sabato 18 maggio 2013

pc 18 maggio - NO MUOS militarizzazione di tutta la Sicilia

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La scelta della base militare di Sigonella per “ospitare” 500 marines delle truppe di rapido intervento Usa non fa che incrementare la micidiale presenza nella nostra isola di basi di guerra, che seminano quotidianamente morte, non solo fra le popolazioni colpite dagli interventi “umanitari” Usa-Nato, ma anche fra le popolazioni limitrofe al proliferare di basi ed esercitazioni di guerra in tutta la Sicilia.


Il Pentagono ha già trasferito da Rota (Spagna) i 500 marines per intervenire nel caso di nuovi attacchi al personale diplomatico Usa in Libia;l'unità è dotata degli aerei da trasporto Bell Boeing CV-22 Osprey. Si tratta di un "convertiplano" (un bi-turboelica in grado di decollare come un elicottero e poi volare come un normale aereo). L'Osprey è in grado di trasportare fino a 24 soldati completamente equipaggiati alla velocità massima di 509 chilometri orari. La decisione arriva direttamente dalla Kelley Barracks di Stoccarda, sede del Comando Africano degli Stati Uniti, dove passano tutte le decisioni (e le autorizzazioni) per le operazioni e le esercitazioni militari che si svolgono in Africa. In questo senso, le truppe a stelle e strisce di stanza nell'Isola fungerebbero da testa di ponte per le attività Usa in Africa.
Già da qualche mese, precisamente dallo scorso ottobre, dopo l'uccisione dell'ambasciatore degli Stati Uniti Chris Stevens, gli Usa avevano spostato a Birgi (Trapani) un primo comando, lo squadrone dei Combat Rescue, soldati scelti, ben addestrati, messi in campo per le missioni più complicate, come penetrare dietro le linee nemiche. Le loro "misteriose" esercitazioni nelle campagne di Corleone e Contessa Entellina erano state segnalate da alcuni contadini della zona spaventati dalla presenza dei Black Hawk, i possenti elicotteri corazzati, nei loro terreni. Una vicenda che aveva suscitato la protesta dei sindaci e delle autorità locali che non erano stati avvisati delle manovre militari.
Dal potenziamento della base di Sigonella - che entro il 2017 diventerà la capitale mondiale dei droni, gli aerei senza pilota, che da mesi costringono i voli di linea a procedure eccezionali in fase di decollo e atterraggio (NOTAM), con gravi disagi e minacce alla sicurezza dei voli civili a Fontanarossa - ai caccia bombardieri che affollano Trapani Birgi (gli ultimi otto velivoli Eurofighter Typhoon sono stati consegnati i primi di gennaio) assistiamo ad una crescente militarizzazione dei nostri territori con la possibilità che diverse aree a verde agricolo siano trasformate in zone edificabili per fare spazio a nuovi residence per ospitare i militari e le loro famiglie: basta pensare al progetto - già approvato e poi stoppato - di abbattere l'agrumeto di contrada Scirumi, a Lentini, per fare spazio a un residence militare. Oramai la nostra isola, in base agli interessi geo-strategici statunitensi,sta diventando una mega-portaerei Usa- Nato per le guerre imperialiste del terzo mollennio.
A 30 anni dalle grandi mobilitazioni popolari contro gli euromissili a Comiso, la lotta che si sta vivendo a Niscemi per impedire la costruzione del micidiale MUOS e per lo smantellamento delle 46 antenne NRTF è una tappa fondamentale per imporre la smilitarizzazione dei nostri territori a partire dalla Sughereta e per conquistare il rispetto della sovranità popolare, sempre più calpestata da chi ci ha finora governato, a livello nazionale e regionale, svendendo agli interessi bellici Usa-Nato i nostri diritti (garantiti dalla Costituzione, art.11 e 32) alla salute ed a un futuro libero dalle guerre.
La Sicilia non è zona di guerra, via le basi Usa dalla nostra terra!
Comitato di base NoMuos/NoSigonella- Catania

pc 18 maggio - Videla - un boia criminale dell'imperialismo è morto

Il lurido boia Videla muore di vecchiaia e non impiccato e trucidato dalle masse come doveva essere se non avesse goduto della protezione dell'imperialismo, della borghesia compradora argentina ad esso asservita e del Vaticano, il cui degno esponente argentino Bergoglio è oggi addirittura Papa...



trentamila desaparecidos, ottomila omicidi, i terribili racconti che abbiamo ascoltato dalla voce rotta dei rifugiati argentini, i filmati delle coraggiosissime madri della Piazza di Maggio,

Il pugno nello stomaco, la scarica elettrica data dai suoi scherani alle migliaia di scomparsi e sopravvissuti infliggeva quel terribile dolore fisico che generazioni di torturati hanno subìto e subiscono dagli oppressori. Ma la nausea, il senso di morte senza la morte che gli stessi superstiti ai mille “Garage Olimpo” hanno narrato ha rinnovato a lungo la perversione e l’ignavia dei piccoli Videla disseminati in una società che per viltà, identificazione, superficialità, perversione sosteneva il piano del massacro giustificato dalla voglia d’ordine....

pc 18 maggio - a Roma in piazza a sfilare con la FIOM ma il "nemico interno" è alla testa del corteo


"Basta. Non possiamo più aspettare". Dietro questo striscione si apre il corteo nazionale della Fiom, che da piazza della Repubblica sfila fino a piazza San Giovanni, Migliaia le persone ("Siamo centomila" dicono i dirigenti del sindacato) in marcia al ritmo di fischietti e tamburi, guidate in prima linea dalle donne operaie di Bologna, seguite dallle loro colleghe e dai loro colleghi di tutta l'Emilia che vanta una partecipazione altissima con 40 pullman arrivati nella capitale. In testa, per lunga parte del corteo, anche il segretario e Gino Strada.
 Tanti gli slogan. "Basta licenziamenti, meno orario più salario" invoca un cartello.


"Non è una manifestazione contro qualcuno" ha ripetuto ancora Landini, ma una mobilitazione convocata dal sindacato dei metalmeccanici per rimettere al centro dell'agenda politica e del dibattito il tema del lavoro e fermare le politiche di austerità. La Fiom ha stilato anche una sorta di appello programmatico con gli obiettivi da raggiungere: riconquistare il diritto del e nel lavoro; la riconversione ecologica del nostro sistema industriale per valorizzare i beni comuni acqua, aria e terra; un piano straordinario d'investimenti pubblici e privati e il blocco dei licenziamenti anche attraverso l'incentivazione della riduzione dell'orario con i contratti di solidarietà e l'estensione della cassa integrazione; un contratto nazionale che tuteli i diritti di tutte le forme di lavoro con una legge sulla democrazia che faccia sempre votare e decidere i lavoratori; un reddito per
una piena cittadinanza di inoccupati, disoccupati e studenti; fare in modo che la scuola, l'università e la sanità siano pubbliche e per tutti; combattere le mafie e la criminalità organizzata che si sono infiltrate sia nella finanza che nell'economia; la rivalutazione delle pensioni e per un sistema pensionistico che riconosca la diversità tra i lavori; un'Europa fondata sui diritti sociali e contrattuali, su un sistema fiscale condiviso e sul diritto di cittadinanza e sulla democrazia delle istituzioni.
presente il Movimento 5 Stelle,

Per Sel sono presenti il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore e Titti di Salvo. C'è anche l'ex tuta bianca Luca Casarini ed è atteso anche il segretario del Partito Democratico Guglielmo Epifani. Per il partito democratico hanno dato singola adesione anche Fabrizio Barca e Sergio Cofferati. In piazza anche il magistrato Antonio Ingroia, leader di Azione civile.


pc 18 maggio - la lotta classista e combattiva degli operai della logistica di Vignate ottiene un risultato positivo parziale - contro isteria, crumiraggio della CGIL al servizio del padrone

La dura lotta degli operai della logistica di Vignate (MI) organizzati nello 
Slai cobas per il sindacato di classe, durata ininterrottamente per due 
giorni con occupazione, blocchi dei carrelli e blocco di fatto dell'80% 
dell'attività dei magazzini, ha conseguito poco fa un buon risultato, anche se parziale. 
  
L'azienda, che aveva chiamato la polizia contro i lavoratori in sciopero, che 
aveva addirittura minacciato di disdire i contratti di appalto e quindi di
mettere tutti i lavoratori fuori, ha dovuto accettare l'incontro col sindacato che i lavoratorisi erano scelti e che attualmente è di fatto, in questa cooperativa, l'organizzazione sindacale maggiormente 
rappresentativa, dopo che tanti operai sono passati dalla Cgil allo Slai cobas SDC. 

