sabato 8 giugno 2013

pc 8 giugno - BERLUSCONI HA NUOVE AVVOCATESSE, TRA LE “FEMMINISTE”…

Giorni fa, in pieno processo a Berlusconi e ai suoi fidi amici, sono uscite alcune e mail nella lista femminista “Sommosse”, che di fatto usando strumentalmente la difesa della prostitute e la critica al giornalismo scandalistico, sono in realtà un improvvido, vergognoso sostegno delle tesi di Berlusconi/Ghedini, della Minetti, ecc.

Le riportiamo perché dimostrano più di tante parole come non basta dirsi femministe, perché senza classe e rivoluzione il femminismo non è di per sè di sinistra, ma può essere di centro e di destra. E in questo caso è di destra.

Elisabetta Teghil di Roma scrive: “A  conclusione della requisitoria al processo che vede imputati Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, il Pm ha chiesto 7 anni di reclusione per i tre imputati accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
Detto così, potremmo trovarci d’accordo, perché sappiamo la violenza perpetrata nei confronti delle donne quando sono vittime di tratta, quando sono costrette a prostituirsi, quando vengono adescate con la promessa di un lavoro e sbattute sulla strada.
Però non è questo il caso delle  frequentatrici di Arcore, perché di queste stiamo parlando. Andavano a quelle feste consenzienti e consapevoli. Siamo sempre alle solite, la prostituzione non è reato in Italia, ma di fatto, si trova sempre il sistema per criminalizzarla e per demonizzarla…”.

Appunto. Non stiamo parlando di “violenza perpetrata nei confronti delle donne quando sono vittime di tratta, quando sono costrette a prostituirsi”, stiamo parlando di ben altro! Stiamo parlando delle donne che usano il proprio corpo a fini di carriera/spettacolo o politici/elettorali per far parte di questo sistema che opprime la stragrande maggioranza delle donne, che le stupra, le uccide.
La prostituzione che viene criminalizzata da questa società borghese, non solo a parole ma con duri fatti di repressione è quella delle donne, ragazze che sono costrette a prostituirsi, non certo quella dei salotti e della ville del potere, su cui al massimo c’è un interesse pruriginoso.
Ma mentre nei processi a Berlusconi e al suo entourage scorre tutta l’articolazione del marciume dei ricchi, del potere, che ha nella concezione e nell’uso delle donne la sua cartina sociale più schifosa, mentre va in scena l’ideologia e il grado di inciviltà di esponenti di questa società capitalista che si autoproduce, si una borghesia all’atto finale che, non potendo più nascondere e mentire, ormai rivendica pubblicamente come “legittimo” il suo modo di vivere e le sue concezioni; la Elisabetta Teghil, in nome del rifiuto della criminalizzazione moralista, fa la difesa della prostituzione di alto borgo, dei festini a suon di milioni di euro, di mega “regali” di appartamenti e altro che avvenivano all’interno di Arcore, e dice di fatto quello che sostiene Berlusconi e Ghedini: “al massimo, ciò che avviene nelle ville di Berlusconi sono fatti privati, legittimi…”
Che c’entra la “morale borghese” che viene usata in maniera ipocrita contro i diritti e le libertà delle donne, dei giovani, della maggioranza della gente, con l’immoralità dei Berlusconi, della genia di ricchi da “Grande bellezza” elevata a potere, ostentata, sbattuta in faccia alle masse? Essa è la stessa cosa, non è altro dalla repressione brutale dello Stato borghese verso le prostitute che consumano la loro vita per strada, con magnacci che invece che milioni di euro le danno milioni di botte, è la stessa cosa della criminalizzazione e razzismo verso le immigrate.

(Continua ET) – “…L’occasione è stata il pretesto per condannare le “orge” e i “festini a luci rosse” (già i termini sono tutto un programma), ma anche queste non sono un reato. E il fatto che avvenissero a casa  di un personaggio per tanti versi esecrabile, non è un buon motivo per far  passare sotto silenzio che alla fin fine , ma in maniera palese, il processo è anche a queste pratiche e alle escort e alle sex-workers.
Proprio perché il padrone di casa ci è molto antipatico, ci sentiamo autorizzate nell’occasione a ribadire che le une e le altre vanno lasciate in pace e rispettate…”.

Primo, per queste “femministe” diventa un fatto trascurabile che questi “festini” avvenissero a casa di Berlusconi, quando invece questo rende quelle “pratiche sessuali” un marciume che non centra niente con la questione della prostituzione della maggior parte delle prostitute - molte delle quali hanno scoperto con Berlusconi che se le prostitute vengono chiamate “escort” sono tenute in alta considerazione e trovano pubblicità ben pagata sui mass media, se invece sono chiamate “prostitute” o peggio, sono il male di questa società.
Secondo, queste escort sono esse stesse parte dall’ambiente berlusconiano, dei Mora, dei Fede, ecc. Sono state coltivate, cresciute in questo ambiente e ne volevano fare parte – e le donne, le femministe vere non devono affatto rispettarle!
Noi siamo, sì ci confessiamo!!, contro le pratiche dei “festini a luci rosse”, delle “orge” (a proposito: perché “i termini sono tutto un programma”? Tali erano e sono queste serate. Come le vuole chiamare invece ET: “serate conviviali, tra amici e amiche, per divertirsi”, come le chiama Berlusconi?), perchè sono parte del marciume del potere borghese, sono l’ostentazione di un’ideologia maschilista, ossessiva che noi combattiamo, sono parte della rivendicazione sbandierata di una concezione da “moderno medioevo” delle donne “solo corpi, oggetti sessuali”; sono un offesa anche verso le sofferenze economiche della maggioranza delle masse popolari, con il loro sperpero di milioni di soldi per gli stravizi dei borghesi, ecc., ecc.
E le varie escort che “andavano a quelle feste consenzienti e consapevoli” sono appunto parte, per condizioni di vita, per soldi, per ideologia, di questo marciume, di questa classe borghese che non ha più niente di “umano”, che è arrivata alla frutta ma resiste per tutto il sistema politico, culturale, statale attuale che la difende. E le dovremmo anche “rispettare”?
Spieghi, per favore, Elisabetta Teghil, perché le donne dovrebbero rispettare una Minetti, “curatrice di somministrazione di escort” peggio di un’agenzia interinale, che ora un giorno dice al telefono peste e corna di Berlusconi, con offese relative a parti del suo corpo, e un altro giorno dice che ne era fortemente innamorata, per pararsi, questa volta lei, una parte del suo corpo.
Noi siamo buone, sì, ma non fesse.
Tra le donne c'è chi, e sono la maggioranza, denuncia e vorrebbe mettere fine a questo sistema sociale, e chi invece ci vuole entrare, farne parte integrante per goderne tutti i benefici, soldi e potere. Questo fa eccome la differenza! Queste donne quando riescono a entrare si fanno propagandiste di stupidi e velenosi modelli – propagandati dalle Tv berlusconiane e non solo -, si fanno sostenitrici di questo sistema che noi vogliamo combattere e distruggere.
Le donne non sono uguali: sono borghesi, medio/piccolo borghesi e proletarie; sono di destra, di centro, di sinistra; il sesso senza la classe ci frega.

(Continua ET, buttandola ora sulla condizione della maggioranza delle prostitute) – “…E’ proprio di oggi la notizia  che quattro poliziotti in servizio nella questura di Roma sono stati arrestati con l’accusa, tra l’altro, di violenze sessuali ai danni di prostitute.
Quando avremo il coraggio di denunciare che è il clima che circonda queste ultime, come reprobe e immorali, che crea l’humus in cui succedono questi fatti? E, infatti, diciamocelo fuori dai denti, lo sappiamo che spesso e volentieri uomini in divisa “ottengono” prestazioni sessuali gratuite dalle
sex-workers…”.

Che c’azzecca? Diceva uno. Citare le violenze sessuali di poliziotti contro le prostitute, le più povere, oppresse, e con le immigrate ci vanno giù duro, sia nelle strade che nelle stazioni di polizia, nei Cie - violenze che sono spesso l’ordinario, non l’eccezione -, per tentare di fare un paragone con la condizione delle escort di Berlusconi, è veramente osceno! Queste sono state trattate dalle forze dell’ordine con i “guanti gialli”. Per piacere! Non è poi certo il clima “moralista” che porta alle violenze sessuali di poliziotti contro le prostitute, ma la concezione fascista/sessista/razzista che impregna le forze dell’ordine e gli apparati dello Stato. Ma sa di che parla ET?
Circa poi il “coraggio di denunciare” le violenze poliziesche contro le prostitute. Dove stavano queste “femministe” quando le compagne del Mfpr, le compagne che si battono contro i Cie, le tante compagne, femministe e lesbiche, da Bologna a Roma, ecc. le hanno denunciate? Queste “Femministe” fanno finta di non sapere che da più di un mese c’è un appello per una manifestazione nazionale contro i femminicidi, gli stupri, in cui vi è una forte denuncia contro lo Stato di polizia? (Anzi, alcune, come Atonia Sani che ha scritto una e mail in accordo con questa di ET, lo sa ma dicono che sono inutili le lotte, le manifestazioni delle donne e propongono una sorta di “assistenza alla persona” verso le donne violentate)

(Continua ET) – “…Ed ora veniamo all’accusa di aver indotto alla prostituzione  una minorenne.
Lo spirito della legge che, giustamente, è severo in questi casi, è improntato alla tutela della minorenne stessa. Ma, la ragazza in questione è stata sbattuta in prima pagina non tenendo conto della minore età che aveva quando sono accaduti i fatti. Le sue vicende processuali non sono state
dipanate con la dovuta cautela che avrebbe dovuto esserci sia per la giovane età che ha tutt’ora sia per il fatto che la stessa ha una bambina e si è data la stura ad ogni curiosità pruriginosa.
Allora mi domando, possiamo dimenticare la sorellanza nei confronti delle sex workers e delle escort e la solidarietà nei confronti delle minorenni solo perché c’è di mezzo un avversario politico? Non è un modo di procedere da femministe e io mi sento a disagio…”.

“Una minorenne che va cautelata”… Ma di chi stanno parlando? Prima che la stampa di questi giorni, è stata proprio Ruby che “si è sbattuta in prima pagina e in tutti i canali televisivi”, che sfruttando la sua pubblicità è andata ad altre feste e festini negli ambienti da “Grande bellezza”, posando per fotografi e cameraman. Non scadiamo nel ridicolo! E’ indecente parlare in maniera così generalista di “minorenne”, per mettere insieme la “minorenne da gran lusso”, con le migliaia e migliaia di minorenni che sono costrette a prostituirsi.
Ma quale solidarietà, ma quale sorellanza! Queste donne, ripetiamo, sono compartecipi di questo sistema sociale che sfrutta e opprime le donne, e lo vogliono eccome conservare. E dovremmo pure provare solidarietà?!

(Conclude ET) – “…Non uniamoci alla canea contro le prostitute che ha reso possibile che siano trattate da cittadine di serie B. Non riesco a dividere le donne fra sante e puttane, ad addebitare a queste ultime la perpetuazione del ruolo patriarcale e a vederle in contrapposizione a quelle che fanno il sesso, magari controvoglia, nell’ambito dei rapporti “santificati”.
Lo ribadisco anche in questa occasione, io la pizza con un’ escort e una sex worker la andrei a mangiare, mentre non lo farei con le figure femminili complici di questo sistema”.
E le fanno da eco.
Antonia Sani: “Più che d'accordo. Io l'ho scritto su questa rete già l'anno scorso. Tutte
le udienze sulle orge di Arcore sono scivolose e vanno a finire in direzioni da gossip e basta. La stessa brava Boccassini fa spesso delle brutte figure
”.
Rosa di Milano: “Sono d'accordo. Il reato e la colpa politica di Berlusconi è stato elevare lo scambio denaro/potere a sistema e legittimarlo completamente e istituzionalmente, ma non dovrebbe essere condannato per aver invitato e pagato donne consenzienti”.

