sabato 11 settembre 2010

pc quotidiano 11-12 settembre- Gaza, razzi sul Ramadan

Il terrorismo di stato israeliano non conosce soste. Ancora bombe su Gaza sotto embargo mentre intraprende un processo di "pace" con il capitolazionista Abu Mazen. Nell'anniversario dell'11 settembre il terrorismo israeliano ricorda al mondo chi sono i veri terroristi, i nazisionisti che bombardano pure alla fine del Ramadan!
Riportiamo la testimonianza di Vittorio Arrigoni che aveva già documentato la carneficina di Piombo Fuso.

Gaza, razzi sul Ramadan
10/09/2010

Nel giorno che chiude il mese sacro del Ramadan, l'esercito israeliano sgancia una bomba di una tonnellata sul porto
testo di Vittorio Arrigoni


File di carretti trainati da muli dinnanzi al porto portano a spasso bimbi di Gaza imbellettati come bambolotti, con i loro vestitini sgargianti messi da parte tutto l'anno e indossati questa mattina per l'occasione speciale, i festeggiamenti dell' Eid ul-Fitr che segnano la fine del digiuno del Ramadan.

La macchina del tempo che ieri sera ci ha trascinato all'interno di Piombo Fuso, ancora una volta per pochi istanti, pare acqua passata. Sebbene a quanto pare i media occidentali non ne hanno facciano affatto cenno, ieri la Striscia è stata pesantemente bombardata e qui, poco distante da dove vivo, c'e' un profondo cratere fresco di erosione.

Verso le 22 caccia F16 hanno attacco il porto, scaricando una bomba di una tonnellata nella rimessa dove la polizia tiene le carcasse arrugginite dei veicoli distrutti durante l'offensiva israeliana Piombo Fuso.
La stessa aera raggiunta dalle bombe israeliane nell'offensiva di inizio agosto che causo' decine di feriti.

Il missile ha colpito un antiquato carro armato dell'Autorità Palestinese, il blindato ha fatto un volo di cento metri e se ne sta riverso in rottami in mezzo alla strada, per darvi l'idea della portata della potenza dell'esplosione. Appena poco dopo l' esplosione sceso in strada gli sguardi incrociati erano di contagioso panico, una rivisitazione non desiderata delle atmosfere di orrore puro che pervadevano la Striscia durante le tre settimane di massacro del gennaio 2009. Contemporaneamente al porto ieri sera anche i tunnel al confine con l'Egitto erano sotto attacco, fortunatamente senza causare feriti gravi ma solo danni alle case nelle vicinanze.

Sabato scorso a Rafah bombardamenti ai tunnel avevano causato danni ben maggiori, il ferimento di due civili e la morte di due lavoratori palestinesi: Salim Al Khatab, diciannovenne dal campo profughi di Bureij, e Khalid Abed Al-Kareem Al-Khateeb di 35 anni sempre di Burej, sposato e padre di 4 figli.
Secondo testimoni i missili utilizzati dall'aeronautica israeliana sono silenziosi, di modo da rendere impossibile l'evacuazione in tempo dai tunnel. Penetrano sottoterra diversi metri prima di esplodere.

I due feriti di settimana scorsa sono Ali Al Khodary, che lavorava nei tunnel per pagarsi gli studi, come capita a migliaia di studenti universitari in una Gaza sotto assedio, e Hassan Abu Armana.
Entrambi sono ricoverati con ustioni di terzo grado all'ospedale Nasser di Khan Younis.
Dinnanzi ad un ventilatore che dovrebbe lenire le atroci sofferenze degli ustionati , i familiari dei feriti hanno sfogato a loro triste frustrazione. Hussein, zio di una delle vittime e amico di Ali: "Israele non riesce ad attaccare la resistenza armata allora se la prende con noi civili".

Il padre di Ali, ha aggiunto: "Israele vuole detenere il completo controllo della vita sulla popolazione di Gaza con l'assedio e i bombardamenti. Israele agisce senza riserve contro noi, non importa con quanta violenza, non importa come reagisce la comunità internazionale, che di fatto controlla come controlla gli Stati Uniti.
La situazione è tragica, se i confini fossero aperti credo che assisteremmo ad una immensa evacuazione da Gaza. Perché è permesso che tragedie così continuino?"

Sabato come ieri sera, Israele dà concretezza ai suoi ventilati propositi di pacificazione.
Mentre alla Casa Bianca Obama giostra la sciarada dei negoziati guardando alle sue elezioni di medio termine, il terrorismo israeliano satura la Striscia alla vigilia dell'11 settembre. Restiamo umani.

pc quotidiano 11-12 settembre - alla Indesit la fiom firma l'accordo con fim uilm ugl per gli esuberi del gruppo

un accordo-ricatto stile pomigliano, con tanto di "mediazione" del ministro sacconi, che la fiom questa volta firma con fim-uilm e ugl.... e pensare che solo 1 mese fa, sui giornali del 30 luglio, per voce del suo segretario provinciale Mirco Rota, commentando i risultati del gruppo indesit che ha chiuso il 2 trimestre 2010 con ricavi pari a 671,6 milioni di euro, tuonava: "ora indesit riveda il piano", "con questi risultati, che lo stesso cda ha definito oggi "molto positivi", il gruppo indesit dovrebbe ringraziare i propri lavoratori anziche chiudere gli stabilimenti e licenziare oltre 500 persone con il suo piano industriale" e ancora "il buon andamento sia del fatturato che della redditività raggiunti grazie anche alle risorse pubbliche messe a disposizione con gli incentivi(e alla produttività degli operai che ha raggiunto il 130% attraverso accordi aziendali sottoscritti anche dalla fiom ndr.), dovrebbero chiamare il gruppo ad una più attenta politica industriale evitando di scaricare le conseguenze del piano industriale sui lavoratori".

lo stesso film già visto nell'accordo di ristrutturazione alla tenaris dalmine, quando lo stesso Rota ripeteva le stesse argometazioni dell'amministratore delegato della Tenaris per giustificare la crisi:"l'eccessiva capacità produttiva in rapporto con l'attuale richiesta di mercato e la continua concorrenza cinese, sono elementi che sopratutto per il futuro determinano una situazione di incertezza", tanto che a fine dicembre 2009 firmava unitariamente con fim e uil un accordo che prevede un taglio di oltre 741 posti di lavoro nei prossimi anni con tanto di peggioramenti da subito per gli operai in termini di flessibilità e turnistica.
ora in altra forma si ripropone la stessa storia anche alla indesit con i sindacati confederali che accettano i piani dei padroni e dicono in coro, prima le ricollocazioni e poi potete chiudere.

ancora una volta la fiom che agisce a bergamo è distante anni luce da quella dura e pura che si vuole far apparire a livello nazionale e il suo segretario Mirco Rota che si era messo in bella mostra, assieme a cremasci, rinaldini e compagnia bella, fuori dai cancelli a fianco degli operai della Innse, è sicuramente più interessato alla mediazione e ad apparire sui media come il difensore dei lavoratori, piuttosto che distinguersi dagli altri sindacati venduti e a tradurre in pratica nelle fabbriche di bergamo gli insegnamenti vincenti di quella lotta.....forse è anche per questo che farà il balzo a segretario regionale fiom, proposto e incoronato in questi giorni dallo stesso segretario nazionale Landini.

seguono le prese di posizioni dello Slai COBAS per il sindacato di classe bergamo
sull'accordo e sulle assemblee incazzate del giorno dopo alla indesit di brembate

09-09-2010

COMUNICATO STAMPA

Anche alla Indesit, come nell'accordo alla Fiat di Pomigliano, il ruolo del
ministro del lavoro Sacconi si dimostra essenziale per far passare i piani
dei padroni per mantenere alti i loro profitti sulla pelle degli operai.


Così dopo aver annunciato nell'intervista il giorno prima dell'incontro al
minstero (sole 24 ore del 8 settembre) dall'amministratore delegato della
Indesit Marco Milani che l'obbiettivo è di risolvere velocemente la vertenza
con il sindacato:"perchè se non troviamo ora una soluzione che sia la meno
dolorosa possibile guardando al medio termine, alla lunga la situazione
potrebbe diventare molto più complicata".





nell'incontro di ieri a roma al ministero del lavoro con la "mediazione"
diretta del ministro Sacconi, fim-fiom-uilm-ugl e indesit hanno sottoscritto
un verbale che sempre lo stesso giornale di confindustria definisce come il
"primo accordo per gli esuberi del gruppo indesit".



in sintesi da oggi indesit potrà iniziare il processo di ricollocamento, di
trasferimento nelle altre sedi e di incentivazione all'esodo dei 500
lavoratori degli stabilimenti di brembate e refrontolo e il tutto dovrà
avvenire in "costanza di produzione negli stessi stabilimenti come primo
tassello della realizzazione del suddetto piano".



a novembre si farà una verifica "dello stato di avanzamento dei processi
avviati" con riferimento al ricollocamento dei dipendenti (l'azienda ha
stanziato una dote fra i 10 e i 20 mila euro per favorire le riassunzioni) e
alla prosecuzione del confronto con i sindacati sul piano industriale italia
che comprende investimenti per 120 milioni e la chiusura dei 2 stabilimenti
citati sopra.



in sintesi secondo l'azienda il punto è che i 2 siti non competitivi:
producono meno di quanto sarebbe necessario per bilanciare i costi.

a brembate indesit produce ogni anno 300mila lavatrici a caricamento
dall'alto, a refrontolo 10mila pezzi cosidetti speciali. in totale il gruppo
produce 13 milioni di pezzi all'anno.

riteniamo necessario accorpare le 2 produzioni agli stabilimenti a casera e
fabriano...



sempre ad milani nell'intervista del giorno prima ribadiva:"tagli necessari,
ma pronti a discutere di flessibilità con i sindacati"....per ridurre le
pause da 30 a 20 minuti e intrvenire su turni e orario di lavoro...."tutto
questo avverrà all'interno del contratto nazionale".



come già successo qualche anno fa negli accordi aziendali sottoscritti vedi
l'articolo "Accordi di flessibilità al nord" del sole 24 ore del 16
settembre 2007, che mette in luce come "a livello locale si firmino accordi
anche molto innovativi su flessibilità e straordinario".

Alla Indesit company un gruppo che in italia conta 5500 dipendenti con
stabilimenti (torino, treviso, bergamo, fabriano, ascoli piceno, caserta),
come dice soddisfatto il responsabile delle relazioni industriali,è stato
"ottenuto" nel contratto aziendale, "firmato l'anno scorso in tre mesi e
senza un'ora di sciopero, che toglie i tetti alla flessibilità. Per
bilanciare la scelta, i lavoratori finiscono in un "bacino" al quale la
società deve attingere per le assunzioni, con un criterio di anzianità
aziendale. "abbiamo reso l'azienda flessibile superando il concetto di
precarietà e sostituendolo con la sfida: se cresciamo, aumentano gli
occupati".

Altro elemento di garanzia, i contratti a termine vengono trasformati a
tempo indeterminato in 48 mesi, un limite che però gradualmente si
abbasserà.

"abbiamo eliminato il ricorso alla cassa integrazione ordinaria e con un uso
attivo e passivo della flessibilità affrontiamo i picchi di lavoro",
continua stango. Un accordo firmato da tutti fiom compresa.




ma ritornando all'accordo odierno la multinazionale ricorda che un programma
analogo di ricollocamento è stato attuato per alcuni siti inglesi: il 70/80%
degli esuberi è stato ricollocato in 6 mesi. lo stesso dovrebbe avvenire nel
bergamasco dove il tasso di disoccupazione è del 4 % e considerando anche
l'eventuale trasferimento in altre sedi del gruppo in italia.



non ha caso l'economista del corriere della sera di vico il 2 settembre
parlava di:

"Indesit, a Brembate Sopra la Pomigliano della lavatrici"...........


Insieme al più famoso Sergio Marchionne c'è un altro top manager che si sta
ponendo da qualche tempo la stessa inquietante domanda: "Ci sono ancora le
condizioni per produrre in Italia consistenti volumi di lavatrici e
frigoriferi?". Marco Milani è da sei anni l'amministratore delegato della
Indesit, il gruppo che fa capo all'ex presidente della Confindustria
Vittorio Merloni, considerato negli ambienti sindacali tutt'altro che un
falco.

