essere operata dall'alto e riguardi solo interessi di tipo patrimoniale" (definizione tratta da Wikipedia).
Queste vili canaglie non solo si arricchiscono e spadroneggiano alla faccia dei proletari, ma da alcuni decenni - dalla fine, susseguente alla caduta del muro di Berlino nel 1989, delle democrazie popolari - lavorano alacremente, in questo spalleggiati (se non guidati, come nel caso italiano) dagli agenti imperialisti presenti negli ex partiti revisionisti, perché al popolo siano tolti tutti i diritti 'costituzionalmente garantiti'.
Lavoro sicuro e ben remunerato; pensioni adeguate; alloggio decoroso; sanità, scuola, e trasporti pubblici: sono questi gli 'scippi' che lorsignori hanno fatto ai cittadini per consegnarli nelle mani dei pescecani privati, generalmente amici o comunque loro sodali, per consentire loro di fare profitti sempre maggiori sulla pelle dei proletari.
Detto questo, veniamo all'attualità: mercoledì diciassette luglio, tutti i partiti borghesi hanno ricevuto la parte di finanziamento pubblico loro spettante: un totale di Euro 91.354.339,00, che coprono quattro mesi di attività; si tratta di soldi sottratti alle tasche dei cittadini per darli a circa mille personaggi che già intascano la discreta sommetta di Euro trentamila mensili.
Non si dica, per un minimo di decenza, che questi denari dei contribuenti sono destinati al funzionamento delle sedi delle formazioni politiche, che altrimenti non saprebbero come andare avanti: penso che l'appannaggio dei mille 'signori' in questione sia abbastanza lauto dal poterne versare il cinquanta per cento alla tesoreria del partito d'appartenenza.
Con questi soldi, è indubbio che lo stesso abbia fondi più che sufficienti per garantirsi il funzionamento: se così non è, allora significa che i suoi amministratori sono degli incapaci, e pertanto non merita di esistere.
Certo, poi c'è sempre il 'genio' di turno - rappresentato in questo caso da tale Arcangelo Sannicandro, deputato di Sinistra Ecologia e Libertà - che ha la faccia di tolla di dichiararsi favorevole al finanziamento pubblico ai partiti, ricordando - lo scrive Ilario Lombardo sul Secolo XIX del giorno successivo - "quella volta che gli operai agricoli del suo paese (in Puglia, n.d.r.) portarono un assegno al Pci".
Peccato che quello a cui fa riferimento questo 'signore' non sia affatto un esempio di finanziamento pubblico, bensì di quella che dovrebbe essere la contribuzione volontaria di privati cittadini, a cui si dovrebbero affidare i partiti; in questo modo dispenserebbero le casse statali dall'attuale salasso quadrimestrale, e chi non si riconosce nella politica parlamentare dal dover forzatamente contribuire ad essa.
Genova, 18 luglio 2013

Stefano Ghio - Proletari Comunisti Genova

pc 18 luglio - continua persecuzione poliziesca contro i NOTAV



ar 
da infoaut.org-Venerdì scorso avevamo dato notizia del perdurare dell’azione di accanimento della procura torinese nei confronti di chi, quotidianamente, è impegnato nelle lotte e in particolar modo in quella No Tav.
L’accanimento giudiziario voluto da Caselli (e sottoposti) che aveva determinato la scorsa settimana l’arresto di un militante No Tav, Frank, scrive oggi un nuovo atto con l’arresto di Giorgio, detto il Brescia.
Giorgio fu sottoposto come Frank agli arresti domiciliari  il dicembre scorso per aver partecipato al corteo del primo maggio 2012, quando  in migliaia ci si recò sotto il comune di Torino  per portare solidarietà ai No Tav allora detenuti in carcere per le giornate del 27 giugno e 3 luglio 2011.
Oggi il giovane compagno, che era ancora sottoposto a misure restrittive in un paese della provincia bresciana e con un foglio di via da Torino della durata di 3 anni, è  stato prelevato della digos locale e portato al carcere di Brescia. L’accusa è quella di aver violato le misure cautelari a cui era sottoposto.
Facendo un passo indietro al dicembre scorso, ci ricordiamo come il castello giudiziario costruito con molto entusiasmo dal pm Rinaudo, mastino della procura ai danni dei No TAV e isterico accusatore nell’aula bunker delle Vallette dei 52 attivisti del movimento sottoposti a processo, si era rapidamente ridimensionato.
In questa storia, che ha il sapore della ritorsione, troviamo un altro attore protagonista nel giudice Salerno il quale, sempre pronto ad assecondare ogni richiesta della Procura, nel giro di neanche una settimana ha firmato il secondo aggravamento delle misure cautelari richiesto dai tirapiedi di Caselli, autorizzando quindi l’arresto del Brescia.
La notizia di questo ennesimo arresto è giunta immediatamente in Val di Susa, dove il Brescia ha vissuto un lungo periodo partecipando con convinzione alla lotta contro la costruzione dell’Alta Velocità.
Consapevoli  della posta in gioco, ma determinati a continuare la lotta anche per chi adesso non può essere con noi, auguriamo a Giorgio di tornare presto libero, a Torino e nella valle che tanto ama.
La lotta non si arresta!
Brescia e Frank liberi subito!