Ma lo sono o ci fanno?! Ghedini può fare le valigie, ci sono le nuove “avvocatesse” di Berlusconi! Queste dicono che non ci dovrebbero essere proprio questi processi contro Berlusconi, che non dovrebbe essere condannato per organizzatore della prostituzione (ma perché Berlusconi non le chiama come testi in suo favore?).
Queste “femministe” continuano a imbrogliare, parlano genericamente di “prostitute” quando - signore! - si sta parlando di Minetti, di Ruby, e escort di lusso – appunto “complici di questo sistema”; parlano, falsando le carte, di “sante e puttane” quando si tratta della perpetuazione, per pochissimi uomini e ancora più pochissime donne, dell’oscena “Grande bellezza” da un lato e dell’oppressione, sfruttamento della stragrande maggioranza delle donne dall’altro. Queste “femministe” dicono che la colpa di Berlusconi è “politica”, per cui al massimo c’è una denuncia “politica” (cioè chiacchiere da salotto per il ceto politico di “sinistra”), ma che può e deve continuare a fare esattamente come ora (tra l’altro, con i soldi rubati, con i profitti capitalistici e con il potere politico, ai lavoratori e alla gente).
QUESTE “FEMMINISTE” E’ MEGLIO CHE STIANO ZITTE…

Noi invece continuiamo a pensare e a denunciare che Berlusconi, la classe, il potere che rappresenta, è la punta di iceberg di un sistema politico sporco, grottesco, arrogante, illegale, violento, che deve essere rovesciato, con i suoi uomini e le sue donne.
Noi non siamo per “l'unità delle donne”, per la “sorellanza” indipendentemente da chi sono le donne.
Siamo per un movimento femminista proletario rivoluzionario che combatta anche in seno alle donne, contro le donne della borghesia, per affermare un punto di vista altro, una teoria, una prassi, un'organizzazione altra della maggioranza delle donne, “sante o puttane” che siano.

MC

TA. 8.6.13

pc 8 giugno - grillo e grillini di taranto dei miserabili



sabato 8 giugno 2013

Grillo un demagogo reazionario .. i suoi deputati tarantini due miserabili sconosciuti e miracolati a caccia di soldi e poltrone - chi ha votato grillo a taranto per protesta ha sbagliato e in molti casi è un idiota



Grillo e i grillini sapevano benissimo anche prima chi erano questi due luridi individui e mettendoli in lista hanno ingannato le persone e rubato loro il voto, come miserabili speculatori


ecco cosa scriveva  tarantcontro il 27 febbraio dopo l'elezione di Funari e Labriola 

i grillini eletti e miracolati dal voto di protesta sono i peggiori di tutti

Non rubano... almeno non ancora, non li conosce nessuno... ma faremo presto a conoscere la loro assoluta nullità.
Ma almeno tra loro a volte si conoscono... e se si conoscono si evitano.
A Taranto è stato eletto un certo Alessandro Furnari. Ma ecco come lo racconta l'eletto di Andria, D'Ambrosio:
"...Taranto ha un problema... un problema gigantesco, cosa che ho detto  pubblicamente più volte... io ho anche chiesto di non votare Alessandro Furnari e non ho nessuna remora a ridirlo anche adesso... non è normale che un candidato di Taranto non abbia organizzato neanche un incontro... la verità è che è stato messo in un listino (non lo dice D'Ambrosio, ma lo diciamo noi, da Grillo stesso)...
insomma questo Furnari è l'ennesimo carrierista pezzo di m. che ha trovatoil treno giusto...".

Circa l'altra eletta, una certa Vincenza Labriola, stendiamo un velo pietoso...
Questa pincopallina si era già presentata alle elezioni qualche mese fa e aveva preso... un solo voto!
Come dire, si era votata solo lei - neanche uno della famiglia, un vicino, una vicina di casa.. niente di niente!
E una tizia così, grazie il meccanismo diabolico del sistema elettorale truffaldino e alla collazione grillesca nella lista, si ritrova oggi in Parlamento!

Signori, è il degrado della politica, dell'impegno sociale  e politico della persona

ma lo scrivevamo anche prima

Stampa e Tv alimentano il fenomeno Grillo... quindi anche all'Ilva, secondo questi, si vota Grillo... Sarà vero... ma è sbagliato. 

Grillo spopola dagli schermi televisivi e dai giornali, dicendo di non andare in Tv e cacciando i giornalisti;
sperimentata tecnica mediatica... già vera e avveratasi in altri campi.
Anche a Taranto, dove quando è venuto però non c'era gran che di gente,si voterà molto Grillo.. e si voterà anche all'Ilva.
Gli operai non ne possono più dei partiti di Bersani, Monti, Berlusconi e dei loro esponenti locali.
Vendola e il suo equilibrismo: metà con padron Riva, metà con gli operai, non fa sfracelli; circa la Duranti, sua candidata, qualcuno può dire che ha mai fatto qualcosa per gli operai e proletari della città, se non farsi propaganda ad ogni tornata elettorale, cercare insistemente di candidarsi, di avere un a poltrona in  provincia, comune ecc.?
Su 'Rivoluzione civile' stendiamo purtroppo un velo pietoso, i partiti che compongono questa lista, non sono mai presenti a una lotta vera in città.
La rabbia e la protesta contro la casta politica al potere è grande, la rabbia contro corruzione e costi della politica enorme, quindi... votiamo Grillo.

Ma gli operai e i proletari che votano Grillo si sbagliano.
Grillo non ha mai fatto nulla per gli operai e non è nuovo alla politica, è in campo ormai da diversi anni, anche nel suo confuso programma sul lavoro e sui diritti degli operai non dice praticamente nulla;
la sua scesa in campo in politica è 'guidata' da un certo Casaleggio, che è un padrone, e certo è stato sempre e unicamente nel campo dei padroni, la gestione della rete, checchè se ne dica è oscura, puoi dire tutto tanto non conti niente... conta solo Grillo.
I suoi candidati a taranto nessuno li conosce se non lui e non c'è ne uno che abbia fatto qualcosa di utile nella vita;
molti di essi saranno anche incensurati, ma che cosa vogliano fare nessuno lo sa..., ma tanto non  contano nulla..., quando sono dentro le istituzioni non si sentono o, peggio, passano ad altre sponde politiche. A Taranto quando hanno presentato la loro lista, non c'erano neanche.
Tutto ciò, operai e proletari, è il peggio della politica non il meglio, è il degrado della politica non l'alternativa alla politica dei padroni e e dei partiti parlamentari.
La corruzione politica e i costi della politica nascono e sono perchè siamo in uno stato capitalistico e sempre la politica produce comitati d'affari al servizio dei padroni, poi i politici di loro rubano anche di più e se ne approfittano.
Un politico onesto al servizio del capitale è dannoso non meno di un politico disonesto.
Monti va in chiesa, Berlusconi a puttane, ma per gli operai i risultati del loro agire sono uguali.

Grillo usa le masse per affermarsi  - come Cito e con lo stile di Cito - lui è un comico, quell'altro era un fascista paradelinquente, ma tutto ciò non ha nulla a che fare con il potere del popolo.

Gli operai non hanno un partito forte, un partito comunista vero, che li rappresenta, che ne organizzi la lotta e il programma, che gli dia una strategia e una tattica per rovesciare realmente il tavolo e prendere il potere nelle mani e il destino nelle mani.
Bisogna costruirlo in prima persona, autorganizzandosi e organizzandosi, giudicando le persone per quello che fanno e non per quello che dicono di essere.
Bisogna rovesciare il capitalismo per avere lavoro salute, diritti, potere, futuro.
Ogni altra strada è un'illusione, una tragica illusione che fa il gioco del padrone.
Per rovesciare il capitalismo ci vuole la rivoluzione proletaria (non "civile"), e non internet

Votare i Grillo è il contrario della rivoluzione e la delega al massimo stadio e non la partecipazione.

Per questo diciamo agli operai e ai proletari che votare Grillo è sbagliato!
E non ci vorrà molto per comprenderlo... ma intanto perdiamo un altro pezzo del nostro tempo...

Proletari comunisti

pc 8 giugno - Grillo... un demagogo reazionario al servizio del capitale. I suoi deputati?... una miserabile accozzaglia sconosciuta al servizio delle poltrone

Chi vota e sostiene Grillo come i CARC nPCI ed altri sono al servizio del cretinismo parlamentare e della reazione e quindi non fanno parte della sinistra di classe rivoluzionaria e comunista

serve leggere ora più che mai l'analisi comunista del voto fatta da proletari comunisti PCm Italia
richiedi a ro.red@gmail.com

pc 8 giugno - Firenze antifascista in piazza


MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA
SABATO 8 GIUGNO ALLE ORE 15.30 DAVANTI ALL’ESSELUNGA DI VIA DI NOVOLI

Sabato 8 giugno Forza Nuova ha lanciato un presidio a Novoli. La Firenze Antifascista sarà in piazza perché crediamo sia indispensabile negare ai fascisti ogni spazio di agibilità politica.
Riteniamo che gli abusi commessi sui minori a “Il Forteto” rappresentino qualcosa di vergognoso e infame, ma altrettanto lo è l'utilizzo propagandistico che i fascisti ne stanno facendo in termini di visibilità proprio come in questo caso.

Sarà anche l’occasione per manifestare solidarietà nei confronti degli 8 antifascisti condannati venerdì scorso dal tribunale di Pontassieve a 3 mesi e al risarcimento di 2500 euro proprio a Forza Nuova per aver impedito ai fascisti di diffondere materiale xenofobo a Rignano sull’Arno nel 2009.
Sarà poi sicuramente un momento per ricordare Clément Méric, dell'età di 19 anni, ucciso mercoledì scorso a Parigi da un gruppo di fascisti, ed esprimere solidarietà e vicinanza ai suoi familiari, ai suoi amici e compagni di lotta.

FUORI I FASCISTI DA FIRENZE!
SOLIDARIETÀ ANTIFASCISTA INTERNAZIONALE!

Firenze Antifascista

pc 8 giugno - a Milano convegno internazionalista sulla Palestina - manifesto nazionale di proletari comunisti - PCm Italia


DALLA SOLIDARIETA' ALLA LOTTA INTERNAZIONALISTA
A FIANCO DELLA RESISTENZA PALESTINESE

Nell'ambito della solidarietà con la Palestina, a livello sia nazionale sia internazionale, ormai da tempo si riscontrano difficoltà nel creare una base condivisa da cui partire e su cui lavorare.



Questo è un effetto della divisone esistente tra gli stessi palestinesi, e in particolare tra le loro leadership, divisione che non solo indebolisce il movimento di lotta per la liberazione della Palestina, ma sta viziando concetti chiave come la definizione stessa di "popolo palestinese", ormai sempre più spesso identificato con i soli palestinesi che vivono in Cisgiordania e a Gaza - escludendo quindi di concetto tutti i palestinesi che vivono nei territori occupati nel '48 e nel '67 e i profughi che vivono fuori dalla Palestina - ed anche la stessa identificazione di cosa sia "la Palestina", ridotta ormai ad uno stato di apartheid in cui i cittadini vivono in bantustan circondati da un muro e da colonizzatori.