Come si può constatare tra il caso Fiat e quello Indesit ci sono sicuramente
analogie ma anche differenze. La produzione di elettrodomestici somiglia
molto all'auto perché sono entrambi beni di consumo durevoli e richiedono in
fabbrica il ricorso alla linea di montaggio quindi rendono decisivo il
negoziato sulle pause e sulla flessibilità.
Contrariamente a Marchionne, che è andato persino al Meeting di Rimini,
Milani sta attentissimo a non esporsi, ma la sensazione è che stia per
iniziare l'autunno più lungo delle relazioni industriali made in Italy. Non
solo a Pomigliano.


indesit:assemblee incazzate
contestazioni operaie a fim fiom uilm
delegato Ugl della indesit salvato dalla digos

oggi si sono tenute le assemblee nei tre turni dello stabilimento indesit di
brembate con accese discussioni tra i lavoratori e i sindacalisti e anche
tra delegati (attaccato delegato ugl, che ricordiamo è stato il primo
sindacato che se ne è andato dal presidio ai cancelli dopo primo incontro al
ministero) e anche tra lavoratori , pare siano volate anche sedie, sul primo
turno...

tanto che è stata chiamata la presenza dei carabinieri per garantire le
altre assemblee.

quelle che seguono sono le prime dichiarazioni dei sindacalisti dopo accordo
al ministero che apre la strada alla chiusura della fabbrica di brembate
(alla fine il comunicato ugl)

soddisatto il segret. uilm: gianluca ficco:una rottura sarebbe stata
disastrosa per i lavoratori di brembate e refrontolo."

minimizza invece evaristo agnelli."l'accordo lascia tutto aperto. le tappe
dovranno essere verificate"

Anna Trovò, segretario nazionale della Fim che segue la vertenza.
"L'incontro ha avuto un esito positivo perché si riprende dai contenuti del
piano industriale, non è stato facile e nemmeno scontato - spiega Trovò -
grazie all'importante mediazione del Governo, svolta con energia dal
ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi e dal vice ministro dello Sviluppo,
Stefano Saglia, le rigide posizioni aziendali sono state smussate. Ora
vedremo quali strade si riusciranno a percorrere". A questo punto per i
metalmeccanici della Cisl è necessario un vero cambio di approccio anche da
parte aziendale. "Noi ci confrontiamo senza pregiudiziali con soluzioni che
tutelano l'occupazione e, allo stesso tempo, consentono uno sviluppo delle
attività - sottolinea Trovò - all'azienda chiediamo la stessa responsabilità
e disponibilità, ovvero la ricerca di soluzioni positive, realmente a tutela
del lavoro e della professionalità delle persone".
Resta vigile la Fim di Bergamo, dove ha sede uno degli stabilimenti a
rischio chiusura, quello di Brembate. "Indesit pretendeva, anche in questa
sede (mistero dello Sviluppo) la condivisione, a priori, del sindacato sulla
chiusura dei sue siti produttivi del gruppo - dichiara Ferdinando Uliano,
segretario generale Fim Bergamo - e poi si sarebbe resa disponibile a
gestire le conseguenze di tale decisione. Netta quindi l'indisponibilità a
far partire una trattativa sul piano industriale come il sindacato sta
rivendicando da oltre due mesi e mezzo". Ieri i contenuti del verbale sono
stati illustrati in assemblea ai lavoratori di Brembate. "I lavoratori hanno
ben compreso - conclude Uliano - quanto sia stato strumentale fino a oggi il
comportamento del gruppo Indesit e quanto sia stata pretestuosa la decisione
di cancellazione, fatta agli inizi di agosto, dell'incontro previsto. I
lavoratori confidano che anche con la sottoscrizione del verbale di accordo
da parte del ministro, cosa non scontata, veramente si apra un confronto a
tutto campo sul piano industriale che possa dare garanzie occupazionali e
industriali per Brembate".

Intanto il coordinamento Fim Fiom Uilm del Gruppo Indesit, invita i
lavoratori a sostenere il confronto con una iniziativa di mobilitazione ,
della durata di un'ora, da gestire in tutti gli stabilimenti secondo le
indicazioni delle Rsu.



Indesit, De Rosa UGL : "Accordo primo passo in avanti" A Brembate episodio
spiacevole dopo assemblea

Data: 09/09/2010



"L'accordo firmato presso il ministero dello Sviluppo Economico sulla
vertenza Indesit è un primo passo in avanti a tutela dei lavoratori di
Brembate e Refrontolo".
Lo dichiara Laura De Rosa, vice segretario nazionale dell'Ugl Metalmeccanici
con delega al bianco ed elettrodomestici, sottolineando che "all'incontro di
verifica, previsto per novembre, si dovrebbe arrivare con soluzioni concrete
per garantire un futuro ai dipendenti".
Dopo un'assemblea presso la Indesit di Brembate, Andrea Pirola, rsu dello
stabilimento, nonché segretario provinciale di categoria, è stato aggredito
verbalmente da colleghi di altri sindacati. Esprimendo solidarietà e
vicinanza al rappresentante dell'Ugl, De Rosa ha ribadito che "nonostante
l'episodio molto spiacevole, restiamo convinti che l'unica strada per
difendere l'occupazione e il futuro produttivo dei due stabilimenti ancora a
rischio è rispettare gli impegni assunti con il Gruppo".
"Fin quando è stato giusto e utile protestare - spiega la sindacalista - lo
abbiamo fatto anche noi, perché sindacati e lavoratori avevano ricevuto
all'inizio di questa vertenza un piano industriale contenente decisioni
gravi e unilaterali. Ma una volta aperta la trattativa, con la mediazione
del governo, abbiamo ritenuto doveroso, come sempre in questi casi,
rispettare gli impegni assunti. Ed è esattamente quello che continueremo a
fare".

slai cobas per il sindacato di classe bergamo
tenaris dalmine-bayer-technymon
sede via bonomelli 9 cobasdalmine@infinito.it 335 5244902

venerdì 10 settembre 2010

pc quotidiano 10 settembre - il maoismo nelle prigioni indiane

Kobad Ghandy organizza lezioni maoiste nella prigione di Tihar, India

L'opera rivoluzionaria di un prigioniero politico: la polizia cambia reparto a
Kobad ogni due mesi ma fallisce
La battaglia per l'affermazione del maoismo ha raggiunto la caserma della
prigione di Tihar.
Esasperate, le autorità carcerarie stanno pensando di cambiare di reparto all’
ideologo maoista Khobad Ghandy dopo ogni due mesi perché sta propagandando
ideologia di estrema sinistra tra i compagni di cella .
Ghandy, 63 anni, ha costruito un uditorio in prigione all'interno del carcere
n ° 3 a Tihar , la sua casa negli ultimi 11 mesi. Incontra compagni, che lo
rispettano, tutti i giorni durante le sue ore d’aria al suo mattino e alla sera
e spesso tiene "sessioni interattive".

Dice loro che ha combattuto per i poveri per tutta la vita e che il governo
non è riuscito a fare nulla per il popolo. I prigionieri lo salutano dopo ogni
sessione.

"È un uomo molto buono. Egli è in lotta per i poveri e noi lo rispettiamo
molto", ha detto un detenuto di 35 anni del Carcere n. 3, un emarginato di
Classe X che si trova di fronte processo per tentato omicidio.

Un altro detenuto, arrestato per un caso di esplosione nell’Uttar Pradesh, ha
detto: "Egli (Ghandy) è un uomo molto perbene. Parla di rivoluzione e fa
sentire anche noi capaci di fare qualcosa per il Paese ".

Ghandy, membro del Politburo del PCI(maoista), è stato arrestato nel settembre
del 2009 secondo la Legge (di prevenzione) delle attività illecite .

Un detenuto del carcere n ° 1, che ha incontrato Ghandy tre giorni fa a una
partita di pallacanestro in prigione, ha dichiarato: "Noi lo chiamiamo signor
Ghandy e lo salutiamo ogni volta che lo vediamo. Non riusciamo a capire perché
il governo lo stia tenendo in carcere, come se fosse un terrorista ".

Il detenuto, che sta scontando una pena a vita per aver assassinato un
parente, ha aggiunto: "Io sto pagando per quello che ho fatto, ma la gente come
Ghandy non deve essere trattata in questo modo. Noi parteggiamo per lui. Parla
con il cuore delle ingiustizie subite dai poveri. Lo sosteniamo per la sua
lotta contro il governo. "

La crescente popolarità Ghandy tra i compagni di prigionia sta preoccupando le
autorità di Tihar. Un funzionario del carcere ha detto che ci sono circa 1.500
detenuti - 100 condannati e 1.400 in attesa di giudizio - nei 12 reparti della
prigione n. 3. Ghandy condivide il suo reparto con molti altri prigionieri.

"Ama mescolarsi con la gente e si è fatto molti amici all'interno del carcere.
Ma di recente la sua conversazione ha acquisito connotazioni rivoluzionarie ",
ha detto il funzionario. "Stiamo pensando di cambiarlo di reparto ogni due mesi
e sorvegliarlo durante le ore d’aria del mattino e della sera. "

Il funzionario, tuttavia, ha convenuto che Ghandy, che è proveniente da un
ambiente di classe superiore e ha frequentato le migliori istituzioni
educative, è un vero gentiluomo.

"E 'molto entusiasta e agile per la sua età. Durante la partita di
pallacanestro, scherzava con i funzionari della prigione su molte cose ", ha
detto il sovrintendente del carcere Vijay Kumar Sharma.

Ghandy ha studiato alla Doon School e St Xavier 's College di Mumbai, prima di
recarsi a Londra per diventare un revisore dei conti. Pochi anni dopo, si unì
ai maoisti . Ora si pensa stia scrivendo un libro sulla sua vita.

www.revolutionryfrontlines.wordpress.com

Nuova Delhi, 28 agosto :

pc quotidiano 10 settembre - turchia ' viva la guerra popolare'

Funerali per due guerriglieri del TIKKO uccisi dalle forze dello
Stato

SIVAS / Tokat | 06 - 07 - 2010 | I due guerriglieri che sono stati uccisi il
29 giugno 2010 sulle montagne di Dersim / Ovacik da parte delle forze dello
Stato turco, sono stati dimessi dall'obitorio. Il funerale di Cigdem Yilmaz si
è tenuto a Sivas e quello di Ferdi Karacan in Tokat .

Durante il funerale di Cigdem Yilmaz sono stati cantati slogan come "I
guerriglieriGuerillas non muoiono", “Viva la guerra popolare” e "Il compagno
Cigdem è immortale". Cigdem Yilmaz è nato a Zara, Sivas nel 1983.

La famiglia di Ferdi Karacan lo ha portato allo stesso Cemevi a Elazig come
Cigdem Yilmaz. (Cemevi è il luogo in cui gli aleviti si riuniscono e pregano.)
Da lì fu portato alla sua città natale in Zile / Tokat .

La polizia ha cercato di allontanare la famiglia che stava in attesa davanti
alla Cemevi. La polizia ha detto alla famiglia "Non portate vostro figlio al
Cemevi, siamo in grado di prenderci cura delle vostre esigenze, mandatelo a
Tokat, portatelo via da qui, queste persone intoneranno slogan ". Questa
informazione è stata fornita da parenti stretti.

Il corpo di Karacan mostrava molte ferite da proiettile e si è visto
chiaramente che gli hanno sparato da distanza ravvicinata, non da lontano come
la polizia ha affermato nella propria dichiarazione .

Dopo si è tenuta una commemorazione a nome dei martiri. Hanno partecipato
rappresentanti di diverse organizzazioni rivoluzionarie.

Si è inoltre visto che durante i funerali nella loro città di origine, tutto
intorno al villaggio c’era una intensa presenza della polizia.

[TIKKO è un acronimo per "Türkiye ISCI Köylü Kurtulus Ordusu" (Esercito di
liberazione operai e dei contadini dalla Turchia). E ' l'ala militare del
Partito Comunista della Turchia / marxista-leninista ( TKP / ML ) - Frontlines
ed. ]

www.revolutionaryfrontlines.wordpress.com

pc quotidiano 10 settembre - PERU': la leader del SUTEP* arrestata a Huanta accusata di appartenere al

Lima, Lunedi 6 settembre 2010

Secondo un articolo di Inforegión la presidente del Fronte di difesa del
Huanta (Huanta Defense Coalition), professoressa Toscano Delia Estrada è stata
arrestata dalla polizia accusata di appartenere al clandestino Partito
Comunista del Perù.
La professoressa Toscano, che lavora anche come professore presso la scuola
No. 112 di Huanta, è stata arrestata nella sua casa, situata al primo
caseggiato di Cahuide .

Più di 30 ufficiali di polizia hanno partecipato all'operazione, per assistere
alla cattura e fornire le garanzie del caso alla procura penale Provinciale
Sovraprovinciale di Ayacucho, Yetna Juscamayta Castro e portare la dirigente
nella città di Huamanga .

Forte resistenza

Durante l' intervento, dirigenti del SUTEP e del Fronte di Resistenza e di
difesa di Huanta hanno fatto una forte opposizione cercando di evitare il
trasferimento della leader. Nonostante ciò, Delia Toscano è stata portata fino
al chilometro 1 della via Huanta - Huamanga , dove si trovano le sedi della
polizia anti-terrorismo di Ayacucho.
La presidente del Fronte di difesa di Quanta, è stata accusata dal confidente
Jhony Ulser Pillpa Paitàn come un leader che aveva legami con il PCP e ha detto
che era con lei al Congresso che si è tenuto nel mese di marzo.