pc 18 luglio - mobilitazione nelle carceri

Il “coordinamento dei detenuti” nato in maniera spontanea alla vigilia della manifestazione nazionale di Parma del 25 maggio 2013 è intenzionato a portare avanti la mobilitazione contro le condizioni disumane e tutte le barbarie del sistema penitenziario italiano.
La data del 25 maggio è stata un punto di svolta per le nostre lotte, sia dentro che fuori queste mura c’è stata una forte presa di coscienza e le tante testimonianze di solidarietà hanno riscaldato i nostri cuori e resi consapevoli di non poter restare indifferenti dinnanzi ad una situazione non più tollerabile, per la quale anche gli organi internazionali hanno condannato il nostro paese.
In concomitanza con lo sciopero di Parma più detenuti hanno intrapreso diverse forme di protesta come lo sciopero della fame, del carrello, battiture e raccolte di firme, ma le evidenti difficoltà di comunicazione hanno impedito una più ampia adesione. Questo non ci scoraggia, anzi, ci stimola a fare meglio e a impegnarci di più, perché siamo consapevoli, ora più che mai, che solo la lotta paga.
Abbiamo deciso pertanto di proclamare una mobilitazione nazionale per il mese di settembre, che avrà inizio il giorno 10 e fine il giorno 30 dello stesso mese.
E’ nostra intenzione far sentire la nostra voce e protestare contro la situazione esplosiva delle carceri italiane, la quale vede un sovraffollamento intollerabile con detenuti ammassati in celle lager, in condizioni igieniche e strutturali al limite dell’indecenza, speculazioni sui prezzi della mercede, sfruttamento vero e proprio nei confronti dei detenuti cosiddetti “lavoranti”, trattamenti inumani di ogni sorta, abusi di qualsiasi genere e troppo, troppo altro ancora.
Non possiamo inoltre esimerci dal protestare contro tutte quelle forme di tortura legalizzata in cui versano gli internati nei regimi di 41bis, 14bis e Alta Sorveglianza, che vengono quotidianamente uccisi, psicologicamente e fisicamente. Chiediamo quindi l’abolizione di questi strumenti degni della peggior dittatura e l’abolizione della legge Cirielli.
E’ bene precisare che noi, con questa forma di protesta estrema, non chiediamo sconti di pena o benefici, se arrivano serviranno ad alleviare le sofferenze di molti detenuti e ad impedire all’Italia di pagare multe salate, ma interventi concreti che mirino al rispetto dei diritti naturali dell’essere umano e dell’art. 27 della Costituzione.
Per la riuscita della mobilitazione invitiamo tutti i fratelli detenuti ad aderire allo sciopero, attuando dal 10 al 18 settembre lo sciopero della fame e dal 18 al 30 forme di protesta da loro concordate e ritenute più idonee (consigliamo anche la raccolta di firme e la stesura di comunicati). Inoltre, ci appelliamo a tutti i movimenti, singoli cittadini, famigliari dei detenuti, organizzazioni politiche e non di essere la nostra voce fuori da queste mura e quindi sostenere le nostre rivendicazioni, creando una rete solidale, informando quante più persone possibili, diffondendo in modo capillare questo comunicato e informazioni relative alla protesta; di valutare forme di lotta all’esterno delle carceri e l’organizzazione di un corteo nazionale.
Il primo passo per spezzare queste catene è rompere il muro dell’indifferenza.
La solidarietà è un’arma, usiamola.
(*) Chiediamo a tutti i detenuti che leggeranno questo comunicato di dare il massimo impegno e di ricopiare il testo spedendolo ai loro conoscenti detenuti in altre strutture.

