oggi manifestazione a benevento, ore 17.30 carcere
la posizione di proletari comunisti, che partecipa con delegazione da Taranto alla manifestazione
L’arresto di Ali 0rgen è una montatura inaccettabile e Ali deve essere scarcerato !
Regime turco e governo italiano agiscono mano nella mano per schiacciare la lotta di liberazione del popolo kurdo, i militanti kurdi che vengono arrestati, nel nostro paese non hanno commesso nessun reato e vanno tutti scarcerati e ogni persecuzione poliziesca e giudiziaria nei loro confronti deve cessare.
L’estradizione significa consegnare ai carnefici del regime i loro oppositori che utilizza un regime carcerario omicida verso i suoi oppositori e genocida verso il popolo kurdo, un regime che viola i diritti umani e che deve essere isolato e bandito.
La lotta di liberazione del popolo kurdo non è terrorismo, terrorista è il regime turco, sostenitori e fiancheggiatori del terrorismo di stato in Turchia sono il nostro governo e il nostro stato imperialista che lo appoggia
Il regime turco fascista-islamico, puntello dell’imperialismo USA-Nato nell’area - nemico del popolo kurdo e oppressore per conto del capitale turco e internazionale del proletariato e delle masse popolari turche come del popolo kurdo – va combattuto e occorre solidarietà internazionalista in Italia e nel mondo verso chi all’interno lo combatte.
Questo regime può essere rovesciato non con negoziati che lo rafforzano, ma con la via della guerra di popolo di lunga durata, che unisca la lotta di liberazione del popolo curdo con la rivoluzione proletaria in Turchia, per uno stato di nuova democrazia antimperialista in marcia verso il socialismo.
Noi sosteniamo i partiti comunisti marxisti-leninisti-maoisti e le organizzazioni rivoluzionarie che in Turchia e Kurdistan lottano per questa strada e per questi obiettivi, per questo siamo contro l’abbandono della lotta armata in Turchia e nord Kurdistan e la pacificazione, contro ogni pentimento e dissociazione.
proletari comunisti -PCmItalia
4 settembre 2010
sabato 4 settembre 2010
pc quotidiano 4 settembre - il governo della gelmini se ne deve andare ! La lotta dei precari della scuola deve vincere !
“Spettacolarizzazione per fini politici” così la ministra Gelmini ha definito, durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi del 03 settembre, la protesta dei precari contro la riforma massacra/scuola del governo che è riesplosa già da metà agosto a partire da Palermo per poi estendersi in varie forme via via crescenti in tante altre città del paese fino ad arrivare a Roma sotto Montecitorio.
Ormai l&rsq uo;arroganza di questi governanti non ha più limiti, sfidano, attaccano sempre più apertamente “Non incontrerò chi è venuto a protestare... Protestano senza essere stati ancora esclusi. Una protesta che rispetto, legittima, ma non motivata” (!) ha detto ancora la Gelmini.
La pesante mannaia di ben 135 mila posti di lavoro da eliminare è più che un legittimo motivo per cui ribellarsi e lottare contro quelli che sono veri e propri licenziamenti di massa di migliaia di precari docenti, ausiliari, tecnici e amministrativi, soprattutto donne, che per anni hanno lavorato passando di supplenza in supplenza, di scuola in scuola, sballottati a destra e a manca chiamati a coprire i molteplici posti e cattedre vacanti sparsi per il paese e che ora si ritrovano disoccupati. Cacciati, messi alla porta, scaricati come rottami, ma No! non è così! I precari in realtà vaneggiano, fantasticano, forse gli scioperi della fame che alcuni di loro stanno facendo da giorni gli hanno dato alla testa perché dichiara la Gelmini “Non si tratta di persone licenziate. Presumono di non avere il posto di lavoro ma il ministero non ha ancora completato le operazioni. Dobbiamo vedere quanti precari risponderanno positivamente agli accordi con le Regioni…”
E già! Per la Gelmini il lavoro in realtà non manca, c’è ed è disponibile, se poi questi famosi accordi con le regioni si sono rivelati solo una squallida elemosina con progetti non destinati peraltro a tutti i precari ma solo ad una parte di essi, che non garantiscono neanche i contributi pensionistici e che nell’anno scolastico trascorso in alcune regioni come la Sicilia ad esempio non sono nemmeno partiti, questo non ha alcuna importanza, ma non solo! per la ministra alla fine è colpa degli stessi precari se non lavorano, sarebbero dei “fannulloni” come direbbe il suo degno compagno di squadra Brunetta, perché “se preferiscono però l'indennità di disoccupazione....', non protestino poi se “presumono” di essere disoccupati!!!
Solo quest’anno sono stati “licenziati” oltre 40.000 tra docenti ed ATA precari; con il taglio orario e delle classi di concorso alle superiori per il prossimo anno scolastico sono previste ulteriori 27.000 cattedre in meno ed il taglio di circa 15.000 ATA. Il taglio alla scuola è di 8 miliardi di euro, è in corso un attacco senza precedenti alla scuola, all’istruzione pubblica, alle condizioni di lavoro e di vita di migliaia di lavoratori.
Sosteniamo la lotta dei precari della scuola!
Lottiamo per dare un altro colpo al governo della precarietà e della disoccupazione!
Ormai l&rsq uo;arroganza di questi governanti non ha più limiti, sfidano, attaccano sempre più apertamente “Non incontrerò chi è venuto a protestare... Protestano senza essere stati ancora esclusi. Una protesta che rispetto, legittima, ma non motivata” (!) ha detto ancora la Gelmini.
La pesante mannaia di ben 135 mila posti di lavoro da eliminare è più che un legittimo motivo per cui ribellarsi e lottare contro quelli che sono veri e propri licenziamenti di massa di migliaia di precari docenti, ausiliari, tecnici e amministrativi, soprattutto donne, che per anni hanno lavorato passando di supplenza in supplenza, di scuola in scuola, sballottati a destra e a manca chiamati a coprire i molteplici posti e cattedre vacanti sparsi per il paese e che ora si ritrovano disoccupati. Cacciati, messi alla porta, scaricati come rottami, ma No! non è così! I precari in realtà vaneggiano, fantasticano, forse gli scioperi della fame che alcuni di loro stanno facendo da giorni gli hanno dato alla testa perché dichiara la Gelmini “Non si tratta di persone licenziate. Presumono di non avere il posto di lavoro ma il ministero non ha ancora completato le operazioni. Dobbiamo vedere quanti precari risponderanno positivamente agli accordi con le Regioni…”
E già! Per la Gelmini il lavoro in realtà non manca, c’è ed è disponibile, se poi questi famosi accordi con le regioni si sono rivelati solo una squallida elemosina con progetti non destinati peraltro a tutti i precari ma solo ad una parte di essi, che non garantiscono neanche i contributi pensionistici e che nell’anno scolastico trascorso in alcune regioni come la Sicilia ad esempio non sono nemmeno partiti, questo non ha alcuna importanza, ma non solo! per la ministra alla fine è colpa degli stessi precari se non lavorano, sarebbero dei “fannulloni” come direbbe il suo degno compagno di squadra Brunetta, perché “se preferiscono però l'indennità di disoccupazione....', non protestino poi se “presumono” di essere disoccupati!!!
Solo quest’anno sono stati “licenziati” oltre 40.000 tra docenti ed ATA precari; con il taglio orario e delle classi di concorso alle superiori per il prossimo anno scolastico sono previste ulteriori 27.000 cattedre in meno ed il taglio di circa 15.000 ATA. Il taglio alla scuola è di 8 miliardi di euro, è in corso un attacco senza precedenti alla scuola, all’istruzione pubblica, alle condizioni di lavoro e di vita di migliaia di lavoratori.
Sosteniamo la lotta dei precari della scuola!
Lottiamo per dare un altro colpo al governo della precarietà e della disoccupazione!
pc quotidiano 4 settembre -contro il governo della distruzione della scuola pubblica
La Gelmini dichiara sempre più apertamente guerra ai lavoratori della scuola, in primis ai precari in sciopero della fame.
La conferenza stampa del ministro Gelmini di “avvio” di anno scolastico ha ancora una volta strappato il velo sulla politica scolastica di questo governo e spazzato via, per chi ancora ne nutriva, ogni illusione di un confronto con la Gelmini, meno che mai margini di trattative.
“I precari fanno politica, non li incontro”- ha dichiarato il ministro, venendo bellamente meno ai suoi compiti istituzionali- ma, sopratutto, “I precari che ereditiamo sono più di 200.000, un numero spaventoso frutto di scelte disinvolte del passato che la scuola non era in grado di assorbire”- da un lato, il ministro rovescia il piano della questione, dall'altro, conferma l'intenzione di mantenere il più grande licenziamento di massa, in questo paese.
La Gelmini usa argomenti che deviano dalle questioni concrete, non senza gettare l'usuale discredito sui lavoratori, tacciando i precari di parassitismo e/o clientelismo. Si tace, innanzitutto, sul fatto che l'enorme numero di precari nella scuola ha rappresentato, da un lato, una forma di supesfuttamento e discriminazione e, dall'altro, ha reso “più semplice” il più grande licenziamento di massa in questo paese. Infine, il ministro tende a “personalizzare”, quando dice: “..ad oggi non sappiamo nemmeno chi ha perso realmente il posto. Le persone che protestano lo fanno senza essere state ancora escluse.” E' vero che ad aprire la lotta, sono stati i precari che rischiano la disoccupazione più nera quest'anno, ma è una lotta generale che investe il modello di scuola, di società che questo governo propugna.
Salutiamo e sosteniamo la pronta risposta dei lavoratori precari di Napoli che hanno immediatamente risposto alla Gelmini occupando il provveditorato, spostando in avanti lo scontro con il governo avviato con lo sciopero della fame dai precari palermitani: nei prossimi giorni, è questo che occorre: rimettere in campo, rapidamente, la forza autorganizzata che in questi due anni di lotta è stata costruita, contro ogni tentativo di far arretrare su rivendicazioni, ma sulla parola d'ordine: contro il governo della distruzione della scuola pubblica, dei licenziamenti di massa.
La conferenza stampa del ministro Gelmini di “avvio” di anno scolastico ha ancora una volta strappato il velo sulla politica scolastica di questo governo e spazzato via, per chi ancora ne nutriva, ogni illusione di un confronto con la Gelmini, meno che mai margini di trattative.
“I precari fanno politica, non li incontro”- ha dichiarato il ministro, venendo bellamente meno ai suoi compiti istituzionali- ma, sopratutto, “I precari che ereditiamo sono più di 200.000, un numero spaventoso frutto di scelte disinvolte del passato che la scuola non era in grado di assorbire”- da un lato, il ministro rovescia il piano della questione, dall'altro, conferma l'intenzione di mantenere il più grande licenziamento di massa, in questo paese.
La Gelmini usa argomenti che deviano dalle questioni concrete, non senza gettare l'usuale discredito sui lavoratori, tacciando i precari di parassitismo e/o clientelismo. Si tace, innanzitutto, sul fatto che l'enorme numero di precari nella scuola ha rappresentato, da un lato, una forma di supesfuttamento e discriminazione e, dall'altro, ha reso “più semplice” il più grande licenziamento di massa in questo paese. Infine, il ministro tende a “personalizzare”, quando dice: “..ad oggi non sappiamo nemmeno chi ha perso realmente il posto. Le persone che protestano lo fanno senza essere state ancora escluse.” E' vero che ad aprire la lotta, sono stati i precari che rischiano la disoccupazione più nera quest'anno, ma è una lotta generale che investe il modello di scuola, di società che questo governo propugna.
Salutiamo e sosteniamo la pronta risposta dei lavoratori precari di Napoli che hanno immediatamente risposto alla Gelmini occupando il provveditorato, spostando in avanti lo scontro con il governo avviato con lo sciopero della fame dai precari palermitani: nei prossimi giorni, è questo che occorre: rimettere in campo, rapidamente, la forza autorganizzata che in questi due anni di lotta è stata costruita, contro ogni tentativo di far arretrare su rivendicazioni, ma sulla parola d'ordine: contro il governo della distruzione della scuola pubblica, dei licenziamenti di massa.
venerdì 3 settembre 2010
pc quotidiano 3 settembre - la sparizione di Sarah ad Avetrana Taranto
dal movimento femminista proletario rivoluzionario -taranto
Stanno diventando veramente troppi i giorni da che è sparita, il 26 agosto,
Sarah la ragazza di 15 anni di Avetrana in provincia di Taranto.
Più passano i giorni, però, e più, invece di chiarirsi, la situazione si
ingarbuglia: le ipotesi aumentano.
Ma soprattutto aumentano le forze dell'ordine in questo piccolo paese, oggi,
dopo la polizia, i carabineri, sono arrivati i Ros, mentre parallelamente
aumenta la presenza e pressione mediatica.
Non bisogna affidare tutto alle forze dell'ordine, agli esperti, che invece
di guardare alla realtà sociale, alla condizione di vita di Sarah, come di
tante ragazze, scandagliano ogni giorno che passa la sua vita individuale,
per fare una sorta di analisi da laboratorio di quello che Sarah faceva,
scriveva, dei suoi comportamenti, ecc.
Serve la mobilitazione delle ragazze e dei ragazzi del paese, e in
particolare delle ragazze, qualunque sia la natura e l'esito della vicenda
essa affonda nella condizione di vita e di relazione delle ragazze di questo
paese come di tante realtà del sud, ed essa si muove nel contesto generale
della doppia oppressione che si vive e del bi-sogno di ribellarsi e
fuoriuscirne.
Invece di spezzettare la vita di Sarah, bisognerebbe guardarsi attorno,
forse si potrebbe capire perchè e cosa è accaduto: Sarah non è una ragazza
diversa da tante altre.
Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario di Taranto.
Stanno diventando veramente troppi i giorni da che è sparita, il 26 agosto,
Sarah la ragazza di 15 anni di Avetrana in provincia di Taranto.
Più passano i giorni, però, e più, invece di chiarirsi, la situazione si
ingarbuglia: le ipotesi aumentano.
Ma soprattutto aumentano le forze dell'ordine in questo piccolo paese, oggi,
dopo la polizia, i carabineri, sono arrivati i Ros, mentre parallelamente
aumenta la presenza e pressione mediatica.
Non bisogna affidare tutto alle forze dell'ordine, agli esperti, che invece
di guardare alla realtà sociale, alla condizione di vita di Sarah, come di
tante ragazze, scandagliano ogni giorno che passa la sua vita individuale,
per fare una sorta di analisi da laboratorio di quello che Sarah faceva,
scriveva, dei suoi comportamenti, ecc.
Serve la mobilitazione delle ragazze e dei ragazzi del paese, e in
particolare delle ragazze, qualunque sia la natura e l'esito della vicenda
essa affonda nella condizione di vita e di relazione delle ragazze di questo
paese come di tante realtà del sud, ed essa si muove nel contesto generale
della doppia oppressione che si vive e del bi-sogno di ribellarsi e
fuoriuscirne.
Invece di spezzettare la vita di Sarah, bisognerebbe guardarsi attorno,
forse si potrebbe capire perchè e cosa è accaduto: Sarah non è una ragazza
diversa da tante altre.
Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario di Taranto.
pc quotidiano 3 settembre - razzismo di stato sui treni
da piero ramozzino
> Questa mattina mi è arrivata la notizia di una retata sul treno che da
> Pisa va a Grosseto. La polizia è salita sul treno e, dopo un controllo
> sommario dei documenti, ha fermato una ventina di ragazzi senegalesi, li
> ha
> fatti scendere alla stazione di Follonica, dove giornalisti e viaggiatori
> erano ad assistere alla scena. Sono stati quindi fatti salire su un
> autobus
> della polizia e portati in questura a Grosseto.
> La stessa cosa era successa circa 15 giorni fa sempre sullo stesso treno.
> Circa 18 ragazzi senegalesi erano stati portati in questura a Grosseto,
> per verifiche. Le persone in regola sono state rilasciate mentre quelle
> senza permesso di soggiorno sono state arrestate, processate per
> direttissima e rilasciate dopo tre giorni con il foglio di via.
> Ci troviamo di fronte ad una evidente atto di razzismo nei confronti di
> una
> comunità di colore. Solo i ragazzi senegalesi vengo fatti scendere dal
> treno
> e controllati in questura, indipendente dal fatto che abbiano pagato o
> meno
> il biglietto del treno. Lo scopo principale è unicamente quello del
> controllo dei documenti di soggiorno e dell'espulsione degli irregolari.
> La riflessione finale è che il "nero" è di moda solo nella pubblicità ma
> non sui treni e nella società italiana "per bene" di oggi.
> Questa mattina mi è arrivata la notizia di una retata sul treno che da
> Pisa va a Grosseto. La polizia è salita sul treno e, dopo un controllo
> sommario dei documenti, ha fermato una ventina di ragazzi senegalesi, li
> ha
> fatti scendere alla stazione di Follonica, dove giornalisti e viaggiatori
> erano ad assistere alla scena. Sono stati quindi fatti salire su un
> autobus
> della polizia e portati in questura a Grosseto.
> La stessa cosa era successa circa 15 giorni fa sempre sullo stesso treno.
> Circa 18 ragazzi senegalesi erano stati portati in questura a Grosseto,
> per verifiche. Le persone in regola sono state rilasciate mentre quelle
> senza permesso di soggiorno sono state arrestate, processate per
> direttissima e rilasciate dopo tre giorni con il foglio di via.
> Ci troviamo di fronte ad una evidente atto di razzismo nei confronti di
> una
> comunità di colore. Solo i ragazzi senegalesi vengo fatti scendere dal
> treno
> e controllati in questura, indipendente dal fatto che abbiano pagato o
> meno
> il biglietto del treno. Lo scopo principale è unicamente quello del
> controllo dei documenti di soggiorno e dell'espulsione degli irregolari.
> La riflessione finale è che il "nero" è di moda solo nella pubblicità ma
> non sui treni e nella società italiana "per bene" di oggi.
pc quotidiano 3 settembre - unità dei comunisti.. se non ora quando ?
Cresce e si estende tra i compagni, militanti di base, avanguardie di lotta,organizzazioni e gruppi comunisti un desiderio di unità per fronteggiare il nemico comune e per costruire un nuovo partito della classe operaia, un partito comunista autentico dopo il crack ideologico-teorico-politico-organizzativo e finanche elettorale e sociale della sinistra parlamentare nelle sue diverse forme.
è divenuto quindi necessario e urgente che si trovi la strada per far avanzare questo processo.
Proletari comunisti,impegnato nella costruzione nel nostro paese del Partito Comunista maoista, si è messo subito a disposizione di questo percorso, lo abbiamo proposto ai compagni del coordinamento dei collletivi comunisti, nati da una fuoriuscita da Carc-nPCI ma comprendente, anche altri compagni provenienti da altre esperienze.Abbiamo fatto degli incontri, con discussioni franche e accese, nello spirito e con il metodo dell'unità-lotta-trasformazione, si è è andati avanti con comunicato congiunto, commissione congiunta e ora ci si prepara ad ulteriori passi in avanti su tutti i piani.
Quello che è stato importante è la definizione di 10 punti sul partito da costruire,
li riproponiamo, perchè noi siamo pronti all'unità con tutti - non solo quindi con il coordinamento dei collettivi comunisti - sulla base di questi 10 punti - che non vanno considerati come nuove 'tavole della legge' da prendere o lasciare, ma da approfondire e se necessario modificare al servizio dell'avanzamento e dell'unità.
Il nostro è un impegno, ma anche una messa in discussione e una sfida a tutti, la lotta per l'unità si fa unendoci !
Sin da questi mesi di autunno, si creino 10,100 momenti di confronto e discussione, locali e nazionali.. non per presentare liste e listarelle, ma per contribuire a costruire il partito comunista di cui abbiamo bisogno.
partiamo dai 10 punti..
il partito comunista che vogliamo costruire deve essere:
1.basato sul marxismo-leninismo-maoismo;
2.basato sulla strategia della guerra popolare adatta alle condizioni specifiche del nostro paese;
3.fondato sulla centralità operaia, che sia reparto d’avanguardia organizzato della classe operaia;
4.costruito nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse;
5.di tipo nuovo che attui una completa rottura nel campo dell’ideologia, della teoria, della organizzazione, della pratica con il revisionismo vecchio e nuovo;
6.saldamente interno al movimento comunista internazionale e in particolare a quello di orientamento marxista-leninista-maoista, con un forte legame con i partiti comunisti impegnati nelle guerre popolari;
7.che combatta attivamente l’economicismo e l’eclettismo teorico-politico;
8.alternativo alle due varianti elettoralismo e militarismo, presenti nel nostro campo;
9.che sappia far vivere al suo interno la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee e realmente attuare il centralismo democratico, alla luce delle esperienze negative che nel nostro campo ci sono state e che ancora ci possono essere;
10.consapevole che il grande lavoro per unire i comunisti nel nostro paese deve svilupparsi attraverso la lotta al settarismo come una delle deviazioni che ancora domina gran parte del movimento comunista.
Si è anche deciso che il dibattito su questi dieci punti possa essere condotto in forme aperte al fine di raccogliere l’attenzione e anche l’impegno di tutti i compagni organizzati e non che vogliono contribuire ed entrare nello spirito di questo percorso di unità.
il nostro riferimento è
ro.red@libero.it
tel 347-1102638
è divenuto quindi necessario e urgente che si trovi la strada per far avanzare questo processo.
Proletari comunisti,impegnato nella costruzione nel nostro paese del Partito Comunista maoista, si è messo subito a disposizione di questo percorso, lo abbiamo proposto ai compagni del coordinamento dei collletivi comunisti, nati da una fuoriuscita da Carc-nPCI ma comprendente, anche altri compagni provenienti da altre esperienze.Abbiamo fatto degli incontri, con discussioni franche e accese, nello spirito e con il metodo dell'unità-lotta-trasformazione, si è è andati avanti con comunicato congiunto, commissione congiunta e ora ci si prepara ad ulteriori passi in avanti su tutti i piani.