Sabato, prossimo (prima del previsto calo di lavoro comunicato dalla Lombardini) 
vi sarà l'incontro sulle richieste salariali e di garanzia della continuità lavorativa, 
ma al centro della discussione vi sarà, come è stato in questi 
giorni di lotta, la richiesta del riconoscimento pieno dello Slai cobas SDC 
e i relativi diritti sindacali: assemblea sul posto di lavoro, delegati, ecc. 

Gli operai hanno interrotto il presidio/occupazione, solo dopo aver avuto la 
garanzia che non vi sarà nessuna ritorsione verso i lavoratori che hanno dato vita alla mobilitazione.

La costante presenza di carabinieri e digos all'interno del magazzino,  non ha scalfito 
la determinazione ferma degli operai, che di fatto ha impedito che ci fossero azioni di forza. 
E' stata una delegazione dei lavoratori, invece, accompagnata da una responsabile dello 
Slai cobas SDC ad andare questa mattina, durante i blocchi, a fare un esposto sulla situazione lavorativa 
nel magazzino alla Guardia di Finanza. 
  
Squallido il comportamento della Cgil che ha tentato di dividere e 
contrapporre lavoratori a lavoratori, dicendo in giro che gli scioperanti 
stavano mettendo a repentaglio tutto l'appalto ed arrivando a tentare  
di fare una raccolta di firme tra i lavoratori di dissociazione dallo sciopero. 
  
Uno sporco gioco che non gli è riuscito. 

Ora, rimane da verificare l’esito dell'incontro di sabato. 
Questa lotta ha rafforzato gli operai e se non ci sono reali risultati, la lotta riprenderà.



SLAI COBAS per il sindacato di classe


16 maggio 2013 ore 18,30 


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  ISTERIA CGIL CONTRO lo slai  COBAS: NEGATO IL DIRITTO AL LAVORO NEI MAGAZZINI LD - CGIL CRUMIRI AL SERVIZIO DEL PADRONE invocano lo stato e preparano una nuova legge fascista sulla rappresentanza


 Filt Cgil contro Slai Cobas. “Ancora una volta – si legge in una nota della Filt – l’organizzazione  SLAI COBAS blocca i magazzini della catene LD dei lavoratori della logistica. Succede a Vignate,  30 attivisti dello Slai COBAS con prepotenze e minacce occupano le strumentazioni dei magazzini, atteggiamento da condannare senza esitazione. ,  ma in queste ore un gruppo di lavoratori nega il diritto per la maggioranza degli addetti di prestare regolarmente il proprio lavoro producendo un danno economico ai lavoratori.....In queste ore i lavoratori esclusi dal lavoro hanno firmato un appello alla società LD perché ripristini la legalità nei suoi magazzini”. “Non è la prima volta che assistiamo a comportamenti dello Slai COBAS contro i lavoratori . A  dirlo è Ettore Montagna, segretario FILT CGIL Lombardia – Oggi negano il diritto al lavoro per decine di lavoratori Noi continuiamo a batterci per la legalità del settore e contro il lavoro nero a tutela dei lavoratori. Speriamo che a breve possano esistere regole sulla rappresentanza che rendano nulli accordi firmati da un sindacato che rappresenta una sparuta minoranza del settore.”
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venerdì 17 maggio 2013

pc 17 maggio - Napoli la repressione poliziesca, spalleggiata dai fascisti non deve passare - assemblea il 20 maggio


Le manganellate agli studenti del 7 maggio, prima in piazza Plebiscito con la provocazione e l'appoggio di fascisti/camorristi  ben noti e poi con le cariche improvvise dirette dal vicequestore Fiorillo su via San Sebastiano nel pomeriggio, hanno accelerato una riflessione già presente tra una serie di realtà del movimento napoletano. Non solo sul nesso tra crisi e repressione, sull'irrigidirsi delle logiche repressive che procede di pari passo con l'impossibilità di governo politico del disagio sociale e delle sue istanze.

Ma anche sulla necessità di rivendicare, tutelare e ampliare gli spazi di agibilità delle lotte sociali e in particolare le pratiche di riappropriazione contro la crisi, a partire dalle nuove occupazioni sociali o abitative. Proprio quelle esperienze che, stando a recenti segnali, rischierebbero una nuova offensiva da parte di Questura e Prefettura. Negli ultimi anni abbiamo assistito in città a una progressiva blindatura del diritto al dissenso e dei diritti della protesta sociale.

A una proliferazione di dispositivi repressivi e "intimidatori", sia amministrativi che penali, sia infine nei termini di misure "preventive" di  restrizione della libertà individuale con formule sempre più invasive e surreali. Ad esserne bersaglio i soggetti che animano le rivendicazioni sociali dal basso nella città, a partire dai movimenti dei disoccupati e dei precari, degli studenti, dei lavoratori di aziende in crisi.

Eppure le lotte non si sono fatte intimidire, le piazze continuano a essere il luogo dove denunciare che il re è nudo e il governo liberista della crisi non sa dare alcuna risposta sociale. Negli ultimi mesi, dopo le mobilitazioni d'autunno in tutta italia contro la precarietà, anche a Napoli si sono moltiplicate le iniziative di occupazione e autogestione di palazzi abbandonati, mense dismesse, spazi in disuso come modalità di autodifesa sociale dagli effetti della crisi. Difendere questi primi risultati è tutt'uno con la necessità sociale di moltiplicarli, per passare dalla resistenza all'attacco. Noi difendiamo il diritto alla vita, alla libertà, all'emancipazione sociale, alla fine dello sfruttamento e della precarietà. Sono i signori della crisi e i loro apparati che devono preoccuparsi invece della potenza sociale che può sprigionarsi dalle contraddizioni che le loro stesse ingiustizie alimentano. Perchè un altro mondo è possibile!

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Sulla base di questi due punti, della lotta alla repressione per la difesa degli spazi di agibilità delle lotte e della riproduzione e moltiplicazione di pratiche di riappropriazione contro la crisi, la proposta è riprendere un percorso comune che porti a una giornata in piazza giovedi 30 maggio nel centro di Napoli, con un concerto, interventi, video e mostre sugli episodi repressivi, ma anche sulle esperienze delle realtà di lotta presenti. E poi una possibile manifestazione presumibilmente  venerdi 5 giugno. Nei limiti delle disponibilità e delle forze disponibili alcuni compagni proponevano anche altre iniziative ed azioni per animare questo percorso. Mentre una serie di appuntamenti esterni (ad esempio le serate organizzate da artisti vicini al movimento nelle piazze universitarie tipo il 24 maggio) possono essere occasione di comunicazione e pubblicizzazione del percorso

Su questa proposta invitiamo tutte le realtà  di movimento ad intervenire in questo confronto. La prossima riunione è lunedi 20 maggio alla Mensa Occupata di via Mezzocannone alle ore 18.

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C'è un ulteriore grave notizia  ed è quella arrivata ieri sera del pestaggio di un compagno delle realtà studentesche, riconosciuto e aggredito ai quartieri spagnoli da alcuni scagnozzi tra quelli che in piazza Plebiscito il 7 maggio hanno dato man forte alla polizia. Il risultato  sono stati ben 5 punti di sutura alla bocca!

pc 17 maggio - ancora polizia contro gli operai - contro i cassintegrati di Pomigliano d'arco


Momenti di tensione a Pomigliano tra un gruppo di una ventina di operai in cassa integrazione della Fiat e la polizia, dopo che i cassintegrati ed i licenziati dello stabilimento - che avevano annunciato per oggi un presidio di protesta - si erano posizionati sulla carreggiata stradale nei pressi della fabbrica cercando di bloccare l'accesso alle vetture.
I manifestanti sono stati spinti via dalla polizia che li ha obbligati a spostarsi ad un lato della carreggiata. Gli operai hanno percorso a ritroso la strada per cercare di bloccare le auto, tentativo impedito anche in questo caso dagli agenti della polizia.
I cassintegrati hanno poi raggiunto la villa comunale, forzando la serratura di un locale di proprietà del Comune, e prendendone possesso. Alcuni manifestanti hanno scritto "i cassaintegrati fiat okkupano" sulle pareti esterne del locale«In questa sede - hanno annunciato - effettueremo le nostre assemblee». La porta del locale è stata chiusa con un catenaccio. Alla manifestazione partecipano operai in cassa integrazione e alcuni aderenti ai centri sociali.

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pc 17 maggio - Il Movimento No Tav sui fatti degli ultimi giorni


Tre giorni continui di attacchi mediatici e politici alla Valle di Susa e al movimento no tav. Proviamo per punti a raccontare la cruda realtà: - L’azione di lunedì notte non è stata rivendicata, le uniche notizie che rimbalzano sui giornali arrivano direttamente dalla questura e dall’interno del cantiere.

- La realtà è che non ci sono stati feriti e l’attacco è avvenuto alle cose e non alle persone. Un compressore annerito è l’unico “ferito”. Un po’ poco per giustificare un “tentato omicidio” a meno che anche il compressore sia considerato un operaio del cantiere.