pc 18 luglio - Solidarietà con gli arrestati per il 15 ottobre


MANIFESTOWEB18luglio




Solidarietà alle/i 18 compagni/e sotto processo per la manifestazione del 15 ottobre 2011
Giovedi 18 Luglio seconda udienza: tutte e tutti a piazzale Clodio
ore 9.30 presidio di lotta di fronte e dentro il


Tribunale

pc 18 luglio - moderno fascismo e stato di polizia - sentenza rappresaglia contro i ribelli del 15 ottobre 2011


Depositate le motivazioni della Suprema Corte sugli scontri di piazza avvenuti a Roma il 15 ottobre 2011. I giudici di Piazza Cavour hanno adottato una “linea dura” non riconoscendo nessuna attenuante ai protagonisti degli scontri.

In particolare, la Corte ha condiviso le conclusioni cui erano giunti i giudici d’appello il 13 novembre 2012, i quali avevano evidenziato che l’imputato in questione aveva fatto parte di un «nutrito gruppo di facinorosi, impegnati in una violenta aggressione nei confronti delle forze dell’ordine», e che era stato«individuato mentre, rimasto isolato, lanciava ancora un sasso all’indirizzo degli agenti».

La Suprema Corte ha poi ritenuto di escludere qualsiasi possibilità di concedere all’imputato l’attenuante dell’«avere agito per suggestione di una folla in tumulto» stante l’esistenza di fotografie che testimoniavano come il giovane avesse lanciato anche un tubo incendiario per danneggiare un blindato della Polizia.

Sempre con riguardo all’attenuante in questione – osservano i giudici – essa «è configurabile allorché ricorrano tre presupposti:

1) una moltitudine di persone addensate in un determinato luogo e agitate da passioni che determinino uno stato di eccitazione violenta collettiva;

2) la presenza, in mezzo alla folla, del soggetto agente che non abbia avuto, in precedenza, intenzione di commettere l’illecito;

3) un nesso di causalità psichica tra la suggestione emanata dalla folla e la condotta illecita»;

Solo in presenza di queste 3 condizioni potrà aversi la scriminante di cui all’art. 62, n.3 c.p.

Tuttavia, questi presupposti non sono ravvisabili nel caso in questione poiché l’imputato è stato «chiaramente notato dagli operanti mentre, insieme ad un nutrito gruppo di giovani, poneva in essere un vero e proprio attacco armato, mediante l’uso di picconi, spranghe, sassi e sanpietrini, nei confronti delle forze dell’ordine» e proseguì tale condotta anche quando «rimase isolato dagli altri componenti del gruppo».

In altre parole, l’imputato avrebbe tenuto una condotta che non costituisce affatto l’effetto della concomitanza di plurime e separate iniziative di singoli soggetti, bensì il prodotto di una azione concertata tra i violenti che avevano già deciso la strategia per gli attacchi alle forze dell’ordine.

...si contano dal 2001 ad oggi,  11 sentenze definitive per i reati di devastazione e saccheggio, compresa quella per i fatti di Genova 2001, a cui vanno aggiunte 7 persone condannate in primo grado a 6 anni di reclusione per i fatti accaduti il 15 ottobre 2011 a Roma, mentre per la stessa manifestazione altre 18 sono ora imputate ed è in corso il processo.

pc 18 luglio - la famiglia Ligresti finalmente trova casa - una buona notizia !


Finisce in manette l'intera dinastia del finanziere Ligresti. Due diverse inchieste indicano bilanci “taroccati” e un patto segreto tra “la famiglia” e il presidente di Mediobanca. Una seria ipoteca sulla fusione tra Unipol e Fonsai e un nuovo incubo sulle operazioni finanziarie targate PD.