Quello che è stato importante è la definizione di 10 punti sul partito da costruire,
li riproponiamo, perchè noi siamo pronti all'unità con tutti - non solo quindi con il coordinamento dei collettivi comunisti - sulla base di questi 10 punti - che non vanno considerati come nuove 'tavole della legge' da prendere o lasciare, ma da approfondire e se necessario modificare al servizio dell'avanzamento e dell'unità.
Il nostro è un impegno, ma anche una messa in discussione e una sfida a tutti, la lotta per l'unità si fa unendoci !
Sin da questi mesi di autunno, si creino 10,100 momenti di confronto e discussione, locali e nazionali.. non per presentare liste e listarelle, ma per contribuire a costruire il partito comunista di cui abbiamo bisogno.
partiamo dai 10 punti..
il partito comunista che vogliamo costruire deve essere:
1.basato sul marxismo-leninismo-maoismo;
2.basato sulla strategia della guerra popolare adatta alle condizioni specifiche del nostro paese;
3.fondato sulla centralità operaia, che sia reparto d’avanguardia organizzato della classe operaia;
4.costruito nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse;
5.di tipo nuovo che attui una completa rottura nel campo dell’ideologia, della teoria, della organizzazione, della pratica con il revisionismo vecchio e nuovo;
6.saldamente interno al movimento comunista internazionale e in particolare a quello di orientamento marxista-leninista-maoista, con un forte legame con i partiti comunisti impegnati nelle guerre popolari;
7.che combatta attivamente l’economicismo e l’eclettismo teorico-politico;
8.alternativo alle due varianti elettoralismo e militarismo, presenti nel nostro campo;
9.che sappia far vivere al suo interno la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee e realmente attuare il centralismo democratico, alla luce delle esperienze negative che nel nostro campo ci sono state e che ancora ci possono essere;
10.consapevole che il grande lavoro per unire i comunisti nel nostro paese deve svilupparsi attraverso la lotta al settarismo come una delle deviazioni che ancora domina gran parte del movimento comunista.
Si è anche deciso che il dibattito su questi dieci punti possa essere condotto in forme aperte al fine di raccogliere l’attenzione e anche l’impegno di tutti i compagni organizzati e non che vogliono contribuire ed entrare nello spirito di questo percorso di unità.
il nostro riferimento è
ro.red@libero.it
tel 347-1102638
pc quotidiano 3 settembre i giovani di red block palermo fanno un bilancio..
i giovani maoisti di red block sono impegnati in una discussione e un bilancio del loro lavoro, attraverso critica e aurtocritica, per metersi in condizione di avanzare nell'organizzazione e nella lotta per il prossimo autunno
pubblichiamo stralci del documento
'Bilancio lavoro RB autunno 2009-estate2010'
...gli aspetti positivi del nostro lavoro di quest’anno ci sono:
1.dialettica con il movimento (l’organizzazione come promotori del 12 dicembre, coordinamento universitari con excarcere ecc.)
2.in particolare dialettica con il movimento sulla questione assemblea antifascista e antifascismo in generale
3.lavoro antifascista tra studenti medi e universitari
4.la nascita del CAIL - nuovo organismo autorganizzato degli universitari dell'Accademia
5.avere intercettato e organizzato nuovi militanti
6.inizio del lavoro tra la gioventù proletaria nel quartiere
7.riuscita del campeggio della gioventù ribelle di fine luglio
aspetti negativi:
1.permanenze delle influenze dello stile di vita piccolo borghese dei compagni.
2.burocrazia nello stile di lavoro (principalmente propaganda).
3.poco studio.
Nella pratica per alcuni compagni ciò si è tradotto, nel non aver adempiuto appieno ai compiti nazionali. Seguire la lotta di classe ed il movimento studentesco e giovanile nazionale costantemente, prendere posizioni a livello nazionale al momento giusto....nel rimandare compiti come scrittura di comunicati . Non pubblicandoli quindi in maniera tempestiva. Ciò è stato causato al fatto di non saper ottimizzare il tempo
Altri compagni tendono a rimandare compiti simili a causa di una errata organizzazione del tempo a disposizione. In ciò influisce lo stile di vita “universitario”...
... “i comunisti risolvono i problemi”, condizione basilare e iniziare a risolvere i propri in questa fase della lotta di classe....
Questi problemi sono stati affrontati spesso ma mai seriamente, semplicemente accennati con un atteggiamento liberalistico. Se non si risolvono adesso in maniera netta non possiamo partire con la divisione dei compiti necessaria per l’autunno.
....spesso pecchiamo di burocratismo nello stile di lavoro. Ciò si evince particolarmente nella scarsa reattività con cui prendiamo posizione e agiamo circa fatti inerenti alla lotta di classe....pesso ciò avviene sotto impulso di direttive nazionali o di altri compagni a pa...
Ciò è negativo per vari motivi: “obblighiamo” il centro nazionale e altri compagni ad occuparsi di cose di cui dovremmo occuparci noi autonomamente, lasciamo il campo ad altre forze opportuniste presenti in città
L’anno politico appena trascorso non ha visto una adeguata organizzazione di gruppi di studio. Strada facendo ci siamo resi conto quanto invece serva, sia per tenere in mente i “punti fermi” sia perché su certe questioni di cui ci occupiamo a volte diamo per scontato che i compagni siano preparati quando invece spesso non è cosi.
Accenni su organizzazione lavoro per l'autunno.....
È necessario che i compagni lavorino in maniera autosufficiente organizzando dall’inizio alla fine il lavoro di propria competenza... facendo esperienza e buttandosi nel lavoro si impara.
il nostro piano di lavoro comprende essenzialmente ...studenti medi e universitari ,quartiere
Per quanto riguarda studenti bisogna continuare lavoro con la realtà autorganizzata all'accademia che conta su un nucleo iniziale di 20 studenti ..Lanciare subito il coordinamento studentesco accademia-giurisprudenza-lettere-scienze naturali o ingegneria. A questi si aggiungono gli studenti medi con gli eventuali collettivi... ...La questione studentesca si intreccia anche con l’antifascismo all’umberto e a lettere, le due principali zone di contesa tra antifa e fasci.
Per quanto riguarda quartiere proseguire con lavoro iniziato con villetta/spazi di aggregazione...possiamo dire terminata la fase di rodaggio: primi giri di attacchinaggi e raccolte firme in piazza, già alcuni abitanti del quartiere ci conoscono. Adesso bisogna intensificare il lavoro.
Polarizzare lo scontro interessi abitanti del quartiere/amministrazione locale mobilitando il quartiere partendo da questo problema e allargando via via a cantieri culturali zisa, problemi come illuminazione e rete idrico/fognaria e questioni sociali. Questo lavoro ci deve permettere di radicarci nel quartiere essere riconosciuti e farla diventare una vera e propria base d’appoggio. Se riusciamo a conquistare le masse su questo successivamente potranno essere mobilitate anche in chiave antifascista..
Da settembre organizzeremo in maniera sistematica i gruppi di studio suggeritici al campeggio.
Propaganda: cura sistematica del blog come si dice negli ultimi resoconti.
Lavoro nazionale e internazionale: continuare per la strada intrapresa quest’annoin maniera sistematica....
red block palermo
agosto 2010
pubblichiamo stralci del documento
'Bilancio lavoro RB autunno 2009-estate2010'
...gli aspetti positivi del nostro lavoro di quest’anno ci sono:
1.dialettica con il movimento (l’organizzazione come promotori del 12 dicembre, coordinamento universitari con excarcere ecc.)
2.in particolare dialettica con il movimento sulla questione assemblea antifascista e antifascismo in generale
3.lavoro antifascista tra studenti medi e universitari
4.la nascita del CAIL - nuovo organismo autorganizzato degli universitari dell'Accademia
5.avere intercettato e organizzato nuovi militanti
6.inizio del lavoro tra la gioventù proletaria nel quartiere
7.riuscita del campeggio della gioventù ribelle di fine luglio
aspetti negativi:
1.permanenze delle influenze dello stile di vita piccolo borghese dei compagni.
2.burocrazia nello stile di lavoro (principalmente propaganda).
3.poco studio.
Nella pratica per alcuni compagni ciò si è tradotto, nel non aver adempiuto appieno ai compiti nazionali. Seguire la lotta di classe ed il movimento studentesco e giovanile nazionale costantemente, prendere posizioni a livello nazionale al momento giusto....nel rimandare compiti come scrittura di comunicati . Non pubblicandoli quindi in maniera tempestiva. Ciò è stato causato al fatto di non saper ottimizzare il tempo
Altri compagni tendono a rimandare compiti simili a causa di una errata organizzazione del tempo a disposizione. In ciò influisce lo stile di vita “universitario”...
... “i comunisti risolvono i problemi”, condizione basilare e iniziare a risolvere i propri in questa fase della lotta di classe....
Questi problemi sono stati affrontati spesso ma mai seriamente, semplicemente accennati con un atteggiamento liberalistico. Se non si risolvono adesso in maniera netta non possiamo partire con la divisione dei compiti necessaria per l’autunno.
....spesso pecchiamo di burocratismo nello stile di lavoro. Ciò si evince particolarmente nella scarsa reattività con cui prendiamo posizione e agiamo circa fatti inerenti alla lotta di classe....pesso ciò avviene sotto impulso di direttive nazionali o di altri compagni a pa...
Ciò è negativo per vari motivi: “obblighiamo” il centro nazionale e altri compagni ad occuparsi di cose di cui dovremmo occuparci noi autonomamente, lasciamo il campo ad altre forze opportuniste presenti in città
L’anno politico appena trascorso non ha visto una adeguata organizzazione di gruppi di studio. Strada facendo ci siamo resi conto quanto invece serva, sia per tenere in mente i “punti fermi” sia perché su certe questioni di cui ci occupiamo a volte diamo per scontato che i compagni siano preparati quando invece spesso non è cosi.
Accenni su organizzazione lavoro per l'autunno.....
È necessario che i compagni lavorino in maniera autosufficiente organizzando dall’inizio alla fine il lavoro di propria competenza... facendo esperienza e buttandosi nel lavoro si impara.
il nostro piano di lavoro comprende essenzialmente ...studenti medi e universitari ,quartiere
Per quanto riguarda studenti bisogna continuare lavoro con la realtà autorganizzata all'accademia che conta su un nucleo iniziale di 20 studenti ..Lanciare subito il coordinamento studentesco accademia-giurisprudenza-lettere-scienze naturali o ingegneria. A questi si aggiungono gli studenti medi con gli eventuali collettivi... ...La questione studentesca si intreccia anche con l’antifascismo all’umberto e a lettere, le due principali zone di contesa tra antifa e fasci.
Per quanto riguarda quartiere proseguire con lavoro iniziato con villetta/spazi di aggregazione...possiamo dire terminata la fase di rodaggio: primi giri di attacchinaggi e raccolte firme in piazza, già alcuni abitanti del quartiere ci conoscono. Adesso bisogna intensificare il lavoro.
Polarizzare lo scontro interessi abitanti del quartiere/amministrazione locale mobilitando il quartiere partendo da questo problema e allargando via via a cantieri culturali zisa, problemi come illuminazione e rete idrico/fognaria e questioni sociali. Questo lavoro ci deve permettere di radicarci nel quartiere essere riconosciuti e farla diventare una vera e propria base d’appoggio. Se riusciamo a conquistare le masse su questo successivamente potranno essere mobilitate anche in chiave antifascista..
Da settembre organizzeremo in maniera sistematica i gruppi di studio suggeritici al campeggio.
Propaganda: cura sistematica del blog come si dice negli ultimi resoconti.
Lavoro nazionale e internazionale: continuare per la strada intrapresa quest’annoin maniera sistematica....
red block palermo
agosto 2010
pc quotidiano 3 settembre - operai e impiegati..contro l'opportunismo
N+1
Attenzione attenzione, l'ultima voce dei piccolo borghesi attraversa la laguna, la Padania, e i cervellotici pensieri di molti opportunisti. Non sono produttori di plusvalore solo gli operai, ma anche gli impiegati !!!!
Il plusvalore si crea nel cuore del processo di valorizzazione del Capitale. Ma non è prettamente Capitale, bensì Reddito, il processo lavorativo che si svolge nel cuore degli apparati che il capitale stesso mette in piedi allo scopo di controllare e determinare il processo produttivo.
Il problema è assai visibile se si guarda al mpc nel suo complesso, ed alle esternalizzazioni. Mica esternalizzano gli impiegati del Comune di Venezia, magari gestendo il comune di Venezia in concordato con la capitale della Lituania !
Il fatto che vi siano pessime condizioni di lavoro anche tra gli impiegati, per non dire mobbing, insicurezza del posto ecc., nulla toglie al fatto più significativo che non è affatto sostenibile la indispensabilità di QUESTA sovrastruttura e di QUESTA divisione del lavoro.
Mentre moltissimi tra i processi produttivi in senso lato, che sono (nel loro cuore) anche processi produttivi di plusvalore, saranno utili anche negli anni immediatamente successivi alla presa del potere da parte del Proletariato.
Il punto quindi non è di negare che, in astratto, per esempio nella produzione cinematografica, esistano sfruttati (quelli che costruiscono il set o quelli che sono impegnati direttamente nella produzione della pellicola ? Gli ultimi. I primi, per quanto necessari, sono il corollario, il plusvalore si raccoglie nelle sale cinematografiche e nella diffusione -pagata- del film stesso, ossia del prodotto -la celluloide- o -il film registrato, la sua diffusione-. Però attenzione, vi porta fuori strada l'immaterialità che è anche -attraverso la duplicazione- la via per la diffusione -distribuzione- del prodotto film. Nel caso della diffusione di copie, il plusvalore si produce nella duplicazione, che è un processo produttivo di plusvalore).
Veniamo all'automazione. Certi personaggi traditori della classe operaia, mi chiedevano nel 1982: "Con l'automazione, non vi sarà più sfruttamento ?". Gli rispondevo no, perché ci sarà sempre qualche operaio che gestirà o manuterrà e controllerà il processo di produzione automatizzato. Gli rispondevo: anche quando i cessi saranno automatici, qualcuno li avrà prodotti. Ma pure a voler deviare sul servizio (la manutenzione), questo necessiterà pur sempre di salariati. Si muoveranno però per un salario dato contro reddito, non contro capitale. Gli "operai" sfruttati, saranno ancora una volta quelli che hanno prodotto il cesso, la chiave inglese, la rondella, il sacchetto di plastica ....
Non è il nostro problema una formuletta,ed è Marx stesso a spiegarlo. Basta leggerlo, ogni pagina smentisce i detrattori della CENTRALITA' OPERAIA. prendiamo il cap.16, Libro I del Capitale: La produzione del plusvalore assoluto e del plusvalore relativo - Differenti forme del sagglio del plusvalore.
Dice Marx: "Una terza formula che ho già avuto occasione di anticipare, è: plusvalore/valore della forza lavoro=pluslavoro/lavoro necessario=LAVORO NON RETRUIBUITO/LAVORO RETRIBUITO. IL MALINTESO A CUI POTREBBE CONDURRE LA FORMULA LAVORO NON RETRIBUITO/LAVORO RETRIBUITO cioè che il capitalista paga il lavoro e non la forza-lavoro, viene eliminato in base a quanto si è spiegato prima. LAVORO NON RETRIBUITO/LAVORO RETRIBUITO è soltanto un'espressione POPOLARE per PLUSLAVORO/LAVORO NECESSARIO. Il capitalista paga il valore della forza-lavoro o il prezzo di essa che si scosta dal suo valore, e riceve nello scambio la facoltà di disporre della stessa forza-lavoro vivente. Durante l'uno l'operaio produce un solo valore, eguale al valore della sua forza-lavoro, QUINDI PRODUCE SOLTANTO UN EQUIVALENTE. Il capitalista riceve in tal modo per il prezzo anticipato della forza lavoro un prodotto del medesimo prezzo. E' COME SE EGLI AVESSE COMPRATO IL PRODOTTO BELL'E FATTO SUL MERCATO. NEL PERIODO DEL PLUSLAVORO INVECE L'USUFRUTTO DELLA FORZA-LAVORO CReA VALORE PER IL CAPITALISTA SENZA COSTARGLI UNA REINTEGRAZIONE DI VALORE. IL CAPITALISTA HA GRATIS QUESTA FORZA-LAVORO RESA LIQUIDA. IN QUESTO SENSO IL PLUSLAVORO PUO' ESSERE CHIAMATO LAVORO NON RETRIBUITO."
Finisce il paragrafo: "IL CAPITALE NON E' SOLTANTO POTERE DI DISPORRE DEL LAVORO, COME DICE A.SMITH. E' ESSENZIALMENTE POTERE DI DISPORRE DI LAVORO NON RETRIBUITO. Ogni plusvalore, sotto qualunque forma particolare di profitto, interesse, rendita, ecc., esso si cristallizzi in seguito, è per sua sostanza MATERIALIZZAZIONE DI TEMPO DI LAVORO NON RETRIBUITO. L'ARCANO DELL'AUTOVALORIZZAZIONE DEL CAPITALE SI RISOLVE NEL SUO POTERE DI DISPORRE DI UNA DETERMINATA QUANTITA' DI LAVORO ALTRUI NON RETRIBUITO." (Karl Marx, il Capitale, vol.I, Editori Riuniti, IX edizione, settembre 1980, traduzione di Maria Luisa Boggieri, pagg.582-583).
Di conseguenza si capisce ora, basta non essere borghesi grandi o piccoli e in malafede, che è lo SFRUTTAMENTO CHE DETERMINA RICCHEZZA, IL VERO SFRUTTAMENTO. ED E' QUESTO CHE LEGITTIMA ED INCARICA LA CLASSE OPERAIA DI COSTRUIRE IL SUO AVAMPOSTO RIVOLUZIONARIO, IL SUO PARTITO COMUNISTA. NON ALTRO.
Infatti, prendiamo quelli che "producono" ricchezza per il capitalista di turno del call-center o della birreria-centro sociale a trucco.
Non c'è scambio di lavoro contro Capitale, ma di lavoro contro Reddito.
Il lavoratore del call center o della birreria-centro sociale a trucco, prende soldi che non vengono altro che dal processo produttivo di plusvalore, ne prende una fettina, il grosso se lo prende il padrone, che viene pagato con quote di plusvalore da altri padroni, via via, con I SOLDI DEGLI OPERAI !!!!
paolo dorigo
(2-9-2010)
Attenzione attenzione, l'ultima voce dei piccolo borghesi attraversa la laguna, la Padania, e i cervellotici pensieri di molti opportunisti. Non sono produttori di plusvalore solo gli operai, ma anche gli impiegati !!!!
Il plusvalore si crea nel cuore del processo di valorizzazione del Capitale. Ma non è prettamente Capitale, bensì Reddito, il processo lavorativo che si svolge nel cuore degli apparati che il capitale stesso mette in piedi allo scopo di controllare e determinare il processo produttivo.
Il problema è assai visibile se si guarda al mpc nel suo complesso, ed alle esternalizzazioni. Mica esternalizzano gli impiegati del Comune di Venezia, magari gestendo il comune di Venezia in concordato con la capitale della Lituania !
Il fatto che vi siano pessime condizioni di lavoro anche tra gli impiegati, per non dire mobbing, insicurezza del posto ecc., nulla toglie al fatto più significativo che non è affatto sostenibile la indispensabilità di QUESTA sovrastruttura e di QUESTA divisione del lavoro.
Mentre moltissimi tra i processi produttivi in senso lato, che sono (nel loro cuore) anche processi produttivi di plusvalore, saranno utili anche negli anni immediatamente successivi alla presa del potere da parte del Proletariato.
Il punto quindi non è di negare che, in astratto, per esempio nella produzione cinematografica, esistano sfruttati (quelli che costruiscono il set o quelli che sono impegnati direttamente nella produzione della pellicola ? Gli ultimi. I primi, per quanto necessari, sono il corollario, il plusvalore si raccoglie nelle sale cinematografiche e nella diffusione -pagata- del film stesso, ossia del prodotto -la celluloide- o -il film registrato, la sua diffusione-. Però attenzione, vi porta fuori strada l'immaterialità che è anche -attraverso la duplicazione- la via per la diffusione -distribuzione- del prodotto film. Nel caso della diffusione di copie, il plusvalore si produce nella duplicazione, che è un processo produttivo di plusvalore).
Veniamo all'automazione. Certi personaggi traditori della classe operaia, mi chiedevano nel 1982: "Con l'automazione, non vi sarà più sfruttamento ?". Gli rispondevo no, perché ci sarà sempre qualche operaio che gestirà o manuterrà e controllerà il processo di produzione automatizzato. Gli rispondevo: anche quando i cessi saranno automatici, qualcuno li avrà prodotti. Ma pure a voler deviare sul servizio (la manutenzione), questo necessiterà pur sempre di salariati. Si muoveranno però per un salario dato contro reddito, non contro capitale. Gli "operai" sfruttati, saranno ancora una volta quelli che hanno prodotto il cesso, la chiave inglese, la rondella, il sacchetto di plastica ....
Non è il nostro problema una formuletta,ed è Marx stesso a spiegarlo. Basta leggerlo, ogni pagina smentisce i detrattori della CENTRALITA' OPERAIA. prendiamo il cap.16, Libro I del Capitale: La produzione del plusvalore assoluto e del plusvalore relativo - Differenti forme del sagglio del plusvalore.