- Quando il ministro degli interni  Alfano, seguito dal solito coro bipartisan, parla “di atto terroristico e “ricerca del morto” o non sa di cosa parla o lo sa benissimo  e falsifica deliberatamente i fatti reali, usando lui sì, toni terroristici.

-Noi temiamo che qualche povero cristo ci lascerà davvero le penne immolato sull’altare della “ragion di stato” e non per mano dei NO TAV, ma per cancellare i NO TAV dalla Storia e tutto questo ricorda maledettamente la “strategia della tensione” degli anni ’70 e 80.

- Ribadiamo che il tagliare le reti e il colpire macchinari sono azioni non violente.

- Il giorno dopo l’azione il piccolo presido no tav a ridosso delle reti è stato completamente devastato (da chi? visto che lì o ci sono i no tav o le forze dell’ordine?)… ma nessuno chiaramente ne parla…

- Ci chiediamo dove siano stati i ministri in questione che oggi sputano dure sentenze, quando le forze dell’ordine picchiavano e lanciavano lacrimogeni contro manifestanti inermi.

- Ci chiediamo dove fosse lo Stato quando la polizia  compì un tentato omicidio durante lo sgombero della baita Clarea nel febbraio 2012, senza neanche fermare i lavori.

- Denunciamo come pretestuosa e intimidatoria la richiesta del senatore Stefano Esposito di procedere contro il giornalista Fabrizio Salmoni per “Istigazione a delinquere e minacce”, per il suo articolo “C’è lavoratore e lavoratore: per esempio ci sono i crumiri”, ampiamente ripresa dai giornali e TV, mistificando il reale contenuto dell’articolo.

- Il ministro degli interni dovrebbe preoccuparsi delle ditte che lavorano all’interno del cantiere: l’altro ieri è arrivata la Pato Perforazioni di Rovigo: ditta a cui il 13 marzo è stata tolta la certificazione antimafia e guarda caso adesso lavora al cantiere della Maddalena aggiungendosi alle già molte altre ditte che hanno subito condanne in via definitiva per bancarotta fraudolenta, tangenti..ecc ecc.

- Così facendo svendono la nostra terra ai soliti mafiosi impuniti, sono complici della distruzione irreversibile della Val Clarea e in altre porzioni della valle, infischiandosene della vita e del futuro di chi la abita.

- Se pensano di intimorirci con le loro dichiarazioni roboanti si sbagliano. Noi a Chiomonte continueremo ad andarci e inizieremo da venerdì con l’inizio della tre giorni di campeggio, che è un anticipo della lunga estate di lotta che il movimento no tav sta organizzando

16 maggio 2013
Movimento NOTAV

pc 17 maggio - contro il razzismo di Stato, di governo, leghista, fascista, grillista

Kabobo è stato ridotto all'emarginazione e alla disperazione

i morti di Milano sono sulla coscienza di questo Stato, delle leggi razziste, delle bestie razziste coperte da politici razzisti

E' ora i responsabili di tutto questo fanno i forcaioli, aizzano la gente, vogliono leggi ancora più speciali, negano ancor più diritti degli immigrati..

Pisapia il 'sindaco progressista' vuole l'esercito nelle strade.     E infine Grillo, un razzista qualunque


Grillo punta sempre più sull’elettorato spaventato dalla crisi e orientato su posizioni xenofobe. L’ultimo post sul suo blog parla alla pancia e sobilla le pulsioni più inquietanti dell’opinione pubblica quando avverte: “attenti allo straniero”.Cos’è il razzismo? Attribuire dei fatti, degli eventi, delle caratteristiche di una o più persone a tutta la sua ‘razza’. E così se un immigrato ghanese fuori di testa esce in strada a Milano e prende a picconate i malcapitati passanti, il problema non è l’autore del gesto, ma diventa un popolo intero. I Ghanesi, perché Kabobo era ghanese, o per estensione meglio ancora tutti gli africani. O perchè no tutti gli stranieri.
E’ esattamente l’operazione che fa Beppe Grillo nel breve post pubblicato ieri sul suo (purtroppo) lettissimo blog. Un’operazione razzista da manuale, di quelle che raccolgono consensi trasversali ed entusiastici in una opinione pubblica sempre più spaventata da crisi, disoccupazione e mancanza di prospettive. E che piuttosto che arrabbiarsi e mobilitarsi contro chi li obbliga alla disperazione sociale preferisce prendersela con chi sta anche solo un po’ peggio, con chi ha qualche diritto in meno e quindi difficilmente si può difendere. E’ più facile che prendersela con i potenti, e meno rischioso, non c’è il pericolo di farsi male.
Qualcuno ha detto di Grillo che quando qualcuno insiste sul fatto che non è né di destra né di sinistra spesso è uno di destra. Non è un caso che sullo Ius Soli Grillo sia in compagnia di personaggi come Gasparri o Borghezio. Personaggi che non avrebbero saputo approfittare meglio di alcuni fatti di cronaca nera che hanno avuto per protagonisti alcuni immigrati.
D’altronde ieri sera, mentre il post razzista faceva il pieno di visite sul blog a cinque stelle, l’ex comico si avviava a tenere i suoi comizi negli ex feudi leghisti. Dove il suo movimento ha fatto già il pieno di voti alle scorse elezioni politiche, raccogliendo i consensi di decine di migliaia di ex leghisti in cerca di un approdo più sicuro ma altrettanto soddisfacente dal punto di vista delle pulsioni xenofobe e degli interessi di bottega. Per molti di questi ex leghisti non pentiti il nuovo leader non ha nulla da invidiare a quelli vecchi caduti in disgrazia, Senatur in testa. Ai loro occhi, grazie ad un’attenta opera di propaganda di Grillo, Casaleggio e del loro staff, il Movimento Cinque Stelle appare come una Lega all’ennesima potenza.
Quando parla di questi temi Grillo dimostra di avere nel suo Dna una visione del mondo e della società profondamente reazionaria.
Che poi molti elettori progressisti scontenti dei partiti della sinistra allo sbando considerino entusiasticamente l’M5S una forza democratica se non addirittura antagonista è il trucco alla base del successo della creatura di Grillo. Che manda un giorno un messaggio di destra e il giorno dopo uno di sinistra, che è di destra su un tema e di sinistra su un altro, che è di destra in un territorio e di sinistra in un altro. Di modo che ognuno, in una società atomizzata, vede ciò che vuol vedere e ciò che vuol sentire, e così il movimento incassa successi su successi sfruttando l’ambiguità del proprio messaggio.

Di seguito, per chi non volesse andare direttamente sul blog di Grillo, il post razzista. In cui manca, ovviamente, ogni riferimento a episodi di cronaca nera simili a quello che ha avuto per protagonista il nero ‘sporco e cattivo’ richiamato nel titolo. Praticamente ogni giorno qualche folle ammazza moglie e figli in qualche località italiana, per non parlare di coloro che, in preda a un qualche raptus, scatenano la loro rabbia omicida nei confronti di ignari passanti. Sono fatti che hanno a che fare con ragioni psicologiche e psichiatriche, con un contesto sociale fatto di crisi e alienazione, e che vanno esaminati uno per uno, riportati alle condizioni specifiche che li generano.
Ma nell’economia del discorso razzista episodi simili vengono aggregati e valutati in maniera diversa. Amplificando quelli che hanno per protagonisti soggetti ‘stranieri’, nascosti quelli compiuti da italianissimi cittadini.