Questa mattina l'intera dinastia Ligresti è finita in manette. Il provvedimento ha colpito l'intera filiera del finanziere milanese di origine siciliane: il “vecchio”Salvatore già agli arresti domiciliari, e poi i tre figli Giulia, Jonella. Il quarto Paolo Ligresti non è stato arrestato perchè al momento risulta essere in Svizzera. La Guardia di Finanza di Torino su mandato della Procura torinese ha arrestato anche gli ex amministratori delegati della società di assicurazioni Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta e l'ex vicepresidente Antonio Talarico. Le ipotesi di reati sono quelle di falso in bilancio aggravato per grave nocumento al mercato e manipolazione del mercato. Per i Ligresti e le altre persone arrestate il reato contestato è quello di false comunicazioni sociali. In realtà la precipitazione delle indagini – con gli arresti – non è un fulmine a ciel sereno. Salvatore Ligresti e i figli Giulia, Jonella e Paolo risultano infatti già indagati nell'inchiesta avviata dai procuratori torinesi Nessi e Gianoglio che accusano i vertici di Fonsai di aver «taroccato» la voce destinata alla cosiddetta riserva sinistri della società assicurativa, alterando in questo modo - tra il 2008 e il 2010 il bilancio della società – dando però comunicazione ai mercati sulla base di notizie false sul bilancio dell'azienda quotata in borsa, alterando così il prezzo delle sue azioni.
L'inchiesta si è arricchita con la scoperta di un buco di seicento milioni di euro che sarebbe stato nascosto dalla voce «riserve sinistri» del bilancio consolidato del 2010. Nascono da qui le ipotesi di reato per falso in bilancio e false comunicazioni al mercato, alle quali si aggiunge l'ipotesi di falso in prospetto, in quanto sulla base del bilancio di tre anni fa era stato predisposto il prospetto informativo che ha portato, nel luglio del 2011, all'aumento di capitale di Fonsai per circa 450 milioni di euro. Già nel febbraio scorso erano stati notificati sette avvisi di garanzia, tre dei quali ai rampolli di Ligresti, ai quali erano state perquisite abitazioni e uffici.

Ma l'inchiesta dei giudici torinesi sui Ligresti non l'unica. Ce n'è infatti una parallela condotta dal magistrato milanese Luigi Orsi relativa ad alcuni passaggi del piano di salvataggio predisposto dalla Unipol per Fonsai. A mettere in sospetto il magistrato sarebbe stato una sorta di patto occulto siglato da Salvatore Ligresti con Alberto Nagel, il numero uno di Mediobanca. Un patto che avrebbe assicurato alla famiglia del finanziere una buonuscita” dalla Fonsai per circa 45 milioni di euro. La sontuosa '”uscita di scena” dei Ligresti, avrebbe dovuto consentire a Unipol e Fonsai sdi portare in porto la fusione delle due compagnie e alla nascita di maxi polo assicurativo Unipol-Sai. Ma adesso, con la scoperta del buco da seicento milioni di euro, sono prevedibili dei seri rallentamenti della ennesima operazione a perdere della finanza targata PD. Non solo, un mese fa Giulia Ligresti aveva lanciato un allarme sul possibile naufragio della fusione affidando le sue esternazioni all'agenzia Adn/Kronos. Aveva cominciato a circolare la voce su alcuni derivati finanziari inserita nel bilancio dell'Unipol ritenuta "sufficientemente non chiara", e capace di avere ripercussioni sul patrimonio netto di Unipol mettendo a rischio la fusione con Fonsai.“La realtà è che Fondiaria Sai doveva salvare Unipol e gli interessi delle banche", aveva affermato Giulia Ligresti.

Nella tormentata vicenda della fusione Unipol-Fonsai non mancano però le omissioni degli organismi di controllo. Il presidente dell'Adusbef, Elio Lannutti, ha puntato nuovamente il dito contro la Consob, che aveva il compito di controllare ed impedire che tali reati si potessero concretizzare. Ad ottobre era finito nei guai anche Giancarlo Giannini, ex presidente dell'Isvap (oggi Ivass), l'Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni. I magistrati vogliono capire se nel biennio 2009-2011 l'Istituto di vigilanza fosse stato a conoscenza della situazione di bilancio di Fonsai

da contropiano

pc 18 luglio - Sciopero generale il 18 ottobre


 