Dice Marx: "Una terza formula che ho già avuto occasione di anticipare, è: plusvalore/valore della forza lavoro=pluslavoro/lavoro necessario=LAVORO NON RETRUIBUITO/LAVORO RETRIBUITO. IL MALINTESO A CUI POTREBBE CONDURRE LA FORMULA LAVORO NON RETRIBUITO/LAVORO RETRIBUITO cioè che il capitalista paga il lavoro e non la forza-lavoro, viene eliminato in base a quanto si è spiegato prima. LAVORO NON RETRIBUITO/LAVORO RETRIBUITO è soltanto un'espressione POPOLARE per PLUSLAVORO/LAVORO NECESSARIO. Il capitalista paga il valore della forza-lavoro o il prezzo di essa che si scosta dal suo valore, e riceve nello scambio la facoltà di disporre della stessa forza-lavoro vivente. Durante l'uno l'operaio produce un solo valore, eguale al valore della sua forza-lavoro, QUINDI PRODUCE SOLTANTO UN EQUIVALENTE. Il capitalista riceve in tal modo per il prezzo anticipato della forza lavoro un prodotto del medesimo prezzo. E' COME SE EGLI AVESSE COMPRATO IL PRODOTTO BELL'E FATTO SUL MERCATO. NEL PERIODO DEL PLUSLAVORO INVECE L'USUFRUTTO DELLA FORZA-LAVORO CReA VALORE PER IL CAPITALISTA SENZA COSTARGLI UNA REINTEGRAZIONE DI VALORE. IL CAPITALISTA HA GRATIS QUESTA FORZA-LAVORO RESA LIQUIDA. IN QUESTO SENSO IL PLUSLAVORO PUO' ESSERE CHIAMATO LAVORO NON RETRIBUITO."
Finisce il paragrafo: "IL CAPITALE NON E' SOLTANTO POTERE DI DISPORRE DEL LAVORO, COME DICE A.SMITH. E' ESSENZIALMENTE POTERE DI DISPORRE DI LAVORO NON RETRIBUITO. Ogni plusvalore, sotto qualunque forma particolare di profitto, interesse, rendita, ecc., esso si cristallizzi in seguito, è per sua sostanza MATERIALIZZAZIONE DI TEMPO DI LAVORO NON RETRIBUITO. L'ARCANO DELL'AUTOVALORIZZAZIONE DEL CAPITALE SI RISOLVE NEL SUO POTERE DI DISPORRE DI UNA DETERMINATA QUANTITA' DI LAVORO ALTRUI NON RETRIBUITO." (Karl Marx, il Capitale, vol.I, Editori Riuniti, IX edizione, settembre 1980, traduzione di Maria Luisa Boggieri, pagg.582-583).
Di conseguenza si capisce ora, basta non essere borghesi grandi o piccoli e in malafede, che è lo SFRUTTAMENTO CHE DETERMINA RICCHEZZA, IL VERO SFRUTTAMENTO. ED E' QUESTO CHE LEGITTIMA ED INCARICA LA CLASSE OPERAIA DI COSTRUIRE IL SUO AVAMPOSTO RIVOLUZIONARIO, IL SUO PARTITO COMUNISTA. NON ALTRO.
Infatti, prendiamo quelli che "producono" ricchezza per il capitalista di turno del call-center o della birreria-centro sociale a trucco.
Non c'è scambio di lavoro contro Capitale, ma di lavoro contro Reddito.
Il lavoratore del call center o della birreria-centro sociale a trucco, prende soldi che non vengono altro che dal processo produttivo di plusvalore, ne prende una fettina, il grosso se lo prende il padrone, che viene pagato con quote di plusvalore da altri padroni, via via, con I SOLDI DEGLI OPERAI !!!!
paolo dorigo
(2-9-2010)
pc quotidiano 3 settembre -palermo ..i consiglieri comunali ingrassano e i problemi delle masse popolari palermitane incancreniscono...
3.276 euro. Stipendio pieno! Anche nel mese di agosto per gli 80 consiglieri
comunali di Palermo. Erano preoccupatissimi che non sarebbero riusciti a
raggiungere il numero di sedute di commissione e di consiglio sufficienti per
portare a casa lo stipendio per intero, ma ci hanno messo tutto l’impegno
necessario e alla fine, rintracciandosi per telefonino il 30 e 31 agosto! si
sono trovati riuniti e hanno incassato.
Mentre a Palermo è in corso uno sciopero della fame da parte di alcuni precari
della scuola che a migliaia non lavoreranno più, e si aggiungono alla
disoccupazione crescente perché anche le piccole fabbrichette cominciano a
chiudere, mentre la città affonda ancora nell’immondizia e i problemi della
casa e dell’acqua ritornano regolarmente a galla e in maniera più pressante,
mentre buona parte dei palermitani non è riuscita a farsi neanche un giorno di
ferie al mare, il centro storico continua a cadere a pezzi, il carcere dell’
Ucciardone scoppia con il doppio dei detenuti, i consiglieri comunali di
Palermo, di centrodestra e di centrosinistra, tutti insieme appassionatamente,
consiglieri di un consiglio che non si riunisce praticamente mai per prendere
delle decisioni e risolvere i problemi della città, si riuniscono a fine agosto
per completare le 21 sedute utili (17 di commissione e 4 di consiglio) a
raggiungere lo stipendio pieno in agosto di 3.276 euro.
Uno di loro, capogruppo del Pdl Tantillo, a dir poco con una faccia che il
bronzo gli fa un baffo dice, a proposito del fatto che i consiglieri si
prendono lo stipendio ma non “producono” nemmeno una delibera, “siamo stanchi
di figuracce”. Non è la prima volta che a parole dicono di vergognarsi e poi
continuano come prima questa “gestione della cosa pubblica”. Una gestione
politica fatta da gente cieca e sorda che produce inquinamento delle coscienze
e ambientale, rabbia e frustrazione…
Si tratta di puro disinteresse, nel migliore dei casi, per i gravi problemi
delle masse popolari palermitane. Si tratta di comitati d’affari locali che
sostengono nei fatti l’arricchimento della borghesia cittadina e in particolare
di quella legata alla mafia.
Una bella politica, veramente!
comunali di Palermo. Erano preoccupatissimi che non sarebbero riusciti a
raggiungere il numero di sedute di commissione e di consiglio sufficienti per
portare a casa lo stipendio per intero, ma ci hanno messo tutto l’impegno
necessario e alla fine, rintracciandosi per telefonino il 30 e 31 agosto! si
sono trovati riuniti e hanno incassato.
Mentre a Palermo è in corso uno sciopero della fame da parte di alcuni precari
della scuola che a migliaia non lavoreranno più, e si aggiungono alla
disoccupazione crescente perché anche le piccole fabbrichette cominciano a
chiudere, mentre la città affonda ancora nell’immondizia e i problemi della
casa e dell’acqua ritornano regolarmente a galla e in maniera più pressante,
mentre buona parte dei palermitani non è riuscita a farsi neanche un giorno di
ferie al mare, il centro storico continua a cadere a pezzi, il carcere dell’
Ucciardone scoppia con il doppio dei detenuti, i consiglieri comunali di
Palermo, di centrodestra e di centrosinistra, tutti insieme appassionatamente,
consiglieri di un consiglio che non si riunisce praticamente mai per prendere
delle decisioni e risolvere i problemi della città, si riuniscono a fine agosto
per completare le 21 sedute utili (17 di commissione e 4 di consiglio) a
raggiungere lo stipendio pieno in agosto di 3.276 euro.
Uno di loro, capogruppo del Pdl Tantillo, a dir poco con una faccia che il
bronzo gli fa un baffo dice, a proposito del fatto che i consiglieri si
prendono lo stipendio ma non “producono” nemmeno una delibera, “siamo stanchi
di figuracce”. Non è la prima volta che a parole dicono di vergognarsi e poi
continuano come prima questa “gestione della cosa pubblica”. Una gestione
politica fatta da gente cieca e sorda che produce inquinamento delle coscienze
e ambientale, rabbia e frustrazione…
Si tratta di puro disinteresse, nel migliore dei casi, per i gravi problemi
delle masse popolari palermitane. Si tratta di comitati d’affari locali che
sostengono nei fatti l’arricchimento della borghesia cittadina e in particolare
di quella legata alla mafia.
Una bella politica, veramente!
pc quotidiano 3 settembre - fiat di termini imerese e la schifosa proposta della UILM
Il giornalista del TG3 che intervistava gli operai dello stabilimento Fiat di
Termini Imerese all’ingresso della fabbrica alla riapertura del 1° settembre
era forse più abbattuto degli operai stessi che non brillavano certo per
contentezza data l’incertezza totale sul loro futuro. E un altro turno di cassa
integrazione che li aspetto dal 20 settembre in poi.
Le sparate della Uil così come quelle della Cisl, che in questi mesi hanno
cercato di tenere buoni gli operai dicendo che una soluzione si trova e sono in
continuo contatto con il ministero delo sviluppo economico per decidere del
futuro della fabbrica, aggravano questa sensazione di impotenza rispetto alla
“soluzione finale” perché aggiungono proposte che fanno intendere che non c’è
davvero speranza e quindi bisogna accettare qualsiasi condizione pur di
lavorare. E questo è quello che sperano percepiscano tutti.
Naturalmente come fanno sempre parlano a nome di tutti come hanno fatto a
Pomigliano per essere poi smentiti dagli operai.
La Uilm, quindi, come decisione del suo comitato direttivo di Termini, è
pronta, se la Fiat decidesse di tenere aperto lo stabilimento di Termini,
continuando la produzione di auto, a firmare lo stesso accordo che ha firmato a
Pomigliano. La prima risposta per quanto riguarda il grado di sfruttamento
previsto la possiamo dare con una battuta degli operai di Termini “Noi siamo
già morti di fatica adesso, e pensiamo con terrore ai ritmi di Melfi, figurarsi
con quelli previsti dall’accordo di Pomigliano!”
Di questi incontri periodici che hanno sbandierato come incontri importanti
con il ministero dello sviluppo economico, tenendo in sospeso gli operai,
adesso dicono di essere convinti che non servono e che quello che dovrebbe
esserci il 15 settembre sarà un flop.
Per la UIlm, riporta un quotidiano, "all'interno della short list (5 le
ipotesi al vaglio di Invitalia, advisor del ministero) è evidente che non ci
sono proposte che possono dare occupazione ai lavoratori dello stabilimento
termitano e dell'indotto". E allora perché si è arrivati fino a questo punto
illudendo gli operai che questa potesse essere una via d’uscita?
"Quindi - sostiene Comella - bisogna parlare con Fiat e costringerla a
investire di nuovo a Termini. Il governo accetti il fallimento della mediazione
politica e lavori anch'esso in questo senso, vista l'esperienza su Mirafiori".
"Da parte nostra, presa coscienza del fatto che il mondo del lavoro in Italia
sta cambiando - conclude la Uilm - davanti a investimenti certi, che
garantiscono tanti i lavoratori della Fiat quanto quelli dell'indotto, siamo
disponibili a firmare un accordo sulla linea di Pomigliano, questo non porterà
conquiste sindacali ma porterà lavoro e certezze per il comprensorio per i
prossimi anni. Inoltre non escludiamo che, se dopo il 15 settembre continuerà a
esserci l'attuale nulla, si devono intraprendere azioni che abbiano l'obiettivo
di fare rimanere la Fiat a Termini Imerese".
Però, che coscienza che hanno questi della Uilm! Si arrabattano con le parole
per far ingoiare il brutto rospo agli operai, vorrebbero far passare l’idea che
“visto che il mondo del lavoro sta cambiando”, (oramai lo ripetono tutti come
un disco rotto per convincerci) bisogna accettare di tutto “anche se questo non
porterà conquiste sindacali”(!!!) e un sindacato allora che ci sta a fare?
Questo sindacato fa il suo mestiere, e cioè cerca di vendere gli operai ai
padroni senza nessuna contropartita e prendendo tempo e tenendo buoni gli
operai vuole continuare a portare a casa la pagnotta ben imbottita.
Noi vogliamo e siamo convinti che gli operai Fiat di Termini Imerese faranno
andare di traverso la pagnotta ai sindacalisti e ai padroni mettendo al primo
posto la dignità di lotta che li ha contraddistinti negli anni passati.
Termini Imerese all’ingresso della fabbrica alla riapertura del 1° settembre
era forse più abbattuto degli operai stessi che non brillavano certo per
contentezza data l’incertezza totale sul loro futuro. E un altro turno di cassa
integrazione che li aspetto dal 20 settembre in poi.
Le sparate della Uil così come quelle della Cisl, che in questi mesi hanno
cercato di tenere buoni gli operai dicendo che una soluzione si trova e sono in
continuo contatto con il ministero delo sviluppo economico per decidere del
futuro della fabbrica, aggravano questa sensazione di impotenza rispetto alla
“soluzione finale” perché aggiungono proposte che fanno intendere che non c’è
davvero speranza e quindi bisogna accettare qualsiasi condizione pur di
lavorare. E questo è quello che sperano percepiscano tutti.
Naturalmente come fanno sempre parlano a nome di tutti come hanno fatto a
Pomigliano per essere poi smentiti dagli operai.
La Uilm, quindi, come decisione del suo comitato direttivo di Termini, è
pronta, se la Fiat decidesse di tenere aperto lo stabilimento di Termini,
continuando la produzione di auto, a firmare lo stesso accordo che ha firmato a
Pomigliano. La prima risposta per quanto riguarda il grado di sfruttamento
previsto la possiamo dare con una battuta degli operai di Termini “Noi siamo
già morti di fatica adesso, e pensiamo con terrore ai ritmi di Melfi, figurarsi
con quelli previsti dall’accordo di Pomigliano!”
Di questi incontri periodici che hanno sbandierato come incontri importanti
con il ministero dello sviluppo economico, tenendo in sospeso gli operai,
adesso dicono di essere convinti che non servono e che quello che dovrebbe
esserci il 15 settembre sarà un flop.
Per la UIlm, riporta un quotidiano, "all'interno della short list (5 le
ipotesi al vaglio di Invitalia, advisor del ministero) è evidente che non ci
sono proposte che possono dare occupazione ai lavoratori dello stabilimento
termitano e dell'indotto". E allora perché si è arrivati fino a questo punto
illudendo gli operai che questa potesse essere una via d’uscita?
"Quindi - sostiene Comella - bisogna parlare con Fiat e costringerla a
investire di nuovo a Termini. Il governo accetti il fallimento della mediazione
politica e lavori anch'esso in questo senso, vista l'esperienza su Mirafiori".
"Da parte nostra, presa coscienza del fatto che il mondo del lavoro in Italia
sta cambiando - conclude la Uilm - davanti a investimenti certi, che
garantiscono tanti i lavoratori della Fiat quanto quelli dell'indotto, siamo
disponibili a firmare un accordo sulla linea di Pomigliano, questo non porterà
conquiste sindacali ma porterà lavoro e certezze per il comprensorio per i
prossimi anni. Inoltre non escludiamo che, se dopo il 15 settembre continuerà a
esserci l'attuale nulla, si devono intraprendere azioni che abbiano l'obiettivo
di fare rimanere la Fiat a Termini Imerese".
Però, che coscienza che hanno questi della Uilm! Si arrabattano con le parole
per far ingoiare il brutto rospo agli operai, vorrebbero far passare l’idea che
“visto che il mondo del lavoro sta cambiando”, (oramai lo ripetono tutti come
un disco rotto per convincerci) bisogna accettare di tutto “anche se questo non
porterà conquiste sindacali”(!!!) e un sindacato allora che ci sta a fare?
Questo sindacato fa il suo mestiere, e cioè cerca di vendere gli operai ai
padroni senza nessuna contropartita e prendendo tempo e tenendo buoni gli
operai vuole continuare a portare a casa la pagnotta ben imbottita.
Noi vogliamo e siamo convinti che gli operai Fiat di Termini Imerese faranno
andare di traverso la pagnotta ai sindacalisti e ai padroni mettendo al primo
posto la dignità di lotta che li ha contraddistinti negli anni passati.
giovedì 2 settembre 2010
pc quotidiano 2 settembre - Palestina: l'ennesimo negoziato che serve agli imperialisti e allo stato terrorista d'Israele.
I reazionari non hanno ancora capito che le masse palestinesi metteranno in pratica, ora e sempre, la legge degli oppressi: "ribellarsi è giusto!"
Oggi, 2 settembre, sono iniziati a Washington i colloqui diretti tra israeliani e palestinesi alla presenza del segretario di stato Usa, Hillary Clinton, e dell'inviato "speciale" per il Medio Oriente, Mitchell.
Il "Nuovo Inizio" di Obama per il Medio Oriente, proposito annunciato un anno fa dal presidente Usa, passa per il negoziato sulla questione palestinese, ovviamente nell'accezione "due popoli, due stati", non certo per affermare il diritto all'autodeterminazione nazionale del popolo palestinese a partire dalla terra su cui edificare il nuovo stato palestinese, occupata da Israele dal '48.
Un ennesimo negoziato per pacificare il Medio Oriente a beneficio degli interessi imperialisti Usa di cui Israele è l'avamposto e per legittimare lo stesso stato terrorista israeliano.
Una "pace" a cui sono interessati anche Europa e Russia per rafforzare la loro presenza e i loro legami geopolitici nell'area mediorientale.
Un negoziato che è previsto che duri un anno, sufficiente per portare consenso alla campagna elettorale di medio termine di Obama ma non per le masse palestinesi, la cui condizione non è cambiata sotto la continua occupazione israeliana e, pertanto, non si sono fatte illusioni su Obama.
Una trattativa che si apre "senza precondizioni", cioè senza mettere in discussione l'occupazione israeliana e i suoi crimini che giustifica con il presunto diritto all'autodifesa, senza eliminare l'embargo a Gaza e senza il blocco delle colonie israeliane. Con queste premesse, che poi sono le richieste di Netanyahu, il nuovo processo di pace seguirà la stessa sorte di tutti i negoziati, da Camp David ad oggi, perchè l'obiettivo di creare 2 stati in terra di Palestina si traduce nella spartizione della Palestina, con i palestinesi nel mirino quotidiano dell'esercito israeliano.
A nome di chi tratta Abu Mazen?
Abu Mazen ha ricevuto il mandato da una riunione del Comitato esecutivo dell’Olp che diversi componenti del Comitato esecutivo e varie forze politiche dell’opposizione nell’Olp hanno definito "ai limiti della legalità" per l'assenza di alcuni dirigenti contrari o in esilio. Comunque sia, Abu Mazen aveva già preparato il terreno per portare l'ANP a sedersi al tavolo delle trattative con una repressione massiccia dei militanti dell'opposizione di Hamas e del FPLP nei mesi precedenti e portata avanti ancora oggi (in risposta all'azione armata contro i coloni a Hebron dell'altro giorno, 300 attivisti e un deputato di Hamas sono stati arrestati in Cisgiordania dalla polizia di Abu Mazen) e dimostrare nei fatti di essere un interlocutore accettabile per Usa ed Israele. Non ha poi insistito molto sulla questione del congelamento della costruzione degli insediamenti israeliani a Gerusalemme e in Cisgiordania, perchè questa è stata la posizione dei regimi corrotti della Lega Araba per la ripresa del negoziato.
Insomma tutti i protagonisti della trattativa hanno già stabilito che la "rappresentanza" palestinese avrà solo il ruolo di comparsa. Gli imperialisti che esportano la "democrazia" contro gli oppressi che chiamano "terroristi" solo perchè non si piegano, i nazisionisti israeliani della "soluzione finale" contro i palestinesi che chiamano diritto all'autodifesa, hanno imposto un negoziato e hanno deciso loro con chi trattare. Poco importa se il loro interlocutore continua a rinviare le elezioni in Cisgiordania e si autonomina rappresentante senza alcun mandato mentre Hamas, contrario al negoziato, governa a Gaza perchè democraticamente eletto.
Dal sito Nena News riportiamo che "Hamas ha bocciato totalmente la ripresa dei negoziati diretti tra palestinesi e israeliani, definendola "un nuovo tentativo di ingannare il nostro popolo". Un portavoce del movimento islamico, Sami Abu Zughri, ha definito l’invito rivolto ieri a Netanyahu e Abu Mazen da Hillary Clinton, "inutile e destinato a riportarci a zero senza ottenere nessun risultato". La proposta americana, ha aggiunto Abu Zughri, "ha ignorato la richiesta palestinese di fermare gli insediamenti ebraici", mentre al contrario "questi colloqui legittimeranno le colonie (nei Territori occupati) approvando la loro continuazione".
Per il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina "la decisione di andare alla trattativa indiretta con Israele è un passo indietro rispetto agli impegni presi nei confronti del popolo palestinese e una aperta violazione del consenso nazionale", ha sostenuto Kayed al Ghoul, uno dei dirigenti del Fplp nella Striscia di Gaza, ripreso dell’agenzia di stampa palestinese Maan.
"Andare al negoziato indiretto – aggiunge al Ghoul – fa soltanto gli interessi di Israele e libera gli Stati Uniti e il Quartetto per il Medio Oriente dai loro impegni verso i palestinesi".
Per la deputata del Fronte Popolare Khalida Jarrar, il presidente dell’Anp Abu Mazen «non ha imparato dagli errori del passato». Ma protesta anche Marwan Barghuti, il leader piu' popolare di Fatah, in carcere in Israele dal 2002: "I negoziati sono destinati al fallimento", ha detto in un’intervista al giornale arabo ‘al-Hayat’. “In linea di principio non sono contrario alle trattative (con Israele) – ha spiegato Barghuti – ma i palestinesi in questo caso le hanno accettate solo in seguito a pressioni esterne”. In particolare, ha aggiunto, "Abu Mazen ha ripreso i colloqui per le pressioni dei paesi arabi, non perché sia convinto della concretezza dell’iniziativa". "Queste trattative falliranno, così come è avvenuto in passato, perche’ Israele non ha intenzione di arrivare alla pace e non rispetterà gli impegni", ha concluso il leader di Fatah.