Quanti sono i Kabobo d'Italia? Centinaia? Migliaia? Dove vivono? Non lo sa nessuno.
Via Melzo, Milano, un cittadino portoghese originario dell'Angola, stacca a un passante un orecchio a morsi. Prosegue poi per Porta Venezia dove picchia una persona all'uscita dalla metropolitana. Sale su un convoglio e alla fermata di Palestro aggredisce a testate, calci e pugni un ragazzo. Risalito in superficie, raccoglie un mattone e lo tira in faccia a un sessantenne che portava a spasso il cane. Gli spacca il setto nasale e gli procura un vasto ematoma all'occhio. Viene arrestato e dopo un meserilasciato in libertà. Il pensionato lo ha rivisto nel suo quartiere e si è rifugiato in macchina. Il cane si è dato alla fuga.
Niguarda, Milano, un cittadino ghanese, già identificato per atti violenti, tra i qualil'aggressione alla Polizia a Bari-Palese insieme ad altri immigrati, e per questo incarcerato per sei mesi,uccide a picconate tre persone e ne ferisce altre tre. Kabobo, senza dimora, senza un lavoro, gira da tempo per l'Italia indisturbato.Kaboboaveva chiesto asilo politico dopo essere sbarcato a Lampedusa, nel 2011, status che gli era stato negato. Ma l’immigrato aveva presentato ricorso sul quale i giudici non si sono ancora pronunciati e pur irregolare non poteva essere espulso. Kabobo ha trascorso la notte prima dei delitti nei ruderi di villa Trotti,un'area abbandonata al centro del quartiere Niguarda. Era stato identificato il 16 aprile dai Carabinieri.
Castagneto Carducci, un senegalese,Ablaye Ndoye, spacciatore, è arrestato per l'omicidio di Ilaria, una ragazza di diciannove anni, picchiata durante un tentativo di stupro con tale violenza da farlasoffocare dal sangue delle ferite al setto nasale. Ablaye era irregolare con provvedimento di espulsione.
Tre casi diversi. Un comunitario portoghese che doveva (deve) stare in carcere, qui o al suo Paese, e comunque va reimpatriato. Un ghanese che doveva essere considerato sorvegliato speciale per la sua violenza. Un senegalese il cui decreto di espulsione non è mai stato applicato.
Chi è responsabile? Non la Polizia che più che arrestarli a rischio della vita non può fare. Non la magistratura che è soggetta alle leggi. Non il Parlamento, che ha fatto della sicurezza un voto di scambio elettorale tra destra e sinistra e ha creato le premesse per la nascita del razzismo in Italia.
Nessuno è colpevole, forse neppure Kabobo. Se gli danno l'infermità mentale presto sarà di nuovo un uomo libero.Di queste poche righe intrise di luoghi comuni e di razzismo da quattro soldi le frasi peggiori sono quelle che mirano a instillare nel lettore l'ansia e la paura. Come quella che apre il post: "Quanti sono i Kabobo d'Italia? Centinaia? Migliaia? Dove vivono? Non lo sa nessuno". Ma come ha ricordato qualcuno in questi giorni riportando alla memoria l'episodio in cui, nel 2009, fu un italiano a prendere a martellate i passanti alla stazione di Palermo, fino a quando fu bloccato da alcuni 'extracomunitari',

pc 17 maggio - La CGIL firma con la Confindustria l'accordo fascista e la FIOM chiama a manifestare.. ma senza manifestare contro la CGIL è solo copertura del collaborazionismo sindacale - uscire dalla FIOM è l'unica cosa da fare se si vogliono tutelare gli interessi operai

Domani a Roma attese migliaia di persone – metalmeccanici soprattutto ma non solo - per un corteo che sfilerà da piazza della Repubblica a San Giovanni. Ma sempre domani la Cgil ha convocato il suo direttivo. Per firmare l'accordo capestro con Confindustria.

Il corteo convocato nella capitale dalla Fiom partirà alle 9.00, mentre la manifestazione si chiuderà a San Giovanni alle 14. Sono attesi pullman da tutta Italia, ma meno di quanti se ne aspettassero. Lo slogan della manifestazione, è: “Non possiamo più aspettare”. Oltre al comizio finale di Landini, sono previsti anche gli interventi, tra gli altri, di Stefano Rodotà e Gino Strada.
Lascia ancora piuttosto perplessi la dichiarazione del segretario della Fiom, Landini, secondo cui la manifestazione "non è contro qualcuno ma di proposta per rivendicare il cambiamento". In una intervista rilasciata a Rassegna.it, Landini afferma che “Servono misure di emergenza. Penso al rifinanziamento della cassa in deroga e anche alla questione degli esodati. Ma occorre andare oltre l’emergenza, bloccando i licenziamenti, le riduzioni d’orario e i contratti di solidarietà, e non incentivando lo straordinario come ha fatto il governo Monti”
Sulla spinosa questione della democrazia e della rappresentanza nei luoghi di lavoro, Landini ha ribadito di ritenere che occorra una legge sulla rappresentanza. “Così come è importante fare la riforma elettorale, pensiamo che allo stesso modo le lavoratrici e i lavoratori debbano essere messi nella condizione di poter scegliere il sindacato che vogliono e di potersi esprimere sui contratti che li riguardano”. Su questo punto si è aperto un dibattito ad ampio raggio nel mondo politico e sindacale. Una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro viene invocata anche dalla Usb secondo cui “Solo una legge può quindi riportare sui posti di lavoro quel livello accettabile di democrazia che negli ultimi decenni è stato prima compresso, poi fortemente limitato ed oggi quasi del tutto annullato da un sistema di relazioni industriali asfissiante che si è concentrato quasi esclusivamente sul mantenimento dei privilegi di Cgil, Cisl e Uil e sull'esclusione di chi non ha accettato le loro politiche concertative e collaborative con Confindustria e governi”.
Il Forum Diritti Lavoro la scorsa settimana ne ha discusso approfonditamente in un convegno a Roma segnalando la gravità dell'accordo che Cgil, Cisl, Uil, Ugl stanno raggiungendo con la Confindustria teso a depotenziare definitivamente il diritto di sciopero e a spazzare via ogni rappresentanza democratica dei lavoratori all'insegna della complicità dei sindacati con le esigenze padronali. Su questo tema Landini afferma che quello sulla rappresentanza “è un problema aperto che va affrontato insieme alla Cgil, perché la Fiat rischia di essere un modello che si estende nel paese. Poi considero molto importante, positivo, il fatto che con Cgil Cisl e Uil si sia giunti a un’intesa che apre alla certificazione della rappresentanza, all’elezione proporzionale della Rsu e soprattutto al fatto che un contratto nazionale per essere valido deve essere firmato da chi rappresenta più del 50 per cento degli iscritti e dei voti, ma anche approvato attraverso il voto dei lavoratori”. Più netta l'opposizione all'ipotesi di sanzioni da parte delle aziende contro i sindacati che non accettano gli accordi: “Se Confindustria pensa di introdurre delle sanzioni o di rimettere in discussione il diritto di sciopero, noi non siamo disponibili. Sono diritti su cui non si tratta, né con la Confindustria, né con chiunque altro” ha detto Landini. Peccato però che nella riunione dei direttivi unitari Cgil Cisl Uil, che hanno approvato un documento unitario, su questo punto gli unici voti contrari siano stati quelli di Cremaschi e Burattini, non ci risulta che Landini abbia fatto altrettanto.
Ma il nodo, secondo l'Usb resta quello della funzione conflittuale del sindacato: “Il conflitto sociale, strumento di regolazione dei rapporti tra lavoratori e padronato, ritorni ad essere il principale indicatore e termometro dei rapporti di forza che determinano poi le condizioni di vita e di lavoro di milioni di donne e uomini, ritorni ad essere praticato e non soltanto enunciato come sta facendo la Fiom da alcuni anni” afferma l'Usb “e non una pratica da troppo tempo messa in soffitta da Cgil, Cisl e Uil in cambio delle briciole che cadevano dalla tavola della Confindustria”.
Ma proprio alla vigilia della manifestazione è piovuta una notizia che sta seminando parecchio allarme , infatti sempre domani alle 15.00, dopo la manifestazione convocata a Roma dalla Fiom, è stato convocato in seduta straordinaria il direttivo nazionale della Cgil. Secondo alcune voci interne appare probabile la firma a breve dell'accordo con la Confindustria su rappresentanza e democrazia nei luoghi di lavoro. La decisione di approvarlo solo dopo la manifestazione deriverebbe dal timore di contestazioni a questa decisione nel corso del corteo e del comizio finale.

pc 17 maggio - Spagna: la ribellione delle donne contro l'attacco al diritto d'aborto