Per questi motivi abbiamo avviato un percorso di confronto e approfondimento, aperto a tutte le realtà solidali con la causa palestinese, che vuole rimettere al centro temi chiave quali il sostegno alla Resistenza contro l'occupazione e il sistema di apartheid sionista, la questione ormai dimenticata del ritorno dei profughi, la lotta esemplare dei prigionieri politici e più in generale la battaglia contro il sionismo in tutte le sue forme.

Nonostante i numerosi appelli all’unità, provenienti in primis dai prigionieri ma anche dalle nuove generazioni palestinesi (di cui fanno parte intellettuali, universitari e gruppi progressisti), non sembra esserci la possibilità di una reale conciliazione perché alla base di questa divisione vi sono progetti del tutto differenti.

Da un lato l'Autorità Palestinese, che nasce dagli accordi di Oslo, persegue la strada dei negoziati e per fare questo deve garantire la pacificazione e il controllo sulla popolazione. E mentre i palestinesi hanno ottenuto solo briciole di territorio totalmente dipendenti dagli aiuti internazionali, Israele ha avuto mano libera nella progressiva colonizzazione e annessione della Cisgiordania.

Dall'altro lato Hamas, che si era presentato come forza alternativa agli ultimi vent'anni di accordi fallimentari, sta oggi mostrando il suo volto reazionario attraverso l’imposizione di leggi islamiche (come accade in Egitto con i Fratelli Musulmani) e sembra voler trasformare la Striscia di Gaza in un emirato gestito attraverso accordi con le potenze arabe vicine.

Ma nella società palestinese la Resistenza è ancora viva e attiva, è la resistenza di chi si oppone quotidianamente all’occupazione, alla confisca dei terreni, alla costruzione del Muro, è la resistenza dei pescatori e degli agricoltori di Gaza contro le restrizioni imposte dall’esercito israeliano, è quella stessa resistenza che ha ostacolato per oltre un secolo il disegno coloniale sionista. Vi sono ancora molte forze, in particolare quelle progressiste di sinistra, molti comitati popolari ed organizzazioni della società civile, che sostengono il progetto storico di liberazione, basato
sull'unità e l'autodeterminazione di tutto il popolo palestinese.


Diventa pertanto fondamentale dare voce a chi porta avanti quotidianamente il progetto di resistenza, e in particolare alla sinistra palestinese, di cui condividiamo le idee ed i valori. Crediamo che questo possa essere un sostegno per tutta la sinistra internazionale, che certamente risente dell'indebolimento del progressismo arabo, colpito dalle nuove pianificazioni coloniali e imperialiste.

Proponiamo di seguito alcuni punti per la costruzione di una piattaforma di lavoro condivisa in sostengo alla lotta palestinese:
 



  • fine dell'occupazione e dell'apartheid sionista
     
  • applicazione del diritto al ritorno per tutti i profughi
     
  • liberazione di tutti i prigionieri politici
     
  • sostegno alla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni, denuncia della complicità italiana ed internazionale con l'occupazione sionista
     
  • no agli accordi di Oslo, interruzione di ogni trattativa fino a quando Israele non rispetterà tutte le risoluzioni internazionali che continua a violare
     
  • totale sostegno alla Resistenza, per l'autodeterminazione dei popoli
     
RETE DI SOLIDARIETA' CON LA PALESTINA MILANO


Report dell'incontro con Michele Giorgio, giornalista de Il Manifesto (inviato in Medio Oriente): Analisi dell'attuale situazione palestinese, proiezioni future e proposte di resistenza

pc 8 giugno - A Taranto tra gli operai ilva contro il decreto Bondi - con gli operai dell'appalto ENI che bloccano i cancelli dell'appalto ad oltranza

ILVA - Martedì 11 con presidi alle portunerie A e D dell'Ilva e con un attivo serale alla sede dello slai cobas per il sindacato di classe chiameremo gli operai a far sentire la loro voce di classe di fronte al  decreto bis "salva-Riva".
Bondi commissario.. nominato prima da Riva e poi dal governo per ristrutturare l'Ilva e riconsegnarla a Riva
fa restare e in un certo senso aggrava i problemi di salute e lavoro.
Il governo e lo Stato socializzano le perdite e per tornare a privatizzare  i profitti.
Lo Stato costringe quella parte della magistratura che ha inchiodato le responsabilità di padron Riva per disastro ambientale e messo a nudo il sistema di complicità collusione politico, istituzionale, sindacale a stare
alle regole e ai limiti del gioco.
Si pone, più di prima, il problema per gli operai di sviluppare la lotta di classe e il sindacato di classe, dato che anche questa volta Fim, Fiom, Uilm hanno solo partecipato al banchetto delle chiacchiere e hanno reso invisibili e silenti gli operai, che quindi, senza la lotta, non hanno pesato affatto per una vera soluzione che partisse dagli interessi operai e popolari.
Così come si pone il problema dell'organizzazione popolare degli abitanti nei quartieri più inquinati, a partire dai lavoratori cimiteriali, organizzati tutti nello slai cobas per il sindacato di classe, dai Tamburi, fuori e contro i partiti e parlamentari tutti, complici della non-soluzione del governo.

Slai cobas per il sindacato di classe taranto
slaicobasta@gmail.com
8 giugno 2013

APPALTO ENI - Anche oggi sabato e domenica continua lo sciopero compatto dell'appalto ENI, con i blocchi della portineria "varco 3" dove entrano gli operai dell'appalto, e davanti all'ingresso principale dell'ENI. Blocchi che già da lunedì saranno estesi e induriti.
Lo slai cobas in questa vertenza chiama in causa l'ENI.
La gestione frammentata dell'appalto senza tutela dei diritti dei lavoratori, oltre che far comodo alle ditte che possono assumere personale ex novo, con meno diritti e a salari più bassi, fa comodo all'ENI per fare
appalti al massimo ribasso, i cui effetti, come si vede, vengono scaricati sui lavoratori, e non avere a che fare con una forza contrattuale dei lavoratori significativa.

QUESTA MANOVRA STA SALTANDO. GLI OPERAI, ANCHE QUELLI NON AL MOMENTO INTERESSATI AL CAMBIO DI APPALTO, SOLIDARIZZANO CON I LORO COMPAGNI DI LAVORO GIA' IN MOBILITA' O IN CASSINTEGRAZIONE, E NEI FATTISI E' DETERMINATA QUELL'UNITA' DI CLASSE CHE DITTE E ENI VOGLIONO SCONGIURARE.

LO SCIOPERO E I BLOCCHI SARANNO AD AOLTRANZA FINO A RISULTATI CONCRETI.
SE NON VI SARANNO RISPOSTE POSITIVE L'ENI ne subirà le conseguenze in termini di azioni di lotta più incisive e anche la città sarà investita.

Nello stesso tempo lo slai cobas  denuncia tutto quello di illegale che succede all'interno di questo stabilimento: ricatti verso i lavoratori dell'appalto per fare lavori pericolosi di notte con la promessa
di qualche premio; applicazione non corretta dei livelli contrattuali; straordinari a volte occultati sotto altre voci; sottorganico in alcune lavorazioni a rischio; irregolarità fiscali; ecc.

SLAI COBAS per il sindacato di classe
per informazioni immediate contattare 3403249863 (Galasso Salvatore)

TA. 8.6.13

pc 8 giugno - la più grande organizzazione sindacale di base USB tiene il suo congresso nazionale - proletari comunisti esprime il suo saluto pubblico di buon lavoro e pubblica la relazione introduttiva

Si è aperto a Montesilvano il primo congresso nazionale dell'Usb, il sindacato che ha riunito fin qui una parte rilevante del sindacalismo di base. La relazione di apertura è stata affidata a Fabrizio Tomaselli. Usb aderisce alla Federazione sindacale mondiale. In sala è presente e sta portando il suo saluto il presidente, il greco George Mavrikos, del Pame, protagonista della lunga serie di scioeri generali per contrastare la strategia di tagli imposti dalla Troika, e applicati prima dal "socialista" Papandreou e poi dal conservatore Samaras.
Prima di tutto, però, è stato rivolto un saluto alla memoria di Clemènt Meric, il giovanissimo compagno ucciso due giorni fa a Parigi da assassini neofascisti. E un messaggio di solidarietà piena e militante è stato indirizzato alla rivolta della popolazione turca contro il governo liberista-islamista di Tayyp Erdogan, tuttora in corso.

La relazione introduttiva letta da Fabrizio Tommaselli

Iniziamo questo primo congresso di USB dopo tre anni dal congresso di fondazione del 2010 e la presenza di oltre 400 delegate e delegati provenienti da tutte le regioni italiane e da tutti i settori produttivi del paese, dimostra che l'obiettivo della costruzione di un sindacato di massa, indipendente e di classe è giusto e percorribile.
Non era scontato che ci ritrovassimo qui dopo tre anni con in mano risultati concreti, con obiettivi condivisi, con una serie di grandi problemi aperti ma con opzioni e proposte di soluzione che stiamo portando avanti, soprattutto registrando ampie aspettative di tantissimi lavoratori nei nostri confronti.

Salutiamo con piacere le delegate ed i delegati, gli ospiti internazionali provenienti da molte organizzazioni sindacali europee. Il segretario della Federazione Sindacale Mondiale George Mavrikos, il PAME (Grecia), il PEO (Cipro), LAB (Paesi Baschi), SOLIDAIRES (Francia), CGTP-IN e FNSTFPS (Portogallo); come anche salutiamo e ringraziamo i rappresentanti dello Snater, della Rete 28 Aprile, del Centro Studi Cestes, del Forum Diritti/Lavoro e tanti altri ospiti ed invitati.
Quando abbiamo terminato di scrivere il documento congressuale che è stato discusso ed approvato in migliaia di congressi aziendali, di categoria e territoriali, mentre eravamo certi di non sbagliare quando affermavamo di essere e di rimanere dentro una crisi di sistema le cui conseguenze per le popolazioni interessate non potevano che appesantirsi, giustamente avevamo previsto una certa indeterminatezza negli sviluppi della situazione politica nazionale, pensando, come molti, che l'esito delle elezioni avrebbe potuto consegnare varie opzioni. Così è stato.
Quasi 5.000 congressi in aziende private e negli enti pubblici, nelle province, nelle regioni e al livello nazionale, del privato, del pubblico impiego, di ASIA, dei pensionati e del confederale, hanno dimostrato la vitalità e il radicamento di un'organizzazione che cresce e si sviluppa, che diventa ogni giorno che passa sempre più punto di riferimento nelle categorie e nei territori.