Come hanno sempre fatto, anche stavolta le masse palestinesi si rivolteranno contro l'ennesima farsa dei negoziati di "pace" e, nella resistenza, e solo in essa, affermeranno la loro libertà e dignità, il loro diritto di decidere su sè stessi. Una premessa necessaria per cominciare a formare una nuova direzione, rafforzata dall'esperienza dell'Intifada e da nuovo internazionalismo applicato alla situazione concreta della Palestina, che indichi alle masse palestinesi ed arabe il "Nuovo Inizio" della via delle guerre popolari sotto la guida del maoismo. La vera alternativa a revisionismo e islamismo che non sono la risposta alla soluzione della questione palestinese perchè queste forze non sono state in grado fino ad oggi di rappresentare fino in fondo il diritto all'autodeterminazione nazionale del popolo palestinese che non può che realizzarsi che con la distruzione dello Stato d'Israele. Non possono farlo perchè la loro strategia non è autonoma nè dall'imperialismo (ieri dal socialimperialismo, come il FPLP) nè dall'Iran.
prolcomra
02/09/2010
pc quotidiano 2 settembre - sosteniamo la lotta alla fiat sata
Alla fiat sata la lotta continua, la lotta è difficile, la strada non tracciata, azienda e sindacati collaborazionisti operano in tandem e cercano di seminare divisione,sfiducia, arretratezza
l'avanguardia operaia fiom e altri non hanno ancora chiara veramente la partita in gioco e i mezzi da mettere in campo per vincerla
serve il contributo di tutti di idee, proposte e militanza diretta
invitiamo a metterle in campo senza settarismi, sigle e pregiudizi
a Melfi si deve vincere
il 6 ottobre in occasione del processo delegazioni operaie e militanti si ritrovino e facciamo insieme una assemblee per dare un contributo collettivo reale
proletari comunisti
2 settembre 2010
volantino fiom
DIRITTI e ASSEMBLEE
Il giorno 31 Agosto 2010 sono state NEGATE le ASSEMBLEE retribuite ai
lavoratori e alle lavoratrici della FIAT SATA di Melfi, perché una parte della RSU
con una comunicazione indirizzata alla Direzione FIAT SATA ha NEGATO le
assemblee chiedendo invece la convocazione della RSU per il giorno 2 Settembre
2010.
Le assemblee retribuite con TUTTI i lavoratori, previste dalle norme del CCNL
e dall’art. 20 della Legge 300/70 (Statuto dei Diritti dei lavoratori) non possono
essere SOSTITUITE da riunioni della RSU.
La delegazione FIOM CGIL a questo punto parteciperà alla riunione della RSU
il giorno 2 Settembre 2010 al fine di ottenere la CONVOCAZIONE delle
ASSEMBLEE con TUTTI i lavoratori per discutere delle questioni che interessano i
lavoratori della FIAT in particolare:
1- il REINTEGRO dei 3 lavoratori Licenziati.
2- gli effetti del Piano Industriale FIAT sulle condizioni dei
lavoratori.
1- il REINTEGRO dei 3 lavoratori interessa TUTTI i lavoratori sul piano del
rispetto dei DIRITTI e della legge.
2- Nel Piano Industriale che la FIAT ha presentato a Pomigliano di fatto ha
richiesto di CANCELLARE TUTTE le regole contrattuali vigenti per avere
sull’organizzazione del lavoro e del salario:
Ripristino dei 18 Turni, 120 ore di straordinario obbligatorio anche
durante la Pausa mensa, aumento dei ritmi di lavoro, diminuzione
delle pause, recuperi produttivi, cancellazione del pagamento della
malattia, DEROGHE contrattuali con la DISDETTA del CCNL del
2008 senza Referendum, SALARIO variabile, etc.
Su tutte queste questioni che riguardano i diritti individuali e collettivi dei
lavoratori è necessario che il Sindacato prima di FIRMARE qualsiasi accordo
ASSUMA il MANDATO dei lavoratori e delle lavoratrici interessate e per
farlo non si può che partire con le ASSEMBLEE e dal REFERENDUM a
scrutinio segreto con tutti i lavoratori.
Potenza 1 settembre 2010 FIOM CGIL
cronaca da 'operaicontro'
Giovanni Barrozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli non entrano ancora in
fabbrica.
I delegati RSU della Fiom allora tentano di fare l'assemblea per il giorno 31 Agosto
e firmano una richiesta avente oggetto di discussione: mancato riconoscimento del
premio di produzione; piano industriale e carichi di lavoro.
La richiesta viene sottoposta anche ai delegati di Uilm, Fim, Fismic e Ugl che non
firmano.
C'è la Uilm che insiste di fare prima una riunione di tutta la RSU e poi qualcuno dei
delegati dice che da Roma non vogliono.
Nessuno vieta di potere indire la riunione RSU.
Sicuramente chi non si presenterebbe si prenderebbe le proprie responsabilità.
I delegati RSU di Uilm, Fim, Fismic e Ugl parteciperebbero e qualcosa potrebbero
autonomamente decidere. Ma non lo si fa. Molti operai pensano allora sia un
pretesto.
La richiesta di assemblea viene presentata alla Fiat che in primo momento pone il
problema della mancanza del numero sufficiente dei firmatari: cioè le firme non sono
pari alla maggioranza della RSU. A Melfi funziona così, le assemblee si concedono a
colpi di maggioranza.
In seguito la Fiat per evitare probabilmente problemi legali chiama i delegati
firmatari della richiesta di assemblea e comunica loro che l'assemblea sarà
concessa.
Si parlerà, è ovvio anche della questione dei delegati licenziati, lo sanno tutti,
compreso i delegati RSU che non hanno firmato e la stessa Fiat.
Molti non capiscono perché l'assemblea sia stata concessa dalla Fiat senza l'avallo
di Uilm, Fim, Fismic e Ugl.
Non ci vuole molto per capirlo. I delegati che si sono rifiutati di fare l'assemblea
stanno firmando un documento che servirà a non fare svolgere l'assemblea. Il
documento viene presentato alla Fiat e l'assemblea salta.
La Fiom ha già annunciato che il segretario nazionale Landini sarà presente a Melfi.
Si opta per lo sciopero in concomitanza con le ore previste di assemblea.
Scatta lo sciopero sul turno A dalle ore 12.00 alle ore 13.30 del 31 agosto.
E lo stesso turno dei delegati RSU licenziati. E' un fiasco totale. I lavoratori non
escono fuori dalla fabbrica.
Lo sciopero annunciato sul turno B dalle 14.00 alle 15.30 viene ritirato perché i
lavoratori che si fermano ai cancelli a inizio turno sono pochi e lo sciopero non
avrebbe senso farlo.
Si dice che si tenterà di fare qualcosa durante la giornata. Non succede nulla.
Forse se Giovanni Barrozzino e Antonio Lamorte avessero accettato di rientrare in
fabbrica nella saletta sindacale per poi arrivare nei reparti, la questione sarebbe
andata diversamente.
Certamente, i delegati RSU di Uilm, Fim, Fismic e Ugl avrebbero avuto più difficoltà
a prestarsi ai giochetti della Fiat sulla pelle dei licenziati e i lavoratori
sarebbero stati più coscienziosi.
Lo stesso gruppo dirigente nazionale e regionale della Fiom esce malconcio dalla
giornata di ieri. Si è mostrato incapace di reggere lo scontro con la Fiat. Prima ha
creduto nella promessa Fiat di autorizzazione dell’assemblea, poi, con molta poca
convinzione, praticamente costretta dagli stessi giochetti aziendali, è stata
trascinata sul terreno della prova di forza, prova di forza che dopo dieci giorni di
immobilismo in fabbrica e di piagnistei e lettere al presidente, è immancabilmente
fallita.
A questo punto anche fra i delegati della Fiom le opinioni sono diverse.
C'è chi vuole utilizzare in via prioritaria gli effetti mediatici che il caso dei
licenziamenti ha sollevato, c'è chi dice che vorrebbe ripartire dalla fabbrica e c'è
anche chi non si strappa le vesti sulla questione dei licenziamenti.
Se i delegati RSU licenziati non incominciano ad entrare dapprima nella saletta
sindacale per poi arrivare nei reparti, gli operai ad essere meno ambigui, con i
giochetti della Fiat e di Uilm, Fim, Fismic e Ugl, con la pletora dei delegati RSU
che non lavorano mai e che sono pronti a tutto per continuare a farlo, si rischia di
continuare a fare il gioco della Fiat.
l'avanguardia operaia fiom e altri non hanno ancora chiara veramente la partita in gioco e i mezzi da mettere in campo per vincerla
serve il contributo di tutti di idee, proposte e militanza diretta
invitiamo a metterle in campo senza settarismi, sigle e pregiudizi
a Melfi si deve vincere
il 6 ottobre in occasione del processo delegazioni operaie e militanti si ritrovino e facciamo insieme una assemblee per dare un contributo collettivo reale
proletari comunisti
2 settembre 2010
volantino fiom
DIRITTI e ASSEMBLEE
Il giorno 31 Agosto 2010 sono state NEGATE le ASSEMBLEE retribuite ai
lavoratori e alle lavoratrici della FIAT SATA di Melfi, perché una parte della RSU
con una comunicazione indirizzata alla Direzione FIAT SATA ha NEGATO le
assemblee chiedendo invece la convocazione della RSU per il giorno 2 Settembre
2010.
Le assemblee retribuite con TUTTI i lavoratori, previste dalle norme del CCNL
e dall’art. 20 della Legge 300/70 (Statuto dei Diritti dei lavoratori) non possono
essere SOSTITUITE da riunioni della RSU.
La delegazione FIOM CGIL a questo punto parteciperà alla riunione della RSU
il giorno 2 Settembre 2010 al fine di ottenere la CONVOCAZIONE delle
ASSEMBLEE con TUTTI i lavoratori per discutere delle questioni che interessano i
lavoratori della FIAT in particolare:
1- il REINTEGRO dei 3 lavoratori Licenziati.
2- gli effetti del Piano Industriale FIAT sulle condizioni dei
lavoratori.
1- il REINTEGRO dei 3 lavoratori interessa TUTTI i lavoratori sul piano del
rispetto dei DIRITTI e della legge.
2- Nel Piano Industriale che la FIAT ha presentato a Pomigliano di fatto ha
richiesto di CANCELLARE TUTTE le regole contrattuali vigenti per avere
sull’organizzazione del lavoro e del salario:
Ripristino dei 18 Turni, 120 ore di straordinario obbligatorio anche
durante la Pausa mensa, aumento dei ritmi di lavoro, diminuzione
delle pause, recuperi produttivi, cancellazione del pagamento della
malattia, DEROGHE contrattuali con la DISDETTA del CCNL del
2008 senza Referendum, SALARIO variabile, etc.
Su tutte queste questioni che riguardano i diritti individuali e collettivi dei
lavoratori è necessario che il Sindacato prima di FIRMARE qualsiasi accordo
ASSUMA il MANDATO dei lavoratori e delle lavoratrici interessate e per
farlo non si può che partire con le ASSEMBLEE e dal REFERENDUM a
scrutinio segreto con tutti i lavoratori.
Potenza 1 settembre 2010 FIOM CGIL
cronaca da 'operaicontro'
Giovanni Barrozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli non entrano ancora in
fabbrica.
I delegati RSU della Fiom allora tentano di fare l'assemblea per il giorno 31 Agosto
e firmano una richiesta avente oggetto di discussione: mancato riconoscimento del
premio di produzione; piano industriale e carichi di lavoro.
La richiesta viene sottoposta anche ai delegati di Uilm, Fim, Fismic e Ugl che non
firmano.
C'è la Uilm che insiste di fare prima una riunione di tutta la RSU e poi qualcuno dei
delegati dice che da Roma non vogliono.
Nessuno vieta di potere indire la riunione RSU.
Sicuramente chi non si presenterebbe si prenderebbe le proprie responsabilità.
I delegati RSU di Uilm, Fim, Fismic e Ugl parteciperebbero e qualcosa potrebbero
autonomamente decidere. Ma non lo si fa. Molti operai pensano allora sia un
pretesto.
La richiesta di assemblea viene presentata alla Fiat che in primo momento pone il
problema della mancanza del numero sufficiente dei firmatari: cioè le firme non sono
pari alla maggioranza della RSU. A Melfi funziona così, le assemblee si concedono a
colpi di maggioranza.
In seguito la Fiat per evitare probabilmente problemi legali chiama i delegati
firmatari della richiesta di assemblea e comunica loro che l'assemblea sarà
concessa.
Si parlerà, è ovvio anche della questione dei delegati licenziati, lo sanno tutti,
compreso i delegati RSU che non hanno firmato e la stessa Fiat.
Molti non capiscono perché l'assemblea sia stata concessa dalla Fiat senza l'avallo
di Uilm, Fim, Fismic e Ugl.
Non ci vuole molto per capirlo. I delegati che si sono rifiutati di fare l'assemblea
stanno firmando un documento che servirà a non fare svolgere l'assemblea. Il
documento viene presentato alla Fiat e l'assemblea salta.
La Fiom ha già annunciato che il segretario nazionale Landini sarà presente a Melfi.
Si opta per lo sciopero in concomitanza con le ore previste di assemblea.
Scatta lo sciopero sul turno A dalle ore 12.00 alle ore 13.30 del 31 agosto.
E lo stesso turno dei delegati RSU licenziati. E' un fiasco totale. I lavoratori non
escono fuori dalla fabbrica.
Lo sciopero annunciato sul turno B dalle 14.00 alle 15.30 viene ritirato perché i
lavoratori che si fermano ai cancelli a inizio turno sono pochi e lo sciopero non
avrebbe senso farlo.
Si dice che si tenterà di fare qualcosa durante la giornata. Non succede nulla.
Forse se Giovanni Barrozzino e Antonio Lamorte avessero accettato di rientrare in
fabbrica nella saletta sindacale per poi arrivare nei reparti, la questione sarebbe
andata diversamente.
Certamente, i delegati RSU di Uilm, Fim, Fismic e Ugl avrebbero avuto più difficoltà
a prestarsi ai giochetti della Fiat sulla pelle dei licenziati e i lavoratori
sarebbero stati più coscienziosi.
Lo stesso gruppo dirigente nazionale e regionale della Fiom esce malconcio dalla
giornata di ieri. Si è mostrato incapace di reggere lo scontro con la Fiat. Prima ha
creduto nella promessa Fiat di autorizzazione dell’assemblea, poi, con molta poca
convinzione, praticamente costretta dagli stessi giochetti aziendali, è stata
trascinata sul terreno della prova di forza, prova di forza che dopo dieci giorni di
immobilismo in fabbrica e di piagnistei e lettere al presidente, è immancabilmente
fallita.
A questo punto anche fra i delegati della Fiom le opinioni sono diverse.
C'è chi vuole utilizzare in via prioritaria gli effetti mediatici che il caso dei
licenziamenti ha sollevato, c'è chi dice che vorrebbe ripartire dalla fabbrica e c'è
anche chi non si strappa le vesti sulla questione dei licenziamenti.
Se i delegati RSU licenziati non incominciano ad entrare dapprima nella saletta
sindacale per poi arrivare nei reparti, gli operai ad essere meno ambigui, con i
giochetti della Fiat e di Uilm, Fim, Fismic e Ugl, con la pletora dei delegati RSU
che non lavorano mai e che sono pronti a tutto per continuare a farlo, si rischia di
continuare a fare il gioco della Fiat.
pc quotidiano 2 settembre - costruire ovunque circoli operai di proletari comunisti
a Mira
sta nascendo un Circolo Operaio di Proletari Comunisti.
Avvieremo delle riunioni di studio
del Manifesto del partito comunista di Marx,
del Che fare ? e di Stato e rivoluzione di Lenin,
degli Scritti filosofici di Mao Tse-Tung.
i compagni di mira-marghera-venezia
sta nascendo un Circolo Operaio di Proletari Comunisti.
Avvieremo delle riunioni di studio
del Manifesto del partito comunista di Marx,
del Che fare ? e di Stato e rivoluzione di Lenin,
degli Scritti filosofici di Mao Tse-Tung.
i compagni di mira-marghera-venezia
pc quotidiano 2 settembre - bergamo: nazi-leghisti in azione
Non va per il sottile il presidente della Provincia Ettore Pirovano, in chiusura della Bèrghem Fest di Alzano, per dire la sua sulla questione degli immigrati irregolari. «Vedo troppi straccioni per le strade che chiedono la carità – ha detto rivolgendosi ai militanti – gente che sicuramente in tasca non ha il permesso di soggiorno, da caricarli sui pullman e, poi, sui charter». Quindi ha concluso invitando i sindaci della Lega ad «utilizzare le leggi, che ormai ci sono, che li mettono in grado di tutelare i propri cittadini».
Noi pensiamo che questa politica xenofoba e razzista che la lega nord propaganda a piene mani serve solo a gettare fumo negli occhi sulle reali condizioni di progressivo impoverimento che la maggioranza della popolazione, e in particolare i lavoratori, che a bergamo e nel resto del paese sono costretti a subire a causa di una crisi generata dalla fame di profitto di padroni e padroncini.
Basta vedere alcuni dati dal 2002 al 2009 in provincia l'indebitamento delle famiglie è cresciuto del 106, 6%, con una media di debiti per ogni famiglia di 20 mila euro, che il 61% dei richiedenti aiuto alla caritas è italiano, con un aumento del 66% rispetto all'anno precedente, che nella ex ricca valle seriana si parla di nuovi poveri, di cui molti italiani, gente che si apposta la sera fuori dai supermercati per togliere il cibo dai cassonetti , prodotti scaduti o frutta sciupata, per prepararsi la cena, che ci sono lavoratori disperati per le strade con tanto di cartello in cerca di un lavoro disperatamente o altri che si sono tolti la vita dandosi fuoco, che la disoccupazione sale in particolare tra i giovani dal 8,5% al 11,6% a cui si aggiunge una situazione già da tempo di senza futuro, con unico punto di aggregazione i centri commerciali o la fuga nell'eroina.
Ma chi semina odio e divisione non potrà che raccogliere tempesta e giusta ribellione contro un sistema capitalista violento che garantisce la sicurezza di vivere solo ad una piccola minoranza e relega la maggioranza alla sopravvivenza e al degrado sociale, pensando di salvarsi l'anima con la repressione e la caccia agli immigrati.
Come compagni e operai non possiamo lasciare che l'unica presa di posizione, seppur dignitosa dal suo punto di vista, arrivi da un prete di strada che aiuta i poveri tutti i giorni alla stazione di bergamo portando cibo e vestiti e che giustamente parla di parole gravi ed irresponsabili verso l'uomo e la società e dice che non basta più l'indignazione, secondo noi infatti occore l'azione e l'organizzazione delle risposte collettive per unire i proletari immigrati e non, a partire da casi importanti ed emblematici , che la giunta fascio-leghista e il sindaco di bergamo hanno già individuato come punti in cui ristabilire "ordine e sicurezza" per la borghesia cittadina, con polizia e ordinaze varie e con tanto di campagna mediatica come: via Quarenghi o la zona del mercato della Malpensata, per non parlare della situazione del quartiere di Zingonia ancora oggi sotto il ricatto dell'acqua e con la prospettiva di abbattere i palazzi "degradati" per lasciar posto a nuove infrastrutture a favore di speculatori e costruttori (come il neo predidente dell'atalanta Percassi).
Anche in questo ultimo caso ricordiamo le parole "d'avanguardia" del presidente della provincia ettore Pirovano: "i ghetti come Zingonia si abbattono", a cui seguirono le prese di posizione del partito democratico invitando ad esportare anche in altre aree critiche della città questo stesso modello di intervento.
Noi pensiamo che questa politica xenofoba e razzista che la lega nord propaganda a piene mani serve solo a gettare fumo negli occhi sulle reali condizioni di progressivo impoverimento che la maggioranza della popolazione, e in particolare i lavoratori, che a bergamo e nel resto del paese sono costretti a subire a causa di una crisi generata dalla fame di profitto di padroni e padroncini.
Basta vedere alcuni dati dal 2002 al 2009 in provincia l'indebitamento delle famiglie è cresciuto del 106, 6%, con una media di debiti per ogni famiglia di 20 mila euro, che il 61% dei richiedenti aiuto alla caritas è italiano, con un aumento del 66% rispetto all'anno precedente, che nella ex ricca valle seriana si parla di nuovi poveri, di cui molti italiani, gente che si apposta la sera fuori dai supermercati per togliere il cibo dai cassonetti , prodotti scaduti o frutta sciupata, per prepararsi la cena, che ci sono lavoratori disperati per le strade con tanto di cartello in cerca di un lavoro disperatamente o altri che si sono tolti la vita dandosi fuoco, che la disoccupazione sale in particolare tra i giovani dal 8,5% al 11,6% a cui si aggiunge una situazione già da tempo di senza futuro, con unico punto di aggregazione i centri commerciali o la fuga nell'eroina.
Ma chi semina odio e divisione non potrà che raccogliere tempesta e giusta ribellione contro un sistema capitalista violento che garantisce la sicurezza di vivere solo ad una piccola minoranza e relega la maggioranza alla sopravvivenza e al degrado sociale, pensando di salvarsi l'anima con la repressione e la caccia agli immigrati.
Come compagni e operai non possiamo lasciare che l'unica presa di posizione, seppur dignitosa dal suo punto di vista, arrivi da un prete di strada che aiuta i poveri tutti i giorni alla stazione di bergamo portando cibo e vestiti e che giustamente parla di parole gravi ed irresponsabili verso l'uomo e la società e dice che non basta più l'indignazione, secondo noi infatti occore l'azione e l'organizzazione delle risposte collettive per unire i proletari immigrati e non, a partire da casi importanti ed emblematici , che la giunta fascio-leghista e il sindaco di bergamo hanno già individuato come punti in cui ristabilire "ordine e sicurezza" per la borghesia cittadina, con polizia e ordinaze varie e con tanto di campagna mediatica come: via Quarenghi o la zona del mercato della Malpensata, per non parlare della situazione del quartiere di Zingonia ancora oggi sotto il ricatto dell'acqua e con la prospettiva di abbattere i palazzi "degradati" per lasciar posto a nuove infrastrutture a favore di speculatori e costruttori (come il neo predidente dell'atalanta Percassi).