Madrid: la polizia contro le donne, due arresti di  Marco Santopadre Centinaia di attiviste e attivisti hanno protestato ieri sera davanti alle sede centrale del PP e alla casa del Ministro della Giustizia contro la legge che limita il diritto d’aborto. Cariche, botte e arresti. Prende sempre più piede in Spagna la pratica degli escrache, che vede decine o addirittura centinaia di persone concentrarsi davanti alle case di esponenti politici o rincorrerli in bar e ristoranti per protestare contro le politiche di austerity, gli sfratti, la chiusura degli ospedali.  Una pratica che deputati e dirigenti del Partito Popolare non hanno affatto preso bene e che ha già portato a cariche, denunce e polemiche sul preunto ‘carattere violento’ di questo tipo di manifestazioni, che alcuni esponenti della destra hanno paragonato addirittura al “terrorismo dell’ETA”. L’ultimo escrache ha preso di mira ieri sera il ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, letteralmente assediato in calle Genova a Madrid da centinaia di donne che protestavano contro un progetto di legge che vuole limitare drasticamente il diritto delle donne a poter ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza. Con le mani a formare il tradizionale triangolo centinaia di donne, accompagnate anche da alcuni attivisti, hanno bloccato il traffico davanti alla sede nazionale del Partito Popolare reclamando un ‘aborto libero e gratuito’ e si sono sedute sull’asfalto nonostante le pressioni da parte delle forze dell’ordine. E poi la manifestazione è proseguita a poca distanza, davanti alla residenza dell’esponente del governo Rajoy particolamente attivo nella crociata antiabortista delle correnti spagnole più reazionarie. I manifestanti portavano cartelli e striscioni con su scritto “Aborto legale per non morire”, “Noi partoriamo, noi decidiamo” e altri contro la legge oscurantista sull’aborto e le ingerenze del Vaticano e della Chiesa cattolica nella vita politica e nella legislazione. Dopo aver letto ad alta voce un documento che riassumeva i contenuti della protesta, la maggior parte dei manifestanti ha deciso di sciogliere l’escrache e di abbandonare la via antistante la sede del PP. Ma almeno un centinaio di persone hanno deciso di continuare la protesta direttamente davanti alla casa di Gallardon, lontana pochi metri, gridando “vergogna”, “aborto libero” e “fuori l’aborto dal codice penale”. A quel punto la polizia presente in forze è intervenuta ed ha arrestato un attivista. Poi la polizia ha preteso i documenti dai manifestanti e ne ha identificati diversi in un crescendo di tensione. Finché agenti e manifestanti hanno cominciato di nuovo a fronteggiarsi e poi sono partite le cariche, in conseguenza delle quali un ragazzo è stato ferito ed ha cominciato a sanguinare abbondantemente da una ferita sulla testa. Non contenti i poliziotti si sono accaniti sulle manifestanti, buttandone a terra alcune a furia di spintoni e colpi. Alla fine, poco dopo le 21, i celerini hanno sgomberato a forza la via. Las protestas di fronte alle sedi del Partito Popolare si è riprodotta ieri in contemporanea anche in altre città, tra le quale Siviglia e Valencia, dove la Polizia Nazionale ha impedito ai manifestanti di avvicinarsi agli ingressi e ha identificato una decina di persone minacciandole di denuncia.  A Barcellona la manifestazione è durata più di un'ora così come a Oviedo, nelle Asturie. Un video sulla protesta: https://www.youtube.com/watch?v=ynDgb7N5D9g

pc 17 maggio - UNA "HERRI HARRESIA" CONTRO LA REPRESSIONE BASCA

Un nuovo muro di solidarietà contro la repressione

Da ieri centinaia di cittadini, attivisti e dirigenti della sinistra indipendentista basca stanno mettendo in atto una
straordinaria dimostrazione di solidarietà e organizzazione.
Centinaia di persone stanno riempiendo 24 ore su 24 il centro storico della località di Ondarroa, piccolo ma combattivo comune della costa basca, per impedire che la polizia autonoma basca arresti una giovane, Urtza Alkorta, accusata dal regime di Madrid di ‘collaborazione con l’ETA’.
Nella tarda mattinata di oggi la ragazza, sorvegliata a vista da decine di suoi concittadini, è stata avvicinata da alcuni agenti in borghese mentre in città sono arrivate varie camionette dell’Ertzaintza e un elicottero volteggiava sulla cittadina. A quel punto la ragazza Urtza è stata condotta nella piazza centrale e circondata da circa 200 persone che si sono sedute a terra intorno a lei, realizzando un vero e proprio ‘tappeto umano’. Una herri harresia, un muro popolare in lingua basca, come quello che per giorni aveva impedito alcune settimane fa l’arresto di alcuni giovani a Donostia accusati anche in quel caso di militare in un’organizzazione
giovanile – Segi - messa fuori legge da Madrid con l’accusa di sostenere l’ETA.

Da contropiano.org/esteri/item/16518



pc 17 maggio - INFORTUNI: POCHI ISPETTORI E LEGGI INADEGUATE

Quando il lavoro uccide- di Pasquale Notargiacomo

Infortuni sul lavoro, controlli inadeguati. Pochi ispettori e leggi inapplicate.
Un sistema pieno di difetti, contraddizioni e scontri tra poteri. Parla Beniamino Deidda, uno dei magistrati più esperti nella materia: "Lo Stato ha praticamente rinunciato alla potestà punitiva". Eppure si tratta di reati anche gravi, omicidio compreso. Un'azienda può sperare di non essere mai controllata in tutta la sua esistenza.

"Controlli irrisori, affidati a personale numericamente esiguo. Ritardi nell'applicazione della normativa, spesso per una convivenza difficile tra le istituzioni affidatarie della materia. Un apparato repressivo inadeguato
all'entità del fenomeno.
Si possono riassumere così, le mancanze principali del sistema della vigilanza in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. La competenza in materia spetta, dall'avvento della riforma sanitaria del 1978 (applicata a partire dal 1982), ai servizi di prevenzione delle Asl a cui sono state affidate le funzioni prima appartenenti agli Ispettorati provinciali del Lavoro. Il ministero è tornato nuovamente organo di vigilanza, con una deroga soltanto per il settore dell'edilizia, dal 1997.
Questo passaggio di consegne, che ha instaurato di fatto un sistema duale, non è avvenuto senza strascichi e ancora oggi non sempre la collaborazione è delle migliori. "I controlli sono sempre stati percepiti più come un potere che come un servizio. Per questo il ministero non si è mai rassegnato a questa perdita di competenze - commenta Beniamino Deidda, già Procuratore Generale di Firenze e tra i massimi esperti di sicurezza sul lavoro - e ha sempre cercato di rosicchiare competenze alle Regioni. Così ci troviamo di fronte a ricorrenti tentazioni del Ministero di creare un corpo di vigilantes, non saprei come altro chiamarli, staccati dalla prevenzione".

"Comitati pletorici"


Per migliorare la situazione, il D.Lgs.81/08 ha previsto, tra le occasioni di coordinamento, (all'articolo 5) il "Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro", a cui spetta un ruolo di cabina di regia nazionale presso il Ministero della Salute. A dispetto del nome altisonante la sua attività finora non è stata così intensa. "Diciamo che non lo vediamo così dinamico." - sottolinea Oreste Tofani, presidente della Commissione d'inchiesta sugli infortuni del Senato - che a riguardo, come si dirà più avanti, ha elaborato una sua proposta. A questo primo organo fa da contraltare la "Commissione Consultiva permanente per la Salute e la Sicurezza sul lavoro", che si trova invece presso il Ministero del Lavoro. Anche in questo caso la partenza non è stata fulminante. Tra i compiti che il Testo Unico del 2008 aveva assegnato a quest'altra commissione figurava la redazione, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, delle procedure standardizzate per la valutazione dei rischi delle imprese. Un compito il cui completamento effettivo è avvenuto con un decreto interministeriale del 30 novembre 2012.

Regioni in ritardo

Oltre a queste due strutture nazionali, un'altra delle novità principali del TU 61/2008 riguardava l'istituzione di Comitati regionali. Un processo che però non è stato lineare. Anzi, spesso, è partito a macchia di leopardo. Tra regione e regione, come riportato dall'ultimo rapporto della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, relativo all'anno 2010, l'insediamento è avvenuto anche ad anni di distanza. Gli ultimi partiti, in
Sardegna a gennaio 2011 e in Calabria a settembre 2011, al momento della pubblicazione del rapporto non avevano ancora tenuto riunioni né fatto attività di pianificazione. Mentre, ad esempio, la struttura omologa in
Lombardia risultava attiva dal 20/04/08 e si era già riunita 12 volte. "Sono comitati pletorici, caratterizzati da forti tensioni e disaccordi e non producono un programma di prevenzione a cui tutti si attengono" - è il giudizio netto di Deidda. Difficoltà di cui riferisce anche la Commissione d'inchiesta del Senato. "Come noto si tratta di una materia concorrente tra Stato e Regioni. Ma questa dualità non favorisce e crea sicuramente dei problemi" - è il pensiero del presidente Oreste Tofani (Pdl) - "Abbiamo regioni che procedono con una certa dinamicità e altre che non hanno lo stesso ritmo".

Controlli irrisori

Il Patto Stato Regioni ha fissato al 5% la soglia minima delle aziende da ispezionare. Un obiettivo raggiunto (secondo il rapporto citato) soltanto in 14 regioni, con una percentuale media dell'intero Paese che si attesta al 6,6%. In totale, nel 2010, sono state 162.525 le aziende (sommando tutti i comparti produttivi) visitate dalle Asl, con un numero di violazioni di 53.939, pari a circa un terzo. Non si può dimenticare che l'intera platea in Italia conta oltre due milioni di imprese con dipendenti. Una sproporzione che diventa ancora più evidente in determinati settori: la percentuale di aziende agricole ispezionate è di appena lo 0,37%, con la punta massima in Lombardia del 2,67%.