Lo sciopero generale è indetto: per il rinnovo dei contratti, l'aumento di salari e pensioni e la riduzione dell'orario di lavoro; contro le politiche di austerità in Italia ed in Europa e contro il governo italiano delle larghe intese che quelle politiche gestisce; per la scuola e l'istruzione pubbliche, per la sanità e i beni comuni pubblici e per la costruzione di un diverso modello sociale e ambientale; per la nazionalizzazione di imprese in difficoltà o di interesse strategico per il Paese; per il diritto ad una vera democrazia fondata sulla partecipazione, che rifiuti deleghe autoritarie nei luoghi di lavoro e per una legge democratica sui diritti dei lavoratori e sulla rappresentanza sindacale.

pc 17 luglio - Libertà per Turi! Appello NOMUOS

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  • imagesCarissimi, il movimento NOMUOS sta difendendo il territorio Siciliano dalle antenne ma anche tutti i territori del pianeta dalla guerra globale USA. In questi giorni di festa per la decisone del Tar siamo restati in allerta per denunciare l'occupazione militare dell'isola e dell'italia. Il 10 luglio nella commemorazione dello sbarco USA a Gela abbiamo festosamente ridicolizzato questa finta retorica da liberatori. Purtroppo Turi Vaccaro Cordaro fratello e compagno, nonche' amico pacifista, e' stato arrestato mentre saliva sulla macchina della polizia di cordone alla parata.
    Accusato infamemente di danneggiamento pluriaggravato (il tetto della macchina non aveva un graffio), scaraventato a terra compresso da tre agenti e caricato a forza e' stato pure denunciato per resistenza a pubblico ufficiale per essersi divincolato e ferito, con i suoi piedi nudi, due agenti. Il 12 Luglio e' stato convalidato l'arresto e fissata l'udienza del processo per direttissima per il 19 luglio...rischia da mesi a 3 anni di carcere!
    Riteniamo SCANDALOSO il livello di menzogna della polizia, la condotta intrasigente e abusiva degli stessi e l'ottusita' della legge che tiene in carcere un pacifista che non ha fatto niente.
    Appello a una mobilitazione per la liberazione di Turi, per la Liberazione dei nostri territori dai MUOSTRI e per denunciare la repressione dei movimenti e attivisti. Invitiamo a tre giorni di grande mobilitazione dal 17 al 19 luglio con culmine la sera del 18 e la giornata del 19 giorno dell'udienza...tre giorni per la Liberta' della terra degli attivisti e di TURI.

    movimento NOMUOS

    pc 17 luglio - F35, il governo tira dritto: una finanziaria per le guerre future

    F35, il governo tira dritto: una finanziaria per le guerre future


    nof35
    L’Aula del Senato ha approvato oggi la mozione della maggioranza sugli F35 con 202 sì, 55 no e 15 astenuti.
    Sugli F35 l'Italia ha il dovere di proseguire con coerenza. Nessun passo indietro, siamo vincolati a trattati e organismi internazionali, "che impongono determinate scelte". Così il ministro della Difesa Mario Mauro, parlando al Senato durante la discussione sulle mozioni relative al programma di acquisizione degli aerei militari. Mauro boccia quella presentata dal Movimento 5 Stelle, quella di Sel a prima firma De Petris e quella presentata dal senatore Pd Felice Casson, che raggruppa il gruppo dei "pacifisti democratici".

    Nel suo lungo intervento, il ministro della Difesa ha usato parole nette: "Non ci sono alternative credibili all'F35 - ha detto - che soddisfa sia le esigenze dell'Aeronautica sia della Marina". Una eminente questione etica prima ancora che politica viene ridotta al solo portato economico. "Ove perdessimo la posizione acquisita" nella fase di realizzazione dell'aereo "altri paesi potrebbero rimpiazzarci nelle commesse produttive".