Anche in questo ultimo caso ricordiamo le parole "d'avanguardia" del presidente della provincia ettore Pirovano: "i ghetti come Zingonia si abbattono", a cui seguirono le prese di posizione del partito democratico invitando ad esportare anche in altre aree critiche della città questo stesso modello di intervento.
mercoledì 1 settembre 2010
pc quotidiano 1° settembre - MARCHIONNE A CL PROCLAMA LA GUERRA DI CLASSE.
L'intervento fatto da Marchionne al meeting di Comunione e Liberazione è stato arrogante, e si è proposto come la nuova linea generale che deve essere assunta da chi vuole il bene dell'Italia; ma proprio per questo ha avuto il merito di aver reso ancora più esplicito, senza più mascherature, la volontà della classe capitalista non solo di vincere la crisi, ma di imporre oggi apertamente la sua concezione del mondo, i suoi piani, le sue strategie, i suoi “valori”, a cui si devono assoggettare tutte le persone, accettando quelle concezioni anche come idee universali, quei piani come fatti, realtà da non mettere in discussione.
L'intervento di Marchionne è stato oggettivamente un intervento di stampo fascista, che esalta l'uomo come individuo e chiama i giovani a farsi individualmente responsabili dell'impresa indicata.
In questo senso deve fare appello a cancellare la lotta di classe; in questo senso deve proporre a livello pratico, politico ma anche ideologico un neo corporativismo in cui padroni e operai sarebbero uniti, avrebbero gli stessi interessi, gli stessi fini; per imporre la dittatura del capitale, i materialissimi interessi della classe capitalista sugli interessi degli operai e della maggioranza della popolazione.
Questo Marchionne lo ha fatto attraverso alcuni passaggi:
- Farsi paladino dei “grandi temi su cui la nostra società – qualunque società che voglia definirsi giusta – ha il dovere di interrogarsi”, delle “questioni più spinose con le quali l'umanità si deve confrontare”: il senso della globalizzazione, la violenza della povertà, il contrasto tra ricchezza mondiale e le condizioni della gran parte della società, ecc.
Tenendo conto che questo Marchionne lo dice nel momento in cui lui con il piano “Fabbrica Italia” sta condannando centinaia di operai, di famiglie a non avere un futuro, in cui uno dei massimi rappresentanti del governo, Tremonti, afferma senza più riserve che la salute, la vita dei lavoratori sui posti di lavoro vale meno del profitto dei capitalisti, questo farsi paladino significa solo cercare di sussumere le esigenze dell'umanità per espropriarne i lavoratori e le masse, effettivi e unici protagonisti di un radicale cambiamento sociale, e tentare di mostrare la classe capitalista, che con il suo sistema di sfruttamento e di appropriazione di tutta la ricchezza sociale prodotta a livello mondiale è la vera causa dei problemi indicati, come risolutrice della vita di milioni di uomini.
- Stravolgere la realtà a proprio uso, da un lato affermando che la crisi è frutto del “funzionamento dei mercati”, visti come una sorta di potenza a sé, in cui agiscono “fattori fuori dal controllo e dalla responsabilità individuale”; e che quindi il capitale - il cui sistema di produzione finalizzato al profitto è in realtà l'unico responsabile della sovrapproduzione, dei terremoti dei mercati - non ha responsabilità per la crisi.
Dall'altro, affermando che il peggioramento delle condizioni di lavoro non è causato dall'azione del padronato, del governo, ma è piuttosto conseguenza di quelle forze che rispondono con debolezza, con “vecchi schemi”, e che soprattutto non apprezzano gli sforzi della Fiat; la Fiat guarda ai nuovi orizzonti, a “qualcosa che sia solido e duraturo, da cui partire per immaginare il futuro”, vuole garantire a “tutti i nostri lavoratori un futuro più sicuro”; chi è contro la Fiat invece “vuole proteggere il passato”, rifiuta il futuro. E' un nemico!
E' un atteggiamento e anche un linguaggio da combattente: la Fiat, dice Marchionne, vuole risollevare l'Italia, noi vogliamo “trasformare l'Italia in una base strategica per la produzione e la esportazione di vetture”, noi vogliamo “compiere questo sforzo in Italia (anche!) rinunciando ai vantaggi sicuri che altri paesi potrebbero offrire”, e invece non siamo apprezzati.
Quindi, chi ostacola questo sforzo è contro l'Italia. In primis chiaramente gli operai “arrivati anche al sabotaggio”, i nuovi ed effettivi “terroristi” che non devono essere tollerati e difesi.
Chi si illude e cerca di portare avanti delle “buone e ragionevoli ragioni” per indicare l'assurda persecuzione della Fiat contro i 3 operai licenziati di Melfi – in particolare la Fiom - non ha ancora compreso o non vuole comprendere che la partita in gioco per Marchionne è molto alta: si tratta di vincere una guerra, di imporre con le buone e soprattutto con le cattive il moderno fascismo padronale.
- Per questo, Marchionne a Rimini ha espresso e fatto appello senza mezzi termini alla vera battaglia da fare: “non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra capitale e lavoro, tra padroni e operai”. E chiama a questa battaglia “l'Italia”, tutta, perchè abbandoni “questo modello di pensiero” e assuma “un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale, per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti”. E' un proclama da guerra, sia pure ancora non con le armi (benchè ci penserà lo Stato di polizia ad usarle contro le lotte dei lavoratori); a Marchionne il 26 agosto mancava solo il balcone di P.zza Venezia.
Ma così Marchionne, e poi a seguire Marcegaglia e poi Tremonti, e in altri momenti Sacconi, hanno pubblicamente annunciato di voler portare avanti e stravincere la “guerra di classe”; hanno indicato apertamente negli operai, nelle lotte il vero ostacolo ai loro piani di sfruttamento, attacco al lavoro, attacco ai salari, ai piani di cancellazione delle pochissime norme democratiche (“non siamo più negli anni '70”), al progetto di stravolgimento, anche di pensiero, del “modello Italia”; la crisi li costringe a dichiararsi senza infingimenti.
Ma così dichiarano anche che la lotta degli operai, dei lavoratori è effettivamente un nemico da temere! Questo sbandieramento di forza, nasconde in realtà una preoccupazione, una debolezza strategica! Bene!
- Ma è anche una battaglia ideologica, di “valori”, quella che ha impugnato Marchionne.
Primo: La Fiat è bene. La Fiat è disinteressata: potevamo andarcene in Polonia, ma siamo rimasti in Italia e “facciamo tutto questo perchè crediamo nel futuro italiano”, e quindi, intorno alla Fiat devono stringersi tutti: ”Sono fortemente convinto che abbiamo la possibilità di costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo. Fabbrica Italia è un grande progetto, perchè nasce da nobili intenzioni. Per questo abbiamo il dovere di proteggerlo”. Chi non appoggia questi valori fa prevalere l''indifferenza sulla responsabilità, la noia sull'impegno, le mode del momento sulla coscienza'.
In realtà Marchionne più parla, più appare il mostruoso rappresentante del capitale che con la bocca cita i “valori” e con le mani conta i soldi.
La Fiat resta in Italia perchè qui è la sua forza industriale e di mercato, senza la base Italia non avrebbe alcun credito.
Dietro gli alti appelli, vi è il pesante diktat verso tutti, anche governo, settori industriali, sindacati (verso una parte dei quali, però, Cisl e Uil – unici citati insieme ai loro segretari esplicitamente da Marchionne – vi è invece pubblica gratitudine), perchè “abbraccino questa sfida”, tradotto: perchè difendano i profitti della Fiat.
Secondo. Chi è maggioranza e chi è minoranza; quali diritti vanno difesi. La maggioranza è chi sta con la Fiat, la minoranza è chi si oppone alla Fiat.
Certo anche questa “maggioranza” di cui parla Marchionne si costruisce col ricatto, con la dittatura, con l'azione dei servi, in primis Cisl e Uil, ma anche partiti, istituzioni, parroci e famiglie, e aristocrazia dei lavoratori, ma essa deve decidere e ha diritto. Il diritto è misurato sul diritto del profitto padronale.
La questione sta, invece, esattamente all'inverso. Se è “maggioranza” chi si batte per gli interessi della maggioranza degli operai, allora quel 48% di voti operai al referendum di Pomigliano, quegli operai e operaie che si sono battuti non per sé ma per la difesa del lavoro, delle condizioni di lavoro e di vita, della dignità di tutti, rappresentano in realtà almeno l'80-90%; se è “minoranza” chi votando Sì ha pensato solo a salvare il proprio posto di lavoro contro i compagni di lavoro che potevano essere licenziati, ha pensato a sé e non al futuro della maggioranza dei lavoratori di Pomigliano, di Melfi e delle altre fabbriche, allora quella “minoranza” rappresenta molto, ma molto meno del risultato di voti ottenuti.
Così, 3 operai che si battono per tutta la fabbrica, sono tutta la fabbrica! Nessun Marchionne può dire il contrario, e lo hanno dimostrato gli operai della Sata scendendo in sciopero e stringendosi intorno ai loro 3 compagni di lavoro!
Marchionne ha confermato il detto del vecchio Marx, che la classe dominante, per i suoi interessi, di un estrema minoranza, deve affermare il proprio interesse come interesse generale.
Ma quando la classe dominante è costretta a dirlo esplicitamente, senza veli, quando utilizza ogni luogo, meglio ancora una platea di giovani già selezionati di Comunione e Liberazione, per imporre come valore generale questa guerra della minoranza, allora vuol dire che la “vera sfida” di cui ha parlato nel finale del suo intervento Marchionne è quella della lotta aperta e generale contro il fascismo padronale che la classe operaia della Fiat e di tutte le fabbriche deve intraprendere.
L'intervento di Marchionne è stato oggettivamente un intervento di stampo fascista, che esalta l'uomo come individuo e chiama i giovani a farsi individualmente responsabili dell'impresa indicata.
In questo senso deve fare appello a cancellare la lotta di classe; in questo senso deve proporre a livello pratico, politico ma anche ideologico un neo corporativismo in cui padroni e operai sarebbero uniti, avrebbero gli stessi interessi, gli stessi fini; per imporre la dittatura del capitale, i materialissimi interessi della classe capitalista sugli interessi degli operai e della maggioranza della popolazione.
Questo Marchionne lo ha fatto attraverso alcuni passaggi:
- Farsi paladino dei “grandi temi su cui la nostra società – qualunque società che voglia definirsi giusta – ha il dovere di interrogarsi”, delle “questioni più spinose con le quali l'umanità si deve confrontare”: il senso della globalizzazione, la violenza della povertà, il contrasto tra ricchezza mondiale e le condizioni della gran parte della società, ecc.
Tenendo conto che questo Marchionne lo dice nel momento in cui lui con il piano “Fabbrica Italia” sta condannando centinaia di operai, di famiglie a non avere un futuro, in cui uno dei massimi rappresentanti del governo, Tremonti, afferma senza più riserve che la salute, la vita dei lavoratori sui posti di lavoro vale meno del profitto dei capitalisti, questo farsi paladino significa solo cercare di sussumere le esigenze dell'umanità per espropriarne i lavoratori e le masse, effettivi e unici protagonisti di un radicale cambiamento sociale, e tentare di mostrare la classe capitalista, che con il suo sistema di sfruttamento e di appropriazione di tutta la ricchezza sociale prodotta a livello mondiale è la vera causa dei problemi indicati, come risolutrice della vita di milioni di uomini.
- Stravolgere la realtà a proprio uso, da un lato affermando che la crisi è frutto del “funzionamento dei mercati”, visti come una sorta di potenza a sé, in cui agiscono “fattori fuori dal controllo e dalla responsabilità individuale”; e che quindi il capitale - il cui sistema di produzione finalizzato al profitto è in realtà l'unico responsabile della sovrapproduzione, dei terremoti dei mercati - non ha responsabilità per la crisi.
Dall'altro, affermando che il peggioramento delle condizioni di lavoro non è causato dall'azione del padronato, del governo, ma è piuttosto conseguenza di quelle forze che rispondono con debolezza, con “vecchi schemi”, e che soprattutto non apprezzano gli sforzi della Fiat; la Fiat guarda ai nuovi orizzonti, a “qualcosa che sia solido e duraturo, da cui partire per immaginare il futuro”, vuole garantire a “tutti i nostri lavoratori un futuro più sicuro”; chi è contro la Fiat invece “vuole proteggere il passato”, rifiuta il futuro. E' un nemico!
E' un atteggiamento e anche un linguaggio da combattente: la Fiat, dice Marchionne, vuole risollevare l'Italia, noi vogliamo “trasformare l'Italia in una base strategica per la produzione e la esportazione di vetture”, noi vogliamo “compiere questo sforzo in Italia (anche!) rinunciando ai vantaggi sicuri che altri paesi potrebbero offrire”, e invece non siamo apprezzati.
Quindi, chi ostacola questo sforzo è contro l'Italia. In primis chiaramente gli operai “arrivati anche al sabotaggio”, i nuovi ed effettivi “terroristi” che non devono essere tollerati e difesi.
Chi si illude e cerca di portare avanti delle “buone e ragionevoli ragioni” per indicare l'assurda persecuzione della Fiat contro i 3 operai licenziati di Melfi – in particolare la Fiom - non ha ancora compreso o non vuole comprendere che la partita in gioco per Marchionne è molto alta: si tratta di vincere una guerra, di imporre con le buone e soprattutto con le cattive il moderno fascismo padronale.
- Per questo, Marchionne a Rimini ha espresso e fatto appello senza mezzi termini alla vera battaglia da fare: “non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra capitale e lavoro, tra padroni e operai”. E chiama a questa battaglia “l'Italia”, tutta, perchè abbandoni “questo modello di pensiero” e assuma “un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale, per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti”. E' un proclama da guerra, sia pure ancora non con le armi (benchè ci penserà lo Stato di polizia ad usarle contro le lotte dei lavoratori); a Marchionne il 26 agosto mancava solo il balcone di P.zza Venezia.
Ma così Marchionne, e poi a seguire Marcegaglia e poi Tremonti, e in altri momenti Sacconi, hanno pubblicamente annunciato di voler portare avanti e stravincere la “guerra di classe”; hanno indicato apertamente negli operai, nelle lotte il vero ostacolo ai loro piani di sfruttamento, attacco al lavoro, attacco ai salari, ai piani di cancellazione delle pochissime norme democratiche (“non siamo più negli anni '70”), al progetto di stravolgimento, anche di pensiero, del “modello Italia”; la crisi li costringe a dichiararsi senza infingimenti.
Ma così dichiarano anche che la lotta degli operai, dei lavoratori è effettivamente un nemico da temere! Questo sbandieramento di forza, nasconde in realtà una preoccupazione, una debolezza strategica! Bene!
- Ma è anche una battaglia ideologica, di “valori”, quella che ha impugnato Marchionne.
Primo: La Fiat è bene. La Fiat è disinteressata: potevamo andarcene in Polonia, ma siamo rimasti in Italia e “facciamo tutto questo perchè crediamo nel futuro italiano”, e quindi, intorno alla Fiat devono stringersi tutti: ”Sono fortemente convinto che abbiamo la possibilità di costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo. Fabbrica Italia è un grande progetto, perchè nasce da nobili intenzioni. Per questo abbiamo il dovere di proteggerlo”. Chi non appoggia questi valori fa prevalere l''indifferenza sulla responsabilità, la noia sull'impegno, le mode del momento sulla coscienza'.
In realtà Marchionne più parla, più appare il mostruoso rappresentante del capitale che con la bocca cita i “valori” e con le mani conta i soldi.
La Fiat resta in Italia perchè qui è la sua forza industriale e di mercato, senza la base Italia non avrebbe alcun credito.
Dietro gli alti appelli, vi è il pesante diktat verso tutti, anche governo, settori industriali, sindacati (verso una parte dei quali, però, Cisl e Uil – unici citati insieme ai loro segretari esplicitamente da Marchionne – vi è invece pubblica gratitudine), perchè “abbraccino questa sfida”, tradotto: perchè difendano i profitti della Fiat.
Secondo. Chi è maggioranza e chi è minoranza; quali diritti vanno difesi. La maggioranza è chi sta con la Fiat, la minoranza è chi si oppone alla Fiat.
Certo anche questa “maggioranza” di cui parla Marchionne si costruisce col ricatto, con la dittatura, con l'azione dei servi, in primis Cisl e Uil, ma anche partiti, istituzioni, parroci e famiglie, e aristocrazia dei lavoratori, ma essa deve decidere e ha diritto. Il diritto è misurato sul diritto del profitto padronale.
La questione sta, invece, esattamente all'inverso. Se è “maggioranza” chi si batte per gli interessi della maggioranza degli operai, allora quel 48% di voti operai al referendum di Pomigliano, quegli operai e operaie che si sono battuti non per sé ma per la difesa del lavoro, delle condizioni di lavoro e di vita, della dignità di tutti, rappresentano in realtà almeno l'80-90%; se è “minoranza” chi votando Sì ha pensato solo a salvare il proprio posto di lavoro contro i compagni di lavoro che potevano essere licenziati, ha pensato a sé e non al futuro della maggioranza dei lavoratori di Pomigliano, di Melfi e delle altre fabbriche, allora quella “minoranza” rappresenta molto, ma molto meno del risultato di voti ottenuti.
Così, 3 operai che si battono per tutta la fabbrica, sono tutta la fabbrica! Nessun Marchionne può dire il contrario, e lo hanno dimostrato gli operai della Sata scendendo in sciopero e stringendosi intorno ai loro 3 compagni di lavoro!
Marchionne ha confermato il detto del vecchio Marx, che la classe dominante, per i suoi interessi, di un estrema minoranza, deve affermare il proprio interesse come interesse generale.
Ma quando la classe dominante è costretta a dirlo esplicitamente, senza veli, quando utilizza ogni luogo, meglio ancora una platea di giovani già selezionati di Comunione e Liberazione, per imporre come valore generale questa guerra della minoranza, allora vuol dire che la “vera sfida” di cui ha parlato nel finale del suo intervento Marchionne è quella della lotta aperta e generale contro il fascismo padronale che la classe operaia della Fiat e di tutte le fabbriche deve intraprendere.
pc quotidiano 1 settembre - lotta continua alla fiat sata
Alla fiat sata la lotta non si è fermata un solo giorno.
Marchionne non fa rientrare a lavoro i tre delegati licenziati e reintegrati,
e ogni giorno i delegati con gli operai che li sostengono e la fiom sono ai
cancelli della fabbrica.
E stata richiesta una assemblea generale, ma la fiat con il tramite delle
rsu fim uilm fismic ugl la ha impedita.
Gli operai hanno scioperato in parte, sotto ricatti e pressioni intense,
la stampa locale monta una sorta di maggioranza silenziosa, ospitando una
presunta intervista a un 'operaia ' che denuncia 'insulti, sputi e cortei contro chi non sciopera'.
Intanto si lotta nell'indotto, alla commer tgs, dove due operai vengono
licenziati perchè 'considerati incollocabili in seguito al riconoscimento
della malattia professionale', cioè si licenzia operai che si sono ammalati
in azienda. A questi licenziamenti gli operai rispondono da giorni con lo sciopero ad oltranza
proletari comunisti
1 settembre 2010
la posizione dello slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento
nazionale
Lo Slai cobas per il sindacato di classe esprime il suo forte sostegno e
solidarietà agli operai reintegrati che il diktat Fiat vuole impedire che
rientrino.
Esprime la massima solidarietà e unità di classe agli operai Fiat che hanno
ripreso la lotta non appena la fabbrica è riaperta.
Se pur necessari il ricorso legale e la continuazione della battaglia
legale,non sono l'arma decisiva per vincere questa battaglia.
Serve la mobilitazione di tutto il gruppo Fiat e la solidarietà di tutti gli
operai e di tutte le organizzazioni sindacali di classe.
Gli operai devono rientrare. Il piano Marchionne deve cadere, a Pomigliano
come a Termini Imerese, a Melfi come a Mirafiori.
6 Ottobre sciopero di tutto il gruppo
Delegazioni di operai a Melfi.
Slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
24.8.2010
lettera dello slai cobas per il sindacato di classe
puglia basilicata
A Giovanni, Marco e Antonio,
gli operai e i lavoratori, i precari e i disoccupati dello Slai cobas per il
sindacato di classe di Taranto sono al vostro fianco in questa lotta
importantenon solo per voi ma per tutti noi.
Per questo siamo impegnati fin da subito affinchè da tutte le fabbriche, i
posti di lavoro di Puglia e Basilicata, a partire dall'Ilva, ci sia
informazione, prese di posizione, messaggi e raccolta firme al vostro
sostegno.
Il 9 settembre un presidio e una mobilitazione solidale si realizzerà all'Ilva
e in tutta la città a Taranto.Siete invitati a partecipare, anche con un vostro messaggio.
Saremo ai cancelli della Sata ogni qual volta sarà necessario e sicuramente
con una delegazione di massa il 6 ottobre al Tribunale
Slai cobas per il sindacato di classe - Puglia e Basilicata
cobasta@libero.it
la posizione di
proletari comunisti
Gli operai reintegrati, sostenuti dai loro compagni di lavoro, dalla Fiom,
>respingono i diktat fascista di Marchionne ed entrano in fabbrica, bloccati
nelgabbiotto della portineria, uno sciopero e un corteo interno li sostiene
Nei giorni successivi procedono con un presidio permanente
>.
>La guerra è aperta. La resistenza e la risposta pure.
>Mobilitare la solidarietà di classe ovunque.
>
>Il 6 ottobre a Melfi
>
>NO AL FASCISMO PADRONALE!
>IL PIANO MARCHIONNE NON DEVE PASSARE!
>IL GOVERNO CHE LO SOSTIENE SE NE DEVE ANDARE!
>
>Proletari comunisti
ro.red@libero.it
Marchionne non fa rientrare a lavoro i tre delegati licenziati e reintegrati,
e ogni giorno i delegati con gli operai che li sostengono e la fiom sono ai
cancelli della fabbrica.
E stata richiesta una assemblea generale, ma la fiat con il tramite delle
rsu fim uilm fismic ugl la ha impedita.