La crisi strutturale e sistemica nella quale ci troviamo ha ormai sviluppato le sue radici non soltanto nei paesi europei cosiddetti PIIGS, ma sta espandendosi anche in Francia, dove è iniziata quella recessione che in Italia dura ormai da anni e sicuramente interesserà altri paesi europei, producendo conseguenze negative sull'intero continente, e non solo. Una crisi i cui effetti non si dispiegano però in modo uniforme in Europa e che anche nei singoli paesi non è uguale per tutti.
Una crisi sistemica dalla quale il capitalismo e la finanza internazionale cercano di uscire con politiche e strumenti drammaticamente sempre più dannosi per la stragrande maggioranza dell’umanità.
Non temiamo di apparire ideologici o massimalisti se ribadiamo con determinazione che la crisi è determinata da un sistema capitalistico che non riesce più a governarsi ed a governare processi che hanno prodotto miseria disastri ambientali e guerre nell'intero pianeta con un sempre più accentuato spostamento di risorse economiche e di ricchezze dalle tasche di molti a quelle di pochi.
Non quindi una crisi contingente o ciclica, ma una crisi strutturale che mette in discussione il sistema capitalistico nel suo complesso e che per quel che ci riguarda indica il suo superamento quale passaggio fondamentale per affrancarsi dalla stessa.
Ma una uscita da questo capitalismo oggettivamente non si traduce automaticamente in uscita dal capitalismo in grado di generare effetti positivi con l'apertura di nuovi spazi democratici e di un diverso modo di produrre: al contrario può anche tramutarsi in un sistema ancor più rigido e antidemocratico. In altre parole da questa crisi si può uscire “a sinistra”, se così possiamo dire, attraverso un cambiamento radicale di sistema o “a destra” con una nuova forma di capitalismo ancor più autoritario.
Ciò che in questo ambito ci preme di più sottolineare è che gli strumenti economici, sociali e politici che via via sono stati adottati per “correggere” e salvare un sistema a nostro avviso “incorreggibile”, stanno peggiorando le condizioni di vita di milioni di donne e uomini.
Evidenti sono le conseguenze dei tentativi di salvataggio dei templi della finanza, cioè delle banche, con l'assorbimento di ricchezze enormi, sottratte ai salari, al welfare, ai beni comuni.
Ancor più evidente è l'ossessione della spending review imposta come un mantra su organi di stampa e televisioni e che sta rapidamente negando il valore sociale del welfare. La politica di austerità teorizzata da Monti e dalla BCE ed esportata in tutto il continente, insieme all'aumento dell'età pensionabile e della produttività, rappresenta la peggiore delle contraddizioni sociali.

La crisi, aggravata da politiche recessive e di austerità, ha generato una situazione sociale distruttiva, inimmaginabile soltanto alcuni anni fa, in Grecia, in Portogallo, in Irlanda e a Cipro e sta mettendo in ginocchio la Spagna e l'Italia. Ha prodotto una instabilità mondiale aggravata dai diversi equilibri economici, politici e militari, anche a seguito dell'enorme sviluppo di Paesi come la Cina, l'India e il Brasile e sta determinando un pericolosissimo clima di tensione internazionale che sempre più spesso porta a guerre, molte volte mascherate da operazioni di “polizia internazionale” o addirittura di “intervento umanitario”.
Proprio l’Unione Europea a cui è stato sorprendentemente attribuito il Nobel per la Pace, ha recentemente deciso l’invio di armi ai ribelli in Siria, nonostante sia ormai chiaro a tutti che non di rivolta siriana si tratta, che in un paese da sempre laico si sta giocando una partita anche per l’egemonia religiosa, che sono entrate in campo milizie vicine ad Al Queida, che la posta in gioco sono diventati i percorsi degli oleodotti e dei gasdotti. Anche la Turchia che da tempo cerca di ottenere il via libera all’ingresso nell’Unione Europea è oggi attraversata da un imponente movimento di lotta che sta mettendo in crisi il regime di Erdogan che risponde con una feroce repressione alle richieste di democrazia giustizia e laicità.
Ma la situazione internazionale ci racconta anche della ferocia del capitale che uccide in ogni angolo della terra in nome del profitto. Dalle donne costrette dai committenti delle grandi firme italiane a produrre in palazzi pericolanti che crollano seppellendo oltre duemila operaie in Bangladesh, ai disastri minerari in Cina, alle rivolte per migliori condizioni di vita e di lavoro in Sud Africa dove sul piano economico ancora comandano le multinazionali.
Un segnale importante di ripresa della capacità della classe di rovesciare il tavolo arriva però dall’America latina non solo attraverso l’ALBA (Alleanza Bolivariana per le Americhe) sul piano delle relazioni politico economiche tra gli stati più avanzati ma anche sul piano sindacale con la costruzione dell’ESNA Spazio Sindacale di Nuestra America, un esperimento di confronto e di dialogo costante fra organizzazioni sindacali del continente, siano esse appartenenti o meno alla Federazione Sindacale Mondiale. Un esperimento da studiare e che si potrebbe proporre anche in Europa alle organizzazioni conflittuali e di classe dentro e fuori la Federazione Sindacale Mondiale. Certo è che se vogliamo contribuire alla costruzione di un più forte sindacato internazionalista anche in Europa dobbiamo decidere di dedicarvi maggiori forze e maggiori disponibilità.

In Italia Monti ed il suo governo, appoggiato dalla stessa ampia maggioranza che oggi ritroviamo unita nel sostenere Letta e la sua strana compagine governativa, ha prodotto una situazione di crisi nella crisi, di ulteriore e il sostanziale peggioramento delle condizioni economiche e sociali di milioni di persone che a sua volta ha creato contraddizioni enormi nella società italiana.
La povertà è aumentata in modo esponenziale e milioni di famiglie non riescono più neanche a sostenere le spese sanitarie. L'inflazione, mascherata ma reale, sommandosi alla diminuzione generale dei redditi e in presenza di un numero sempre maggiore di licenziamenti, di cassa integrazione e mobilità, di contratti a tempo determinato non rinnovati, produce una forte contrazione del potere d'acquisto di salari e pensioni e l'impoverimento assoluto di chi perde il lavoro.

Di certo sono più che sufficienti i numeri, pochi ma significativi numeri, a rappresentare l'attuale situazione italiana.
In Italia da 7 trimestri, cioè dalla seconda metà del 2011, è in calo il Pil – cioè il prodotto interno lordo. Nel 1° trimestre del 2013 il calo rispetto allo stesso periodo del 2012 è del 2,3, record assoluto di sempre. Con questo dato, rispettando le politica di austerità imposte dalla BCE, è assolutamente impossibile pensare ad una qualsiasi tenuta dell'economia e difesa dell'occupazione.
Il numero dei disoccupati è infatti ormai stabilmente a due cifre ed oggi i 3 milioni senza lavoro sono pari all'11,5% della popolazione, mentre la disoccupazione giovanile ha superato il 40%.
In questo scenario, tenuto conto dell’inflazione, il potere di acquisto della famiglia media nel solo 2012 è diminuito del 4,8%.
Fra il 2007 e il 2010 il reddito dei 5 milioni di italiani che rappresentano il 10% più ricco della popolazione si è ridotto complessivamente del 3%, mentre per i 5 milioni di italiani che costituiscono il 10% dei più poveri, il calo del reddito è stato di quasi il 20%.
Nel 2007 il 10% di cittadini più ricchi guadagnava 8,7 volte di più del 10% più povero. Nel 2010 si è passati a 10,2 volte.
Il povero non perde di più solo in termini relativi, ma anche in termini assoluti. E non abbiamo dubbi che dal 2010 ad oggi la situazione è pesantemente peggiorata.
Se oggi i ricoveri e le mense della Caritas si riempiono anche di ex lavoratori, di pensionati e di lavoratori che con il loro salario non riescono ad arrivare al 15 del mese, se Emergency sta aprendo ambulatori non soltanto in Africa o in Afganistan, ma anche in Italia, ciò vuol dire che viviamo un peggioramento diffuso e progressivo delle condizioni economiche e di vita di milioni di cittadini che fa tornare alla mente il nostro dopoguerra.
Se il problema dell'abitare assume oggi una rilevanza sempre più ampia, se la gente si ammazza perché non riesce a pagare l'affitto o il mutuo senza levare il pane dalla bocca ai propri figli, se le occupazioni di case si susseguono senza sosta e coinvolgono fasce di popolazione sempre più vaste, questo significa che non esiste più quel “compromesso” sociale che, se pur ingiusto e squilibrato, rendeva possibile il mantenimento di quell'illusorio e diffuso livello di pace sociale che sopiva le contraddizioni e comprimeva il conflitto.
Le elezioni politiche di febbraio, mentre hanno cambiato radicalmente l’assetto parlamentare, paradossalmente non hanno prodotto alcun cambiamento rispetto al quadro governativo: le stesse forze che formavano la maggioranza di Monti oggi sostengono Letta. Queste elezioni ci hanno però mostrato con molta chiarezza lo stato di frammentazione sociale che pervade il nostro paese.
Una frammentazione certamente indotta dalle scelte politiche ed economiche portate aventi dai poteri forti interni e imposte dall’Europa ormai da 20 anni a questa parte che hanno accompagnato la riorganizzazione capitalistica e i suoi processi di ristrutturazione, scompaginando la vecchia composizione di classe.
Una classe media impoverita, gli stessi settori popolari, i lavoratori i giovani le donne i pensionati, quello insomma che una volta era il blocco storico della sinistra, che ne rappresentava il riferimento politico ed ideale, oggi non riescono a riconoscersi univocamente in alcuna espressione politica organizzata. Là dove gli effetti della crisi si sono acutizzati la sinistra tradizionale o radicale che dir si voglia ha mostrato tutti i suoi limiti nel rapportarsi con la nuova situazione,più attenta alla propria sopravvivenza e alle esigenze dell’apparato che a rappresentare una vera alternativa sociale. Una sinistra che avendo appaltato le politiche del lavoro alla Cgil, si è disintegrata in una corsa al “governismo” che ha progressivamente prosciugato quelle potenzialità di cambiamento che avrebbero dovuto essere alla base delle sue politiche.
Assistiamo così al crescere esponenziale dell’aerea dell’astensione o del rifugio in movimenti come il 5 Stelle che presentandosi come antisistema e alternativo alla casta ha raccolto milioni di consensi ma che oltre ad esprimere forti ambiguità e contraddizioni dal punto di vista sociale e sindacale, rischia di essere ininfluente.
In generale è fallito anche il progetto politico della Camusso, di Bonanni e di Angeletti di costruire un'alleanza “amica” intorno al polo MONTI/PD e quello della FIOM di andare alla costruzione del partito del lavoro.
Nuove esperienze e movimenti, si stanno affacciando nello scenario della sinistra con l'obiettivo di rappresentare prioritariamente il mondo del lavoro e del non lavoro che costituisce il fulcro di quel blocco sociale più sfruttato e meno rappresentato.
Rispetto a questi nuovi e ai vecchi movimenti e partiti USB deve mantenere la propria indipendenza pratica e di giudizio, senza però evitare il confronto che, al contrario, deve svilupparsi in modo ampio ed articolato.
La crisi dicevamo ha accentuato il dato dell’ingovernabilità, solo apparentemente ricomposta con il governo PD/PDL imposto come Monti dagli stessi sponsor internazionali politici ed economici, uguale ancora il garante istituzionale, cioè Napolitano.
Ma soprattutto uguale è il programma politico ed economico che rappresenta il programma delle banche e della finanza internazionale, della BCE, della Comunità europea e del Fondo Monetario Internazionale.
Mentre diventa sempre più evidente che i poteri reali non si trovano più nella dimensione nazionale ma travalicano l’Europa diventa tragica illusione credere di poter salvaguardare gli interessi e i bisogni della stragrande maggioranza della nostra società senza mettere in discussione il ruolo brutale dei tecnocrati e delle istituzioni di Bruxelles, le loro scelte economiche e politiche che disegnano un processo di costituzione di un nucleo forte dell’Unione Europea a scapito dei paesi più in difficoltà anche attraverso l’acquisizione di servizi pubblici a rete, di filiere industriali e di grandi istituiti bancari.