    Per Mauro "non esistono velivoli cattivi o buoni, ma strumenti militari adeguati o inadeguati" e "l'Italia - continua il ministro (già Membro del gruppo cattolico Comunione e Liberazione e responsabile nazionale per la scuola e l'università di Forza Italia) - deve dare risposta all'esigenza di ammodernamento periodico degli strumenti militari o l'Italia si sarebbe preclusa la possibilità di onorare gli impegni assunti in sede internazionale": le guerre contro paesi terzi in palese violazione dell'art. 11 della Costituzione che ne vieterebbe la partecipazione.
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    pc 17 luglio: Sosteniamo le proteste in Palestina contro il Piano Prawer, la pulizia etnica dello stato terrorista d'Israele



    Il 15 luglio è stato proclamato lo Sciopero generale e il popolo palestinese è sceso in strada per protestare contro il Piano Prawer, l'ennesima legge razzista israeliana che prevede la deportazione forzata di 40 mila beduini arabi, la distruzione e la confisca di oltre 85 mila ettari di terra.

    Mentre continuano le incursioni e la repressione che colpisce persino i bambini, il governo italiano intensifica la collaborazione, con accordi di cooperazione di ogni tipo, con i nazisionisti israeliani 

    All'inizio di luglio il primo ministro delle larghe intese, Enrico Letta, si è recato in Israele per un incontro bilaterale. "Abbiamo molto da imparare da Israele", ha affermato.


    pc 16 luglio - in Turchia solo repressione


    Maxiretata e decine di arresti a Istanbul e Smirne. Arrestato e accusato d’incitamento alla violenza un ambulante che vendeva bandiere turche ai dimostranti, escluso dalla nazionale turca di basket un giocatore del Galatasaray schierato con le proteste.

    Mentre in alcune città turche continuano incessanti le manifestazioni contro il governo e l’impunità della polizia e delle squadracce del partito islamista Akp, responsabili della morte di numerosi dimostranti, il governo sembra perseguire senza tentennamenti una repressione sistematica di ogni forma di dissenso, fino ad arrivare a misure parossistiche di punizione nei confronti di chi osa criticare Erdogan e il suo operato.

    Decine di persone sono state arrestate dalla polizia questa mattina a Istanbul per avere partecipato alle proteste anti-governative della ultime settimane. Secondo l'agenzia Anadolu, almeno 30 persone sono già finite in manette nell'ambito di una maxiretata affidata agli agenti dell'antiterrorismo che ha portato ad almeno un centinaio di blitz e perquisizioni in altrettante abitazioni della metropoli sul Bosforo.

    Ieri invece quindici manifestanti arrestati a Smirne venerdì scorso sono stati deferiti alla giustizia e incolpati di appartenenza a organizzazione terroristica, danneggiamento della proprietà pubblica e alle istituzioni e altri reati di opinione. Decine di altri manifestanti, fra cui molti attivisti di organizzazioni di estrema sinistra, sono già stati deferiti ai tribunali con le stesse imputazioni nelle ultime due settimane in altre città del paese. A Istanbul due deputati del Chp, il principale partito di opposizione, hanno visitato in carcere diversi manifestanti arrestati. Secondo i parlamentari, riferisce Cumhuriyet, tutti hanno subito molestie, violenze e insulti durante la detenzione. Il quotidiano Evrensel definisce ''tragicomiche'' le imputazioni formulate contro i manifestanti arrestati. Fra i casi citati dal giornale quello di Mehmet Yalcin, detenuto per avere detto alla polizia che la violenza usata contro i manifestanti era ''vergognosa''.

    Ma ci sono casi ancora più eclatanti. La polizia ha infatti arrestato ad Istanbul un uomo che vendeva bandiere turche ai manifestanti vicino a piazza Taksim. Lo ha riferito la stampa turca, secondo la quale il venditore ambulante rischia ora una pesante condanna perché accusato di ''incitamento ai disordini''. L'uomo, Ali Saricicek, padre di 5 figli, é stato arrestato con diversi manifestanti nella notte fra sabato e domenica quando la polizia ha di nuovo disperso con la forza, usando cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, alcune migliaia di manifestanti anti-governativi. Il quotidiano Vatan precisa che la procura di Istanbul potrebbe chiedere fino a 20 anni di carcere per il venditore arrestato.