*SUTEP: Sindicato unitario de Trabajadores en la Educacion del Perù


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pc quotidiano 10 settembre - Raffineria Eni di Gela: 1000 licenziati in totale nei prossimi mesi!

[Continua senza sosta lo smantellamento del settore industriale in Sicilia. I
padroni, in questo caso pubblici, seguono l’esempio di Marchionne e preparano
piani industriali che prevedono, previa accusa di assenteismo, licenziamenti di
massa facendo ricorso ad ogni “ammortizzatore” possibile, nell’intento comunque
di affermare un modo di operare in cui gli operai non dovrebbero avere più voce
in capitolo.
[Dall’altro lato le “necessità” dell’azienda sono sempre le stesse, come dice
l’amministratore delegato Scaroni: CONSOLIDAMENTO DELLA COMPETITIVITA’ e
INCREMENTO DELL’EFFICIEZA ORGANIZZATIVA non rinunciando a promettere di tener
conto del disastro ambientale! Riportiamo questo articolo di ragusanews di un
giornalista molto ottimista.]

Piano industriale raffineria di Gela, esuberi e tagli agli investimenti

Quattrocento esuberi nel diretto e tagli per almeno 600 risorse nell’indotto.
Scaroni a Gela fa sul serio: in dubbio la continuità di marcia del
petrolchimico storico del cane a sei zampe, avviato nel 1960 per volontà di
Enrico Mattei.
Consolidamento della competitività e incremento dell’efficienza organizzativa,
sono i punti di snodo del nuovo assetto industriale di Eni a Gela. L’azienda
procederà all’espulsione graduale del personale eccedente entro il 30 dicembre
del prossimo anno. Previste cento nuove assunzioni, a partire dal 2011, a tempo
indeterminato, da attingere dal mercato del lavoro.
Al fine di ridurre al minimo gli effetti sociali del grande esodo si ricorrerà
alla mobilità lunga, otto anni, per quei dipendenti che, in questo lasso di
tempo, avranno maturato i requisiti per essere accompagnati alla pensione. Per
loro è previsto anche un incentivo di 30 mila euro.
Anche il piano d’investimenti subisce un duro colpo: 600 ML per il
quadriennio, pari al 40 per cento circa dei 1.000 milioni concordati già nel
2008, programmati e tuttavia mai messi in conto spesa.
Via dunque al risanamento ambientale dovuto e al consolidamento dell’
esistente. Sono questi le misure industriali comunicate dalla direzione
aziendale a Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uilcem-Uil nell’incontro in ristretta
dell’ultimo 6 settembre. Presenti l’amministratore delegato della Raffineria di
Gela, Bernardo Casa, ed il direttore dello stabilimento, Alfredo Barbaro, che
hanno illustrato al sindacato i contenuti dell’atteso piano industriale dello
stabilimento di Gela per i prossimi 4 anni.
Sul tavolo delle trattative anche la sempre più scottante vicenda dell’
indotto: 600 esuberi su un migliaio di occupati. Il petrolchimico di Gela, alla
luce del nuovo piano industriale, si riconferma un punto critico della
raffinazione Eni: 5 Migliaia di Tonnellate di greggio raffinato per 2.200
occupati, rappresentano un buco in bilancio di circa mezzo miliardo di euro, la
metà della perdita del settore Refining & Marketing del gruppo Eni a saldo
2009. La raffineria di Taranto, a parità di distillato, dà lavoro a 700 persone
tra diretto e indotto. Meno di un terzo del popolo del petrolchimico di Gela.
Un tasso di assenteismo altissimo, con punte oltre il 30% della forza
lavorativa globale -il 10% denunciato da Scaroni alla stampa appartiene al dato
globale di Eni Sud- e indici di lavoro straordinario alle stelle per un monte
salari ordinario di 200 milioni di euro circa anno, per 1.200 occupati del
diretto, hanno indotto il management di Eni a rivedere il piano strutturale
della raffineria di Gela.
Un polo industriale che sconta le difficoltà strutturali di una politica di
disinvestimenti, dismissioni e chiusure da oltre un ventennio. Quattrocento
esuberi saranno pure tanti per il territorio gelese, ma non è il colpo di
grazia, come da più parti paventato, al petrolchimico tanto caro a Mattei.
Considerate le 100 e forse più nuove assunzioni alla fine del piano di
ristrutturazione, Gela e la sua Raffineria continuerà a recitare la propria
parte nel contesto della chimica e della raffinazione di Eni. (www.ragusanews.
com)

pc quotidiano 10 settembre - LA LOTTA DEGLI INSEGNANTI PRECARI - DAL COORDINAMENTO 3 OTTOBRE MILANO

Dal Corriere della Sera e Repubblica:

"... La Digos che cerca di mediare. Poliziotti in tenuta antisommossa che osservano pronti a intervenire. «... Attendiamo solo la chiamata per sapere se avremo un posto di lavoro», spiega Giuseppe Palatrasio, tra i coordinatori del movimento 3 Ottobre. Con un risultato: nomine bloccate per oltre un'ora. Un'altra giornata ad alta tensione all'Istituto Cavalieri di via Olona. I docenti stavano aspettando le convocazioni, tra le altre, per le cattedre di storia e filosofia alle superiori e hanno chiesto che l'aula Magna venisse aperta per far sedere le persone. E magari trasferire lì le nomine «per una questione di trasparenza». Ma la preside ha rifiutato. «Diceva che lunedì l'abbiamo sfasciata, ma non è vero. E poi aveva paura di nuove proteste», sottolinea Palatrasio. Senza contare che «eravamo almeno in duecento in corridoio: una situazione disumana e irrispettosa. E che andava contro a ogni norma di sicurezza». Così è cominciato il battibecco. Ed è intervenuta la polizia. «Hanno minacciato di identificarci, come se fossimo dei delinquenti. Poi è arrivata anche la Celere».
A scatenare la protesta degli insegnanti senza un posto fisso, questa volta, è stato l’elenco delle cattedre disponibili stilato dagli uffici in via Ripamonti: «Ne mancano moltissime — hanno denunciato i cento precari che hanno firmato il documento poi consegnato ai poliziotti del commissariato di Porta Genova — Non c’è reale corrispondenza fra quella lista e i posti davvero libere in ogni singolo istituto». A mancare all’appello, nell’elenco del provveditorato, sono soprattutto 152 cattedre assegnate in deroga alla Lombardia, a fronte di 200 nuove certificazioni di handicap pervenute alla direzione regionale.
«Perché non sono state rese disponibili da subito? Sappiamo che ci sono e non vengono assegnate — spiega Giuseppe Palatrasio, del coordinamento precari 3 Ottobre — chi si è trovato a scegliere ieri mattina ha avuto una disponibilità inferiore rispetto a quella reale. Ora rischiamo che le nomine avvengano per graduatorie d’istituto: o, peggio, attraverso patti territoriali regionali». Ma ai precari che chiedevano il blocco delle procedure di assegnazione fino a un completamento dell’elenco è arrivato il no del provveditore...
...Uno dei sospetti che circolava ieri mattina, circa la mancanza di disponibilità di molte cattedre, è che qualche preside possa aver «fatto il furbo», comunicando i posti disponibili in maniera irregolare, in modo da assegnare poi le supplenze in maniera poco trasparente a persone di loro gradimento. «Si è sempre fatto e quest’anno ancora di più», dice Miriam. Un sospetto che ha portato i precari a stilare una lista delle scuole le cui cattedre libere non comparivano nell’elenco.

L'Assemblea delle scuole milanesi, formata da docenti, ma anche genitori e studenti, ha messo in fila le carenze del mondo dell'istruzione, a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico. "Vogliamo risposte"
Arrivano da Milano le dieci domande che il mondo della scuola rivolge al ministero della Pubblica Istruzione. Dieci domande per stanare il ministro Mariastella Gelmini che fino ad oggi ha evitato il confronto diretto con i docenti... introdotte da un brano tratto da ‘Memorie di Adriano’ di Marguerite Yourcenar: “Aveva ragione quella postulante, che m’ero rifiutato un giorno di ascoltare fino alla fine, quando esclamò che se mi mancava il tempo per darle retta, mi mancava il tempo per regnare”.
Ecco le 10 domande che l’Assemblea delle scuole milanesi rivolge al ministro dell’Istruzione:
1. Lei sa che i tagli alle elementari hanno cancellato qualsiasi possibilità di realizzare il vero tempo pieno, fatto di tempi distesi e di compresenze, di lavoro in piccoli gruppi, di progetti, di uscite e laboratori per favorire l’apprendimento di tutti?
2. Cosa risponde ai genitori costretti a pagare un contributo “volontario” di 130/200 € in scuole che vantano, nei confronti del suo Ministero, crediti di 130/200.000 €?
3. I paesi Ocse spendono in media il 5,7% del prodotto interno lordo per il sistema scolastico e l’Italia il 4,5%, come lo spiega?
4. Sa che le 10.000 assunzioni a tempo indeterminato di questo anno coprono una percentuale insignificante dei posti che ogni anno servono alla scuola?
5. Come mai non c’è un insegnante di sostegno ogni due alunni con disabilità come prevede la legge, tanto che spesso questi alunni sono seguiti solo 4/6 ore a settimana?
6. Lei è al corrente del fatto che nelle scuola medie la sua manovra ha avuto l’effetto di cancellare laboratori di Arte, Musica, Tecnologia, Educazione fisica…?
7. Ritiene sia giusto rispettare la legislazione sulla sicurezza? Sa che le classi con un minimo di 27 alunni e un massimo di 35 per classe, imposte dalla sua manovra, sono proibite da norme vigenti che impongono un massimo di 25 alunni?
8. Aver cancellato le sperimentazioni nei Licei, ispirandosi alla riforma del 1923, risponde ad una esigenza di rinnovamento? Aver tolto ai Licei Artistici l’11% del tempo scuola e ai Linguistici il 17% equivale ad un “potenziamento dell’offerta formativa”?
9. Come giustifica l’aver ridotto drasticamente l’orario degli Istituti Professionali e Tecnici, tagliando su quelle materie che ha affermato di voler potenziare? Sa che le attività di laboratorio diminuiscono del 20/40%? Vuole che le forniamo le tabelle di confronto?
10. Quali motivazioni didattiche l’hanno spinta a eliminare ore di lezione, negli Istituti Tecnici e Professionali, anche nelle classi successive alle prime? Ritiene giusto che chi si è iscritto ad un percorso prima della “riforma”, scopra che è stato cambiato a metà strada?

Assemblea delle scuole del milanese.

Intanto a Milano si scende in piazza. Un corteo contro la riforma della scuola partirà sabato 11 alle ore 15 da piazza Missori. La manifestazione intende raccogliere docenti, precari e non, sindacati, genitori e studenti. Poi, dal 14 settembre, tutti a scuola. O quasi.

pc quotidiano 10 settembre: SULL'ASSEMBLEA DEI DELEGATI FIOM A TORINO

Riportiamo un breve verbale dei principali interventi, inviato da un compagno operaio della Dalmine di Bergamo dello Slai cobas per il sindacato di classe, per dare una sintetica, pur se incompleta, prima informazione.

Il 7 settembre 2010 all'assemblea dei direttivi della Fiom di Torino sono circa 256 i delegati registrati, ma all'inizio vero e proprio la sala ne contiene molti di più, tanto che alcuni devono restare fuori.
Il seg. Provinciale Bellono apre l'assemblea, dicendo che la vicenda Fiat ha spazzato via ogni ambiguità e non è un caso che dopo accordo Pomigliano, sia oggi Federmeccanica a disdire il contratto del 2008 (firmato anche dalla Fiom). La questione fiat non è solo un problema di delegati fiat ma di tutti, sta dentro una dimensione nazionale che tocca anche politica e istituzioni, infatti proprio ieri (6/9) nella riunione di Confindustria di Torino con la presenza di Marchionne è stato lanciato un appello dagli industriali per affrontare i temi dell'economia e della disoccupazione.
La vicenda fiat interroga le parti sociali non solo il sindacato e riguarda anche la rappresentanza politica futura sia locale (anno prossimo elezioni sindaco Torino) sia nazionale; questo nel quadro della storia Fiom fatta di autonomia e indipendenza ma che non vuol dire separatezza dalla politica.
Negli ultimi 3 mesi la situazione è degenerata, chi poteva dirlo prima? Quello che sta facendo la Fiat è una prova di forza o anche di debolezza visto che in queste settimane perde sul mercato.
La sovraesposizione mediatica di questi mesi è utile, ma non è sufficiente che se ne parli, dipende cosa passa nell'opinione pubblica.
Dobbiamo dimostrare alle controparti di avere gambe per reggere lo scontro. Per questo, le ultime decisioni del comitato centrale Fiom sono di fare una campagna di reiscrizione alla fiom nelle fabbriche (come scelta politica), occorre una forza organizzata chiamata a questa scelta e la garanzia è la presenza nelle fabbriche.
Dopo accordo Pomigliano si prospetta un taglio pesante del monte ore, permessi sindacali: ad es alle carrozzerie di Mirafiori rimarrebbero 10 delegati su 5500 dipendenti, inoltre c'è il problema delle trattenute sindacali visto che se non sei firmatario di contratto c'è il rischio che non le fanno.
La nostra forza è la soggettività ma ora lo scontro è molto più pesante, la nostra teoria è la salvaguardia dei posti lavoro salvaguardando diritti e salario (ci sono segnali per ridurre i costi anche in altre fabbrica della provincia), ma questo spazio si riduce e si annulla, basta vedere il comunicato di Confindustria Torino.
E' in gioco idea di fare sindacato dove gli interessi dei lavoratori e interessi dell'azienda non coincidono, poi di volta in volta si trovano mediazioni.
Avere questo giusto grado di consapevolezza della situazione e mettere in gioco nostra identità. In questo senso è molto importante la manifestazione del 16 ottobre, non si può fare solo guerriglia fabbrica per fabbrica. Poi la crisi non è finita a Torino, oltre 2000 fabbriche hanno chiesto cassintegrazione. Non c'è la facciamo da soli, questa partita riguarda la Cgil, la politica, non riguarda solo i metalmeccanici .

alcuni interventi
Forelli delegato carrozzerie – la linea di Rinaldini continua con Landini, mentre non mi piace il cambio Cgil. Siamo attaccati da tutti ma come si fa a fare da qui in avanti cose unitarie con Fim e Uil? Da me attaccano persino con volantini i delegati licenziati di Melfi. Lavoro unitario si potrà fare ma quando vengono sulle nostre posizioni, perche fim e uil alla prima curva ci scaricano...
Cosa si fa per i premi di produzione non presi alla Fiat, visto che prima ferie abbiamo fatto scioperi e i lavoratori ci hanno seguito?