Un processo che necessita di uno stretto controllo sui paesi più deboli dell’Euro, di una stretta autoritaria nei modelli politici ed istituzionali e su tutti gli aspetti della vita sociale, a cominciare dai diritti del lavoro e dalla democrazia sindacale come quello rappresentato dal vergognoso accordo sulla rappresentanza siglato da CGIL CISL UIL e Confindustria il 31 maggio scorso che non a caso diventa la premessa anche delle controriforme costituzionali con la prefigurazione del presidenzialismo.
Avevano il 33% ora si vogliono garantire il 100% di rappresentanza. Non è il caso qui di entrare in una disamina approfondita di quest’accordo, ma quello che possiamo dire è che contro di esso va condotta una campagna e una mobilitazione eccezionale.
All’autoritarismo in campo politico si accompagna quindi l’involuzione autoritaria in campo sindacale con cui si tenta di espungere il conflitto e quelle organizzazioni sindacali come la nostra che lo praticano ma soprattutto che rappresentano agli occhi dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari/e, dei senza casa, dei migranti, che si può fare, che non tutto è predeterminato e fissato, che se ci organizziamo, se smettiamo di affidarci a sindacati che ormai sono espressamente al servizio del padronato, se connettiamo le lotte, in una parola se ci riprendiamo la nostra dignità e solleviamo la testa, ce la possiamo fare.
Per questo però è necessaria una forte organizzazione, con una consolidata identità basata sul rifiuto di ogni logica di compatibilità, delle logiche del mercato, di ogni patto tra produttori, degli accordi del 28 Giugno 2012 che, badiamo bene, non hanno cancellato il CCNL, ma ne hanno fatto uno strumento di regolazione della frammentazione e della flessibilità delle condizioni salariali e normative, pronto a permettere qualunque esigenza produttiva.

Non è più tempo di limitarsi alla critica o a praticare il più uno rispetto a CGIL CISL UIL. Il ruolo di queste organizzazioni, complici del disastro sociale attuale, va smascherato con forza. Bisogna indicare con chiarezza ai lavoratori che la riaffermazione dei loro diritti parte dalla loro disgregazione, compresa la CGIL e la FIOM , il cui segretario generale è arrivato a giudicare positivo l’accordo sulla rappresentanza. Da tempo abbiamo dato un giudizio definitivo sull’irriformabilità anche della stessa CGIL .Da tempo abbiamo indicato la strada della costruzione del sindacato di classe, indipendente dai padroni e dai partiti come unica possibilità di raccogliere le forze necessarie a rovesciare il tavolo delle compatibilità. La presenza a questo congresso di oltre 400 militanti del conflitto sindacale e sociale, in rappresentanza di migliaia di luoghi di lavoro, di lavoratrici e lavoratori, disoccupati, precari, migranti, di chi lotta per il diritto alla casa e al reddito è la dimostrazione che questa strada è percorribile. Noi riteniamo che l’accordo sulla rappresentanza scriva la parola fine, anche per chi ancora milita nelle organizzazioni concertative, sulla illusione che sia possibile continuare la battaglia al loro interno. Il nostro congresso auspica l’apertura di una serrata discussione tra i compagni e le compagne che oggi ancora militano nelle organizzazioni concertative affinché maturi la convinzione della necessità della rottura politica con quell’idea di sindacato, rottura da praticare nelle forme e nei tempi possibili ma da praticare. Questa rappresenterebbe un vero e proprio fatto politico nel Paese e potrebbe dare nuovo slancio al rafforzamento del sindacato di classe in Italia.E’ l’assunzione di una grande responsabilità politica quella che chiediamo ma assicuriamo a questa ipotesi di lavoro tutto il nostro sostegno e il nostro impegno.
L’ultimo velo è caduto e oramai è chiaro a tutti che non hanno fatto un buon servizio ai lavoratori e alle lavoratrici coloro i quali in questi anni hanno spacciato la FIOM come il baluardo contro la Confindustria, la FIAT e le scelte antipopolari dei vari governi. Oggi la FIOM difende e apprezza un accordo che fa a pezzi la democrazia e che tenta di rendere immutabile il monopolio di Cgil, Cisl e Uil, ma che ci apprestiamo a combattere con tutte le nostre forze.

La realtà sta facendo giustizia di tante mistificazioni ma ciò non ci può bastare. C’è uno spazio da occupare e noi siamo pronti come abbiamo detto, a impegnarci per riempirlo insieme a quanti vorranno con noi seguire la strada dell’ indipendenza e dell’alternativa sindacale; c’è un lavoro anche culturale da intensificare valorizzando al contempo quanto quest’organizzazione, pur con tutti i suoi limiti, sa produrre sul piano delle analisi e delle lotte.
Per noi il tempo della faticosa ma entusiasmante costruzione del conflitto si è aperto da tempo: faticosa perché in un paese come il nostro dove, a differenza di tanti altri nella stessa area europea/mediterranea, l’effervescenza sociale non si è manifestata in termini generali, le nostre strutture hanno dimostrato una capacità critica e pratica di resistenza in molti nodi dell’attacco padronale: dal San Raffaele all’ILVA, dagli innumerevoli e sempre riusciti scioperi del TPL, a quelli del trasporto aereo, agli straordinari successi nelle elezioni delle RSU alle COOP e in molte altre aziende private, alle lotte dei migranti a Torino, alle occupazioni delle case a Roma ed in altre città, alle ormai quotidiane iniziative e lotte del P.I., dei Vigili del Fuoco. Veramente un elenco troppo lungo da richiamare. Si tratta semmai di attrezzarci per sostenerle sempre meglio, di aiutarle a entrare in connessione, nella costruzione territorio per territorio di reti di solidarietà attiva.

Dopo 3 anni USB c'è, si vede e si fa sentire. E' diventato un punto di riferimento stabile e credibile per un numero sempre maggiore di lavoratrici e lavoratori e si propone come reale alternativa sindacale a Cgil, Cisl e Uil. Questa valutazione positiva deve spingerci ad un lavoro sempre più incisivo e concreto nelle aziende, nei territori, a livello generale e confederale, ma non deve impedire un bilancio reale, aperto e trasparente anche sulle cose che non hanno funzionato, su quelle che non siamo riusciti ancora a realizzare completamente o quelle che, pur se progettate e messe in pista, non sono ancora decollate del tutto.
Sinteticamente possiamo dire che non sono mancate le idee, le analisi ed i progetti, ma la scomposizione di classe, la solitudine che ancora circonda troppe lotte, la loro parzialità ci deve spingere a costruire un intervento sindacale confederale complessivo che abbia le caratteristiche della generalità e della continuità, ossia la capacità di coniugare gli aspetti che emergono dai territori e dalle categorie con percorso sindacale in grado di delineare un intervento generale sulle politiche nazionali e sui principali aspetti della vita economica e sociale a livello nazionale ed internazionale.
Questo Congresso deve rappresentare una svolta decisiva nella direzione della costruzione di una reale confederalità; un giro di boa nella ricerca della forma politica ed organizzativa più adeguata che ci permetta di superare il particolarismo che spesso contraddistingue l'attività delle nostre strutture e limita l'intervento di carattere generale dell’USB.
Altro elemento critico sul quale riflettere è rappresentato dalla necessità del rafforzamento dell'organizzazione, cioè di quegli strumenti indispensabili che, insieme alle risorse economiche, permettono all'attività sindacale vera e propria di dispiegare tutte le proprie potenzialità. Più volte abbiamo discusso e dibattuto sulla necessità, soprattutto in una fase difficile come l'attuale e in presenza di un attacco pesante portato al sindacalismo conflittuale e indipendente sul tema della democrazia e della rappresentanza, di rafforzare l'organizzazione sia in termini concreti e materiali, sia di identità e di consapevolezza collettiva sulle difficoltà e sugli obiettivi che incontriamo tutti i giorni nel perseguirli.
Anche su questo tema il documento congressuale indica una strada che è quella del progressivo miglioramento del livello organizzativo, sia in termini di risorse impiegate a livello confederale, sia nell'individuazione di specifiche capacità/responsabilità attraverso la costruzione dei Dipartimenti, a cominciare proprio da quelli che si occuperanno dell'organizzazione, della gestione delle risorse economiche e soprattutto della gestione delle relazioni tra livello nazionale confederale, le Federazioni regionali ed i territori provinciali.

La Confederalità Sociale deve essere vissuta ancora come sperimentazione in quanto, anche se in alcuni territori è ormai una realtà, non siamo ancora riusciti a realizzazione compiutamente un modello esportabile e ripetibile. Nonostante la convinzione comune sia che la Confederalità Sociale rappresenta la nuova frontiera dove il sindacato dovrà cimentarsi e contaminarsi con approcci e pratiche più legate al sociale, ai territori, al precariato e al non lavoro, le difficoltà sono evidenti e in questa fase non possiamo che confermare la sperimentalità di tale processo. Insieme a ciò dobbiamo però rendere più efficaci gli strumenti attraverso i quali affrontiamo questo campo di intervento. La maggiore diffusione e lo sviluppo di ASIA non soltanto nell'ambito del diritto alla casa e l'ipotesi di definizione del “delegato territoriale”, rappresentano l'espressa volontà dell'intera Confederazione di sviluppare l'intervento sociale e farlo convivere con l'attività sindacale classica.
Da sempre il capitale cerca di mettere in contrapposizione ed in competizione i lavoratori e le lavoratrici di paesi diversi. Come abbiamo già affermato nel documento congressuale “un sindacato di classe non può che essere internazionalista” e a tale scopo la nostra attività in ambito internazionale sta progressivamente assumendo dimensioni e qualità significative. L'adesione ed il lavoro all'interno dell'FSM si stanno rivelando per USB impegnative e faticose, ma sicuramente importanti per lo sviluppo dell'attività sindacale che in Europa ha ormai una valenza ed una prospettiva principalmente continentale e legata alla legislazione e alla regolamentazione comunitaria.
Il nostro lavoro internazionale dovrà quindi svilupparsi e conseguentemente dovrà impegnare un numero maggiore di compagne e compagni non solo in ambito confederale ma anche nelle categorie.

La formazione e la comunicazione, lungi dall'essere temi tecnici o esclusivamente organizzativi, stanno assumendo un ruolo fondamentale in USB. Dobbiamo impegnare maggiori risorse ed utilizzare al meglio quelle di cui disponiamo, dobbiamo raggiungere e coinvolgere l'intero sindacato, dobbiamo esprimere e far emergere una identità che all'esterno sia visibile con chiarezza e continuità.
Dobbiamo imparare tutti ad utilizzare i nuovi strumenti di comunicazione della rete e al tempo stesso progredire nell'ambito della formazione attraverso l'utilizzo sempre più ampio del Centro Studi Cestes.
Questi due temi, comunicazione e formazione, sono essenziali per procedere all'individuazione e alla costruzione di nuovi quadri sindacali che siano poi alla base del rinnovamento dei gruppi dirigenti.
L'argomento che però più di tutti è al centro della discussione di questo Congresso e di tutte le fasi che portano a questa tre giorni di lavoro è costituito dal cambio di passo che dobbiamo effettuare sul crinale della democrazia, della rappresentanza e dell'approccio al conflitto sociale quale strumento di misurazione e di cambiamento dei rapporti sociali, cioè in sintesi ….. come ROVESCIARE IL TAVOLO!