    Ma non basta. Uno dei più popolari giocatori di basket della Turchia é stato escluso dalla nazionale per avere appoggiato le proteste di piazza delle ultime settimane. Cenk Akyol, 26 anni, del Galatasaray campione di Turchia, considerato uno dei giocatori più promettenti del momento, non é stato selezionato per far parte della squadra in competizione per l'EuroBasket 2013. Il presidente della FederBasket turca Turgay Demirel ha negato che valutazioni politiche siano la causa dell'esclusione del giocatore, che sarebbe dovuta alla sua scarsa forma attuale. La stampa turca rileva però che Akyol é stato negli ultimi mesi il trascinatore del Galatasaray verso la conquista del titolo nazionale. ''Mi hanno detto che lo Stato non mi vuole'' ha commentato laconicamente il giocatore. Il Galatasaray ha chiesto in una nota ''spiegazioni'' sulla vicenda.

    pc 16 luglio - BLOCCATA L'ENI DI TARANTO

    ENI - Tutte le autobotti bloccate dallo sciopero degli operai dell'appalto




    Come si può vedere da alcune foto che pubblichiamo, già da ieri mattina decine e decine di mezzi sono rimasti fuori e fermi per tutta la giornata.
    Oggi, gli operai, per evitare sorprese, si sono dati appuntamento ai varchi alle 3 di questa notte e a tutt'ora il blocco continua totale.

    Ieri in tarda mattinata la polizia e la Digos hanno cercato, per conto di padron ENI, di sciogliere il blocco, cercando di intimidire gli operai, minacciandoli che se continuavano li dovevano portare in questura.
    Gli operai, e in particolare l'RSA dello Slai cobas per il sindacato di classe, non si sono fatti intimidire, si sono seduti per terra, dicendo che loro stavano lottando per il lavoro e i diritti, che nessuno tutela gli operai, mentre Stato, polizia corrono pronti a difendere gli interessi dell'Eni e delle Ditte dell'appalto. A dimostrazione che questo Stato salvaguarda solo il diritto alla produzione e ai profitti capitalistici, mentre agli operai viene perfino negato il diritto di vivere loro con le loro famiglie!
    Ieri, infatti, nessuno, nè prefetto, nè DPL, nè Istituzioni locali, si sono mosse per realizzare un Tavolo di incontro per arrivare ad una giusta soluzione per tutelare lavoro e salario dei lavoratori dell'appalto Eni.
    Da poco è giungta notizia di un incontro in mattinata con la direzione ENI. Non vorremmo, che fosse soltanto, come è già avvenuto nella precedente fase della lotta, per chiedere ai sindacati confederali di togliere i blocchi.
    MA LA LOTTA QUESTA VOLTA DEVE CONTINUARE FINO A RISULTATI CERTI PER TUTTI.

    pc 16 luglio - Guerra popolare nelle Filippine: 10.000 combattenti per il Nuovo Esercito del Popolo


    Il NEP vuole raggiungere i 10mila Combattenti Rossi in pochi anni in mezzo al fallimento di Aquino nell'affrontare le radici della guerra civile

    Ufficio informazioni
    Partito Comunista delle Filippine
    12 luglio 2013

    Il Partito Comunista delle Filippine (PCF) ha affermato per la prima volta nella sua storia che il numero dei Combattenti Rossi del Nuovo Esercito del Popolo (NEP) con fucili ad alta potenza è sulla buona strada per il raggiungimento di 10.000 combattenti nei prossimi anni, in mezzo al più totale fallimento del regime Aquino nell'affrontare le richieste nazionaliste e democratiche del popolo filippino che sono alla radice della furiosa guerra civile.

    Il PCF ha rilasciato questa dichiarazione in reazione alla ammissione pubblica da parte delle Forze Armate delle Filippine (FAF), di non essere riuscite a intaccare la forza del NEP. Le FAF, tuttavia, hanno minimizzato il proprio fallimento sottovalutando la forza del NEP indicandola in "oltre 4.000" membri dal numero di base di 4.384, quando le FAF hanno lanciato la campagna Oplan Bayanihan nel 1° gennaio 2011.

    "Chiaramente, le FAF non possono contrastare il fatto che nel corso degli ultimi anni il NEP ha costantemente continuato a crescere in forza," dice il PCF. "I progressi a livello nazionale della lotta armata rivoluzionaria sono indubitabilmente dimostrati dalla frequenza crescente e sempre più ampie offensive tattiche svolte dal Nuovo Esercito del Popolo (NEP) a Luzon, Visayas e Mindanao."

    "Per rappresentare se stesse in modo impressionante, le FAF ripetono l'affermazione senza fondamento che il NEP ha avuto la forza di picco di 25.000 nel 1986, ma è recentemente sceso a 6.000 e si è ulteriormente ridotto a 4.000 sotto il regime Aquino", ha sottolineato il PCF.

