OGGI AFFRONTIAMO LA TERZA PARTE + APPENDICE
Dalla sentenza Riesame sull'Ilva si evidenziano tre aspetti
dell’azione di padron Riva.
1) azioni
volutamente criminose, realizzate in maniera palese o occulta, con attività
anche truffaldina;
2) violazioni
di disposizioni e prescrizioni - sfruttamento al massimo degli impianti vecchi
3) nesso tra livelli di produzione e inquinamento
3)
nesso tra livelli di produzione e inquinamento
"Nei
parchi minerali, le emissioni da erosione eolica dei cumuli di
stoccaggio sono comprese tra le 6 e le 51 t/a, quelle da
movimentazione stradale dei mezzi all’interno dello stabilimento
sono circa 24 t/a, quelle da manipolazione dei materiali solidi
(cadute) ammontano addirittura a 668 t/a.
Nell’area
acciaieria le emissioni non convogliate si verificano sia in fase di
caricamento dei convertitori, a causa di sversamenti accidentali di
materiali, sia in quelle terminali di spillaggio dell’acciaio e di
versamento nelle siviere.
E’
un fenomeno derivante da non corrette modalità operative della fase
di produzione, lo slopping dovrebbe essere quindi eccezionale e
contenuto nel minimo, ma il fatto che si verifica con frequenza e
ordinariamente, vuol dire è sicuramente collegato alla intensità
delle operazioni lavorative, ai ritmi di lavoro.
L’Arpa
ha evidenziato in merito alla “concentrazione del benzo(a)pirene
misurato nell’aria dei Tamburi, come i dati del 2010 indicassero un
aumento delle concentrazioni rispetto al 2009, verosimilmente
correlato con il reincremento produttivo dello stabilimento
siderurgico e della cokeria e nonostante alcuni adeguamenti degli
impianti di tale area produttiva”
Nell’area
Parchi, più si fa manipolazione, più vi sono emissioni. Quindi la
pericolosità dei parchi minerali è direttamente legata alla
quantità di produzione e all’intensità produttiva.
Anche
nel caso delle batterie il grado di pericolosità è direttamente
collegato al ritmo di produzione. Lo stesso riguarda il fenomeno
dello slopping nell’area Acciaieria per cui il Riesame stesso
scrive che “il fatto che si verifica con frequenza e
ordinariamente, vuol dire è sicuramente collegato alla intensità
delle operazioni lavorative, ai ritmi di lavoro”.
Questo
significa che dietro questo ipersfruttamento di impianti, la
maggiorparte già vecchi vi è il supersfruttamento degli operai che
hanno dovuto lavorare con ritmi intensi di lavoro, e sottoposti ad
orari di lavoro più lunghi con un uso normale dello straordinario.
Da questo sfruttamento degli operai e degli impianti Riva ha fatto
dello stabilimento di Taranto la fonte dei suoi profitti con 10
milioni medi di t/a di produzione. Per questo come vi è un nesso
stretto tra inquinamento e peggioramento della condizione generale
degli operai; altrettanto è collegata la messa a norma al contrasto
di questo peggioramento e alla difesa delle condizioni di lavoro
degli operai.
All’intensità
produttiva, a questi alti livelli di produzione è collegato anche il
grado di inquinamento ambientale nei quartieri, in particolare
Tamburi; questo pone necessariamente per la bonifica ambientale anche
il problema di un abbassamento del livello produttivo, insieme alla
messa a norma degli impianti.
CHIAREZZA
SULLA QUESTIONE DELLA FERMATA DEGLI IMPIANTI
Dalla
parte conclusiva del Riesame:
“L’obiettivo
da perseguire è uno ed uno solo, ovverossia il raggiungimento, il
più celermente possibile, del risanamento ambientale e
l’interruzione delle attività inquinanti” .
I
custodi nel caso di specie hanno veri e propri compiti di gestione ed
amministrazione, e non solo, come ordinariamente accade, di mera
conservazione.
“non
è compito del Tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel
ciclo produttivo (con i consequenziali costi di investimento) o,
semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di
decisione che dovrà essere necessariamente assunta sulla base delle
risoluzioni tecniche dei custodi – amministratori, vagliate dalla
A.G.; per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo
stato, solo una delle scelte tecniche possibili”… “in nessuna
parte del provvedimento del GIP si legge che l’unica strada
perseguibile al fine di raggiungere la cessazione delle emissioni
inquinanti, unico obiettivo che il sequestro preventivo si prefigge,
sia quella della chiusura dello stabilimento e della cessazione
dell’attività produttiva… l’impianto siderurgico possa
funzionare ove siano attuate determinate misure tecniche che abbiano
lo scopo di eliminare ogni situazione di pericolo per i lavoratori e
per la cittadinanza”.
Aggiunge
che “la questione relativa ai limiti ed ai poteri dell’AG e dei
custodi nel caso di sequestri preventivo, per uno stabilimento enorme
come questo di Taranto non è meramente tecnica e fine a sé stessa,
visto che dalla sua soluzione discendono importanti ricadute concrete
che vanno ad intaccare contrapposti interessi pur costituzionalmente
rilevanti, quale quello della tutela dell’impresa produttiva e
dell’occupazione. Quindi: bisogna individuare quelle soluzioni che
nel giungere alla cessazione delle emissioni inquinanti consentano di
pregiudicare il meno possibile gli ulteriori interessi in gioco."
Quindi
il Riesame su questo modifica il dispositivo della Todisco che
disponeva che i custodi “avviino immediatamente le procedure
tecniche e di sicurezza per il blocco delle specifiche lavorazioni e
lo spegnimento degli impianti”, reputando invece “necessario che
i tecnici dando inizio agli adempimenti possano invece valutare e nel
caso adottare tra tutte le possibili scelte operative, quelle
concretamente idonee a salvaguardare l’integrità e la sicurezza
degli impianti ed a consentire, in ipotesi, la ripresa operatività
dei predetti”. Se l’Ilva non provvede allora la ripresa della
produzione “sarebbe irrimediabilmente compromessa”.