Pochi ispettori

Va da sé che la missione dei 4.730 operatori della Asl (di cui soltanto 2.851 con qualifica di polizia giudiziaria, e quindi in grado di prendere notizie di reato, applicare le prescrizioni e svolgere, se necessario,
indagini) è quantomeno proibitiva. Pur sommando a questi, per il settore dell'edilizia, i circa 300 ispettori tecnici del Ministero del Lavoro (gli altri 3mila hanno soltanto funzioni amministrative) più le 423 unità dell'Arma dei Carabinieri (che li affiancano in alcune operazioni) la sproporzione resta evidente. Così come non appaiono motivate le critiche di chi denuncia una frequente sovrapposizione tra i due organi di vigilanza
(peraltro possibile soltanto in edilizia). "In alcune regioni i colleghi sono davvero quattro gatti", - ammette Vincenzo Di Nucci, presidente dell'Aitep (associazione italiana tecnici della prevenzione) e in servizio presso la Asl Roma G - "Con questi numeri le imprese hanno la quasi certezza di non ricevere mai un controllo durante la loro intera esistenza". Chi invece lo riceve ed eventualmente incorre nelle sanzioni, può beneficiare
dell'istituto della prescrizione obbligatoria, prevista dal D.Lgs.758/94: un atto di polizia giudiziaria per il quale il contravventore può estinguere il reato adempiendo alle prescrizioni e pagando un quarto dell'ammenda massima.
"E' l'unico caso in cui lo Stato rinuncia alla potestà punitiva." - spiega Deidda - "Non avviene neanche per il furto di una mela. In questo caso viene sacrificata in vista del raggiungimento di un bene giuridico nobile: la
salute e la sicurezza dei lavoratori". Uno scambio particolarmente vantaggioso per il contravventore, che infatti nella quali totalità dei casi (più del 90%, secondo i dati delle Asl) provvede a mettersi in regola.

Norme non applicate

Resta il fatto che 95 aziende su 100 (nella peggiore delle ipotesi) hanno la ragionevole speranza di non essere visitate dagli organi di vigilanza. Una mancanza che finisce per aggravare un'altra distorsione cronica del sistema. "Nel nostro paese" - spiega Deidda - "la legislazione non è mai stata più indietro degli altri paesi. Ma un conto è fare buone leggi, un conto è tradurle in vita vissuta. Soltanto qui da noi si è assistito per quasi
cinquant'anni a una sistematica disapplicazione della medesima norma. I testi sono rimasti a lungo intonsi". E' il caso dei D.P.R. del 1955/56. La prima "rivoluzione" è avvenuta con il D.Lgs.626/94 (che ha recepito le direttive comunitarie in materia) e successivamente con il Testo Unico D.Lgs.81/08 approvato dal già dimissionario governo Prodi (anche se a cambiarne l'impianto sono intervenute le modifiche all'apparato
sanzionatorio apportate dal D.Lgs.106/09, per le quali è stata aperta una procedura d'infrazione europea ai danni dell'Italia).

Magistratura impreparata

Nella mancata efficacia del processo repressivo pesano anche le responsabilità degli uffici giudiziari. "La magistratura tradizionalmente si è accostata con una certa indifferenza ai reati in materia della sicurezza dei lavoratori" - ammette Deidda -. "Ancora oggi stenta ad attrezzarsi: sono pochi i tribunali con gruppetti specializzati". Il risultato è un quadro preoccupante, messo in luce anche dal Csm in una ricerca del 2009 sulle 165 Procure e tribunali italiani. In base alle risposte pervenute, solo 18 Procure hanno gruppi specializzati mentre 49 hanno specializzazioni in capo a un singolo magistrato. Situazione anche peggiore tra i tribunali: solo uno ha giudici specialisti cui vengono assegnati i processi per infortunio o malattia professionale. "Io stesso ho fatto un esperimento: chiedere ai Procuratori di varie zone d'Italia, di dirmi quanti infortuni, quante decisioni, quante assoluzioni registrassero. La risposta generalizzata è stata: non siamo in grado di saperlo, perché spesso non siamo in grado di distinguere a registro generale tra i numeri degli incidenti sul lavoro e gli altri tipi di lesioni colpose. In quale altro settore accade? Ecco La magistratura è in queste condizioni". Una situazione che si ripercuote sui procedimenti: "Mediamente circa il 10% degli infortuni è perseguibile d'ufficio. Le Procure perseguono appena un quarto di questo 10%.
Personalmente ritengo che ci vorrebbe un gruppo di magistrati specializzati in ogni parte d'Italia, invece di correre dietro alla Superprocura, come sento fare da alcuni". Appare necessario anche migliorare l'interazione tra tutti i soggetti interessati per la gestione delle notizie di reato che spesso sfuggono agli uffici giudiziari. "In Toscana abbiamo inaugurato un apposito protocollo con tutti gli attori del settore (percorso simile a quello seguito in Piemonte, non a caso le due regioni più all'avanguardia su questo terreno ndr)".

Il DDL Tofani

Tra chi invece sostiene l'istituzione di un ufficio giudiziario centrale per questo tipo di reati c'è il senatore Tofani. Un'ipotesi vagliata dalla Commissione d'inchiesta, che ha ascoltato tra gli altri i Procuratori di Torino Guariniello e Caselli (per la loro esperienza nel processo Thyssen, ritenuto una svolta fondamentale nella materia). Superprocura a parte, il 21 novembre scorso, il senatore del Pdl ha presentato un ddl per l'istituzione di un'agenzia Nazionale per la sicurezza sul Lavoro: "Ci vuole un soggetto che abbia una missione specifica. Al sistema manca un tassello. E noi lo l'abbiamo immaginato in quest'organo. Pensiamo di trasformare il Coordinamento nazionale in un'agenzia con il tandem dei ministeri e la rappresentanza delle regioni". Un tentativo che sembra rientrare nell'ottica di riavvicinare al livello statale la competenza sulla materia e di cui non sembra dispiaciuto il ministero del Lavoro. "Lo sdoppiamento attuale fa sì che dobbiamo avere una serie di strutture di coordinamento che a volte non funzionano al meglio" - spiega Giuseppe Piegari, responsabile Coordinamento vigilanza tecnica del Ministero del Lavoro, - "perché farle funzionare non è semplice. Per il ministero è molto più facile coordinare i nostri ispettori.
Mentre il sistema delle regioni è più difficile da governare: non abbiamo nemmeno una uniformità da un punto di vista di nomenclatura". Insomma un'altra puntata della querelle tra Ministero e Regioni.

Proroga nel silenzio

In tutto questo, è passata, invece, sotto silenzio l'ennesima proroga, decisa nell'ultima Legge di Stabilità (uno degli atti finali del Governo Monti), per l'autocertificazione della valutazione dei rischi delle imprese che occupano fino a 10 lavoratori. Una norma che doveva decadere in origine il 30 giugno 2012, successivamente il 31 dicembre 2012 ed è stata ora prolungata fino al 30 giugno 2013. Lo strumento, pensato per il tessuto sociale delle aziende italiane (con il 95% che ha, appunto, meno di 10 dipendenti), era nato per agevolare i datori di lavoro, consentendogli una procedura più snella per autocertificare le prassi della propria impresa in materia di sicurezza. Il risultato è stato però un altro. "Nella maggior parte dei casi, ci trovo scritto: nel mio posto di lavoro ho valutato i rischi ed è tutto a posto", spiega Di Nucci, "Spesso si compilano in maniera superficiale, con i consulenti a cui ci si rivolge, che per alcune centinaia di euro, fanno al massimo le fotocopie di lavori fatti in precedenza".
Un'anomalia che non può essere sottovalutata, visto che si calcola che nel 2010 circa l'80% degli infortuni mortali sia avvenuto proprio nelle aziende medio piccole.

http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2013/01/07/news/infortuni_controlli-49858270/

pc 17 maggio - ECCO CHI IN VAL SUSA VUOLE UCCIDERE

lacrimogeni

Alfano: "Lo Stato c’è e non si fa fermare da alcuni delinquenti che potevano uccidere e forse volevano uccidere"

SICURAMENTE SI RIFERISCE A QUESTI...

Armi chimiche: contro i No-Tav gas 'Cs' cancerogeni

Per lo sgombero dei manifestanti che si oppongono alla costruzione della linea ad Alta Velocità Torino-Lione le forze di polizia hanno utilizzato lacrimogeni contenenti aggressivi chimici. Sotto accusa i candelotti a base di gas 'Cs', altamente tossico, proibiti per uso militare ma dal 1991 in dotazione agli agenti antisommossa.


Armi chimiche: proibite in guerra, ma ideali per sgominare i No-Tav in valle di Susa. In base alle convenzioni internazionali ratificate anche dall’Italia, i soldati impiegati in Afghanistan non possono utilizzare gli aggressivi chimici presenti invece nei lacrimogeni utilizzati in Valle di Susa dalle forze di polizia.