Delegata della Cornaglia di Beinasco - Come bisogna procedere? siamo arrivati alla fine, la lotta bisogna farla contro Bonanni, quando lo sento parlare mi sento qualcosa di rivoluzionario dentro e rimpiango quelle persone che facevano violenza.
Cosa si fa con una delegata Fim che parla dei 3 delegati licenziati citando Panorama sul fatto che insultavano le donne....ho tanta rabbia dentro...
(Poi elenca tutti gli attacchi che hanno fatto i padroni con avvallo cisl e uil).
Sono orgogliosa di essere Fiom, ma mi chiedo come ci organizziamo?

Delegato della Bertone - Rispetto all'appello di Federmeccanica di finirla con la lotta di classe, io sono per iniziare a farla realmente... Impegno per portare più gente possibile alla manifestazione a Roma

Del. Cronisterro ex Iveco - non è solo un problema di relazioni sindacali ma è una fase storica, come nell'80 (35 giorni). Come noi affrontiamo questa diversità? Come stiamo dentro la discussione con altri? Nessuna forza politica si è schierata. Snaturato il senso del sindacato: il contratto serve per regolamentare i rapporti tra lavoratore e azienda o per imporre i piani aziendali?
A meta ottobre sarà il 30nnale Fiat, la Fiom farà 2 iniziative: il 28 sett su 'Consigli e democrazia' e l'8 ottobre sui '35 giorni'.

Mercurio Carrozzerie - (riflessione sull'ultimo decennio) se non ci fosse stata la Fiom? Siamo sempre stati soli e con gli altri abbiamo imposto la nostra linea.
Alla Carrozzeria siamo 5700, la 1° è la Fim, noi siamo già partiti con iscrizione ai cancelli a luglio perche non avevamo assemblee.

Airaudo, segretario regionale Fiom - Ora lo scenario è cambiato, ha superato l'immaginario.
Perchè è difficile? Perchè questa crisi che non finirà, è senza precedenti, nei prossimi 6-12 mesi vi saranno altre chiusure di fabbriche; i lavoratori sono pesantemente ricattabili sulla questione di accettare il lavoro in qualsiasi condizioni: la forza Fiat sta che fa leva su questa questione primordiale.
Non è normale la discussione sull'accordo non si tratta solo di un attacco tattico. Si deroga su un contratto che cancella accordo interconfederale. Ci si aspetterebbe da un manager come Marchionne che ci spiegasse come si esce dalla crisi dell'auto, Marchionne non è Valletta
Il piano Fiat si fonda su 20 miliardi di prestito dalle banche internazionali che la Fiat si impegna a restituire al 9 % d'interesse entro 24 mesi; quindi il problema si ripropone nel 2012, senza nessuna garanzia se la Fiat venderà macchine e quante
Dobbiamo decidere come reagiamo dentro questa crisi violenta, cosa proponiamo alla Fiat?
Stanno studiando su come bloccarci i finanziamenti e quindi stiamo vedendo con i legali, attraverso la cessione del 5° o altro; rifaremo il tesseramento. Si pone il tema della rappresentanza, c'è una nostra proposta di legge, che per fortuna abbiamo fatto. Si tratta di una partita di esistenza, non della Fiom ma del sindacato

Landini, segr. Generale Fiom - Valore generale di quello che stiamo facendo, l'idea che per lavorare non abbiamo più i diritti fa imbarbarire il nostro paese.
Fare accordi che siano mediazioni di interessi e votati dai lavoratori, è quello che abbiamo fatto e continueremo a fare. Noi di questo vogliamo discutere: quali prodotti, quali politica industriale.
Marchionne non discute e non sottoscrive con nessuno, il suo piano è prendere o lasciare.
(elenco di quello che c'è dentro l'accordo Pomigliano):
per vivere, ora operai Fiat dovrebbero combattere contro operai Mercedes, stanno scatenando una competizione tra lavoratori che devono sentirsi parte dell'impresa.
Cambio natura del sindacato che gestisce le assunzioni (vedi piano triennale di Sacconi).

(quindi ha affrontato alcuni temi):
Quale idea di sviluppo del nostro paese – Problema della riunificazione del mondo del lavoro (a proposito del contratto industria) - Problema Europa e contratto europeo - quale Europa sociale riguarda la politica - sindacato politico nel senso che dovremo scioperare anche per decidere quale stato sociale...

giovedì 9 settembre 2010

pc quotidiano 9 settembre - il nuovo licenziamento alla fiat di termoli

Sorvegliante licenziato in Fiat: "Io, pedinato dall’azienda"
Si prepara il ricorso dopo il licenziamento di Arcangelo Galasso, 47 anni, dirigente della Failms Cisal. Secondo l’associazione di categoria Galasso sarebbe stato pedinato dall’azienda. Lui stesso ammette di aver sempre avuto dei sospetti. Intanto dall’azienda nessun commento, mentre i rapporti con i sindacati si inaspriscono.

Termoli. Nemmeno due mesi e alla Fiat di Termoli licenziano due operai. Storie diverse e motivazioni diverse, ma alla base di entrambi i ’ben serviti’ c’è l’attivismo in un sindacato. Nel caso di Giovanni Musacchio a luglio, lo Slai Cobas; nel caso più recente di Arcangelo Galasso, la Failms Cisal. Al primo era stata contestata la partecipazione alla protesta contro il Referendum di Pomigliano. Al secondo, l’uso personale dei permessi di lavoro presi per le attività dell’organizzazione di categoria.
Insomma, secondo la Fiat Galasso non si occupava delle attività dellla Failms Cisal durante le ore richieste. Una tesi che l’azienda ha messo nero su bianco nella lettera di licenziamento, riportando in maniera dettagliata, ora per ora, tutti gli spostamenti di Galasso e i luoghi da lui frequentati. Proprio come se qualcuno l’avesse pedinato. Una pratica, questa, ultimamente molto in voga negli States, e sulla cui legittimità i giudici italiani saranno chiamati presto a esprimersi. Nel frattempo il sindacato punta il dito proprio contro la violazione della privacy. Galasso, sorvegliante di 47 anni, è preoccupato. E’ senza lavoro e ha una moglie e due figli a carico.

Alla fine del turno lo scorso sei settembre le hanno consegnato la lettera di licenziamento
«Si, è stata una doccia fredda, non me lo aspettavo. E’ una contestazione che eventualmente mi doveva fare il sindacato e non l’azienda».

Lei aveva già ricevuto una lettera di contestazione?
«Si, ed ero già andato a portare le mie motivazioni e a giustificare i miei spostamenti alla presenza anche del segretario regionale, anche se ripeto, non dovevo dar conto all’azienda di questo».

Lei sospetta una violazione della privacy e che potrebbe essere stato pedinato
«Si, io già avevo qualche sospetto. Poi l’azienda stessa me l’ha confermato con la descrizione dettagliata delle giornate in cui avevo il permesso sindacale».

Intanto dall’azienda automobilistica nessun commento, anche se dagli ambienti interni trapelano smentite sul pedinamento, e si parla di Termoli come una città piccola in cui si conosce tutto di tutti. Insomma, come se qualcuno fosse andato a riferire gli spostamenti di Galasso di sua iniziativa.

Galasso lavora alla Sirio, ormai inglobata dalla Fiat, da 22 anni. E’ arrivato a Termoli dopo il trasferimento da Torino e fa parte del direttivo della Failms Cisal. «E’ l’ennesimo atto di arroganza messo in campo dalla dirigenza» dicono dal sindacato, che già annuncia battaglia. «Si tratta di un licenziamento altamente ingiusto, che attacca a viso aperto tutti i diritti sindacali e le azioni sindacali – commenta Salvatore Coppola, della segreteria Failms Cisal. «I nostri avvocati stanno preparando il ricorso basandolo sull’articolo 28, quello sulle discriminazioni sindacali. Questo tipo di azione danneggia molto la persona, rea solo di aver fatto attività sindacale».

Voi siete convinti che Galasso sia stato seguito?
«Si, voglio proprio vedere su cosa si baserà la difesa della Fiat che contesta a Galasso tutti i movimenti, probabilmente sul ‘sentito dire’. A chi vogliono prendere in giro? Il dirigente è stato seguito, sicuramente pedinato, sicuramente c’è un atto persecutorio nei suoi confronti. Basti pensare che per più di una volta gli è stato negato di partecipare alle riunioni del sindacato per esigenze tecnico produttive. Mi chiedo ancora se all’interno della Sirio ci sono altre Rsu a cui vengono negati i permessi sindacali. Si usano due pesi e due misure. Forse un peso diverso per un sindacato non allineato, ma che fa opinione all’interno della fabbrica».

La notizia del nuovo licenziamento inasprisce i rapporti tra azienda e sindacati e arriva in un momento delicato, dopo l’annuncio di Federmeccanica di non voler più riconoscere dal 2012 il contratto delle tute blu. Insomma per il settore metalmeccanico, sul fronte delle rivendicazioni, si preannuncia un autunno caldo. (MI)

(Pubblicato il 09/09/2010)

pc quotidiano 9 settembre - il partito comunista dell'afganistan maoista pronti a combattere gli occupanti imperialisti


El Partido Comunista (maoísta) de Afganistan ha anunciado que muy pronto comenzará a combatir a los “ocupantes imperialistas” pero también a los “reaccionarios teocráticos islámicos”. Dentro de muy poco las tropas de ocupación de la OTAN tendrán que combatir no sólo contra los talibanes y los jihadistas sino también contra los guerreros comunistas. Esto es al menos lo que se deduce de un reciente comunicado del Partido Comunista (maoísta) afgano, una formación clandestina creada en 2004.

riceviamo questo importante testo


Il Partito comunista (maoista) afgano clandestino ha annunciato che presto inizierà a combattere contro "gli occupanti imperialisti", ma anche contro "i reazionari teocrati islamisti".

A combattere contro le truppe d'occupazione della Nato in Afghanistan, presto potrebbero esserci non più solamente talebani e jihadisti, ma anche guerriglieri comunisti.

Questo, almeno, è quanto si deduce da un recente comunicato del Partito comunista (maoista) afgano, formazione clandestina nata nel 2004.

''Il Partito sta per dare inizio alla guerra popolare in Afghanistan, il cui specifico carattere, nell'attuale congiuntura, è la guerra popolare rivoluzionaria nazionale di resistenza contro gli occupanti imperialisti e il loro regime fantoccio''.
Così si conclude un comunicato del Pc(m)a pubblicato lo scorso 15 luglio sul sito di Shola Jawid (Fiamma eterna), organo del partito, per commemorare il compagno Azad, storico portavoce dei guerriglieri maoisti 'Naxaliti' indiani, ucciso in combattimento lo scorso primo luglio.

Il Partito comunista (maoista) afgano - la cui dirigenza è finora rimasta clandestina - è il frutto di un lento processo di riunificazione e rivitalizzazione di quel che rimaneva dei grandi movimenti maoisti afgani degli anni '60 e '70, poi sterminati dai comunisti filo-sovietici e dagli integralisti filo-americani. Un processo iniziato subito dopo l'invasione alleata del 2001 allo scopo di condurre una guerra di liberazione nazionale 'autonoma' rispetto a quella dei gruppi armati islamici nel nome di una 'terza via' alternativa sia dall'occupazione straniera che dalla teocrazia islamica.