In ambito sindacale ciò si traduce essenzialmente in due principali elementi di riflessione e di analisi.
Da una parte la pratica del conflitto deve rappresentare l'approccio che USB deve adottare in tutte le sue attività sindacali. Naturale è l'approccio conflittuale nelle lotte, nelle manifestazioni e nello sciopero; più difficile invece quando si è in trattativa, quando c'è e può ancora portare risultati positivi. E' soprattutto quando si è al tavolo della trattativa che si deve concretizzare quel Rovesciare il Tavolo che non vuol dire rinunciare al confronto con le controparti, ma che deve riuscire a far emergere quella radicalità che ci contraddistingue e che enunciamo sempre ma molte volte esitiamo a praticare. Non può esserci esito positivo di una trattativa se questa non scaturisce da un percorso di lotta e di partecipazione dei lavoratori.
D'altra parte la crisi che blocca i contratti e chiude le aziende, il ruolo sempre più dannoso dei sindacati “collaborativi”, l'involuzione delle cosiddette “relazioni industriali” che si limitano ormai ad una verifica notarile di quanto deciso dalle aziende, rende il confronto classico tra le parti sociali un rituale quasi sempre inutile e spesso dannoso e rivaluta invece in modo significativo il conflitto quale strumento di riequilibrio nei rapporti di forza in termini negoziali e generali.
Tante altre sono certamente le criticità ed i lati in penombra che dobbiamo affrontare e risolvere. Molti sono stati discussi nei congressi di categoria ed in quelli territoriali confederali, altri saranno oggetto di questo Congresso, altri ancora si sono conclusi con la decisione di alcune compagne e compagni di lasciare USB. Tali defezioni, è bene sottolinearlo, sono state molto più che compensate dall'adesione di tante altre realtà di lavoro che hanno deciso di percorrere insieme a noi la strada dell'indipendenza e della costruzione di USB. Soprattutto è comunque necessario rappresentare con chiarezza che chi ha deciso di lasciare USB lo ha fatto perché il percorso unitario che abbiamo intrapreso e che è per se stesso garanzia di indipendenza, di conflittualità e soprattutto di solidarietà interna, evidentemente confliggeva con la loro visione di un sindacato aziendalista o chiuso nel proprio territorio o appendice politica di questo o quel movimento o partito politico.

Infine, l'iniziativa di USB nell'ambito del No Debito e del NO MONTI, a partire dalle grandi manifestazioni di Milano e di Roma, le uniche che abbiano avuto parole d’ordine il rifiuto del debito, la lotta contro i trattati europei, l’opposizione radicale ad un’Europa basata sulla dittatura dei mercati e delle banche e sull’ossessione monetarista, dimostrano la vitalità di questa organizzazione sindacale e la richiesta di un nuovo protagonismo che rafforzi l'attività sindacale e al tempo stesso delinei un intervento sociale sui territori e a livello nazionale. Iniziative che hanno prodotto effetti sicuramente positivi, comunicando all'esterno una immagine di USB positiva, radicale, forte e propositiva.

Si è creato tra l'altro un sistema di relazioni che ha coinvolto anche il lavoro del Forum Diritti/Lavoro e che ha permesso un positivo rapporto anche con le compagne ed i compagni della Rete28Aprile con i quali condividiamo molte iniziative sia a livello nazionale, sia territoriale.

Nel complesso quindi un bilancio positivo di questi primi tre anni di lavoro di USB. Sicuramente tre anni difficili nei quali mentre si costruiva un sindacato che vuole essere alternativa reale a Cgil, Cisl e Uil, si è intervenuti in migliaia di vertenze aziendali, territoriali e nazionali, contro accordi indicibili e leggi ancor più penalizzanti per i lavoratori.

Tre anni nei quali si è imparato a lavorare positivamente anche tra chi proveniva da diverse esperienze.

Tanti sono gli ulteriori argomenti che meriterebbero uno spazio adeguato in questa relazione introduttiva, dalle politiche delle categorie del pubblico e del privato alle decisioni sullo sviluppo di particolari comparti e settori al loro interno, dalle vertenze significative ai positivi riscontri in tantissime elezioni RSU, dall'evoluzione e dalla maturazione dell'intervento nei territori all'impegnativo lavoro sui migranti, dalle questioni economiche al ruolo dei servizi che il sindacato fornisce ai lavoratori, a tante altre attività che quotidianamente svolgiamo come USB.
Non è nostra intenzione ripetere quanto già scritto all'interno del documento congressuale che, approvato dai nostri iscritti è e rimane lo strumento principale di lettura e di analisi della fase e che delinea gli obiettivi che ci vogliamo dare per i prossimi anni.
Ciò che invece intendiamo ribadire con forza è che con questo congresso dobbiamo dotarci di una linea programmatica unitaria, di una chiave di lettura comune, di obiettivi condivisi che costituiscano la base per riuscire a completare ciò che abbiamo iniziato a costruire tre anni fa: il sindacato che serve! Che serve alle lavoratrici ed ai lavoratori, a coloro che il lavoro lo hanno perso, ai pensionati che non arrivano a fine mese, ai precari che non hanno certezze e ai migranti che pagano la crisi più di altri, ai disoccupati e a tutti quei giovani che non riescono a vedere un futuro.
Lavorare quindi con entusiasmo e con determinazione per affrontare il quotidiano perché i bisogni sono tali e tanti da rendere necessario un intervento ora e subito. Ma lavorare anche con un respiro più ampio, traguardando il nostro impegno verso l'obiettivo più generale e complessivo di cambiamento di un sistema economico e sociale che comprime diritti e democrazia, che è sempre più iniquo e sbagliato e che rende sempre più poveri e sfruttati milioni di persone.

Dobbiamo mettere in discussione l’architettura del lavoro e del sistema economico e sociale italiano, attraverso l'adozione di un programma, quello che riportiamo nel documento congressuale, che per essere realizzato necessita di convinzione e condivisione. Un programma di lotta e di crescita di un’opzione avanzata di sindacato di classe che in parte già pratichiamo. Un programma che dobbiamo condividere, sviluppare, rendere credibile, e soprattutto praticare insieme a chi, nell'ambito sindacale, del lavoro e dell’intervento sociale, dimostra di avere i nostri stessi obbiettivi generali e la stessa pratica del conflitto.
  • Lotta all’Unione Europea, ai diktat della BCE, al ricatto del debito. Per la cancellazione dei trattati europei, a partire dal Fiscal compact.
  • No alle politiche e alle logiche basate sul mercato. Vogliamo un forte impegno dello stato nelle politiche economiche attraverso il ritorno ad un concreto ruolo pubblico e attivando processi di nazionalizzazione che coinvolgano i settori produttivi e i servizi strategici.
  • Basta con le politiche sindacali difensive e di “riduzione del danno”. Sarebbe necessaria una riscrittura completa della legislazione sul lavoro, abolendo la precarietà, ripristinando il diritto al lavoro buono, di qualità, sicuro e adeguatamente retribuito, cancellando l’accordo sulla produttività. Prevedendo forti penalizzazioni per le aziende che delocalizzano la produzione. Ripristinando ed estendendo l'art.18. Sbloccando i contratti. Prevedendo aumenti salariali consistenti e in paga base, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, la reintroduzione di una indicizzazione automatica dei salari, degli stipendi e delle Pensioni, il riassorbimento al lavoro per precari, lavoratori in mobilità e licenziati.
  • Ci vuole democrazia sul lavoro che vuol dire maggiori diritti e più potere contrattuale dei lavoratori. Dobbiamo battere gli accordi di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria e continuare ad indicare con determinazione la via di una legge su rappresentanza e rappresentatività sindacale che garantisca le libertà dei lavoratori sul posto di lavoro, la possibilità di poter scegliere da chi essere rappresentati, il pluralismo e la democrazia.
  • Difendiamo e chiediamo un forte impulso della scuola e della ricerca pubblica. Rilanciamo la battaglia per un sistema di soccorso nazionale realmente pubblico affidato ai vigili del fuoco.
  • Il salario non è più soltanto salario diretto. E' necessario il ripristino del controllo pubblico sulle tariffe dei servizi e dei beni di prima necessità e l'istituzione del reddito minimo garantito. Ma anche il diritto all’abitare per tutti, la cancellazione delle tasse sulla casa di abitazione, il riuso del patrimonio sfitto, il rilancio della funzione calmieratrice del mercato immobiliare degli enti previdenziali, lo stop agli sfratti e alle vendite, il riconoscimento del diritto alla casa per tutti gli occupanti.
  • Ribadiamo il nostro No deciso alle privatizzazioni e alle esternalizzazioni che stanno distruggendo le attività produttive e le condizioni di lavoro. E' indispensabile la reinternalizzazione di tutti i servizi pubblici, un forte ed esclusivo finanziamento della sanità, del sistema scolastico, dei trasporti pubblici, la difesa dei beni comuni dai continui tentativi di privatizzazione.
  • Vogliamo difendere e rilanciare la previdenza pubblica per ottenere pensioni eque e sufficienti che rispettino il diritto ad una vecchiaia dignitosa. No alla controriforma sulle pensioni che costringe al lavoro fino a 70 anni. Ribadiamo il no ai fondi pensione, prevedendo la possibilità di rinuncia per chi vi ha aderito.
  • Rivendichiamo la cancellazione della legge Bossi Fini, diritti uguali per i migranti e la chiusura dei CIE, il diritto all’asilo per i rifugiati e profughi insieme a quello della cittadinanza di residenza per i bambini nati in Italia.
  • Per un internazionalismo concreto. Basta spese per armamenti e missioni di guerra.
  • Ambiente e salute sono punti fondamentali che non possono soltanto essere evocati, ma vanno affrontati anche a costo di rischiare la contraddizione tra lavoro e salute come sta avvenendo all'Ilva di Taranto e in tante altre fabbriche italiane. Lotta senza quartiere, quindi, alla devastazione dell’ambiente e forte sostegno e partecipazione alle lotte per impedire grandi opere costose, inutili e a grave impatto ambientale.
Questi in sintesi i punti del programma contenuto nel documento congressuale approvato. Da questo congresso vogliamo e dobbiamo però uscire non soltanto con analisi generali corrette e con un programma di lavoro di tendenza.
Al contrario vogliamo far emergere alcuni temi prioritari che proponiamo alla discussione di questa tre giorni a Montesilvano e che, se approvati, dovranno caratterizzare la nostra attività sin dal 10 giugno.
Per questo abbiamo individuato e proponiamo schematicamente 5 principali campagne che dovranno poi essere meglio articolate ed argomentate, sostenute da mobilitazioni specifiche, da petizioni e iniziative pubbliche.

Occupazione – Lo Stato e le sue articolazioni territoriali devono tornare ad avere una funzione di rilancio dell'occupazione attraverso lo sviluppo del welfare, dei beni culturali, della cura e della messa in sicurezza del territorio, della difesa dell’ambiente, dello sviluppo del turismo, della valorizzazione dei beni comuni, della lotta all’abusivismo e all’evasione ecc.- e utilizzando anche lo strumento della nazionalizzazione per garantire il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali e l'intervento economico diretto in aziende e settori strategici quasi tutti.
Pensiamo ad una vasta campagna intorno a una piattaforma che potrà prevedere anche una partecipazione attiva attraverso una proposta di Legge di iniziativa popolare o una petizione e che preveda la costruzione di comitati di sostegno di lavoratori, di disoccupati, precari e studenti. Per intenderci una legge 285/75 in salsa XXI secolo.