Impressionante la pericolosità potenziale dei micidiali “Cs”, composti con sostanze che ne fanno “vere e proprie armi da guerra”. Danni agli occhi: dalla semplice irritazione fino all’insorgenza di glaucoma acuto. Tra le conseguenze più temibili per le vie respiratorie, il laringospasmo (effetto soffocamento) e una grave insufficienza respiratoria. Senza contare i possibili danni a intestino e organi interni.
“Recenti esperimenti hanno dimostrato che la velocità di riproduzione delle cellule può venir alterata dal contatto coi gas 'Cs', che quindi hanno effetti cancerogeni soprattutto in caso di esposizione prolungata”, spiega il professor Zucchetti in un'assemblea fatta nel 2011.
I gas 'Cs' hanno effetti cancerogeni soprattutto in caso di esposizione prolungata
A Chiomonte sono stati sparati centinaia di candelotti 'Cs' ad altezza d’uomo e controvento. Il 'Cs' potrebbe formare cianuri all’interno del corpo, fino a rivelarsi “geno-tossico” e provocare il cancro: direttamente, senza neppure modificare il Dna.
"Ritengo che la val Susa non debba essere il primo caso di esperimento 'in vivo', cioè su 'bestie umane' che ricevono questi gas lacrimogeni, per l’utilizzo dei gas 'Cs' come agente cancerogeno. Non è possibile che la popolazione valsusina paghi anche questo, oltre al prezzo dell’uranio presente sui monti, dell’amianto, dello smarino, della devastazione del territorio, dell’impatto del cantiere con le emissioni dei camion, le polveri, il radon, i soldi che non ci sono, la mafia".
Molte le testimonianze a margine della lezione-assemblea: “Persone che vomitavano sangue, donne in gravidanza spaventate dal rischio di tossicità”.
Una donna parla di “lacrimogeni sparati addosso alle persone, a mo’ di proiettile: una cosa criminale, violenza inaudita e senza motivo”. Un militante: “Se Maroni voleva denunciare i manifestanti per tentato omicidio, noi dobbiamo denunciare il ministro dell’Interno e gli ufficiali delle forze di polizia per tentato omicidio della popolazione valsusina”...

giovedì 16 maggio 2013

pc 16 maggio - La lotta LD di Vignate strappa risultati

La dura lotta degli operai della logistica di Vignate (MI) organizzati nello Slai cobas per il sindacato di classe, durata ininterrottamente per due giorni con occupazione, blocchi dei carrelli e blocco di fatto dell'80% dell'attività dei magazzini, ha conseguito poco fa un buon risultato, anche se parziale.
L'azienda, che aveva chiamato la polizia contro i lavoratori in sciopero, che aveva addirittura minacciato di disdire i contratti di appalto e quindi di mettere tutti i lavoratori fuori, ha dovuto accettare l'incontro col sindacato che i lavoratori si erano scelti e che attualmente è di fatto, in questa cooperativa, l'organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa, dopo che tanti operai sono passati dalla Cgil allo Slai cobas SDC.

Sabato, prossimo (prima del previsto calo di lavoro comunicato dalla Lombardini) vi sarà l'incontro sulle richieste salariali e di garanzia della continuità lavorativa, ma al centro della discussione vi sarà, come è stato in questi giorni di lotta, la richiesta del riconoscimento pieno dello Slai cobas SDC e i relativi diritti sindacali: assemblea sul posto di lavoro, delegati, ecc.

Gli operai hanno interrotto il presidio/occupazione, solo dopo aver avuto la garanzia che non vi sarà nessuna ritorsione verso i lavoratori che hanno dato vita alla mobilitazione.
La costante presenza di carabinieri e digos all'interno del magazzino,  non ha scalfito la determinazione ferma degloperai, che di fatto ha impedito che ci fossero azioni di forza.
E' stata una delegazione dei lavoratori, invece, accompagnata da una responsabile dello Slai cobas SDC ad andare questa mattina, durante i blocchi, a fare un esposto sulla situazione lavorativa nel magazzino alla Guardia di Finanza.
Squallido il comportamento della Cgil che ha tentato di dividere e contrapporre lavoratori a lavoratori, dicendo in giro che gli scioperanti stavano mettendo a repentaglio tutto l'appalto ed arrivando a tentare di fare una raccolta di firme tra i lavoratori di dissociazione dallo sciopero.
Uno sporco gioco che non gli è riuscito.
Ora, rimane da verificare l’esito dell'incontro di sabato. Questa lotta ha rafforzato gli operai e se non ci sono reali risultati, la lotta riprenderà.

SLAI COBAS per il sindacato di classe - 16 maggio 2013 ore 18,30 

pc 16 maggio - COMUNICATO SLAI COBAS ILVA SU ARRESTI

Il “terremoto” giudiziario che ha portato all'arresto di Florido, deve estendersi a Vendola e Stefano, ma nello stesso tempo deve riattraversare gli anni della Di Bello e di Franzoso, entrambi Pdl,
anch'essi uomini di RIVA. Ma la Procura è stranamente reticente su tutti i governi della città di centro destra.
Il terremoto deve colpire i sindacalisti confederali complici di RIVA - dalla Cisl dei Lazzaro e Panarelli, alla UILM dei Palombella e Talò.
Circa la Fiom guidata da signori nessuno... il burocratello corrotto Fiusco, i due signori Rappa e il grottesco Stefanelli, sono ben dentro la questione dato che la CGIL di Gino D'Isabella e il PD sono sempre stati legati a Florido...
Circa Vico Ludovico parlano le intercettazioni.

Ma questo “terremoto” non cambia niente se gli operai dell'Ilva non ricostruiscono il loro sindacato di classe e il loro partito politico della classe operaia.
In fabbrica invece su questo siamo ancora all'anno zero.
Non è certo il sindacalismo personalista e il personalismo libero e pensante che possono ridare ai lavoratori Ilva organizzazione, dignità, lotta, programma e progetto contro padron Riva, amministrazioni, governo e Stato dei padroni

Slai cobas per il sindacato di classe Taranto
slaicobasta@gmailcom
347-1102638

TA 16 maggio 2013


pc 16 maggio - da TARANTO... in galera un pezzo da novanta del sistema politico filo RIVA - i sindacati confederali CISL in testa da sempre legati a FLORIDO si sentono sotto assedio




Sindacalisti del padrone nel panico

. «Eravamo in Consiglio di fabbrica 

e affrontavamo il te ma dei contratti di 
solidarietà, quando è arrivata la notizia» 
racconta un operaio. L’assemblea 
andava avanti da un po’, circa duecento 
lavoratori ascoltavano proprio il delegato 
della Fim Cisl, il sindacato di cui Florido 
è stato segretario generale. Al ter mine dell’intervento, fulminea, si è sparsa la 
notizia. Non è stato facile per Donato Stefanelli, segretario generale della Fiom 
Cgil - unico leader presente all’incontro con gli operai di vari reparti: laminatoio 
a freddo, ma gazzini, pulizie - gestire il momento in cui dagli smartphone la 
notizia ha cominciato a diffondersi, sorprendente e contagiosa. Fiducia nella 
magistratura e nessun cenno alla persona, del resto non potevano essere 
più abbottonate le reazioni verso un ex.

Tra i lavoratori non si può parlare di reazione ostile, ma nemmeno di un moto 

di soli darietà nei confronti di quel che fu il pre stigioso rappresentante Fim, 
per anni sindacato di maggioranza nello stabilimento siderurgico; l’uomo che 
ha incarnato più di ogni altro rappresentante dei lavoratori la sintesi tra politica 
e sindacalismo, quel continuo risorgere in mutate forme di un connubio rivelatosi 
strategico - nel bene e nel male - per i destini di Taranto; l’«araba fenice» analizzata 
profeticamente da Walter Tobagi nella sua inchiesta sul side rurgico e sui 
«metalmezzadri» pubblicata dal Corriere della Sera nel 1979.

«Lo sentivamo ormai lontano perché aveva lasciato il sindacato ed era diventato 

un uomo politico» ammette candidamente un dipendente dell’acciaieria. E ricorda 
«quando fu fischiato e non finì il suo in tervento». Era aprile del 2012, poco più di 
un anno fa, pochi giorni prima della «mar cia degli ottomila» lavoratori Ilva. Florido 
prese la parola alla manifestazione dei metalmeccanici di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm. 
Voleva impedire la spaccatura tra orga nizzazioni sindacali, lavoratori e fabbrica. 
Voleva riportare tutto nei binari del con fronto. Intuiva i disastrosi effetti collaterali 
dell’onda lunga operaia «ispirata» da padron Riva, poi abbattutasi il 30 marzo; 
voleva aiutare il sindacato a prevenire la prova di forza. Tutto inutile perché poi tutto 
accadde inesorabilmente: l’infuocata stagione estiva dei sequestri e delle ma nette 
nell’inchiesta ambiente svenduto, il tornado d’autunno, le leggi, le sentenze, sequestri 
e dissequestri, l’incerto presente e la nuova svolta giudiziaria.