''Se le masse afgane continueranno a pensare che l'unica alternativa sia tra la resa all'occupante straniero o il sostegno a talebani e Al-Qaeda, la miseria del nostro popolo non avrà fine'', si legge in un documento del marzo 2002. ''Il nostro partito ha deciso di mobilitarsi autonomamente per resistere all'invasione imperialista, come tappa necessaria verso una rivoluzione neo-democratica in Afghanistan. Dobbiamo infatti considerare nostri nemici non solo gli imperialisti americani e i loro alleati, ma anche i reazionari teocrati islamisti, talebani o jihadisti che siano, che oggi controllano il paese''.

Il Pc(m)a si propone come moderno erede degli Sholay (Fiamme): i militanti maoisti dell'Organizzazione dei giovani progressisti (Sazman-e Jawanan-e Mutarraqi) fondata nel 1965 da Akram Yari, maestro hazara originario di Jaghori (Ghazni).
Gli Sholai - dal nome della loro popolare rivista studentesca, Shola Jawid - nacquero come un movimento giovanile di protesta contro la monarchia di Zahir Shah, i fondamentalisti islamici di Gulbuddin Hekmatyar e il comunismo filo-sovietico del Partito democratico del popolo afgano (Pdpa), diventando rapidamente uno dei maggiori movimenti di massa del paese.

Sopravvissuti alle sanguinose persecuzioni e repressioni della polizia monarchica e dei gruppi islamici integralisti, i maoisti Sholay vennero messi fuori legge dopo il golpe comunista del 1978: in migliaia vennero arrestati, torturati e uccisi. Tra loro anche Akram Yari, che però fece in tempo a lasciare un'importante eredità politica attraverso il suo discepolo Faiz Ahmad, che nel frattempo aveva fondato l'Organizzazione per la liberazione dell'Afghanistan (Ola): gruppo armato maoista che per tutti gli anni '80 combatté gli occupanti sovietici (entrando formalmente nel Fronte dei mujaheddin combattenti per la libertà), ma che ben presto entrò in conflitto con gli integralisti islamici di Hekmatyar.

Furono proprio i mujaheddin di Hekmatyar, nel 1986, ad assassinare Faiz Ahmad, provocando di fatto lo smembramento dell'Ola. Dalle sue ceneri nacquero, alla fine degli anni '80, diversi movimenti maoisti rivoluzionari e, nel 1991, il Partito comunista d'Afghanistan (Pca), che recuperò la tradizione 'terzista' degli Sholay di Akram Yari: contro "il fascismo" e "l'oscurantismo" degli integralisti e contro l'imperialismo di qualsiasi stampo.
Coerentemente con questa posizione, dopo l'invasione americana del 2001, il Pca si è fatto promotore della rinascita di una resistenza armata maoista sia contro le truppe Nato che contro talebani e signori della guerra, avviando il processo politico che ha portato alla creazione del Pc(m)a nel 2004.

La rinascita del maoismo in Afghanistan si inserisce nella più generale fenomeno del risveglio dei movimenti armati comunisti in molti paesi poveri del continente asiatico. Dall'India rurale, al Nepal, alle Filippine, il maoismo si è mostrato capace di interpretare le lotte contadine e indigene contro le razzie delle multinazionali e le ingiustizie del liberismo globale. In Afghanistan esso si propone invece come strumento di liberazione nazionale e come alternativa alla teocrazia feudale: una sfida non così velleitaria, tenuto conto dell'arretratezza della società afgana e dell'esito fallimentare dell'esperimento di democrazia occidentale.

pc quotidiano 9 settembre - DIRITTO DI PAROLA E CONTESTAZIONE

Tutta, ma proprio tutta, la stampa reazionaria e borghese di giovedì 9 settembre si occupa della contestazione al sindacalista della Cisl servo dei padroni - Raffaele Bonanni - avvenuta alla festa nazionale del partito sedicente democratico il giorno precedente.
E' tutto un diluvio di prese di posizione contro i 'facinorosi dei centri sociali' che non hanno permesso al servo di Marchionne di parlare.
Tutti sparlano di 'aggressione squadrista al sindacato', ma dimenticano un 'piccolo' particolare: non è vero che i contestatori fossero tutti dei centri sociali -ma erano presenti soprattutto lavoratori stanchi di essere presi per il c... da chi pretende di rappresentarli ma è palesemente a libro paga dei padroni.
L'unica eccezione a questo coro unanime di attacco a chi contesta i venduti ai padroni è rappresentato da Liberazione, che si limita a dar notizia della contestazione ed a raccogliere le parole dei contestati.
Persino il Manifesto, con un corsivo di lo.c. - Loris Campetti - stigmatizza l'accaduto: ma la cosa grave non è l'aver contestato in maniera fin troppo civile - tanto che le 'forze dell'ordine' si sono frapposte , ma non hanno affatto disperso nessuno, aspettando piuttosto che la manifestazione si sciogliesse spontaneamente - bensì il fatto che a certe brutte facce venga ancora permesso di parlare in pubblico.

Torino, 09 settembre 2010
Stefano Ghio - Slai Cobas per il sindacato di classe Torino

pc quotidiano 9 settembre - fiat sevel ..paura e arroganza

"Non possono parlare all'assemblea Fiom di Chieti"
L'azienda torinese nega a Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte l'ingresso nello stabilimento di Atessa (Chieti) del gruppo. Avrebbero dovuto parlare all'assemblea sindacale della Fiom. I due verranno comunque, ma resteranno fuori dai cancelli

...nell’a ssemblea di domani (oggi per chi legge n.d.r.) alla Sevel avevamo invitato anche due degli operai licenziati, e poi reintegrati, della Fiat di Melfi ma l’azienda ci ha detto che non li avrebbe fatti entrare perché indagati». Il segretario regionale della Fiom-Cgil Nicola Di Matteo è di solito posato nelle sue dichiarazioni, ma il cambio di scena nei rapporti azienda-sindacato lo fanno per la prima volta guardare al peggio anche in Abruzzo. «Se essere oltranzisti vuol dire difendere fino in fondo i diritti dei lavoratori ebbene, sì, sono fiero di esserlo», afferma rispondendo alle accuse che piovono sulla Fiom.

Quanto avvenuto ieri nella fabbrica più grande d’Abruzzo (5mila operai), dove si producono i furgoni per Europa e Asia, è il primo segnale su come le cose stanno cambiando nella Val di Sangro. «La Sevel ci ha detto che i due delegati di Melfi Giovanni Barozzino e Antonio Lamorte sono comunque ospiti non graditi. Avevamo chiesto di poterli farli parlare insieme al segretario nazionale Maurizio Landini. Verranno lo stesso e resteranno fuori dai cancelli della fabbrica fino alla fine dell’assemblea e valutiamo altre iniziative. Ma stiamo anche pensando ad eventuali azioni legali, che stiamo studiando», dicono alla Fiom.

Una versione che viene confermata e così spiegata direttamente dalla Fiat: «La Sevel di Atessa ha ritenuto di negare l’accesso al proprio stabilimento ai due operai coinvolti nei fatti di Melfi, considerando la richiesta della Fiom-Cgil di Chieti in contrasto con le vigenti disposizioni di legge e di contratto in materia di partecipazione di esterni alle assemblee sindacali retribuite».

pc quotidiano 9 settembre - Il pugno di ferro degli industriali

“Il pugno di ferro degli industriali” ha fatto arrabbiare anche un
intellettuale come Luciano Gallino, che riporta su Repubblica, 8 settembre
2010, la sua valutazione, naturalmente dal suo punto di vista, sulla scelta dei
padroni di portare lo scontro con la classe operaia ancora più a fondo. Ci
interessa l’accento su due puntualizzazioni che riguardano questo attacco che
confermano che la “lotta tra capitale e lavoro” di cui si lamentano i padroni è
cominciata tanto tempo fa, di fatto non cessa mai:

SUL SALARIO

Dice Gallino che la disdetta del contratto nazionale di lavoro da parte di
Federmeccanica è soprattutto a scapito dei lavoratori “Caso mai ve ne fosse
bisogno. I redditi da lavoro hanno infatti perso NEGLI ULTIMI VENTICINQUE anni
almeno 7-8 punti sul Pil a favore dei redditi da capitale (dati Ocse). Perdere
1 punto di Pil, va notato, SIGNIFICA CHE OGNI ANNO 16 MILIARDI VANNO AI SECONDI
invece che ai primi. Questa redistribuzione del reddito dal basso verso l´alto
ha impoverito i lavoratori, contribuito alla stagnazione della domanda
interna…”

SUI DIRITTI

Quanto ai diritti, SONO SOTTO ATTACCO SIN DAI PRIMI ANNI ´90 e la loro
erosione ha preso forma della proliferazione dei contratti atipici che sono per
definizione al di fuori del contratto nazionale. Per cui lasciano ai datori di
lavoro la possibilità di imporre a loro discrezione, a milioni di persone,
quali debbano essere le retribuzioni, gli orari, l´intensità e le modalità
della prestazione, e soprattutto la durata del contratto.

Quindi nonostante il contratto nazionale di lavoro, gestito in concertazione
dai sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil in particolare, non sia servito
nemmeno a mantenere fermo il livello dei salari, i padroni lo vogliono abolire
perché rappresenta comunque un punto di riferimento, una conquista importante
negli anni delle lotte operaie,…

“Si potrebbe obbiettare” continua Galino, “che il contratto dei metalmeccanici
riguarda solo un milione di persone, su diciassette milioni di lavoratori
dipendenti. Ma non si può avere dubbi sul fatto che altri settori
dell´industria e dei servizi seguiranno presto l´esempio di Federmeccanica.
Dietro la quale è sin troppo agevole scorgere non l´ombra, bensì il pugno di
ferro che la Fiat sembra aver scelto a modello per le relazioni industriali.”

E questa possibile compressione di salari e diritti per un maggiore
sfruttamento, al contrario di quanto possa pensare Gallino, non fa arrossire i
padroni (che lui chiama imprenditori) nemmeno lontanamente perché sarebbe
impossibile dire agli operai che devono competere con “i costi del lavoro di
India e Cina, Messico e Vietnam, Filippine e Indonesia, cercando di tenere
fermi i salari dei lavoratori italiani mentre li si fa lavorare più in fretta,
con meno pause e con un rispetto ossessivo dei metodi prescritti. Magari a
mezzo di altoparlanti e Tv in reparto, come già avviene in aziende del gruppo
Fiat.”
E si arrabbia ancora l’intellettuale Gallino, ma non è il solo, perché i
padroni non sono bravi a risolvere i problemi di competitività del sistema
industriale italiano e danno ricette per cui fanno rientrare dalla finestra
quello che pensavano di aver fatto uscire dalla porta…

Ma i padroni fanno il loro mestiere, danno segnali forti, fanno la loro parte,
come sempre; agli altri fare la loro, il governo li deve sostenere gli operai
li devono rovesciare…

mercoledì 8 settembre 2010

pc quotidiano 7-8settembre - ancora su contestazione a Bonanni

CONTESTATO BONANNI A TORINO

Torino, mercoledì 8 settembre, piazza Castello: alle ore 17:00 si tiene,
sotto l'enorme tendone della sala Bobbio della festa nazionale del partito
sedicente democratico, un dibattito sul mondo del lavoro che vede la
partecipazione di Enrico Letta e del segretario generale della Cisl Raffaele
Bonanni.
Per l'occasione, alcuni lavoratori aderenti al locale sindacato Alato
(Associazione lavoratori autorganizzati Torino) - in collaborazione con gli
studenti universitari del Collettivo Universitario Autonomo, col Collettivo
Comunista Piemontese e con lo Slai Cobas per il sindacato di classe -
organizzano una protesta rumorosa contro la presenza di quel servo dei
padroni che è il segretario del sindacato cattolico.
Alle ore 17:05 comincia il dibattito, ma dura ben poco: appena il
moderatore, Dario Di Vico, cede la parola a Bonanni scoppia la
contestazione; alcune decine di persone fanno irruzione nell'area dibattiti
lanciando fac simili di banconote da 50 Euro, innalzando cartelli
raffiguranti le stesse, innalzando uno striscione con la scritta 'Marchionne
comanda, Bonanni obbedisce', accendendo un paio di fumogeni ed urlando
"venduto", "vergogna" ed altri improperi all'indirizzo del leader cislino.
Gli organizzatori, vista la mala parata - ad un certo punto vola anche una
sedia, mentre qualcuno arriva ad un passo da Bonanni - chiamano in soccorso
le 'forze dell'ordine' che si schierano in difesa dei politicanti, ma senza
intervenire con la forza.
Verso le ore 17:35, dopo aver ottenuto lo scopo di non far parlare il servo
dei padroni, la manifestazione si scioglie senza incidenti.
Né Schifani né Bonanni hanno potuto parlare in pace, e questa è una vittoria
dei lavoratori sui padroni e dei sinceri democratici contro i fascisti più o
meno travestiti.