Orario di lavoro e contratti Una campagna che rilanci in primo luogo la parola d’ordine della riduzione dell’orario di lavoro: 32 ore per tutti pagate 40 visto lo sviluppo dell’automazione e delle tecnologie che invece di ridurre il tempo di lavoro hanno prodotto riduzione di addetti; forte recupero salariale cominciando a rinnovare i contratti scaduti e predisponendo piattaforme contrattuali di categoria e una piattaforma generale sul salario.

Casa e reddito - Una campagna sul diritto all’abitare che, grazie all'attività di ASIA, è già avanti nella sua costruzione. Stop alla cementificazione, riuso dello sfitto, requisizioni, politica degli affitti. Sul reddito dobbiamo costruire una proposta che preveda un concreto sostegno al reddito con integrazione/sostituzione del salario, tariffazione sociale, ecc..

Pensioni - il primo provvedimento assunto da Hollande appena eletto è stato quello di riportare a 60 anni per tutti l’età per andare in pensione. Questo deve essere il principale obbiettivo di questa campagna insieme alla garanzia per tutti gli esodati presenti e futuri.

Libertà e democrazia per le lavoratrici e i lavoratori nei luoghi di lavoro
Campagna informativa e di mobilitazione contro gli accordi che Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, sostenuti dal governo e dalla maggioranza delle forze politiche hanno predisposto, a cominciare dall'accordo del 31 maggio scorso che è in perfetta sintonia con quello del 28 giugno 2011, per ridurre le libertà di lavoratrici e lavoratori e permettere alle aziende di imporre una rappresentanza sindacale precostituita in modo non democratico.

Dobbiamo costruire informazione e mobilitazioni in ogni città e in ogni azienda sul tema della democrazia e delle libertà sui posti di lavoro. Dobbiamo costruire un fronte il più ampio possibile e a questo scopo proponiamo la costituzione di Comitati a difesa della democrazia e della libertà sui posti di lavoro. Dobbiamo spingere per una legge sulla rappresentanza e la democrazia sui posti di lavoro, ritornare a raccogliere le firme sulla nostra proposta di legge e portare avanti un'offensiva nei confronti del Parlamento e delle forze politiche. Dobbiamo sviluppare e approfondire, insieme al Forum Diritti/Lavoro, a giuristi e costituzionalisti, gli aspetti legali, primo fra tutti il tema della incostituzionalità insita nell'accordo del 31 Maggio.

Il nostro obiettivo è quello della costruzione di un sindacato generale, indipendente, conflittuale, democratico e di classe, un sindacato accogliente ed inclusivo ma al tempo stesso organizzato e fedele ai propri principi. Un sindacato aperto ai soggetti frutto della nuova composizione e scomposizione di classe che riesca a dare risposte non soltanto sul piano prettamente sindacale ma anche su quello sociale e generale.
Si tratta di una strada difficile che abbiamo intrapreso e che dobbiamo continuare a percorrere con umiltà ma con la piena consapevolezza delle aspettative che esistono ormai nei confronti di USB e del ruolo che questo sindacato può svolgere, non soltanto in termini sindacali difensivi, ma anche come motore e modello di soggetto che lotta per un reale cambiamento sociale.
Nei prossimi mesi ed anni non aspettiamoci una uscita morbida da questa crisi: la protesta e il dissenso aumenteranno insieme a povertà e disperazione. Ma non basta dissentire: dobbiamo raccogliere questa protesta e organizzarla.
Dobbiamo ricostruire fiducia e forza nel movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, dobbiamo contrapporci con forza ai processi di riorganizzazione e di sfruttamento messi in campo dal capitale: per fare questo è indispensabile che il dissenso si trasformi in conflitto organizzato.

Per questo siamo disposti a ROVESCIARE IL TAVOLO!
7.6.13
  

pc 8 giugno - legge sulla rappresentanza sindacale - lo slai cobas per il sindacato di classe ha fatto appello a una giornata nazionale di lotta in giugno - proletari comunisti la sostiene pubblicando materiali utili provenienti dal movimento sindacale di opposizione alla legge

La Rete28Aprile ha sviluppato un'attenta analisi del recente "accordo epocale" sulla rappresentanza sindacale: "un sistema autoritario e burocratico di controllo sul lavoro".

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UN SISTEMA AUTORITARIO BUROCRATICO E CENTRALIZZATO DI CONTROLLO SUL LAVORO


COMMENTO AL PROTOCOLLO D'INTESA CGIL CISL UIL CONFINDUSTRIA


TESTO DELL'ACCORDO:

Con la presente intesa le parti intendono dare applicazione all’accordo del 28 giugno 2011 in materia di rappresentanza e rappresentatività per la stipula dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, fissando i principi ai quali ispirare la regolamentazione attuativa e le necessarie convenzioni con gli enti interessati.

Le disposizioni della presente intesa si applicano alle Organizzazioni firmatarie e sono inscindibili in ogni parte.

Commento:

L'accordo del 28 giugno 2011 autorizza le deroghe, cioè i peggioramenti, dei contratti nazionali ed è bene ricordare che l'articolo 8 della legge Sacconi autorizza anche a fare accordi che peggiorano la legge, compreso lo Statuto dei lavoratori. Questa intesa non mette alcun limite a ciò che imprese e maggioranze sindacali possono concordare.

Le convenzioni con gli enti pubblici coinvolti, INPS e CNEL, implicano soldi pubblici e quindi leggi che ne autorizzino la spesa. Quindi l'accordo vale solo per i firmatari, ma la legge usa i soldi di tutti per finanziarlo.

In sintesi il trucco di fondo è che questo è un accordo che dovrebbe impegnare solo CGIL CISL UIL e Confindustria , ma si applica a tutti e vincola tutti. Anche sulle deroghe a leggi e contratti. Questo non è un accordo sul diritto dei lavoratori a decidere liberamente chi li rappresenta e cosa deve fare, ma un patto tra CGIL CISL UIL e Confindustria per dirigere insieme e dall'alto tutto il sistema dei rapporti di lavoro e impedire ogni dissenso.


TESTO DELL'ACCORDO:

Misurazione della rappresentatività.
  1. Come definito al punto 1 dell’accordo 28 giugno 2011, la certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, ai fini della contrattazione collettiva di categoria, assume i dati associativi riferiti alle deleghe relative ai contributi sindacali conferite da lavoratrici e lavoratori e i consensi ottenuti (voti espressi) dalle organizzazioni sindacali in occasione delle elezioni delle RSU.
  2. Il numero delle deleghe viene acquisito e certificato dall’INPS, tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens), predisposta a seguito di convenzione fra Inps e le parti stipulanti il presente accordo. L’INPS, una volta elaborato il dato di rappresentatività relativo ad ogni organizzazione sindacale per ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro di competenza, lo trasmetterà al CNEL.

Commento:

Qui c'è il comma 22, clausola assurda inventata in un famoso film. Per essere al tavolo dei contratti devi contare le deleghe certificate presso l'INPS, ma per avere il diritto a raccogliere le deleghe devi essere già firmatario di contratti. Quindi i non firmatari di contratti e di questo accordo sono esclusi in partenza dal tavolo. Tutti i riferimenti successivi al 5% per essi non valgono, perché non possono neanche partecipare alla conta.

Domanda. Cosa succede alla FIOM, che non è firmataria degli ultimi contratti nazionali e quindi oggi non ha il diritto alle deleghe certificate, ma attraverso la CGIL è firmataria di questo accordo? Ci vorrà chiaramente un accordo specifico, che probabilmente FIM UILM e Federmeccanica esigeranno, con cui la FIOM dichiara di accettare i contratti nazionali che finora non ha firmato. A meno che non valga il principio del silenzio assenso, cioè la firma della CGIL vale come firma della FIOM ai contratti separati e la FIOM tace e acconsente.

È bene sottolineare che questo sistema di registrazione delle deleghe è lento e richiede adempimenti burocratici autorizzati dalla legge. Ci vorrà tempo e nel frattempo chi fa i contratti che scadono? CGIL CISL UIL firmatarie di questo accordo e eventualmente UGL e sindacati padronali.


TESTO DELL'ACCORDO:
  1. Ai fini della misurazione del voto espresso da lavoratrici e lavoratori nella elezione della Rappresentanza Sindacale Unitaria varranno esclusivamente i voti assoluti espressi per ogni Organizzazione Sindacale aderente alle Confederazioni firmatarie della presente intesa. Lo stesso criterio si applicherà alle RSU in carica, elette cioè nei 36 mesi precedenti la data in cui verrà effettuata la misurazione. Laddove siano presenti RSA, ovvero non vi sia alcuna forma di rappresentanza, sarà rilevato il solo dato degli iscritti (deleghe certificate) per ogni singola organizzazione sindacale.
Commento:

L'accordo legittima la presenza delle RSA, non elette su base proporzionale, ma divise un terzo per uno tra i tre firmatari e nominate senza voto. Dove ci sono restano, non c'è alcun impegno al loro superamento e infatti si contano gli iscritti e non i voti, in piena applicazione del 28 giugno 2011 che ha rilanciato il ruolo delle RSA.


TESTO DELL'ACCORDO :

I dati relativi ai voti espressi, come risultanti dai verbali di elezione delle RSU, saranno raccolti, se possibile, tramite i Comitati Provinciali dei Garanti di cui all’accordo interconfederale 20 dicembre 1993, o analogo organismo , e trasmessi al CNEL. Il CNEL raccoglierà i dati relativi ai voti per ambito contrattuale e per organizzazione e, unitamente ai dati relativi agli iscritti ricevuti dall’INPS, ne effettuerà la ponderazione al fine di determinare la rappresentanza per ogni singola organizzazione sindacale aderente alle Confederazioni firmatarie della presente intesa e per ogni contratto collettivo nazionale di lavoro.

Commento:

I voti se possibile vengono raccolti dai comitati provinciali, se non possibile non si sa da chi.... Chi raccogli i voti poi li manda al CNEL, dunque i firmatari dell'accordo sono anche quelli che raccolgono i risultati elettorali...i controllati fanno anche i controllori..

Poi i firmatari si misurano contratto per contratto, non categoria per categoria. Siccome i contratti della industria sono decine e decine avremo una miriade burocratica di rappresentanze, che serviranno a far pesare ancora di più il ruolo accentratore di CGIL CISL UIL.


TESTO DELL 'ACCORDO:
4.
La certificazione della rappresentatività di ogni singola organizzazione sindacale aderente alle Confederazioni firmatarie della presente intesa, utile per essere ammessa alla contrattazione collettiva nazionale, così come definita nell’intesa del 28/6/2011 (ossia il 5%), sarà determinata come media semplice fra la percentuale degli iscritti (sulla totalità degli iscritti) e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU (sul totale dei votanti), quindi, con un peso pari al 50% per ognuno dei due dati.

Commento:

Qui torna il comma 22. Per firmare i contratti devi andare al tavolo, ma per andare al tavolo devi già aver firmato questo accordo.

In ogni caso poi la conta si fa per metà sulle deleghe e metà sugli iscritti. Questo vuol dire che chi non ha iscritti certificati, e per averli deve essere firmatario di contratti, deve prendere il doppio dei voti. In questo caso per accedere al tavolo ci vorrebbe non il 5 ma il 10 %. E viceversa chi ha il 50, ma non ha iscritti certificati, al tavolo pesa per il 25%. Cosa significa tutto questo?Tante cose, ad esempio che la FIOM o firma i contratti che finora non ha firmato, per farsi certificare le deleghe da padroni e INPS, oppure sarà di partenza in netta minoranza ad ogni tavolo di trattativa.


TESTO DELL'ACCORDO:

  1. Fermo restando quanto già sopra definito in materia di RSU, nonché quanto previsto dall’accordo del 28/6/2011, le parti convengono che:
  • viene confermato il principio stabilito nell’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993, ossia che le organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie della presente intesa, o che comunque ad essa aderiscano, partecipando alla procedura di elezione delle RSU, rinunciano formalmente ed espressamente a costituire RSA ai sensi della legge n. 300/70;
  • le organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie della presente intesa, o che comunque ad essa aderiscano, nelle realtà in cui siano state o vengano costituite le RSU, si impegnano a non costituire RSA;
  • In ragione della struttura attuale della rappresentanza, che vede la presenza di RSU o RSA, il passaggio alle elezioni delle RSU potrà avvenire solo se definito unitariamente dalle Federazioni aderenti alle Confederazioni firmatarie il presente accordo.
  • le RSU scadute alla data di sottoscrizione dell’intesa saranno rinnovate nei successivi sei mesi;
  • le RSU saranno elette con voto proporzionale;
  • il cambiamento di appartenenza sindacale da parte di un componente la RSU ne determina la decadenza dalla carica e la sostituzione con il primo dei non eletti della lista di originaria appartenenza del sostituito.

Commento:

Prima di tutto si afferma il principio che anche per partecipare alle elezioni delle RSU bisogna aderire alla intesa e quindi accettare i vincoli di esigibilità che poi sono definiti. Dove ci sono già le RSU si continua in generale a rieleggerle, ma dove ci sono le RSA nominate si può passare alle RSU solo con l 'accordo di tutti e tre i firmatari, basta un veto, ad esempio della UIL, e non si vota mai. In una fase di ristrutturazione industriale di esternalizzazione e di chiusura di aziende è molto probabile che le RSA si diffondano. Se poi si pensa che nelle aziende Confindustria le RSU sono più diffuse, mentre nei servizi e nel commercio ci sono soprattutto RSA, con questo accordo CGIL CISL UIL rinunciano definitivamente ad estendere le RSU in tutti i luoghi di lavoro.

Infine c'è la vergognosa clausola capestro sui delegati eletti. Se cambiano appartenenza sindacale decadono e vengono sostituiti con i primi dei non eletti nella lista sindacale di vecchia appartenenza. Se un delegato diventa scomodo per la sua organizzazione questa lo caccia e lo sostituisce. Se poi è anche scomodo per il padrone...diventa un semplice lavoratore senza più le tutele sindacali...

Il tanto esaltato sistema proporzionale puro, senza il terzo di nominati, nasconde la realtà opposta: i delegati sono tutti nominati dalle segreterie e se sgarrano sono fuori. Questo è il PORCELLUM SINDACALE.


TESTO DELL'ACCORDO:

7. Confindustria, Cgil, Cisl e Uil si impegnano a rendere coerenti le regole dell’accordo interconfederale del dicembre 1993, con i suddetti principi, anche con riferimento all’esercizio dei diritti sindacali e, segnatamente, con quelli in tema di diritto di assemblea in capo alle Organizzazioni sindacali firmatarie della presente intesa, titolarità della contrattazione di secondo livello e diritto di voto per l’insieme dei lavoratori dipendenti.

Commento:

È una clausola di rinvio a futuri accordi e di solito queste clausole portano guai.

Pare di capire che si vorrà togliere alle RSU il diritto di convocare assemblee retribuite, che sulla base dell'accordo del 93, spetta a loro per 7 su 10 ore all'anno, inoltre si devono definire i meccanismi di controllo su chi sta e cosa si fa al tavolo aziendale, e ci si riserva ancora di decidere sul diritto di voto dei lavoratori. Quindi vale il più volte richiamato accordo 28 giugno 2011, che non prescrive il voto dei lavoratori sugli accordi aziendali, ma affida la decisione alla maggioranza delle RSU.

In sintesi le rappresentanze aziendali sono semplicemente commissariate dai sindacati firmatari e la contrattazione aziendale è solo un sottoprodotto del contratto nazionale, che viene regolato nei commi seguenti. È parte del sistema della esigibilità e delle deroghe. E i lavoratori non hanno il diritto al voto.


TESTO DELL'ACCORDO :

Titolarità ed efficacia della contrattazione

  1. Sono ammesse alla contrattazione collettiva nazionale le Federazioni delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo che abbiano, nell’ambito di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tale fine la media fra il dato associativo (percentuale delle iscrizioni certificate) e il dato elettorale (percentuale voti ottenuti su voti espressi).
  2. Nel rispetto della libertà e autonomia di ogni Organizzazione Sindacale, le Federazioni di categoria - per ogni singolo CCNL - decideranno le modalità di definizione della piattaforma e della delegazione trattante e le relative attribuzioni con proprio regolamento.
In tale ambito, e in coerenza con le regole definite nella presente intesa, le Organizzazioni Sindacali favoriranno, in ogni categoria, la presentazione di piattaforme unitarie.

3. Fermo restando quanto previsto al precedente punto 1, in assenza di piattaforma unitaria, la parte datoriale favorirà, in ogni categoria, che la negoziazione si avvii sulla base della piattaforma presentata da organizzazioni sindacali che abbiano complessivamente un livello di rappresentatività nel settore pari almeno al 50% +1.

Commento:

I sindacati di categoria di CGIL CISL UIL decidono le regole per e tra di loro. Si raccomanda la piattaforma unitaria, ma se non ci si mette d'accordo vale solo la piattaforma dei sindacati che sono la maggioranza e la minoranza deve accettarla. Sulla presentazione della piattaforma non sono previsti consultazione e voto dei lavoratori, decidono tutto le organizzazioni.È bene sottolineare che CISL e UIL, con questo metodo di calcolo della rappresentanza, assieme sono maggioranza rispetto alla CGIL quasi dappertutto. Forse la FIOM è maggioranza, ma solo se certifica tutte le deleghe, cioè se firma i contratti separati che sinora ha rifiutato. Quindi nella presentazione delle piattaforme CISL e UIL hanno il pallino in mano e i lavoratori non giocano.


TESTO DELL'ACCORDO:

4.I contratti collettivi nazionali di lavoro sottoscritti formalmente dalle Organizzazioni Sindacali che rappresentino almeno il 50% +1 della rappresentanza, come sopra determinata, previa consultazione certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, a maggioranza semplice - le cui modalità saranno stabilite dalle categorie per ogni singolo contratto – saranno efficaci ed esigibili. La sottoscrizione formale dell’accordo, come sopra descritta, costituirà l’atto vincolante per entrambe le Parti.

5.Il rispetto delle procedure sopra definite comporta, infatti, oltre l’applicazione degli accordi all’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici, la piena esigibilità per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie della presente intesa. Conseguentemente le Parti firmatarie e le rispettive Federazioni si impegnano a dare piena applicazione e a non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti.

Commento:

Qui c'è quello che viene considerato il maggiore successo di CGIL e FIOM, il voto dei lavoratori. In realtà qui non c'è nulla di positivo per i lavoratori, mentre si definisce ciò che i padroni considerano il loro grande risultato: l'esigibilità degli accordi.

Il contratto è valido quando lo sottoscrive la maggioranza dei sindacati di CGIL CISL UIL e viene confermato dalla maggioranza semplice dei lavoratori. I lavoratori sono consultati secondo regole diverse tra categoria e categoria, concordate tra loro tra i sindacati.

La consultazione certificata di solito non è il referendum, ma il voto in assemblea registrato su verbale. Basta la maggioranza semplice, quindi in una categoria di centomila addetti se votano solo diecimila persone vale la maggioranza tra queste. Il voto certificato ha come problema che sono i dirigenti sindacali che certificano, nessun criterio di trasparenza e controllo della correttezza del voto è annunciato, anzi ancora una volta i controllati sono anche i controllori. Una volta così approvato, l'accordo è esigibile, cioè vincolante per tutti i firmatari e si applica anche a chi non è iscritto a CGIL CISL UIL. I firmatari non possono fare azioni di contrasto, cioè provare in qualche azienda a migliorare le parti negative di un contratto.


TESTO DELL'ACCORDO:
  1. I contratti collettivi nazionali di categoria, approvati alle condizioni di cui sopra, dovranno definire clausole e/o procedure di raffreddamento finalizzate a garantire, per tutte le parti, l’esigibilità degli impegni assunti e le conseguenze di eventuali inadempimenti sulla base dei principi stabiliti con la presente intesa.
  2. Le parti firmatarie della presente intesa si impegnano a far rispettare i principi qui concordati e si impegnano, altresì, affinché le rispettive strutture ad esse aderenti e le rispettive articolazioni a livello territoriale e aziendale si attengano a quanto concordato nel presente accordo.
  3. Le parti sono impegnate, nel rispetto di quanto definito, a monitorare la puntuale attuazione dei principi qui concordati, nonché a concordare modalità di definizione di eventuali controversie sorte come conseguenza della loro concreta applicazione.


CONFINDUSTRIA CGIL CISL UIL

ROMA 31 MAGGIO. 2013


Commento e conclusioni:

L'accordo si conclude con l'annuncio del sistema di polizia che sarà realizzato per rendere effettiva la esigibilità.

Dirigenti della FIOM della CGIL hanno detto che non ci sono le sanzioni, È FALSO.

I contratti nazionali di categoria DOVRANNO definire clausole di raffreddamento, cioè che impediscano lo sciopero e l'azione legale. Se non fai queste clausole non c'è il contratto.

Con queste clausole si definiscono anche le conseguenze, cioè le sanzioni, cioè le punizioni per chi non rispetta la esigibilità. CGIL CISL UIL hanno il compito di esercitare il controllo politico e la funzione di polizia sulle strutture nazionali di categoria, che controlleranno allo stesso modo le strutture sindacali territoriali, che faranno lo stesso con i delegati di fabbrica. Mai un sistema autoritario e centralizzato è stato definito con tanta chiarezza. Una volta si diceva i lavoratori devono decidere tutto, con questo accordo decidono tutto CGIL CISL UIL dopo aver tutto concordato con i padroni.

Come è stato scritto da più parti, se tre anni fa fosse stato in vigore questo accordo, la FIOM avrebbe dovuto firmare l'accordo FIAT a Pomigliano. Per questo oggi il SI all'accordo del gruppo dirigente FIOM e di quello della CGIL è una resa.

Questo accordo viola la Costituzione in quanto toglie ai lavoratori la libertà di scegliere chi li rappresenta. Prima si accetta di non scioperare e di obbedire e poi si hanno i diritti sindacali. La maggioranza dei sindacati firmatari decide sui contratti e la minoranza può solo piegarsi.

Questo accordo è fatto per imporre la flessibilità totale, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la obbedienza dei lavoratori a qualsiasi comando del padrone. Altrimenti perché la Confindustria dovrebbe mostrarsi così felice di aver ottenuto la esigibilità degli accordi?

Se i lavoratori vorranno fermare la devastazione delle loro condizioni e ricominciare ad avere salario, diritti e potere, per prima cosa dovranno rovesciare questo vergognoso accordo.

Ci vuole una legge che cancelli questo accordo e che garantisca la democrazia sindacale come diritto delle lavoratrici e dei lavoratori.i.

Rete 28 Aprile