Ora si teme che la pesante eredità dell’arresto di Florido si abbatta, con un nuovo, 

sensibile, calo di fiducia, sugli stes si sindacati. Due i campanelli d’allarme: la perdita 
del consenso tradotta in una per dita di tessere d’iscrizione e la difficoltà di trovare 
candidati per le prossime elezioni delle rappresentanze sindacali unitarie.


Florido voleva intervenire sul procuratore
TARANTO – Il presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido (Pd), arrestato 
ieri assieme ad altre tre persone nell’ambito di un’indagine per concussione (ai danni di 
due dirigenti della Provincia) per l’autorizzazione di una discarica interna all’Ilva, ha 
assecondato gli interessi del siderurgico anche “concordando con Girolamo Archinà e 
con l'avvocato Egidio Albanese (legale dell’azienda, ndr) un suo intervento presso il 
procuratore della Repubblica, allo scopo di arginare le attività investigative della polizia
giudiziaria” che erano in corso. Lo scrive il gip Patrizia Todisco nell’ordinanza di custodia 
cautelare in carcere notificata ieri a Florido, all’ex assessore all’ambiente della Provincia 
di Taranto, Michele Conserva, ad Archinà e all’ex direttore generale della Provincia, 
Vincenzo Specchia, quest’ultimo posto ai domiciliari.

L'intervento programmato da Florido presso il procuratore di Taranto – annota il giudice

 – “è assolutamente strumentale alla causa” poichè gli indagati ritengono che “un più basso 
livello di attenzione da parte della magistratura e della pg” sull'operato del settore ambiente 
della Provincia “possa più facilmente indurre” il dirigente del settore (“ma anche l'assessore 
Conserva, che aveva desistito dai propositi criminosi fino a quel momento condivisi 
con Florido poichè aveva appreso di essere indagato”) a “piegarsi al volere del Presidente
della Provincia, a vantaggio dell’Ilva”.

Dei comportamenti di Florido – si riporta negli atti – si ha contezza in una conversazione 

telefonica intercettata il 17 marzo 2010 tra Archinà e Albanese, “nel corso della quale 
quest’ultimo riferisce di aver parlato della questione al presidente Florido e che lo stesso 
Florido 'Domani chiederà di parlare con il procuratorè”. Secondo il giudice, Florido, 
 Conserva e Specchia, “operando in piena unità di intenti, hanno rilevato una inquietante, 
forte inclinazione comportamentale ad asservire il pubblico ufficio, i pubblici poteri 
rispettivamente esercitati, al conseguimento di obiettivi di favore economico a beneficio 
di determinati soggetti (ovviamente non di soggetti qualunque), in spregio dei principi 
di buon andamento ed imparzialità della pubblici amministrazione”.

Florido, telegramma dal carcere "Mi dimetto da presidente della Provincia"

A ventiquattr'ore dall'arresto disposto dal gip Patrizia Todisco l'amministratore Pd accusato di concussione ha rinunciato al suo incarico. Contestualmente è stato anche sospeso dalle sue funzioni dal prefetto di Taranto. Provincia verso lo scioglimento



Anche i consiglieri provinciali e gli assessori del Pd hanno deciso di rassegnare le dimissioni dalle loro funzioni a seguito dell'arresto del presidente Gianni Florido (Pd) nell'ambito dell'inchiesta 'Ambiente svenduto'. Le dimissioni, sottolinea in una nota il gruppo consiliare del Pd, "saranno depositate presso la segreteria generale della Provincia di Taranto non appena saranno formalizzate quelle del presidente Gianni Florido" avevano deciso i democratici in mattinata.

Contestualmente alle  dimissioni di Florido il prefetto di Taranto, Claudio Sammartino, ha sospeso dalla carica il presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, in conseguenza "dell'applicazione delle misure coercitive disposte dall'autorità giudiziaria in data 15 maggio 2013". Oggi il provvedimento del prefetto di Taranto è stato trasmesso anche al presidente del Consiglio provinciale e ai consiglieri provinciali che hanno convalidato l'elezione di Florido.

pc 16 maggio - a proposito della riuscita contestazione di Berlusconi a Brescia -- un commento

Mercoledì 15 Maggio 2013 14:18

"La cacciata di Silvio". Riflessioni a margine.

  • berlu-300x193Di nuovo sulla contestazione bresciana dello scorso weekend nei confronti di Silvio Berlusconi. Questa volta, a prendere posizione sulla questione, a darne una lettura politica e a sgombrare il campo da alcune pretestuose narrazioni dell'accaduto, è questo intervento del CS Magazzino47 di Brescia.
    A margine. Ma soprattutto dai margini.

    Perchè se la narrazione mediatica e politica ha repentinamente delimitato la contestazione al leader Pdl Silvio Berlusconi alla manifestazione dei "soliti centri sociali", a noi sembra, oltre che una bugia, più che altro una comoda semplificazione; proviamo dunque a cogliere, almeno in parte, la complessità di quanto accaduto con un paio di riflessioni.
    Dicevamo "dai margini" perchè la piazza che ha coperto di fischi la cricca di Berlusconi non è stata affatto quella descritta, come del resto spesso accade: è fuori di dubbio che molti di noi hanno attraversato la contestazione, ma è altrettanto sicuro che nessuno l'abbia convocata né tantomeno coordinata. E' evidente che la descrizione più comoda e facile di quanto accaduto sia allo stesso tempo la più falsa e grossolana. Troppo facile ascrivere una piazza rabbiosa, combattiva e soprattutto spontanea, oltre che partecipata da centinaia e centinaia di persone, al solito rumoroso passatempo dei ricorrenti, agitati, avventurosi e famosi giovani dei centri sociali. Chi scrive o dichiara questo (dalla stampa al sindaco Adriano Paroli), ne siamo certi, ha in realtà la situazione ben chiara.
    Se così non fosse, cerchiamo di descrivere noi quella piazza.
    Una piazza di studentesse e studenti, di precariato giovanile, di disoccupate e disoccupati, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, migranti e seconde generazioni. Una piazza composita. Una contestazione nata dal passaparola, dai social network, dall'esasperazione per una fase politica, sociale ed economica socialmente insostenibile. Esasperazione che, sabato 11 Maggio, si è trasformata in voglia di agire, di scendere in piazza, di rompere per un pomeriggio l'accettazione dell'asservimento al capitalismo finanziario ed alle politiche del rigore, di non lasciare nemmeno un centimetro di asfalto ai comizi di una classe politica sempre più lontana da chi vive nel cosiddetto "paese reale". Una classe politica, quella del raccapricciante governo Letta, ben rappresentata da Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e gli altri lacchè che hanno provato ad affacciarsi ai piedi del Duomo.
    Quella classe politica che ancora cerca di autoconvincersi con la fiaba delle componenti minoritarie di antagonisti che creano i soliti problemi di ordine pubblico.
    La contestazione di sabato pomeriggio, che ha rovinato la marcia trionfale del Cavaliere, lavandolo nelle acque burrascose della quotidianità della crisi e dell'incompatibilità, è per noi la dimostrazione concreta di tutto questo; è la dimostrazione della misura che è colma. E' un'altra spia di come, man mano che la politica di palazzo abbandona i territori, allontanandosene, una voglia di riscatto sociale, di affermazione di dignità, di partecipazione dia alcuni segnali evidenti; per quanto spesso intermittenti e colmi di contraddizioni.
    Qualcuno ha avuto paura di quella piazza, la più numerosa ed agguerrita nei confronti di Berlusconi che si ricordi probabilmente. Ha avuto paura della naturalezza con cui la città ha respinto l'indegno teatrino. Perchè, e lo diciamo per rispondere al Sindaco Paroli, questo era perfettamente "da Brescia", la Brescia reale: quella degli sfratti, delle nocività, del pcb, dei tagli ai servizi sociali. Non certo quella delle ricche vetrine come Mille Miglia e Giro d'Italia.
    Quella piazza irrompe su un piano di realtà che spaventa quelli come Paroli, Alfano, Brunetta, Formigoni, Rolfi e Berlusconi. Esce dalle categori mediatiche e politiche. E spaventa pure chi, come il candidato sindaco del PD Emilio Del Bono, prende nettamente le distanze consapevole del fatto che la stessa sorte sarebbe toccata ad una visita di alti esponenti del partito democratico.
    Di certo, nel Day After Silvio, non spaventa noi che, al contrario, ci siamo divertiti ammirandola e continueremo a farlo, attraversando l'autenticità di piazze come quella.
    Ebbene sì cari Adriano, Silvio, Angelino...stavolta non abbiamo potuto né voluto prenderci alcun merito. Stavolta era tutto vostro.
    csa Magazzino 47
    Pubblicato in PRECARIATO SOCIALE