Torino, 08 settembre 2010
Stefano Ghio - Slai Cobas per il sindacato di classe Torino

pc quotidiano 7-8 settembre - netta condanna .. della posizione di Landini segr naz Fiom

la contestazione di bonanni è stata giusta e sacrosanta e rispecchia
l'opinione della grande maggioranza degli operai iscritti alla Fiom e
landini lo sa benissimo
riteniamo che queste contestazioni servano e siano una forma di lotta
assolutamente necessaria oggi
slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale

Sindacati. Landini (Fiom): "Netta condanna della contestazione organizzata
contro il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni"
Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, ha rilasciato in
serata la seguente dichiarazione.
"La Fiom esprime la più netta condanna di quanto avvenuto a Torino, alla
festa del Partito Democratico, ove il segretario generale della Cisl,
Raffaele Bonanni, è stato oggetto di una inaccettabile contestazione
organizzata."
"Per la Fiom la democrazia è un principio irrinunciabile, basato sul
confronto e sulla libertà che tutti devono avere di poter esprimere
pubblicamente le proprie opinioni."
Fiom-Cgil/Ufficio StampaRoma, 8 settembre 2010

pc quotidiano 7-8 settembre -disdetta contratto.. la posizione dello slai cobas per il sindacato di classe

La disdetta del contratto metalmeccanico del 2008 da parte della Federmeccanica realizza l'unità dei padroni intorno al fascismo padronale della Fiat e costituisce il più grave attacco degli ultimi decenni ai diritti e alla libertà sindacale nel nostro paese.
I padroni metalmeccanici si mettono sulla strada del neo corporativismo fascista contro le stesse leggi, contratti, statuto dei lavoratori, Costituzione.
A questo attacco si risponde con lo sciopero!
A questa guerra si risponde con la guerra di classe prolungata!

Ma nella risposta a questo attacco esistono quattro esigenze:

Primo. L'esigenza del fronte unito di tutte le organizzazioni sindacali, dalla Fiom ai sindacati di base e di classe che sono contro questa disdetta e questo attacco generale.
In questo quadro, lo Slai cobas per il sindacato di classe aderisce allo sciopero della Fiom indetto nella giornata odierna e alla manifestazione nazionale del 16 ottobre.

Secondo. Questo attacco è costruito su scala nazionale e aziendale sulla base del patto neo corporativo con Fim, Uilm, Fismic, Ugl.
Per cui è assolutamente necessario rompere a tutti i livelli con queste organizzazioni sindacali, compreso il non riconoscimento dei loro delegati Rsu che perdono le caratteristiche di rappresentanti dei lavoratori.
Bisogna dare vita a coordinamenti in fabbrica e sul territorio che rappresentino realmente i lavoratori.
Le sedi dei sindacati collaborazionisti devono essere fatte segno di iniziative di lotta dei lavoratori, chiamando alla mobilitazione i lavoratori indipendentemente dalla loro tessera sindacale.

Terzo. L'attacco padronale è stato preparato da anni di concertazione e da accordi sindacali che hanno indebolito i lavoratori e rafforzato i padroni, di cui il gruppo dirigente e gli apparati della Fiom sono responsabili.
La ricostruzione del sindacato di classe nelle fabbriche non può quindi che basarsi sui cobas, che fuori da ogni diatriba e divisione sindacale sono lo strumento in cui i lavoratori possono riorganizzarsi e difendere realmente lavoro, salari, diritti in fabbrica.

Quarto. Il governo Berlusconi e il ministro Sacconi sono anello fondamentale del nuovo fascismo padronale; il PD e la maggioranza confederale si riconoscono negli interessi generali del piano Marchionne.
Per questo le lotte operaie devono necessariamente unire la lotta contro i padroni alla lotta contro il governo e la falsa opposizione.

La manifestazione del 16 ottobre non avrebbe né senso né coerenza se non fosse su questa linea.

SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE
Coordinamento nazionale
8 settembre 2010

pc quotidiano 7-8 settembre - Sakineh .. contro il regime fascista-islamico

Proletari comunisti denuncia la condanna, persecuzione ed ogni eventuale condanna a morte, lapidazione di Sakineh.
Il regime iraniano è un regime fascista islamico al servizio della borghesia iraniana. Noi siamo per il suo rovesciamento da parte dei proletari e delle masse popolari iraniane.
Il regime fascista islamico ha come caratteristica ideologica l'oppressione delle donne, che si esprime in tutte le forme che il movimento delle donne iraniane in tutte le sue espressioni denuncia.

Siamo consapevoli che la condanna di Sakineh viene utilizzata dall'imperialismo americano, francese, italiano, ecc. come campagna volta ad isolare l'Iran per i suoi interessi imperialisti nell'area; è parte di una guerra di aggressione come quella che si è perpetrata contro l'Iraq di Saddam.
Quindi si tratta di una campagna ipocrita e strumentale da parte di chi vuole imporre in Iran, come in Afghanistan, in Iraq, regimi altrettanto oppressivi, verso i proletari, i popoli e le donne.

In Italia buona parte dei paladini istituzionali o semi istituzionali di Sakineh, sono espressione di forze governative e sono protagonisti quotidiani degli attacchi sociali e clerico-fascisti verso le donne; sono criminali esecutori di leggi anti immigrati, razziste e persecutorie. E questo dimostra la strumentalità oscena e sciacallesca dell'utilizzo della condanna di Sakineh.
In nessuna maniera quindi è possibile essere parte di questa campagna di governo, PD, ecc.

Questo non toglie che in ogni luogo di lotta delle donne e dei proletari non si sostenga con forza la fine della persecuzione contro Sakineh e tutte le donne iraniane e non si sostenga la lotta dei proletari, del movimento democratico in Iran per il rovesciamento del regime fascista islamico di Ahmadinejad

Proletari Comunisti

pc quotidiano 7-8 settembre - Fincantieri- Palermo...cassaintegrazione per un anno

Fincantieri Palermo: 470 operai in cassa integrazione per un anno

Gravissima decisione della direzione aziendale che ha deciso di mettere, a
partire da ottobre, 470 operai, praticamente tutti quelli della Fincantieri, in
cassa integrazione per un anno!
La scusa è quella di una “crisi aziendale, dovuta a eventi improvvisi e
imprevisti”, come dice l’azienda in una lettera consegnata ai sindacati
confederali; ma come si fa essere così bugiardi!
La vera crisi per lo stabilimento di Palermo è stata creata dalla direzione
aziendale che non prende più commesse per la costruzione di navi da anni
oramai, limitandosi alla costruzione di qualche piattaforma petrolifera (dove
lavorano per la maggior parte operai dell’indotto, sempre più ricattati e
sfruttati) e piccoli lavori di manutenzione e portando avanti una politica
arrogante che ha fatto ricadere “la crisi del settore” sulle spalle degli
operai non pagando o pagando in parte il premio di produzione annuale.

I sindacati confederali hanno di fatto accompagnato questa decisione dell’
azienda non intervenendo seriamente, firmando la cassa integrazione a
singhiozzo già chiesta e ottenuta dall’azienda in questi ultimi anni. Adesso
sono tutti sorpresi, come al solito. Il gioco si scopre ascoltando le parole di
Piastra, il responsabile Fiom per il Cantiere Navale: “Non si capisce se la
piattaforma petrolifera Scarabeo 8 che da sola occupa 800 operai dell’indotto,
debba essere terminata a Palermo o altrove, non ci sono notizie dei bandi per
la riparazione dei bacini, mentre vediamo che l’azienda dirotta le riparazioni
di navi della Saipem verso altri stabilimenti del Nord. Non possiamo stare a
questo gioco”. Questo è un gioco che la Fiom come gli altri fanno da sempre:
anche in questo caso non si sono opposti a che l’azienda mettesse uno
stabilimento contro l’altro, permettendo lo sfruttamento selvaggio degli operai
dell’indotto.
E ancora una volta invece che attaccare la direzione aziendale si rivolgono
alla Regione perché investa nella ristrutturazione dei bacini.
Adesso per l’ennesima volta come un disco rotto ripetono in coro Fim-Fiom-Uilm
che “Fincantieri deve elaborare un piano industriale serio per garantire il
superamento della crisi e non utilizzare il paracadute degli ammortizzatori
sociali”.
Gli operai che si saranno stancati di sentire la solita stonata cantilena
devono innanzi tutto lottare per strappare dalle mani dei sindacati la
“rappresentanza” e autorganizzare la propria lotta.

pc quotidiano 7-8 settembre - Il governo peruviano “legalizza” con un decreto la lotta dell’esercito contro i

Mentre il paese è scosso da manifestazioni e scioperi di massa di vari
settori, il gverno peruviano (che ha chiesto anche un intervento più massiccio
della presenza dei militari degli Stati Uniti) con un apposito decreto si
prepara ad un massiccio attacco armato “legalizzato” contro le masse popolari e
il Partito Comunista del Perù nella Valle dei fiumi Apurimac ed Ene, storica
roccaforte dei maoisti.

Il governo peruviano tramite il suo ministro della Difesa Rafael Rey ha emesso
un apposito decreto, il 1095, che “disciplina l'uso della forza e faciliterà
l'operato dei militari e di polizia nella lotta contro il terrorismo…” per
“dare loro un sostegno legale affinché possano compiere la loro missione” ed
“evitare di essere denunciati”.
Ancora una missione di morte quindi per la quale il governo si prepara la
difesa preventiva dei propri militari perché, ci tiene a ricordare il ministro,
non deve succedere che ammesso che in uno scontro a fuoco si uccida un
“terrorista” i militari possano essere denunciati e si possano poi incriminare
tutti i componenti della pattuglia, i piloti degli elicotteri che li hanno
trasportati sul luogo, o che possano esser accusati di aver agito contro i
diritti umani”.

Insomma l’esercito pretende l’immunità completa, la mano libera anche in quei
falsi scontri a fuoco in cui vengono uccisi spesso civili o rivoluzionari
disarmati, e il governo lo sostiene.

pc quotidiano 7-8 settembre - Il PCF denuncia l’attracco di navi da guerra nucleari della marina americana a

Information Bureau - Partito Comunista delle Filippine

3 Settembre 2010

Il Partito Comunista delle Filippine (PCF) ha oggi attaccato l'attracco della
nave a propulsione nucleare americana USS George Washington che avverrà domani
Manila Bay come "un grave insulto e un'offesa alla sovranità delle Filippine."
Ciò segnala un intensificato intervento militare statunitense nelle operazioni
anti-guerriglia locali e sottolinea l'uso del paese come base per
l'affermazione della potenza degli Stati Uniti nella regione, ha detto che il
CPP.

La USS George Washington aveva già attraccato a Manila poco più di tre
settimane fa, ufficialmente per una visita di cortesia. Ha una forza di 6.000
uomini e fa parte della 7a flotta della Marina degli Stati Uniti con base in
Giappone. Il PCF prevede l'attracco di più navi da guerra americane nelle
Filippine, come è stato discusso dai funzionari del Dipartimento di Stato degli
Stati Uniti e dal presidente delle Filippine, Benigno Aquino nel luglio
scorso.

Il PCF ha detto che i consiglieri militari Usa sono qui per "testare la nuova
sicurezza e i funzionari della difesa del regime Aquino, dare consulenza e
consigliare il governo filippino sulla condotta e il progresso delle sue
operazioni 'anti-guerriglia'. I consiglieri degli Stati Uniti sono concentrati
nello studio teso ad aiutare nella formulazione del prossimo piano operativo di
sicurezza interna delle Forze Armate delle Filippine (FAF) sotto il nuovo
regime fantoccio che seguirà il piano Oplan Bantay Laya (OBL), la cui scadenza
originaria dello scorso giugno è stata estesa, in attesa della nascita del
nuovo piano per l’inizio del 2011."

"I funzionari militari statunitensi sono nelle Filippine anche per ottenere
rassicurazioni dal nuovo governo fantoccio che non verrà abrogato il Visiting
Forces Agreement (VFA)", ha detto il PCF, sottolineando che il popolo filippino
richiede l’eliminazione del VFA e tutti gli altri trattati ineguali militari
tra Stati Uniti e Filippine. Appelli oramai di lunga data provenienti da più
parti, tra cui un paio di senatori, sono stati ripetuti affinché si rivedano le
procedure di ricorso al VFA o addirittura alla sua eliminazione.

"L' attracco delle navi da guerra americane a propulsione e con capacità
nucleare viola anche una disposizione della Costituzione reazionaria ", il PCF
ha aggiunto.

"Dietro tutte le loro 'visite di cortesia' e la partecipazione ad attività
'socio-civili', le forze Usa stanno effettuando in maniera insidiosa un
intervento militare, compreso quello via satellite e di sorveglianza
elettronica contro le forze rivoluzionarie, con consulenza e partecipazione a
operazioni anti-guerriglia sul campo, con fornitura di materiale bellico e
addestramento delle forze militari fantoccio, "Il PCF ha aggiunto .