Gli operai hanno scioperato in parte, sotto ricatti e pressioni intense,
la stampa locale monta una sorta di maggioranza silenziosa, ospitando una
presunta intervista a un 'operaia ' che denuncia 'insulti, sputi e cortei contro chi non sciopera'.
Intanto si lotta nell'indotto, alla commer tgs, dove due operai vengono
licenziati perchè 'considerati incollocabili in seguito al riconoscimento
della malattia professionale', cioè si licenzia operai che si sono ammalati
in azienda. A questi licenziamenti gli operai rispondono da giorni con lo sciopero ad oltranza
proletari comunisti
1 settembre 2010
la posizione dello slai cobas per il sindacato di classe - coordinamento
nazionale
Lo Slai cobas per il sindacato di classe esprime il suo forte sostegno e
solidarietà agli operai reintegrati che il diktat Fiat vuole impedire che
rientrino.
Esprime la massima solidarietà e unità di classe agli operai Fiat che hanno
ripreso la lotta non appena la fabbrica è riaperta.
Se pur necessari il ricorso legale e la continuazione della battaglia
legale,non sono l'arma decisiva per vincere questa battaglia.
Serve la mobilitazione di tutto il gruppo Fiat e la solidarietà di tutti gli
operai e di tutte le organizzazioni sindacali di classe.
Gli operai devono rientrare. Il piano Marchionne deve cadere, a Pomigliano
come a Termini Imerese, a Melfi come a Mirafiori.
6 Ottobre sciopero di tutto il gruppo
Delegazioni di operai a Melfi.
Slai cobas per il sindacato di classe
coordinamento nazionale
24.8.2010
lettera dello slai cobas per il sindacato di classe
puglia basilicata
A Giovanni, Marco e Antonio,
gli operai e i lavoratori, i precari e i disoccupati dello Slai cobas per il
sindacato di classe di Taranto sono al vostro fianco in questa lotta
importantenon solo per voi ma per tutti noi.
Per questo siamo impegnati fin da subito affinchè da tutte le fabbriche, i
posti di lavoro di Puglia e Basilicata, a partire dall'Ilva, ci sia
informazione, prese di posizione, messaggi e raccolta firme al vostro
sostegno.
Il 9 settembre un presidio e una mobilitazione solidale si realizzerà all'Ilva
e in tutta la città a Taranto.Siete invitati a partecipare, anche con un vostro messaggio.
Saremo ai cancelli della Sata ogni qual volta sarà necessario e sicuramente
con una delegazione di massa il 6 ottobre al Tribunale
Slai cobas per il sindacato di classe - Puglia e Basilicata
cobasta@libero.it
la posizione di
proletari comunisti
Gli operai reintegrati, sostenuti dai loro compagni di lavoro, dalla Fiom,
>respingono i diktat fascista di Marchionne ed entrano in fabbrica, bloccati
nelgabbiotto della portineria, uno sciopero e un corteo interno li sostiene
Nei giorni successivi procedono con un presidio permanente
>.
>La guerra è aperta. La resistenza e la risposta pure.
>Mobilitare la solidarietà di classe ovunque.
>
>Il 6 ottobre a Melfi
>
>NO AL FASCISMO PADRONALE!
>IL PIANO MARCHIONNE NON DEVE PASSARE!
>IL GOVERNO CHE LO SOSTIENE SE NE DEVE ANDARE!
>
>Proletari comunisti
ro.red@libero.it
pc quotidiano 1 settembre - La Bolzaneto di Ponte Galeria
Grazie alla segnalazione di Macerie, riportiamo questa testimonianza di
un'ex operatrice della Croce Rossa su stupri e violenze nel lager di Ponte
Galeria, raccolta da Madre Terra Fratello Clandestino.
Angela racconta cosa significa vivere in un lager di stato
Le persone che conoscono direttamente i Cie (centri di identificazione ed
espulsione) e non si esprimono per sentito dire, hanno imparato che non
sono luoghi dove poter fantasticare a occhi aperti. Anzi, sanno benissimo
che sono posti dove i sogni vengono spezzati e dove si puo’ incontrare una
delle più crudeli realtà del XXI secolo. E’ un accumulo di esseri umani,
gettati in una fogna, dove ogni diritto è sospeso.
Lo sa benissimo Miguel, che afflitto dalla disperazione, ingoia due pile e
della candeggina. Non riesce a sopportare di sottovivere in prigione, senza
aver commesso nessun reato. Compie un atto estremo e spera che qualcuno si
accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate.
Eppure, le istituzioni chiamano “ospiti” le persone che entrano
all’interno di questi centri. Qualcuno si sorprende quando vengono chiamati
Lager di stato. Qualcun’altro non resta turbato quando viene a conoscenza
di storie raccapriccianti, perché sa cosa succede all’interno di quelle
celle e qualcun altro ancora, è indifferente e accetta quel che può subire
una persona colpevole di non avere un documento a portata di mano.
Succede che più conosci quella realtà e più scopri racconti incredibili e
persone che vogliono narrare le loro esperienze dirette, vissute da
protagoniste all’interno di quelle gabbie. Ci sono i migranti reclusi (come
Miguel, Adel, Elham, Joy ecc) che ti implorano a scrivere e raccontare di
loro. Ma ci sono anche gli operatori spesso andati via dal centro disumano
e che vogliono raccontare le atrocità subite dai migranti.
NON GRADITA A PONTE GALERIA
Molte volte gli operatori che lavorano nei vari Cie d’Italia mi chiedono
di mantenere segreta la loro identità per paura di perdere il posto di
lavoro o per il timore di essere perseguitati. Questa volta, ci sono Nomi e
cognomi. “Puoi fare tranquillamente il mio nome e anche il cognome se vuoi,
io dico solo la verità” dice Angela, quando gli chiedo se vuole che la sua
identità venga svelata.
Angela Bernardini, ha lavorato nel Lager romano di Ponte Galeria con la
CRI dal 1998 al 1999, con varie mansioni: segreteria, logistica,
ambulatorio. Come un fiume in piena mi ha raccontato ciò che succedeva
all’interno di quel centro disumano sempre esaurito e stracolmo di persone.
“All'epoca - racconta Angela Bernardini - non esistevano nè regole, nè
tanto meno diritti, almeno non codificati da un regolamento. I reclusi
andavano a fortuna, secondo chi era di turno nei vari settori di competenza
o delle forze dell’ordine”. Vi era una estrema difficoltà ad avere colloqui
con gli avvocati e con i familiari. Tutto ciò che avevano, quando venivano
portati al centro, era sequestrato e custodito in alcune cassette. “Non so
se quando uscivano i militari ridavano loro esattamente ciò che avevano
all'inizio della detenzione” dice l’ex operatrice di Ponte Galeria.
“Ho sempre cercato la vicinanza umana con i detenuti, volevo conoscere le
loro storie, sapere della loro vita, aiutarli a restare persone”, perché
spesso come mi hanno raccontato molti ragazzi reclusi in un Cie, è
difficile restare se stessi, quando esci da quell’inferno cambi. “Io voglio
restare me stesso, spero di farcela” mi diceva Miguel prima di essere
espulso.
“Mi ero conquistata la loro fiducia ed il loro rispetto”, tanto che in
un’occasione, Angela, è riuscita ad impedire una rivolta e in un’altra
addirittura volevano fare lo sciopero della fame per lei. Era accaduto che
in mensa un detenuto, “forse impazzito per davvero o forse per finta, mi ha
mollato un cazzotto sulla fronte”, lasciando Angela stordita e dolorante.
“Questo poveraccio – racconta l’ex volontaria della CRI - successivamente è
stato massacrato di botte dai poliziotti, malgrado i miei tentativi di
impedirlo”. Secondo Angela a condurre il pestaggio fu Massimo Pigozzi, che
è uno dei tanti che parteciparono al pestaggio di Bolzaneto, durante il g8
del 2001, secondo le indagini condotte avrebbe dilaniato una mano ad una
ragazza, divaricando le dita fino a quando la pelle si è lacerata. Secondo
le agenzie di stampa, Picozzi è stato accusato anche di aver violentato nel
2005 alcune prostitute romene nella camera di sicurezza della Questura di
Genova. Per precauzione, il comandante aveva deciso che per un pò Angela
non entrasse in contatto con gli “ospiti” e proprio per questo motivo, i
detenuti, “si sono rifiutati di andare alla mensa se non ci fossi stata
io”.
ABUSI E LE VIOLENZE SNERVANTI
Era scomoda Angela, troppo umana per il potere che cinicamente deve
dettare legge e impedire che uscissero fuori le vicende. La sua
"confidenza" non piaceva nè ai responsabili della CRI, nè a quelli delle
forze dell’ordine. “Mi spiavano, mi controllavano, mi seguivano per vedere
se passavo loro droga o facevo favori sessuali”. Forse anche per trovare un
pretesto e poi chiedere il suo silenzio ricattandola, chissà.
Ma ad abusare sessualmente delle detenute erano altri racconta Angela: “
So che alcuni militari, e anche qualche volontario, in cambio di sigarette
e schede telefoniche avevano rapporti sessuali con viados e prostitute”.
Spesso, all’interno del centro, si trovavano preservativi usati che
certamente i detenuti non potevano avere con se, “come non erano certo i
detenuti a far entrare la droga. Io stessa ho tirato fuori da un bagno un
ragazzo in overdose”. C’era sempre qualcuno che abusava della loro
debolezza e chi pagavano erano sempre le donne, con le “normali”
prestazioni sessuali.
Angela comprava le sigarette ai detenuti, ma senza chiedere nulla in
cambio. “A volte non potevo dar loro il cambio della biancheria intima”,
entravano e uscivano praticamente sempre con quello che avevano addosso al
momento del fermo. “Chi protestava veniva sedato, spesso con le botte e
messo in isolamento in una stanza priva di tutto”.
Un giorno, Angela accompagna con l’ambulanza all'ospedale San Camillo un
ragazzo che aveva dei gravi problemi di autolesionismo. “Io riuscii a
convincerlo ed entrai in ambulanza con lui, malgrado non fossi di turno in
ambulatorio”. Il ragazzo, aveva una lametta nascosta in bocca e avrebbe
potuto fare del male a se stesso e ad Angela, ma con calma l’ex operatrice,
cercò di farsi dare la lametta dal detenuto. Al rientro al CPT, “mi beccai
una grande lavata di testa dal comandante e dopo due giorni, ricevetti una
telefonata dal responsabile del mio gruppo, che mi diceva che non dovevo
più presentarmi al Centro, perchè non gradita”.
Sono seguiti giorni da incubo, “ho cercato di parlare con tutti i vertici
della CRI, ma non ci sono riuscita. Mi avevano creato intorno un muro
impenetrabile. Alla fine, mi hanno costretto ad andarmene, in quanto
sottoposta ad un mobbing continuo”.
FACCETTA NERA
Un giorno, uno come tanti, verso l’ora di pranzo, Angela racconta che
mentre alcuni internati uscivano dalla sala mensa, altri invece si erano
intrattenuti ai tavoli per scambiare qualche parola tra loro.
Improvvisamente, "dagli altoparlanti presenti nella sala, si sono diffuse
ad alto volume, le note di Faccetta nera”. Tra il poco stupore degli
ospiti, “che quasi certamente non conoscevano quella marcetta” e lo
sconcerto tra i volontari in servizio, le note ad alto volume continuavano
a cantare tra le risate dei militari.
Angela, chiese dove fosse la centrale che governava gli altoparlanti, e
“mi è stato risposto che era il posto di polizia, sito al secondo cancello
di ingresso, quello che conduceva fisicamente dentro il corpo vivo del
lager”.
Senza pensarci due volte, Angela si è precipitata verso il posto di
polizia: “c’era un poliziotto con davanti a sè un mangianastri e la
custodia di una cassetta dal titolo inequivocabile: Inni e canti del
Ventennio”. Angela chiese al giovane poliziotto se si rendeva conto di
quello che stava facendo, “non solo offendeva i reclusi, ma stava
commettendo anche il reato di apologia di fascismo”.
Incurante di tutto ciò e del potere conferitogli dallo Stato, sorrise e in
maniera ironica “ha preso la cassetta dal mangianastri, l’ha riposta e ne
ha presa un’altra, dicendomi: ma io stavo mettendo Baglioni”. Con coraggio
Angela fece rapporto al funzionario di PS responsabile e il poliziotto fu
successivamente allontanato dal CPT, ma “per molto tempo sono stata
guardata malissimo da tutti i vari addetti delle forze dell'ordine”.
Oggi, al Cie di Ponte Galeria non c’è più la CRI, ma la Cooperativa
auxilium. “Da quello che leggo, non mi pare che le cose siano migliorate".
E effettivamente non lo sono davvero. "Stare a Ponte Galeria mi ha cambiato
per sempre la vita” parola di Angela.
Andrea Onori
27 agosto 2010
un'ex operatrice della Croce Rossa su stupri e violenze nel lager di Ponte
Galeria, raccolta da Madre Terra Fratello Clandestino.
Angela racconta cosa significa vivere in un lager di stato
Le persone che conoscono direttamente i Cie (centri di identificazione ed
espulsione) e non si esprimono per sentito dire, hanno imparato che non
sono luoghi dove poter fantasticare a occhi aperti. Anzi, sanno benissimo
che sono posti dove i sogni vengono spezzati e dove si puo’ incontrare una
delle più crudeli realtà del XXI secolo. E’ un accumulo di esseri umani,
gettati in una fogna, dove ogni diritto è sospeso.
Lo sa benissimo Miguel, che afflitto dalla disperazione, ingoia due pile e
della candeggina. Non riesce a sopportare di sottovivere in prigione, senza
aver commesso nessun reato. Compie un atto estremo e spera che qualcuno si
accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate.
Eppure, le istituzioni chiamano “ospiti” le persone che entrano
all’interno di questi centri. Qualcuno si sorprende quando vengono chiamati
Lager di stato. Qualcun’altro non resta turbato quando viene a conoscenza
di storie raccapriccianti, perché sa cosa succede all’interno di quelle
celle e qualcun altro ancora, è indifferente e accetta quel che può subire
una persona colpevole di non avere un documento a portata di mano.
Succede che più conosci quella realtà e più scopri racconti incredibili e
persone che vogliono narrare le loro esperienze dirette, vissute da
protagoniste all’interno di quelle gabbie. Ci sono i migranti reclusi (come
Miguel, Adel, Elham, Joy ecc) che ti implorano a scrivere e raccontare di
loro. Ma ci sono anche gli operatori spesso andati via dal centro disumano
e che vogliono raccontare le atrocità subite dai migranti.
NON GRADITA A PONTE GALERIA
Molte volte gli operatori che lavorano nei vari Cie d’Italia mi chiedono
di mantenere segreta la loro identità per paura di perdere il posto di
lavoro o per il timore di essere perseguitati. Questa volta, ci sono Nomi e
cognomi. “Puoi fare tranquillamente il mio nome e anche il cognome se vuoi,
io dico solo la verità” dice Angela, quando gli chiedo se vuole che la sua
identità venga svelata.
Angela Bernardini, ha lavorato nel Lager romano di Ponte Galeria con la
CRI dal 1998 al 1999, con varie mansioni: segreteria, logistica,
ambulatorio. Come un fiume in piena mi ha raccontato ciò che succedeva
all’interno di quel centro disumano sempre esaurito e stracolmo di persone.
“All'epoca - racconta Angela Bernardini - non esistevano nè regole, nè
tanto meno diritti, almeno non codificati da un regolamento. I reclusi
andavano a fortuna, secondo chi era di turno nei vari settori di competenza
o delle forze dell’ordine”. Vi era una estrema difficoltà ad avere colloqui
con gli avvocati e con i familiari. Tutto ciò che avevano, quando venivano
portati al centro, era sequestrato e custodito in alcune cassette. “Non so
se quando uscivano i militari ridavano loro esattamente ciò che avevano
all'inizio della detenzione” dice l’ex operatrice di Ponte Galeria.
“Ho sempre cercato la vicinanza umana con i detenuti, volevo conoscere le
loro storie, sapere della loro vita, aiutarli a restare persone”, perché
spesso come mi hanno raccontato molti ragazzi reclusi in un Cie, è
difficile restare se stessi, quando esci da quell’inferno cambi. “Io voglio
restare me stesso, spero di farcela” mi diceva Miguel prima di essere
espulso.
“Mi ero conquistata la loro fiducia ed il loro rispetto”, tanto che in
un’occasione, Angela, è riuscita ad impedire una rivolta e in un’altra
addirittura volevano fare lo sciopero della fame per lei. Era accaduto che
in mensa un detenuto, “forse impazzito per davvero o forse per finta, mi ha
mollato un cazzotto sulla fronte”, lasciando Angela stordita e dolorante.
“Questo poveraccio – racconta l’ex volontaria della CRI - successivamente è
stato massacrato di botte dai poliziotti, malgrado i miei tentativi di
impedirlo”. Secondo Angela a condurre il pestaggio fu Massimo Pigozzi, che
è uno dei tanti che parteciparono al pestaggio di Bolzaneto, durante il g8
del 2001, secondo le indagini condotte avrebbe dilaniato una mano ad una
ragazza, divaricando le dita fino a quando la pelle si è lacerata. Secondo
le agenzie di stampa, Picozzi è stato accusato anche di aver violentato nel
2005 alcune prostitute romene nella camera di sicurezza della Questura di
Genova. Per precauzione, il comandante aveva deciso che per un pò Angela
non entrasse in contatto con gli “ospiti” e proprio per questo motivo, i
detenuti, “si sono rifiutati di andare alla mensa se non ci fossi stata
io”.
ABUSI E LE VIOLENZE SNERVANTI
Era scomoda Angela, troppo umana per il potere che cinicamente deve
dettare legge e impedire che uscissero fuori le vicende. La sua
"confidenza" non piaceva nè ai responsabili della CRI, nè a quelli delle
forze dell’ordine. “Mi spiavano, mi controllavano, mi seguivano per vedere
se passavo loro droga o facevo favori sessuali”. Forse anche per trovare un
pretesto e poi chiedere il suo silenzio ricattandola, chissà.
Ma ad abusare sessualmente delle detenute erano altri racconta Angela: “
So che alcuni militari, e anche qualche volontario, in cambio di sigarette
e schede telefoniche avevano rapporti sessuali con viados e prostitute”.
Spesso, all’interno del centro, si trovavano preservativi usati che
certamente i detenuti non potevano avere con se, “come non erano certo i
detenuti a far entrare la droga. Io stessa ho tirato fuori da un bagno un
ragazzo in overdose”. C’era sempre qualcuno che abusava della loro
debolezza e chi pagavano erano sempre le donne, con le “normali”
prestazioni sessuali.
Angela comprava le sigarette ai detenuti, ma senza chiedere nulla in
cambio. “A volte non potevo dar loro il cambio della biancheria intima”,
entravano e uscivano praticamente sempre con quello che avevano addosso al
momento del fermo. “Chi protestava veniva sedato, spesso con le botte e
messo in isolamento in una stanza priva di tutto”.
Un giorno, Angela accompagna con l’ambulanza all'ospedale San Camillo un
ragazzo che aveva dei gravi problemi di autolesionismo. “Io riuscii a
convincerlo ed entrai in ambulanza con lui, malgrado non fossi di turno in
ambulatorio”. Il ragazzo, aveva una lametta nascosta in bocca e avrebbe
potuto fare del male a se stesso e ad Angela, ma con calma l’ex operatrice,
cercò di farsi dare la lametta dal detenuto. Al rientro al CPT, “mi beccai
una grande lavata di testa dal comandante e dopo due giorni, ricevetti una
telefonata dal responsabile del mio gruppo, che mi diceva che non dovevo
più presentarmi al Centro, perchè non gradita”.
Sono seguiti giorni da incubo, “ho cercato di parlare con tutti i vertici
della CRI, ma non ci sono riuscita. Mi avevano creato intorno un muro
impenetrabile. Alla fine, mi hanno costretto ad andarmene, in quanto
sottoposta ad un mobbing continuo”.
FACCETTA NERA
Un giorno, uno come tanti, verso l’ora di pranzo, Angela racconta che
mentre alcuni internati uscivano dalla sala mensa, altri invece si erano
intrattenuti ai tavoli per scambiare qualche parola tra loro.
Improvvisamente, "dagli altoparlanti presenti nella sala, si sono diffuse
ad alto volume, le note di Faccetta nera”. Tra il poco stupore degli
ospiti, “che quasi certamente non conoscevano quella marcetta” e lo
sconcerto tra i volontari in servizio, le note ad alto volume continuavano
a cantare tra le risate dei militari.
Angela, chiese dove fosse la centrale che governava gli altoparlanti, e
“mi è stato risposto che era il posto di polizia, sito al secondo cancello
di ingresso, quello che conduceva fisicamente dentro il corpo vivo del
lager”.
Senza pensarci due volte, Angela si è precipitata verso il posto di
polizia: “c’era un poliziotto con davanti a sè un mangianastri e la
custodia di una cassetta dal titolo inequivocabile: Inni e canti del
Ventennio”. Angela chiese al giovane poliziotto se si rendeva conto di
quello che stava facendo, “non solo offendeva i reclusi, ma stava
commettendo anche il reato di apologia di fascismo”.
Incurante di tutto ciò e del potere conferitogli dallo Stato, sorrise e in
maniera ironica “ha preso la cassetta dal mangianastri, l’ha riposta e ne
ha presa un’altra, dicendomi: ma io stavo mettendo Baglioni”. Con coraggio
Angela fece rapporto al funzionario di PS responsabile e il poliziotto fu
successivamente allontanato dal CPT, ma “per molto tempo sono stata
guardata malissimo da tutti i vari addetti delle forze dell'ordine”.
Oggi, al Cie di Ponte Galeria non c’è più la CRI, ma la Cooperativa
auxilium. “Da quello che leggo, non mi pare che le cose siano migliorate".