    "Queste sono tutte affermazioni infondate che sono dette dalle FAF. Infatti, la forza di picco del NEP è stata di solo 6.100 combattenti rossi con fucili ad alta potenza nel 1986. A causa di errori interni, la forza del NEP è lentamente diminuita fino a circa il 1992, quando il PCF ha lanciato il secondo movimento di rettifica. Nel 1998, la forza del NEP ritornò al livello dei primi anni '80, quando ha iniziato a fare grandi passi in avanti ".

    "Nel corso degli ultimi anni, il NEP ha superato la sua forza precedente di picco del 1986 ed è sulla strada per raggiungere il livello di 10.000 nei prossimi anni", ha sottolineato il PCF. "Il NEP è impegnato nella costruzione di circa 180 fronti di guerriglia a livello nazionale con ciascuno una compagnia di Combattenti Rossi, e con la sua forza armata ulteriormente amplificata da decine di migliaia di milizie armate e membri di comitati di autodifesa di “barrio" [distretto].

    "I comandi del NEP a livello nazionale continuano a svolgere i compiti di guerriglia estensiva e intensiva, mentre si spinge avanti il diffuso movimento di riforma agraria rivoluzionaria e la costruzione metodica delle infrastrutture del governo democratico del popolo da un livello ad un altro livello più alto", ha aggiunto il PCF. "Ci sono, ovviamente, anche le unità del NEP ancora piccole e deboli, ma queste vengono assistite da altre unità de NEP più forti e più avanzate."

    "Secondo gli obiettivi del piano operativo Bayanihan reso pubblico dalle FAF nel 2011, la forza del NEP sarà presumibilmente ridotta di oltre la metà entro la metà del 2013 o intorno a questo periodo. Il piano organizzato dalle FAF nella fase successiva è quello di trasferire i "compiti di contro-insurrezione" alla polizia nazionale filippina e quello di concentrarsi, per le FAF, sulle "minacce esterne".

    "Chiaramente, il piano Oplan Bayanihan del regime Aquino è destinato a fallire", ha detto il PCF. "Non solo le FAF hanno fallito nel tentativo di ridurre la forza del NEP a livelli insignificanti, ma è riuscito solo a risvegliare il popolo oppresso e a farlo impegnare nella resistenza armata e non armata, sottoponendolo a campagne militari brutali e repressive ingannevolmente chiamate dalle FAF 'operazioni di pace e di sviluppo '."

    "Il piano Oplan Bayanihan del regime Aquino finirà come l'Oplan Gordian Knot e l'Oplan Bantay Laya I & II di Arroyo, l'Oplan Makabayan di Estrada e la prima della quarta fase del piano operativo Lambat Bitag svolto da Aquino e dal regime Ramos tra il 1986 e il 1998", ha detto il PCF. "Tutti questi piani [Oplan] sono falliti totalmente, perché non sono altro che piani di guerra per sopprimere il popolo filippino e impedire ad esso di condurre lotte democratiche e di resistenza armata."

    "La correttezza e la necessità di condurre la lotta armata rivoluzionaria è diventata più cristallina al popolo filippino con il regime Aquino, dopo la scelta di interrompere i negoziati di pace e di far avanzare ulteriormente le politiche neoliberiste che servono gli interessi delle società estere delle grandi miniere e delle piantagioni, di altri grandi capitalisti e grandi proprietari terrieri di Aquino e grandi alleati del business a danno del popolo filippino".

    "Aquino ed i suoi funzionari militari sono ossessionati dalla ricerca della sconfitta della resistenza armata del popolo con la forza militare e le campagne armate di annientamento", ha detto il PCF. "Aquino e le FAF sbagliano nel credere che con i mezzi di sostegno finanziario e militare degli Stati Uniti, saranno in grado di porre fine alla resistenza armata e alla rivoluzione democratica del popolo attraverso la pura forza."

    "Dopo tre anni di potere e di tutta la sua mascherata politica, il regime Aquino non è riuscito a riconquistare la fiducia del popolo per colpa del sistema sociale e politico marcio che è diventato sempre più oppressivo e sfruttatore".