Il PCF ha fatto appello al popolo filippino patriottico e amante della libertà
a mettere il regime Aquino davanti alle sue responsabilità per aver consentito
l'interventismo Usa nelle Filippine.

pc quotidiano 7-8 novembre - nepal .. verso la battaglia finale ?

Mentre USA-GB e sopratutto la potenza regionale egemonista India, sono attivamente impegnate verso il golpe militare e l'invasione delle truppe per sostenere i partiti governativi fantocci di india e dell'imperialismo, espressione del potere feudale e della borghesia compradora,per maoista schiacciare la rivoluzione nepalese;si sviluppa nel movimento comunista e proletario nepalese una lotta tra le due linee, che attraversa il Partito Comunista Nepalese-unificato-maoista sulla via da perseguire per conseguire la vittoria e instaurare una repubblica di nuova democrazia in marcia verso il socialismo
riportiamo una delle dichiarazioni provenienti dal Partito

Selon Hari Bol Gajurel, membre du Bureau Politique du PCNU-maoïste, le Parti serait en train de faire les dernières préparations pour mener à bien la "bataille finale".
Il a affirmé que l'Inde complotte actuellement contre l'Inde en utilisant le Népal, "Après que toutes les tentatives de l'Inde de marginaliser notre Parti de la [scène] politique népalaise aient échouées, l'Inde fait également tout ce qu'elle peut pour irriter la Chine." Il fait ici référence à un enregistrement audio décrite comme étant Krishna Bahadur Mahara (responsable des affaires internationales du Parti maoïste) demandant à un homme d'affaires chinois de lui donner 500 millions de Roupues pour acheter des voix pour son Parti. Cette cassette est très controversée puisqu'elle émane de l'ambassade indienne et d'un média privé népalais opérant d'Inde. Sa véracité n'a pas encore été démontrée.

"Nous sommes en train de préparer la bataille finale qui nous assurera la victoire." "La révolte décisive verra le sang couler comme de l'eau." Affirmant qu'en intervenant dans les affaires intérieures du Népal, l'Inde creusait sa propre tombe, il a continué : "Aucune révolution n'a jamais vaincu sans combattre des forces étrangères." "Aucun pays n'a jamais été déclaré vainqueur sans vaincre l'armée ennemie." ll a également précisé que la réunion actuelle du Comité Central explorait les différentes options et nouvelles approches pour mener cette révolte populaire.

pc quotidiano 7-8 settembre - India avanza la guerra popolare

nell'ultima fine settimana di settembre riparte in italia la campagna in sostegno della guerra popolare in india - promossa da un comitato internazionale che vede partecipi i compagni italiani, francesi, turchi, canadesi, indiani -naxalbari, peruviani MPP europa
iniziative e serate di informazione si sviluppano a Taranto, Palermo, Milano, Bergamo,ravenna e probabilmente anche a Torino, Venezia, Bologna
info csgpindia@libero.it
intanto prosegue quotidiana l'iniziativa militare della guerra popolare diretta del PCIndia-maoista
riportiamo un insieme di notizie in spagnolo, facilmente comprensibile dai nostri lettori

Últimas acciones de la guerrilla maoísta:


- 29 de agosto. Dos policías y tres soldados indios murieron a manos de la guerrilla mientras estaban patrullando, en el estado central de Chhattisgarh.


- 30 de agosto. Ocho miembros de las fuerzas de seguridad indias murieron y siete resultaron gravemente heridos en una emboscada de la guerrilla maoísta en el estado nororiental de Bihar.

El enfrentamiento ocurrió en una zona boscosa del distrito de Lakhisarai, donde las fuerzas de seguridad y más de un centenar de guerrilleros mantuvieron un prolongado tiroteo, según la fuente, citada por la agencia IANS.

Los maoístas arrestaron a cuatro agentes de policia.

"Más de 150 maoístas armados atacaron equipos de investigación de la Policía de Bihar que estaban peinando la zona después de que informes de inteligencia (revelaran) presencia maoísta en el bosque", explicó la fuente policial.

La Policía ha lanzado una operación para recuperar los cuerpos de los seis paramilitares que perecieron en el enfrentamiento, mientras que los siete heridos fueron trasladados a los hospitales.


- 31 de agosto. Maoístas lanzaron un ultimátum al gobierno de Bihar para liberar 8 camaradas encarcelados a cambio de liberar a los cuatro policias arrestados.


- 2 de septiembre. Maoístas ejecutan a un policia que tenían en arresto ante la negativa del gobierno de Bihar para liberar a los 8 camaradas encarcelados.

- 5 de septiembre. La agencia noticiosa PTI informa de la decisión del Comité Central del clandestino Partido Comunista de la India (maoísta) de liberar a tres policías que permanecían detenidos por un destacamento guerrillero en la zona de Bihar.
Un portavoz de los naxalitas, el camarada Kishanji, afirmó que la liberación obedecía al deseo de los mismos de no provocar mas penas a sus familiares.
La semana pasada uno de los policías capturados fue ejecutado, según afirman fuentes policiales que también dicen que aun no han sido liberados los policías. Las fuerzas represivas gubernamentales, CRPF, SAVIA, BMP y STF, han desplegado un gran operativo de búsqueda en el área de las colinas y bosques de los distritos de Banka, Jamui, Munger, Lakhisarai y Kaimur, Dwivedi, desde la captura de los efectivos policiales en una emboscada guerrillera.
Los maoistas afirman que los han liberado en una zona boscosa fronteriza de Banka y Jamui. Correo Vermello-noticias.

- 6 de septiembre. En una declaración de audio grabado , el Partido Comunista de la India -Maoísta (PCI- Maoísta) anunció la pena de muerte a cinco dirigentes del gobernante Partido Comunista de India- Marxista (PCI- M) en Bengala Occidental. "Estos líderes son el cerebro de las operaciones armadas contra el PCI ( Maoísta) y el pueblo les ha dado sentencia de muerte. Vamos a ejecutar la orden a cualquier costo ", dijo Kishan. " El pueblo no tendría compasión de aquellos que guardan ningún vínculo con el revisionista PCI- M ", añadió .

Asi mismo, los maoístas respaldados por el Comité Popular contra Atrocidades de Policía ( PCPA ) han llamado a un Paro General de 24 horas para el 10 de septiembre en los distritos de Purulia y Bankura en protesta contra la detención de Manoj Mahato , por la policía.


- 7 de septiembre. Maoístas hacen estallar un edificio de oficinas en el actual distrito de Malkangiri, informaron fuentes oficiales.

Más de 50 rebeldes fuertemente armados irrumpieron en el marco del área Padia Kalimela y provocaron la explosión de una mina para volar el edificio de oficinas.

Después de volar el edificio de nueva construcción, los maoístas huyeron.

Los maoístas habían volado recientemente el puesto de policía en Padia , dijo la policía al añadir que el puesto ha permanecido cerrado desde entonces.

pc quotidiano 7-8 settembre - Taranto donne in lotta cacciano AQP e Digos

Le donne, tante con carozzine, con bambini, alcune incinta, cacciano i
tecnici dell'Acquedotto e gli agenti della Digos e impediscono che taglino
l'acqua!
E' accaduto lunedì scorso nel quartiere Paolo VI di Taranto in cui da
quest'estate è in corso una grande lotta di centinaia di abitanti per
l'acqua; in questa lotta in testa e le più combattive sono le donne.
Lunedì 6 settembre appena si sono presentati improvvisamente (nonostante
accordi precedenti con la direzione dell'AQP) i tecnici dell'Acquedotto,
scortati dalla Digos per staccare l'acqua (benchè da tempo gli abitanti
chiedono contratti equi e di pagare anche gli arretrati); subito nel
quartiere si è sparsa la voce, gli abitanti del quartiere sono scesi in
massa dalle case. Sono state messe le macchine sopra i contatori e dove non
era possibile, numerose donne, con i bambini, alcune incita, si sono subito
messe, anche con le carrozzine, intorno ai contatori gridando con forza agli
addetti e alla Digos di andare via (anche per il loro bene...).
E i tecnici dell'AQP se ne sono dovuti andare!! E l'acqua non è stata
tagliata!
La lotta prosegue!

Slai cobas per il sindacato di classe

pc quotidiano 7-8 settembre - lotta di classe a marghera

Dal processo di costruzione del Sindacato di Classe dei Cobas a Marghera dentro Fincantieri vengono degli insegnamenti che noi comunisti dobbiamo imparare a dominare meglio nel lavoro politico tra le masse proletarie.

Innanzitutto precisiamo che stiamo parlando di una realtà industriale in continuo movimento, composta da migliaia di uomini (ed anche donne) che quotidianamente entrano a fiumi nei meandri infernali dei cantieri di Marghera, spesso rischiando la vita, vivendo permanentemente in condizioni di lavoro estremamente precarie e dannose per la salute.

Una realtà che vede alcune altre migliaia di lavoratori fluttuanti, che in parte si sostituiscono successivamente ai precedenti, in parte si spostano. Marghera nell’organigramma di Fincantieri vede appalti collegati in particolare a Monfalcone, ma anche a Genova-Sestri ed Ancona.

In questa realtà, che venticinque anni fa era ancora composta essenzialmente da due uniche aziende, Breda cantieri navali e Navicolor (che operava nel settore della verniciatura delle navi), operano ora centinaia di imprese di appalto e subappalto.

I settori in cui operano, a parte l’ultimo stadio del prodotto finale, l’avviamento e la messa in mare e la prima crociera, ove entrano in gioco gli armatori come Costa ed altri, sono parte di un complesso processo produttivo definito nei minimi particolari da Fincantieri, e delegato ad una miriade di costruttori ed addetti ai montaggi. Una serie di capannoni ove vengono costruiti i “blocchi”, le parti della nave, attraverso processi costruttivi di carpenteria, molatura, saldatura, quindi una costruzione successiva, con le condutture, le tubazioni, gli impianti, quindi la sovrastruttura interna, infine i dettagli, l’arredamento, le finiture, le luci, e via dicendo.

Se tutto questo un tempo era gestito da una unica azienda, sia la conflittualità operaia, sia le rivendicazioni sindacali, sia le conquiste, sia la difesa rispetto alle condizioni di lavoro (ricordiamo che l’unico sciopero totale riuscito sinora in Fincantieri e non indetto dalla Fiom è stato nel 1995 quello indetto dalla Associazione esposti amianto, dopo anni di tentennamenti della Cgil), erano affrontabili non certo semplicemente, ma in termini complessivamente unitari.

Oggi invece, gli appalti ed i subappalti sono il sistema di sfruttamento stesso, l’”impianto” della gran parte del plusvalore estorto dai padroni, la “valvola” che NON DEVE saltare, perché saltando questa, è l’insieme dei rapporti sociali e politici non solo della fabbrica, ma dell’intera città di Venezia, che salterebbero.

Non a caso la prima delle etnie dei lavoratori impiegati è il Bangla Desh. Per una serie di circostanze, chi li ha assunti, sono padroni che in precedenza spesso erano sindacalisti, od operai essi stessi, e che quindi “concordano” con Cgil, storicamente, molte questioni, certo metodologicamente, senza o comunque prima di sentire come la pensano i lavoratori.

Quando questo punto di conflitto infatti venne alla luce, una delle avanguardie operaie di questa etnia, venne incarcerato per droga, e la montatura servì a contenere il conflitto sociale. Erano gli anni ’90, il trend economico della crisi era diverso, i dividendi delle avventure imperialiste in cui l’Italia stessa si era inserita, erano ben più corposi di oggi.

La stessa politica della Cgil era meno soggetta ai ricatti padronali.

Con la legge Treu e la legge Biagi, si apre una situazione complessivamente diversa, e questo non manca di riversare i suoi effetti anche in realtà industriali come questa, dove il lavoro si svolge per “commesse”, e quindi, pur essendovi aziende che hanno storicamente la “fiducia” di Fincantieri, ve ne sono anche altre che si trovano con minore sicurezza ad operare. Tuttavia il distinguo è secondario, e non deve essere certo inteso a giustificare una realtà di supersfruttamento e di precarietà, soprattutto perché A TUTTI I LIVELLI in Fincantieri a Marghera si opera selettivamente ad espellere quelle avanguardie che non stanno dentro le compatibilità decise dai padroni e dentro i limiti decisi dai vertici confederali che controllano la Rsu.

Riprendendo l’esposizione, abbiamo circa 1.200-1.300 lavoratori diretti di Fincantieri, tra impiegati, capi, responsabili, e semplici operai professionali. Questi sono in buona parte italiani.

Abbiamo poi impegnati circa 2.500 lavoratori di tutto il mondo. Un paio di centinaia sono operai specializzati inglesi e di altre nazioni europee, certo oltre i cinquecento e poco meno di mille, sono i lavoratori del Bangla Desh. Al di là di quanto risulta in busta paga, molti di loro lavorano a 6 euro all’ora, cioè restituiscono la differenza dalla somma delle 8 ore moltiplicate per 6 euro, rispetto a quanto bonificato. Il padrone se li fa ridare persino dentro l’agenzia Unicredit interna alla Fincantieri stessa, oppure se li va a prendere davanti alla banca dopo il bonifico o l’assegno, o, ancora, la sera il lavoratore dopo aver percepito il salario va fuori fa un bancomat e passa ad un galoppino magari suo connazionale, i 300-400 euro per il padrone.Vi sono poi indiani, croati, cinesi, africani, tunisini, marocchini, albanesi, russi, moldavi, polacchi, ecc., molti i rumeni, che accettano anche 3 euro all’ora sottobanco (ossia restituiscono la differenza sulla busta paga con il sistema visto prima, o lavorano senza regolarizzazione).

I filippini lavorano in Costa, per esempio, non per essere pagati “meno”, ma perché molto piccoli, così hanno stanzine piccole nelle navi, e sono loro poi che fanno andare avanti le crociere.



Tutto questo lo sanno tutti. Si va anche a vedere i bonifici, sono inferiori al netto busta in molte aziende. Ma addirittura, c’è un sistema opposto. La busta paga arriva a 1.150 per esempio, ma il bonifico arriva in banca con 1.600 euro (magari ha lavorato 228 ore a 7 euro l’ora). Però per venire in Italia il lavoratore ha contratto un debito verbale di 10.000 euro, e quindi restituisce 300 euro al mese.

Altra evasione fiscale del padrone, che ora è meno “grave” grazie alla defiscalizzazione degli straordinari voluta da Berlusconi, è quella della trasferta. La trasferta viene riconosciuta anche 30 giorni su 30, anche al suo massimo (46,48 euro al giorno), dalla Fincantieri, alla ditta di appalto, la quale NON la paga al lavoratore. Ecco che avere lavoratori dipendenti, dopo essere stati per 10 anni degli zelanti lecchini del padrone, ha i suoi vantaggi. 20 lavoratori dipendenti per 1.200 euro di trasferta al mese sono 24.000 euro. Come pensare che finiscano solo nelle tasche del titolare dell’appalto ?

Siamo evidentemente ad un passaggio importante, siamo nella produzione di plusvalore (Fincantieri verso il committente della nave) ma anche a ritroso (il superprofitto si fa accumulazione ORIGINARIA, furto vero e proprio).

Vari lavoratori riferiscono al Cobas che sono corrotti anche i sindacalisti Cgil-Cisl-Uil, e che addirittura a fine anno passano a prendere il premio di “produzione” in nero da ogni singolo padroncino.

E’ normale (non eccezionale) per loro darsi del tu con i titolari delle imprese.

Come pensare che queste siano solo “calunnie” di lavoratori peraltro “ignoranti” e che “conoscono poco e male l’italiano” ?

Il modo di produzione in Fincantieri quindi è anche razzista e il controllo sindacale confederale in particolare della Fiom non è antitetico ad esso.

CHE COSA NE PUÒ DIRE DUNQUE AL RIGUARDO UN DELEGATO MILITANTE DELL’OCI, ISCRITTO ALLA FIOM, CHE SI BATTE CONTRO IL RAZZISMO IN POLITICA E CHE IN CAMPO SINDACALE PARTECIPA ALLA RSU CHE E’ DIRETTAMENTE IMPEGNATA A TENTARE DI ESCLUDERE E DISCRIMINARE IL COBAS ?



PER SPIEGARE QUESTO PASSAGGIO OCCORRE FARE UNA DISGRESSIONE TEMPORALE.

NON PAREVA CHE VI FOSSERO GRANDI TIMORI ALL’INIZIO DELL’ANNO. Dopo che per lunghi mesi la vertenza degli operai tunisini e di Aziz Metal-Italiana Impianti aveva avuto dei successi e dei riscontri (tra cui il ritiro dell’appalto da parte di Berengo spa, storica azienda operante per Fincantieri, e ora una delle centrali di governance dei subappalti in Fincantieri) si era avuto il naufragio della vertenza causato da eccezionali fattori nazionali di pressioni e ricatti, della vertenza: il Presidente della Repubblica Tunisina che ha lodato in televisione uno dei titolari, il referente tunisino Daoud Bouschak, ha fatto da volano ad un fallimentare tentativo di scippare la vertenza al Cobas passando per alcuni avvocati di area Cgil, senza che i lavoratori firmassero le deleghe per la denuncia penale del Bouschak, che è bene introdotto nelle amministrazioni provinciali e regionali), Va detto che se prima i tunisini che venivano in Italia pagavano 4-5 mila euro al poliziotto – tramite di turno, ora la tariffa, estesa anche alle DONNE, È DI 10 MILA ANTICIPATI.

TIMORI che sono riesplosi subito dopo l’apertura della vertenza economica e contro i demansionamenti e trasferimenti, in Bensaldo e Sonda, due aziende di proprietà del “principe” del Bangla Desh a Mestre, il sig.Mohammed Alì, bene introdotto anche negli ambienti no-global, tanto da pagare 8.500 euro di affitto per una festa nazionale bengalese da lui finanziata, tenutasi nella scorsa primavera al “centro sociale Rivolta”.

Ne è seguito anche uno sciopero il 28 maggio, che ha visto il boicottaggio della Fiom, e sui media sono ricomparsi, già a febbraio, articoli e prese di posizione sulla indagine stoppata in Procura, e sulle minacce di morte ad alcuni operai denuncianti, appartenenti al Cobas. La cosa significativa è che in occasione delle giornate di pubblicistica mediatica del 2010, è che né il PD né il PRC né il PdCI hanno preso posizione, ma solo la Lega, la Cisl, e ultima, la Rsu Fiom, ma contenendo genericamente la problematica, e senza nominare mai il Cobas, in un comunicato stampa. La tattica della Fiom è quella del parlare male del Cobas senza scrivere.

Del resto anche nel 2009, quando Pipeschi era ancora a Venezia, c’era il terrore inizialmente di parlare dei Cobas, tanto che fu il giornalista Pasqualetto ad aprire il battage sul Corriere del Veneto, prima ancora che venissero fatte le perquisizioni.



ECCOCI DUNQUE ALLA RISPOSTA SULLE DISCRIMINAZIONI SINDACALI CONFEDERALI E FIOM VERSO IL COBAS.

Esempi di questo possono esserne fatti diversi. Siccome il Cobas non è ancora passato tra gli operai diretti di Fincantieri, un primo argomento che i delegati Fiom utilizzano verso gli operai che contestano alcune carenze sindacali loro, è che “comunque il Cobas non può entrare, non è riconosciuto da Fincantieri”. Non è mancanza di riconoscimento, è che gli operai diretti italiani sono rigidamente collocati tra le centrali sindacali, tanto che una presenza di un Cub tra gli operai italiani da anni ed anni non è mai riuscita ad uscire allo scoperto.

Un altro esempio è quando un operaio iscritto al Cobas subisce una angheria e si rivolge anche alla Rsu per avere un aiuto diretto sul campo. Generalmente c’è stato anche un periodo di scambi comunicativi diretti tra il Cobas e dei delegati Rsu, ma poi succedeva comunque immancabilmente che gli veniva detto: “Non fare quello che ti dice il Cobas, perché stai nel Cobas, vieni in Cgil e ti mettiamo delegato della tua azienda”. Ovviamente nel 99 % dei casi questi blandimenti cadono inascoltati, ma sono avvenuti molte volte, e molte volte gli operai del Cobas li hanno riferiti ai loro compagni di sindacato.

Un altro esempio grave è l’assemblea svolta con i responsabili locali delle 3 federazioni sindacali e con i lavoratori di Bensaldo, Sonda e Ship Building (neonata creatura intestata ai parenti diretti del sig.Mohammed Alì), assemblea per la concessione all’azienda della CIG, indetta senza la ns.presenza, e CIG concessa a detrimento delle vertenze per il corretto riconoscimento delle ferie. Cosa che il Cobas ha apertamente denunciato. Da notare che dell’assemblea gli operai avevano appreso dal padrone e non dalla Fiom stessa !

Un esempio più grave è quando un gruppo di operai di un appalto vuole aderire in blocco al Cobas, perché magari il padrone non paga la 13° o l’irpef a credito. Allora i delegati Fiom dicono loro: “se poi però l’azienda chiude, NOI possiamo farvi riassumere da un’altra azienda subentrante, il Cobas non può farlo”. A parte che non insegnano loro una attitudine alla lotta, ma sempre alla mediazione sindacale e basta, c’è da dire anche che ammettono nelle loro affermazioni ai lavoratori, che loro hanno rapporti stretti con la direzione Fincantieri. La stessa direzione Fincantieri che chiede loro milioni di euro per danni all’immagine !

C’È QUALCOSA CHE NON TORNA.

Ma l’afflusso al Cobas di ex delegati e semplici iscritti della Fiom, continua.

Ecco che in tale situazione, avviene il licenziamento di un giovane operaio con quasi 3 anni di lavoro di saldatore alle spalle, ed ancora inquadrato come apprendista, un giovane operaio appena passato dalla Cgil al Cobas. La vicenda è nota, e l’operaio, licenziato il 13 luglio, è stato reintegrato al lavoro il 3 agosto.

Ma la lotta continua, e sono molto coraggiosi quegli operai che sfidano il clima opprimente e mafioso del ricatto, delle minacce, delle estorsioni, e che denunciano queste cose, che le rivendicano apertamente persino all’Ufficio del Lavoro ed in Tribunale, che sfidano le minacce di morte, che apertamente solidarizzano con altri operai in lotta (come quelli delle pulizie interne, con cui il Cobas ha solidarizzato lunedì 6 settembre davanti ai cancelli, prima della positiva conclusione della loro breve ed incisiva vertenza).

Ma dov’è la “sinistra” ?

Dove sono i “Tuttinpiedi” con le sue proposte isolate di costituire coordinamenti disoccupati fantasma ben separati da “tutti” i sindacati e quindi anche da noi, i noglobal di Casarini, i revisionisti che amano definirsi comunisti ?

Sono rigidamente inquadrati o nei propri orticelli, o all’interno di Cgil.

E si guardano bene dal considerare la potenzialità e l’importanza, la centralità, della lotta del Cobas appalti di Fincantieri.

Un atteggiamento che peraltro abbiamo riscontrato, ben diverso, da quello di molti operai della Fiom di Monfalcone, che in una occasione ci hanno persino aiutato nel volantinaggio, lo scorso maggio a Staranzano.



Occorre capire quindi alcune cose, e non ci dilunghiamo oltre nei dettagli, che tanto il Cobas per il sindacato di classe ha già prodotto abbondante documentazione nel suo sito.



La prima cosa, è che il “sistema” di mediazione tra il revisionismo guidato dalla borghesia e il padronato, si regge oramai SOLO sul supersfruttamento dei lavoratori del sistema degli appalti, subappalti, interinali (es.Nuova Pansac) e cooperative.

Questo sistema di mediazione non aiuta i lavoratori, li porta alla deriva, al funerale lento, alla progressiva sostituzione degli operai di modo da tenere basso il “costo del lavoro”, ed alla funzionarizzazione degli operai italiani in mansioni di capi, responsabili, ecc.. Un passaggio del tutto coerente all’affossamento della Costituzione ed al “moderno fascismo”.



La seconda cosa, è che la natura dei diritti sindacali viene riconfermata come un elemento dialettico, che risponde alla dinamica della lotta di classe e non alle formalità ed ai formalismi dietro cui si trincerano i Rsu confederali ed i loro capoccia.



La terza cosa, che in nome della difesa dei posti di lavoro e del “salvare lo stabilimento”, periodicamente, e ad ogni occasione di conflitto operaio dal basso, riparte la campagna di terrorismo mediatico lanciata dalla Fincantieri, sulla mancanza di lavoro, sulla cassa integrazione, ecc. Strumenti utilizzati in funzione del profitto e non come elementi integrativi di situazioni di fatto.



Si è verificato infatti che il sistema degli appalti e subappalti è mafioso perché SI VUOLE che lo sia, perché è la ditta madre (nelle denunce dei Cobas del Veneto rimarcano non solo il caso Fincantieri ma anche Geox, San Benedetto, Porto di Venezia, ecc.) che ne determina l’esistenza.



Gli organi competenti possono poco, o nulla. I giudici coraggiosi, ottengono trasferimenti, o si rifugiano in politica. La sinistra tace.



Solo attraverso un Partito comunista di tipo nuovo, il PC maoista, si potrà affrontare le necessità delle masse dal punto di vista corretto e complessivo. Nel frattempo, il sostegno e la solidarietà agli operai immigrati, è un passaggio necessario e discriminante, tra chi sta nel campo operaio, e chi nel revisionismo, o peggio, nella controrivoluzione.



Circolo operaio di Proletari comunisti – Venezia



8 settembre 2010



procom-ve@email.com







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