E effettivamente non lo sono davvero. "Stare a Ponte Galeria mi ha cambiato
per sempre la vita” parola di Angela.
Andrea Onori
27 agosto 2010
pc quotidiano 1 settembre - i disoccupati precari di Napoli rispondono alla campagna del 'Mattino' a Napoli
A PROPOSITO DELL’INCHIESTA SUI DISOCCUPATI FATTA DA “ IL MATTINO”
Il quotidiano il Mattino di Napoli dal 17 agosto sta pubblicando –a firma di Giuseppe Crimaldi - una propria “inchiesta” sui disoccupati BROS o per meglio dire sui movimenti dei disoccupati organizzati. Non sappiamo se tale interessamento è dettato dalla vacanziera carenza di notizie politiche e del palazzo più accattivanti o, come inevitabilmente ci viene da sospettare, sia già l’avvio di una campagna denigratoria verso questi movimenti che, a dire del giornalista e degli intervistati, saranno i responsabili di un settembre infuocato.
Il Mattino non è nuovo a queste cosiddette “inchieste” ad orologeria: già a giugno ci vedemmo costretti a denunciare, con un nostro comunicato, le menzogne sui movimenti dei disoccupati e la copertura delle responsabilità dei politici che emergevano dagli articoli del 2 e 3 giugno – a firma di Adolfo Pappalardo. Evidentemente cambia il giornalista ma non il contenuto.
Rieccoci, quindi, a fare qualche puntualizzazione su quanto affermato dal sig. Crimaldi e dai suoi interlocutori istituzionali, gli unici che il giornalista ha ritenuto di dover ascoltare (almeno fino ad ora perché, ovviamente noi proveremo a chiedere un’intervista al pari delle nostre controparti).
Prima precisazione: i precari Bros, ex Progetto ISOLA, ricevono il sussidio di 500 euro al mese da 3 anni e non da 4 come indicato. Tale sussidio è stato erogato come sostegno durante il periodo di formazione ed in attesa dell’inserimento lavorativo. Il giornalista fa notare che non solo non c’è stato inserimento lavorativo ma che non sono nemmeno partiti i corsi di formazione a cui, sostiene, non avevano interesse né le agenzie/imprese incaricate né i disoccupati.
Facciamo rispettosamente notare che i giornalisti del Mattino sono stati, evidentemente, molto distratti in questi ultimi 4 anni visto che non solo non hanno “inchiestato” ma non si sono nemmeno accorti che movimenti come il nostro 1) non hanno mai smesso di denunciare l’amministrazione regionale e l’ Assessore al lavoro, nella persona di Corrado Gabriele fino a qualche mese fa, per l’uso di enormi finanziamenti pubblici (ben oltre i circa cento milioni ricordati nei suoi articoli) senza altra prospettiva se non quella di favorire gli interessi di una pletora di società e di consulenti e di alimentare, a solo scopo elettoralistico, aspettative ed illusioni, puntualmente disattese, tra migliaia di disoccupati; 2) che, di fronte al totale disinteresse delle imprese incaricate della formazione, hanno ripetutamente rivendicato, anche con le mobilitazioni di piazza, la formazione e le work experience previste. Ed infatti, le sole esperienze formative e di lavoro (v. assistenza alle persone, nelle case famiglia o al Frullone) che ci sono state sono state imposte alle società dai corsisti o direttamente autorganizzate dai movimenti di disoccupati (v. la raccolta differenziata porta a porta effettuata dal nostro movimento nel centro storico per una settimana o la bonifica dai rifiuti abbandonati dei sotterranei del Centro Direzionale ed alle Torri Aragonesi a via Marina).
Quindi a differenza di quanto emerge dagli articoli de il Mattino, come precari Bros non solo abbiamo da sempre rifiutato l’assistenzialismo chiedendo una stabilizzazione lavorativa ma, in attesa di questo “miracolo”, abbiamo chiesto di prestare lavoro di pubblica utilità a fronte di quel misero reddito percepito.
Inoltre, per primi e da soli (a proposito dov’era Nappi ed il suo partito?) abbiamo criticato i corsi per pizzaioli, parrucchieri e veline imponendo che si avviasse un percorso per qualifiche meglio spendibili sul mercato del lavoro quali quelle nel settore ambientale.
E qui veniamo alla seconda precisazione. Prima di rilasciare interviste l’Assessore al Lavoro Nappi farebbe bene a coordinarsi con i suoi amici di partito e di maggioranza. Egli infatti sostiene che oltre a fare assistenzialismo si sono finanziati progetti formativi nell’ambiente “quando è a tutti noto che in questo settore, nella nostra regione, c’è un esubero di personale”. Ora, a parte le dichiarazioni dell’alleato segretario del Nuovo PSI, Gennaro Salvatore, riportate nella stessa pagina, che proprio nell’ambiente vede uno dei possibili sbocchi anche per la nostra platea, vogliamo ricordare all’Assessore che solo il 6 luglio 2010 il suo collega, l’Assessore all’ambiente Romano, ha affermato davanti alla Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti che gli esuberi in questo ambito sono solo 600/700, tutti già ricollocabili in un terzo degli impianti previsti per lo smaltimento dei rifiuti.
Essendo quello dei rifiuti, nella nostra regione, la sezione del settore ambientale a più alta concentrazione di lavoratori se ne deduce che non ci sono esuberi in tutto il settore. Se poi guardiamo alla devastazione del territorio campano (v. l’ultimo disastro “scoperto” nell’area giuglianese della discarica ex Resit) ed all’urgenza e alla mole di interventi necessari per risanare e bonificare suolo e sottosuolo, il settore ambientale è non solo potenzialmente ma obbligatoriamente il settore in cui investire per creare nuova occupazione. Uno sbocco, quindi, per la stabilizzazione lavorativa ben oltre le migliaia di disoccupati Bros e con ricadute positive anche in altri settori, come il turismo e l’agricoltura, danneggiati da una politica del territorio vergognosa (e chissà che magari in questo modo si possa mettere fine anche allo spreco di fiumi di denaro per consulenze ed uffici all’estero con la scusa di sponsorizzare i prodotti tipici campani come la mozzarella …. alla diossina!!)
Per quanto ci riguarda è quello che abbiamo proposto in ogni tavolo di trattativa con le istituzioni locali e nazionali individuando nella raccolta differenziata porta a porta, negli impianti della filiera del ciclo di rifiuti (riciclo, riuso, recupero, compostaggio, ecc.), nella bonifica, nel monitoraggio e nel controllo del territorio (v. guardie ambientali) la collocazione della platea Bros (a proposito se c’è saturazione perché fare nuovi corsi di formazione per guardie ambientali e non usare noi?).
Riteniamo che il “Piano per il lavoro” che, come stabilito dal Tavolo interistituzionale tra governo locale e nazionale, la regione sta approntando per dare stabilizzazione lavorativa alla platea Bros, non possa che partire da queste soluzioni, le uniche concrete.
Dalle dichiarazioni degli esponenti politici riportate da il Mattino emerge, invece, il solito rimpallo di responsabilità, la solita enumerazione di “molteplici ricette” per l’emergenza lavoro, l’immancabile, ormai, rilancio del modello Fiat di lacrime, sangue e nessun contratto collettivo come per Pomigliano; in altre parole ancora il vuoto delle proposte concrete.
Altro che il “voltare pagina” promesso dal presidente regionale Caldoro e dall’Assessore Nappi. Dalle anticipazioni a il Mattino viene fuori che il “Piano per il lavoro” che stanno approntando altro non è che la riproposizione della ricetta di sempre: censimento di tutte le attività artigianali e dei mestieri, formazione, emersione del lavoro nero, incentivazione dei contratti di apprendistato, flessibili e a tempo determinato (quindi max 24-36 mesi), agevolazioni in materia di defiscalizzazione per chi assume, sostegno dell’incontro tra domanda e offerta in tema occupazionale. Insomma parole, parole, soltanto parole. E’ questo il Piano che pensano di sottoporre ai movimenti? E’ con la vacuità di tali proposte che pensano di collocare con lavoro stabile non solo i 4000 della platea Bros ma addirittura tutti “i soggetti coinvolti nella crisi occupazionale dell’impresa.. che vanno recuperati e reinseriti in occupazione”?
Quei 500 posti sono una provocazione per chi da anni sta lottando per avere un lavoro.
Se così è, non ci meraviglia che qualcuno si sta già preparando a risolvere la vertenza dei disoccupati attraverso la criminalizzazione, la repressione e la contrapposizione tra i vari pezzi del movimento e che il Mattino con le sue inchieste finisca per tenergli bordone.
Arriviamo così ad un’altra precisazione. Non è la prima volta che quando si tratta di movimenti di lotta napoletani il quotidiano di Caltagirone scopre l’ombra della camorra. Quale miglior modo per seminare dubbi sulla legittimità di quelle lotte!! In questo caso, però, ci sembra che il tentativo è mal riuscito. Infatti, nonostante le domande tendenziose dell’intervistatore, il questore Santi Giuffrè smentisce qualsiasi coinvolgimento, regia occulta o direzione e orientamento della camorra nei movimenti dei disoccupati organizzati. Quello che rimane è la subdola confusione dell’articolo del Crimaldi che persino quando prova ad infilare sospetti su “ambienti dei disoccupati” riesce a smentire se stesso trovandosi a parlare di ambienti lontani ai movimenti. In realtà ciò che emerge è il voto di scambio che, lo dice la parola, di necessità vede un ricatto da chi il voto lo prende (i politici) verso chi lo dà, tra chi può dare e promettere qualcosa e chi ne ha bisogno e tra questi “i pensionati, i disoccupati, gli indigenti” come dice il giornalista. E la camorra, come dimostrano le varie inchieste che lui stesso cita, il lavoro sporco lo fa per chi i voti li prende; politici che il sig. Crimaldi non ha il fegato di citare mai in tutto l’articolo.
Giusto per mettere i puntini sulle i, vogliamo ricordare al sig. Crimaldi che come Movimento di Lotta Banchi Nuovi, nel passato come nel presente, non solo abbiamo denunciato il voto di scambio, ma non abbiamo avuto paura di fare nomi e cognomi. Cosa ancora più importante: non ci siamo limitati a denunciare quello che passa per le mani della camorra, ma anche quello apparentemente più pulito che passa seminando speranze e illusioni tra chi non ha niente. Non a caso il nostro movimento ha criticato sin dall’inizio quegli esponenti politici che hanno usato la loro posizione e la gestione della politica del lavoro (v. il Corrado Gabriele) per fare dei disoccupati il proprio bacino elettorale. Promesse e cambiali che si sono rinnovate in vista di ogni tornata elettorale ma che stanno drammaticamente e amaramente, per quelli che ci avevano creduto, venendo a scadenza. Infine, basta guardare il muri di questa città per capire che se tante operazioni e assunzioni clientelari sulla pelle dei disoccupati non sono passate sotto silenzio (per ultimo v. nostro manifesto/denuncia su assunzioni all’Astir) lo si deve alla costante attenzione dei movimenti.
Per concludere. Bene avrebbe fatto il giornalista de il Mattino ad aggiungere, all’”inchiesta” sui disoccupati, conclusasi il 21 agosto, un’altra puntata dal titolo: la politica a sostegno dei disoccupati nel nostro paese e negli altri paesi ricchi, a partire da quelli europei. Avrebbe capito e fatto capire ai suoi lettori che i disoccupati campani sono costretti ad organizzarsi ed a lottare per anni, a scontri di piazza (che per loro significano denunce, fermi, arresti, perquisizioni, manganellate, o no?) per ottenere ciò che in altri paesi, almeno finora, è garantito dallo stato sociale: un reddito per campare. Sarebbe stato a tutti chiaro che non sono le risorse a mancare né i disoccupati a chiedere l’impossibile, ma che il sistema italiano degli ammortizzatori sociali, della formazione, più che un’opportunità per i disoccupati e per chi perde il lavoro, è un enorme fiume di denaro pubblico in cui sguazzano centinaia di enti e società private e politici di tutti i partiti. Un grande magna magna non solo in Campania ma in tutta Italia, nord compreso. Come riporta l’inchiesta di la Repubblica del 20 agosto “per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell'arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori” ed in Campania è anche peggio. Il mare di soldi (20 miliardi di euro l’anno) che olia questo sistema potrebbe garantire la creazione vera di posti di lavoro ed un reddito a tutti i senza lavoro, se solo ci fosse la volontà politica di non foraggiare questi parassiti. E poi sarebbero i disoccupati gli assistiti?
A settembre ci aspettiamo un vero Piano per il lavoro. Se le anticipazioni fatte a il Mattino dagli esponenti del governo regionale dovessero, malauguratamente, rivelarsi esatte le rispediremo al mittente. Chi vuole un autunno tranquillo si appresti a dare risposte alla necessità di lavoro e di reddito di migliaia di disoccupati. Non ci stiamo a sentire la solita solfa della mancanza di risorse né ad andare a casa con la classica “mano avanti e una indietro”. Lo sappia il Mattino, Nappi, Caldoro ed il questore Giuffrè.
Intanto siamo in attesa di una risposta da parte del giornalista Crimaldi, autore dell’inchiesta, alla nostra richiesta di incontro. Fidiamo nella sua professionalità. Di certo pubblicheremo queste nostre note con gli strumenti indipendenti che i movimenti hanno ancora a disposizione.
MOVIMENTO DI LOTTA PER IL LAVORO BANCHI NUOVI
Il quotidiano il Mattino di Napoli dal 17 agosto sta pubblicando –a firma di Giuseppe Crimaldi - una propria “inchiesta” sui disoccupati BROS o per meglio dire sui movimenti dei disoccupati organizzati. Non sappiamo se tale interessamento è dettato dalla vacanziera carenza di notizie politiche e del palazzo più accattivanti o, come inevitabilmente ci viene da sospettare, sia già l’avvio di una campagna denigratoria verso questi movimenti che, a dire del giornalista e degli intervistati, saranno i responsabili di un settembre infuocato.
Il Mattino non è nuovo a queste cosiddette “inchieste” ad orologeria: già a giugno ci vedemmo costretti a denunciare, con un nostro comunicato, le menzogne sui movimenti dei disoccupati e la copertura delle responsabilità dei politici che emergevano dagli articoli del 2 e 3 giugno – a firma di Adolfo Pappalardo. Evidentemente cambia il giornalista ma non il contenuto.
Rieccoci, quindi, a fare qualche puntualizzazione su quanto affermato dal sig. Crimaldi e dai suoi interlocutori istituzionali, gli unici che il giornalista ha ritenuto di dover ascoltare (almeno fino ad ora perché, ovviamente noi proveremo a chiedere un’intervista al pari delle nostre controparti).
Prima precisazione: i precari Bros, ex Progetto ISOLA, ricevono il sussidio di 500 euro al mese da 3 anni e non da 4 come indicato. Tale sussidio è stato erogato come sostegno durante il periodo di formazione ed in attesa dell’inserimento lavorativo. Il giornalista fa notare che non solo non c’è stato inserimento lavorativo ma che non sono nemmeno partiti i corsi di formazione a cui, sostiene, non avevano interesse né le agenzie/imprese incaricate né i disoccupati.
Facciamo rispettosamente notare che i giornalisti del Mattino sono stati, evidentemente, molto distratti in questi ultimi 4 anni visto che non solo non hanno “inchiestato” ma non si sono nemmeno accorti che movimenti come il nostro 1) non hanno mai smesso di denunciare l’amministrazione regionale e l’ Assessore al lavoro, nella persona di Corrado Gabriele fino a qualche mese fa, per l’uso di enormi finanziamenti pubblici (ben oltre i circa cento milioni ricordati nei suoi articoli) senza altra prospettiva se non quella di favorire gli interessi di una pletora di società e di consulenti e di alimentare, a solo scopo elettoralistico, aspettative ed illusioni, puntualmente disattese, tra migliaia di disoccupati; 2) che, di fronte al totale disinteresse delle imprese incaricate della formazione, hanno ripetutamente rivendicato, anche con le mobilitazioni di piazza, la formazione e le work experience previste. Ed infatti, le sole esperienze formative e di lavoro (v. assistenza alle persone, nelle case famiglia o al Frullone) che ci sono state sono state imposte alle società dai corsisti o direttamente autorganizzate dai movimenti di disoccupati (v. la raccolta differenziata porta a porta effettuata dal nostro movimento nel centro storico per una settimana o la bonifica dai rifiuti abbandonati dei sotterranei del Centro Direzionale ed alle Torri Aragonesi a via Marina).
Quindi a differenza di quanto emerge dagli articoli de il Mattino, come precari Bros non solo abbiamo da sempre rifiutato l’assistenzialismo chiedendo una stabilizzazione lavorativa ma, in attesa di questo “miracolo”, abbiamo chiesto di prestare lavoro di pubblica utilità a fronte di quel misero reddito percepito.
Inoltre, per primi e da soli (a proposito dov’era Nappi ed il suo partito?) abbiamo criticato i corsi per pizzaioli, parrucchieri e veline imponendo che si avviasse un percorso per qualifiche meglio spendibili sul mercato del lavoro quali quelle nel settore ambientale.
E qui veniamo alla seconda precisazione. Prima di rilasciare interviste l’Assessore al Lavoro Nappi farebbe bene a coordinarsi con i suoi amici di partito e di maggioranza. Egli infatti sostiene che oltre a fare assistenzialismo si sono finanziati progetti formativi nell’ambiente “quando è a tutti noto che in questo settore, nella nostra regione, c’è un esubero di personale”. Ora, a parte le dichiarazioni dell’alleato segretario del Nuovo PSI, Gennaro Salvatore, riportate nella stessa pagina, che proprio nell’ambiente vede uno dei possibili sbocchi anche per la nostra platea, vogliamo ricordare all’Assessore che solo il 6 luglio 2010 il suo collega, l’Assessore all’ambiente Romano, ha affermato davanti alla Commissione Parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti che gli esuberi in questo ambito sono solo 600/700, tutti già ricollocabili in un terzo degli impianti previsti per lo smaltimento dei rifiuti.
Essendo quello dei rifiuti, nella nostra regione, la sezione del settore ambientale a più alta concentrazione di lavoratori se ne deduce che non ci sono esuberi in tutto il settore. Se poi guardiamo alla devastazione del territorio campano (v. l’ultimo disastro “scoperto” nell’area giuglianese della discarica ex Resit) ed all’urgenza e alla mole di interventi necessari per risanare e bonificare suolo e sottosuolo, il settore ambientale è non solo potenzialmente ma obbligatoriamente il settore in cui investire per creare nuova occupazione. Uno sbocco, quindi, per la stabilizzazione lavorativa ben oltre le migliaia di disoccupati Bros e con ricadute positive anche in altri settori, come il turismo e l’agricoltura, danneggiati da una politica del territorio vergognosa (e chissà che magari in questo modo si possa mettere fine anche allo spreco di fiumi di denaro per consulenze ed uffici all’estero con la scusa di sponsorizzare i prodotti tipici campani come la mozzarella …. alla diossina!!)
Per quanto ci riguarda è quello che abbiamo proposto in ogni tavolo di trattativa con le istituzioni locali e nazionali individuando nella raccolta differenziata porta a porta, negli impianti della filiera del ciclo di rifiuti (riciclo, riuso, recupero, compostaggio, ecc.), nella bonifica, nel monitoraggio e nel controllo del territorio (v. guardie ambientali) la collocazione della platea Bros (a proposito se c’è saturazione perché fare nuovi corsi di formazione per guardie ambientali e non usare noi?).
Riteniamo che il “Piano per il lavoro” che, come stabilito dal Tavolo interistituzionale tra governo locale e nazionale, la regione sta approntando per dare stabilizzazione lavorativa alla platea Bros, non possa che partire da queste soluzioni, le uniche concrete.
Dalle dichiarazioni degli esponenti politici riportate da il Mattino emerge, invece, il solito rimpallo di responsabilità, la solita enumerazione di “molteplici ricette” per l’emergenza lavoro, l’immancabile, ormai, rilancio del modello Fiat di lacrime, sangue e nessun contratto collettivo come per Pomigliano; in altre parole ancora il vuoto delle proposte concrete.
Altro che il “voltare pagina” promesso dal presidente regionale Caldoro e dall’Assessore Nappi. Dalle anticipazioni a il Mattino viene fuori che il “Piano per il lavoro” che stanno approntando altro non è che la riproposizione della ricetta di sempre: censimento di tutte le attività artigianali e dei mestieri, formazione, emersione del lavoro nero, incentivazione dei contratti di apprendistato, flessibili e a tempo determinato (quindi max 24-36 mesi), agevolazioni in materia di defiscalizzazione per chi assume, sostegno dell’incontro tra domanda e offerta in tema occupazionale. Insomma parole, parole, soltanto parole. E’ questo il Piano che pensano di sottoporre ai movimenti? E’ con la vacuità di tali proposte che pensano di collocare con lavoro stabile non solo i 4000 della platea Bros ma addirittura tutti “i soggetti coinvolti nella crisi occupazionale dell’impresa.. che vanno recuperati e reinseriti in occupazione”?
Quei 500 posti sono una provocazione per chi da anni sta lottando per avere un lavoro.
Se così è, non ci meraviglia che qualcuno si sta già preparando a risolvere la vertenza dei disoccupati attraverso la criminalizzazione, la repressione e la contrapposizione tra i vari pezzi del movimento e che il Mattino con le sue inchieste finisca per tenergli bordone.
Arriviamo così ad un’altra precisazione. Non è la prima volta che quando si tratta di movimenti di lotta napoletani il quotidiano di Caltagirone scopre l’ombra della camorra. Quale miglior modo per seminare dubbi sulla legittimità di quelle lotte!! In questo caso, però, ci sembra che il tentativo è mal riuscito. Infatti, nonostante le domande tendenziose dell’intervistatore, il questore Santi Giuffrè smentisce qualsiasi coinvolgimento, regia occulta o direzione e orientamento della camorra nei movimenti dei disoccupati organizzati. Quello che rimane è la subdola confusione dell’articolo del Crimaldi che persino quando prova ad infilare sospetti su “ambienti dei disoccupati” riesce a smentire se stesso trovandosi a parlare di ambienti lontani ai movimenti. In realtà ciò che emerge è il voto di scambio che, lo dice la parola, di necessità vede un ricatto da chi il voto lo prende (i politici) verso chi lo dà, tra chi può dare e promettere qualcosa e chi ne ha bisogno e tra questi “i pensionati, i disoccupati, gli indigenti” come dice il giornalista. E la camorra, come dimostrano le varie inchieste che lui stesso cita, il lavoro sporco lo fa per chi i voti li prende; politici che il sig. Crimaldi non ha il fegato di citare mai in tutto l’articolo.
Giusto per mettere i puntini sulle i, vogliamo ricordare al sig. Crimaldi che come Movimento di Lotta Banchi Nuovi, nel passato come nel presente, non solo abbiamo denunciato il voto di scambio, ma non abbiamo avuto paura di fare nomi e cognomi. Cosa ancora più importante: non ci siamo limitati a denunciare quello che passa per le mani della camorra, ma anche quello apparentemente più pulito che passa seminando speranze e illusioni tra chi non ha niente. Non a caso il nostro movimento ha criticato sin dall’inizio quegli esponenti politici che hanno usato la loro posizione e la gestione della politica del lavoro (v. il Corrado Gabriele) per fare dei disoccupati il proprio bacino elettorale. Promesse e cambiali che si sono rinnovate in vista di ogni tornata elettorale ma che stanno drammaticamente e amaramente, per quelli che ci avevano creduto, venendo a scadenza. Infine, basta guardare il muri di questa città per capire che se tante operazioni e assunzioni clientelari sulla pelle dei disoccupati non sono passate sotto silenzio (per ultimo v. nostro manifesto/denuncia su assunzioni all’Astir) lo si deve alla costante attenzione dei movimenti.
Per concludere. Bene avrebbe fatto il giornalista de il Mattino ad aggiungere, all’”inchiesta” sui disoccupati, conclusasi il 21 agosto, un’altra puntata dal titolo: la politica a sostegno dei disoccupati nel nostro paese e negli altri paesi ricchi, a partire da quelli europei. Avrebbe capito e fatto capire ai suoi lettori che i disoccupati campani sono costretti ad organizzarsi ed a lottare per anni, a scontri di piazza (che per loro significano denunce, fermi, arresti, perquisizioni, manganellate, o no?) per ottenere ciò che in altri paesi, almeno finora, è garantito dallo stato sociale: un reddito per campare. Sarebbe stato a tutti chiaro che non sono le risorse a mancare né i disoccupati a chiedere l’impossibile, ma che il sistema italiano degli ammortizzatori sociali, della formazione, più che un’opportunità per i disoccupati e per chi perde il lavoro, è un enorme fiume di denaro pubblico in cui sguazzano centinaia di enti e società private e politici di tutti i partiti. Un grande magna magna non solo in Campania ma in tutta Italia, nord compreso. Come riporta l’inchiesta di la Repubblica del 20 agosto “per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell'arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori” ed in Campania è anche peggio. Il mare di soldi (20 miliardi di euro l’anno) che olia questo sistema potrebbe garantire la creazione vera di posti di lavoro ed un reddito a tutti i senza lavoro, se solo ci fosse la volontà politica di non foraggiare questi parassiti. E poi sarebbero i disoccupati gli assistiti?
A settembre ci aspettiamo un vero Piano per il lavoro. Se le anticipazioni fatte a il Mattino dagli esponenti del governo regionale dovessero, malauguratamente, rivelarsi esatte le rispediremo al mittente. Chi vuole un autunno tranquillo si appresti a dare risposte alla necessità di lavoro e di reddito di migliaia di disoccupati. Non ci stiamo a sentire la solita solfa della mancanza di risorse né ad andare a casa con la classica “mano avanti e una indietro”. Lo sappia il Mattino, Nappi, Caldoro ed il questore Giuffrè.
Intanto siamo in attesa di una risposta da parte del giornalista Crimaldi, autore dell’inchiesta, alla nostra richiesta di incontro. Fidiamo nella sua professionalità. Di certo pubblicheremo queste nostre note con gli strumenti indipendenti che i movimenti hanno ancora a disposizione.
MOVIMENTO DI LOTTA PER IL LAVORO BANCHI NUOVI
pc quotidiano 1 settembre - sostegno alla manifestazione antirazzista del popolo rom 4 settembre a roma
proletari comunisti aderisce e sostiene la manifestazione
MANIFESTAZIONE NAZIONALE del popolo Rom,
che si terrà
A ROMA IL 4 SETTEMBRE 2010 alle ore 14,30 a Piazza Farnese davanti l’Ambasciata
di Francia
per dire:
STOP A RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM E SINTI!
STOP AI CAMPI NOMADI!
BASTA USARE ROM E SINTI COME CAPRI ESPIATORI E CARNE DA MACELLO PER FINI
POLITICI
STOP ALLE NUOVE FORME DI DEPORTAZIONE!
Tutti a Roma il 4 Settembre
Il COORDINAMENTO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONE
Mobilita Rom e Sinti e tutti gli amici Sabato 4 settembre 2010 alle ore
14,30 a Roma Piazza Farnese davanti l'Ambasciata di Francia per dire:
STOP A RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM E SINTI!
STOP AI CAMPI NOMADI!
BASTA USARE ROM E SINTI COME CAPRI ESPIATORI E CARNE DA MACELLO PER FINI
POLITICI
STOP ALLE NUOVE FORME DI DEPORTAZIONE!!
Il Ministro Maroni con un intervento al Corriere della Sera ha ufficialmente
aperto la campagna elettorale che verterà ancora una volta sul problema
della sicurezza e i predestinati ad essere usati come carne da macello e
agnelli sacrificali saranno i Rom e Sinti.
Il Corriere della Sera ha intervistato il Ministro senza dare alcuna
possibilità ai Rom e Sinti di replicare.
I soliti articoli a senso unico!!
La comunicazione in Italia è pura propaganda e non informazione. Quando si
tratta di Rom e Sinti non c¹è mai contraddittorio!!
Ciò che sta accadendo in Francia ai Rom ci indigna come uomini prima che
come cittadini italiani, europei e cittadini del mondo. Basta deportazioni!!
I Rom e Sinti hanno pagato un prezzo altissimo durante la Seconda guerra
Mondiale: i 500 mila Rom e Sinti massacrati dai nazifascisti senza che
questo evento si sia impresso nella memoria collettiva!!
I media asserviti al potere mettono in evidenza solo gli effetti devastanti
della discriminazione senza rilevare le cause che li determinano di cui
sono responsabili le stesse decisioni del governo.
Sarkozy e Maroni mostrano i muscoli contro bambini, donne e vecchi che non
possono difendersi in nessun modo!!
Ai Rom e Sinti solo la cronaca, mentre gli eventi culturali sono oscurati!
La società civile deve essere informata e deve reagire!
L¹integrazione passa attraverso i Fondi Europei e non dalle tasche degli
italiani come invece si fa credere!
PER ADERIRE:
email a: federazioneromani@libero.it - romsintipolitica@libero.it
Elenco delle adesioni sul web:
http://www.associazionethemromano.it/coordinamentoantidiscriminazione%20quattrosettembre.htm
MANIFESTAZIONE NAZIONALE del popolo Rom,
che si terrà
A ROMA IL 4 SETTEMBRE 2010 alle ore 14,30 a Piazza Farnese davanti l’Ambasciata
di Francia
per dire:
STOP A RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM E SINTI!
STOP AI CAMPI NOMADI!
BASTA USARE ROM E SINTI COME CAPRI ESPIATORI E CARNE DA MACELLO PER FINI
POLITICI
STOP ALLE NUOVE FORME DI DEPORTAZIONE!
Tutti a Roma il 4 Settembre
Il COORDINAMENTO NAZIONALE ANTIDISCRIMINAZIONE
Mobilita Rom e Sinti e tutti gli amici Sabato 4 settembre 2010 alle ore
14,30 a Roma Piazza Farnese davanti l'Ambasciata di Francia per dire:
STOP A RAZZISMO E DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM E SINTI!
STOP AI CAMPI NOMADI!
BASTA USARE ROM E SINTI COME CAPRI ESPIATORI E CARNE DA MACELLO PER FINI
POLITICI
STOP ALLE NUOVE FORME DI DEPORTAZIONE!!
Il Ministro Maroni con un intervento al Corriere della Sera ha ufficialmente
aperto la campagna elettorale che verterà ancora una volta sul problema
della sicurezza e i predestinati ad essere usati come carne da macello e
agnelli sacrificali saranno i Rom e Sinti.
Il Corriere della Sera ha intervistato il Ministro senza dare alcuna
possibilità ai Rom e Sinti di replicare.
I soliti articoli a senso unico!!
La comunicazione in Italia è pura propaganda e non informazione. Quando si
tratta di Rom e Sinti non c¹è mai contraddittorio!!
Ciò che sta accadendo in Francia ai Rom ci indigna come uomini prima che
come cittadini italiani, europei e cittadini del mondo. Basta deportazioni!!
I Rom e Sinti hanno pagato un prezzo altissimo durante la Seconda guerra
Mondiale: i 500 mila Rom e Sinti massacrati dai nazifascisti senza che
questo evento si sia impresso nella memoria collettiva!!
I media asserviti al potere mettono in evidenza solo gli effetti devastanti
della discriminazione senza rilevare le cause che li determinano di cui
sono responsabili le stesse decisioni del governo.
Sarkozy e Maroni mostrano i muscoli contro bambini, donne e vecchi che non
possono difendersi in nessun modo!!
Ai Rom e Sinti solo la cronaca, mentre gli eventi culturali sono oscurati!
La società civile deve essere informata e deve reagire!
L¹integrazione passa attraverso i Fondi Europei e non dalle tasche degli
italiani come invece si fa credere!
PER ADERIRE:
email a: federazioneromani@libero.it - romsintipolitica@libero.it
Elenco delle adesioni sul web:
http://www.associazionethemromano.it/coordinamentoantidiscriminazione%20quattrosettembre.htm
pc quotidiano 1 settembre - Ali Orgen libero - no all'estradizione
bus da taranto per la manifestazione benevento
info a cura di proletari comunisti taranto
347-1102638
ro.red@libero.it
APPELLO PER
Ali Orgen libero - no all'estradizione
sabato 4 settembre presidio al carcere di Benevento
Non si può capire l'arresto e la richiesta di estradizione di Ali Orgen se
non parliamo del Kurdistan, un paese negato che invece ha un suo popolo,
suoi confini, una sua lingua, una sua cultura. Un paese di 40 milioni di
persone che ha subìto e subisce il genocidio perpetrato da quegli stati che,
come la Turchia ne occupano le terre e ne vogliono distruggere la storia.
Per il solo fatto di parlare il curdo, si rischia la prigione. Ogni
formazione politica curda è bandita.
Ali Orgen ha scelto come tanti altri curdi di manifestare e lottare per la
liberazione del proprio popolo, il riconoscimento dei suoi diritti e
l'indipendenza
dallo Stato turco. Per questo, nel novembre del '96 è stato arrestato. Dopo
tre anni di carcere duro, in cui viene ripetutamente torturato, è condannato
a morte, benché non sia mai stato accusato di alcun fatto di sangue. La
condanna viene poi tramutata in ergastolo e successivamente in sei anni di
reclusione. È un processo farsa. Al momento della condanna, ad Ali manca da
scontare un residuo di pena, ma gli viene abbuonato e quindi viene liberato.
Nel 2003 Ali arriva a Taranto, dove, dopo anni di duro lavoro nei campi, in
alcuni pub ed in Ilva apre un phone center, il primo in città, che diventa
un punto di riferimento per gli immigrati, in quanto, fra l'altro, questi
possono telefonare a prezzi contenuti nei propri paesi. Più in generale
costruisce eccellenti relazioni sociali e non solo con gli immigrati.
Nel 2005, in sua assenza, il processo viene riaperto, e in base alla riforma
del codice penale turco, alla quale le si dà validità retroattiva,viene
condannato a scontare quel presunto residuo.
La mattina del 18 agosto Ali viene arrestato. Su di lui pende una richiesta
di estradizione totalmente ingiustificata. Ali rischia di finire nelle
carceri turche, di essere torturato e ucciso.
Questo è Ali Orgen. Non quello dipinto come un "terrorista" dai mass media
imbeccati dalle note dell'Interpol e dell'Ucigos, silenziosi complici,
insieme al governo italiano, del sistema repressivo turco.
Nel più totale silenzio Ali Orgen è stato trasferito dal carcere di Taranto
a quello di Benevento. Ciò a conferma del tentativo palese di isolarlo dai
suoi affetti familiari e da quella vastissima rete di solidarietà che
immediatamente si è creata nei suoi confronti.
Negli anni novanta Ali è stato vittima di un processo ingiusto. Oggi è
vittima di una ingiusta richiesta di estradizione che si basa sull'assurda
applicazione di un nuova legge liberticida.
Per questi motivi il Comitato di solidarietà ad Ali Orgen indice un presidio
per sabato 4 settembre 2010 dalle ore 17,30 presso il carcere di Benevento.
Contestualmente fa appello a tutte le forze autorganizzate, di base,
antagoniste,ai sinceri democratici alla massima partecipazione al presidio
per esprimere e far sentire la nostra solidarietà ad Ali Orgen ed evitare
che vada verse certe torture e possibile morte!
Comitato di solidarietà ad Ali Orgen- No all'Estradizione
blog: http://www.comitatodisolidarietadaliorgen.blogspot.com
gruppo facebook: No all'estradizione del compagno Ali Orgen!!!!
info a cura di proletari comunisti taranto
347-1102638
ro.red@libero.it
APPELLO PER
Ali Orgen libero - no all'estradizione
sabato 4 settembre presidio al carcere di Benevento
Non si può capire l'arresto e la richiesta di estradizione di Ali Orgen se
non parliamo del Kurdistan, un paese negato che invece ha un suo popolo,
suoi confini, una sua lingua, una sua cultura. Un paese di 40 milioni di
persone che ha subìto e subisce il genocidio perpetrato da quegli stati che,
come la Turchia ne occupano le terre e ne vogliono distruggere la storia.
Per il solo fatto di parlare il curdo, si rischia la prigione. Ogni
formazione politica curda è bandita.
Ali Orgen ha scelto come tanti altri curdi di manifestare e lottare per la
liberazione del proprio popolo, il riconoscimento dei suoi diritti e
l'indipendenza
dallo Stato turco. Per questo, nel novembre del '96 è stato arrestato. Dopo
tre anni di carcere duro, in cui viene ripetutamente torturato, è condannato
a morte, benché non sia mai stato accusato di alcun fatto di sangue. La
condanna viene poi tramutata in ergastolo e successivamente in sei anni di
reclusione. È un processo farsa. Al momento della condanna, ad Ali manca da
scontare un residuo di pena, ma gli viene abbuonato e quindi viene liberato.
Nel 2003 Ali arriva a Taranto, dove, dopo anni di duro lavoro nei campi, in
alcuni pub ed in Ilva apre un phone center, il primo in città, che diventa
un punto di riferimento per gli immigrati, in quanto, fra l'altro, questi
possono telefonare a prezzi contenuti nei propri paesi. Più in generale
costruisce eccellenti relazioni sociali e non solo con gli immigrati.
Nel 2005, in sua assenza, il processo viene riaperto, e in base alla riforma
del codice penale turco, alla quale le si dà validità retroattiva,viene
condannato a scontare quel presunto residuo.
La mattina del 18 agosto Ali viene arrestato. Su di lui pende una richiesta
di estradizione totalmente ingiustificata. Ali rischia di finire nelle
carceri turche, di essere torturato e ucciso.
Questo è Ali Orgen. Non quello dipinto come un "terrorista" dai mass media
imbeccati dalle note dell'Interpol e dell'Ucigos, silenziosi complici,
insieme al governo italiano, del sistema repressivo turco.
Nel più totale silenzio Ali Orgen è stato trasferito dal carcere di Taranto
a quello di Benevento. Ciò a conferma del tentativo palese di isolarlo dai
suoi affetti familiari e da quella vastissima rete di solidarietà che
immediatamente si è creata nei suoi confronti.
Negli anni novanta Ali è stato vittima di un processo ingiusto. Oggi è
vittima di una ingiusta richiesta di estradizione che si basa sull'assurda
applicazione di un nuova legge liberticida.
Per questi motivi il Comitato di solidarietà ad Ali Orgen indice un presidio
per sabato 4 settembre 2010 dalle ore 17,30 presso il carcere di Benevento.
Contestualmente fa appello a tutte le forze autorganizzate, di base,
antagoniste,ai sinceri democratici alla massima partecipazione al presidio
per esprimere e far sentire la nostra solidarietà ad Ali Orgen ed evitare
che vada verse certe torture e possibile morte!
Comitato di solidarietà ad Ali Orgen- No all'Estradizione
blog: http://www.comitatodisolidarietadaliorgen.blogspot.com
gruppo facebook: No all'estradizione del compagno Ali Orgen!!!!
pc quotidiano 1 settembre - la sicurezza sul lavoro secondo tremonti
Bisogna dare merito al sig. Tremonti che almeno è stato sincero, a differenza della maggior parte dei suoi colleghi.
Ha espresso la reale volontà di politici e imprenditori italiani: ridurre un po’ alla volta, fino ad eliminarla del tutto, ogni forma di tutela per i lavoratori, in modo da continuare a fare profitto, nonostante scelte politiche, economiche ed imprenditoriali disastrose.
L’ esternazione del sig. Tremonti è la conferma di una politica portata avanti da anni per la riduzione dei diritti dei lavoratori.
Cominciando con la Legge 196/97 (“legge Treu”) licenziata da un governo di “sinistra” e ripresa, peggiorandone i contenuti per i lavoratori, dal D.Lgs.276/03 (“legge Biagi”) licenziata da un governo di destra.
Continuando poi con l’ assenza totale da parte di tutti i governi di interventi efficaci per ridurre in maniera sensibile la strage di morti per infortuni o per malattie professionali. Nessun potenziamento degli organici degli enti di controllo, nessun inasprimento delle pene, nessuna riforma della giustizia per rubricare in omicidio o lesioni volontari ogni reato per infortuni sul lavoro.
C’ è voluta la tragedia della Thyssen e il suo impatto mediatico per convincere il moribondo governo Prodi a licenziare in fretta e furia il D.Lgs.81/08 (“Testo Unico”), migliorativo, ma non certo innovativo, anche perché ancora una volta non accompagnato da interventi di potenziamento sugli enti di controllo.
Poi il continuo attacco al Testo Unico portato avanti dal governo Berlusconi con il D.Lgs.106/09 prima, con la finanziaria ora e con la mancata attuazione dei numerosi Decreti integrativi richiamati dal Testo Unico.
Il tutto in un clima di continui attacchi ai diritti dei lavoratori, con la volontà di cancellare lo Statuto dei Lavoratori, con i ricatti della Fiat e di altri imprenditori.
Nessuna meraviglia che il sig. Tremonti sintetizzi così efficacemente anni di guerra contro i lavoratori.
Un po’ di meraviglia (ma nemmeno tanta) che i vari “paladini” dei diritti dei lavoratori, da tutti i partiti, ai sindacati ufficiali, al nostro caro Presidente Napolitano (sempre pronto a fingere la lacrimuccia per ogni morto sul lavoro, ma solo per quelli di cui si parla alla TV) non abbiano speso una parola per l’ “abominevole sincerità” della dichiarazione del sig. Tremonti.
Marco Spezia
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
Ha espresso la reale volontà di politici e imprenditori italiani: ridurre un po’ alla volta, fino ad eliminarla del tutto, ogni forma di tutela per i lavoratori, in modo da continuare a fare profitto, nonostante scelte politiche, economiche ed imprenditoriali disastrose.
L’ esternazione del sig. Tremonti è la conferma di una politica portata avanti da anni per la riduzione dei diritti dei lavoratori.
Cominciando con la Legge 196/97 (“legge Treu”) licenziata da un governo di “sinistra” e ripresa, peggiorandone i contenuti per i lavoratori, dal D.Lgs.276/03 (“legge Biagi”) licenziata da un governo di destra.
Continuando poi con l’ assenza totale da parte di tutti i governi di interventi efficaci per ridurre in maniera sensibile la strage di morti per infortuni o per malattie professionali. Nessun potenziamento degli organici degli enti di controllo, nessun inasprimento delle pene, nessuna riforma della giustizia per rubricare in omicidio o lesioni volontari ogni reato per infortuni sul lavoro.
C’ è voluta la tragedia della Thyssen e il suo impatto mediatico per convincere il moribondo governo Prodi a licenziare in fretta e furia il D.Lgs.81/08 (“Testo Unico”), migliorativo, ma non certo innovativo, anche perché ancora una volta non accompagnato da interventi di potenziamento sugli enti di controllo.
Poi il continuo attacco al Testo Unico portato avanti dal governo Berlusconi con il D.Lgs.106/09 prima, con la finanziaria ora e con la mancata attuazione dei numerosi Decreti integrativi richiamati dal Testo Unico.
Il tutto in un clima di continui attacchi ai diritti dei lavoratori, con la volontà di cancellare lo Statuto dei Lavoratori, con i ricatti della Fiat e di altri imprenditori.
Nessuna meraviglia che il sig. Tremonti sintetizzi così efficacemente anni di guerra contro i lavoratori.
Un po’ di meraviglia (ma nemmeno tanta) che i vari “paladini” dei diritti dei lavoratori, da tutti i partiti, ai sindacati ufficiali, al nostro caro Presidente Napolitano (sempre pronto a fingere la lacrimuccia per ogni morto sul lavoro, ma solo per quelli di cui si parla alla TV) non abbiano speso una parola per l’ “abominevole sincerità” della dichiarazione del sig. Tremonti.
Marco Spezia
rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro