sabato 31 luglio 2010
30-31 luglio a Taranto il seminario del MFPR
Il seminario avrà una prima parte in cui ripartiremo dal nuovo DOSSIER SULLA DUE GIORNI DI MARZO
"Bagagli per un viaggio delle donne in lotta", per stabilire un filo di continuità, con un aggiornamento sulla politica di governo/padronato contro le donne.
Torneremo su CAMPAGNA JOY, come esperienza importante di lotta contro lo Stato fascista, razzista, sessista, oggi da riprendere nel nuovo attacco contro le immigrate e nelle nuove ribellioni nei CIE.
Anche in questa prima parte, riprenderemo la questione dello SCIOPERO DELLE DONNE,
a livello generale, di significato, concezione, bandiera del femminismo proletario rivoluzionario; insieme al lavoro per un'inchiesta aggiornata e agente sulla condizione odierna delle operaie e delle lavoratrici.
Ma l'aspetto nuovo che vogliamo introdurre e metteremo a fuoco è la questione delle UCCISIONI DELLE DONNE, che oggi sintetizza la questione del moderno medioevo imperialista, approfondendo la nostra intuizione e parola d'ordine nuova e avanzata "Noi odiamo gli uomini che odiano le donne".
Su questa guerra di bassa intensità contro le donne, occorre un avanzamento nell'analisi, nella critica ideologica, sociale, di classe.
Ma soprattutto occorre una battaglia importante che noi dovremo assumere.
Nella seconda parte del seminario riprenderemo la questione delle basi storico materialistico dialettiche della condizione delle donne che sono alla base della nostra formulazione "movimento femminista proletario rivoluzionario"; Utlizzeremo alcuni opuscoli e stralci di un nuovo testo che si chiama:
"Appunti per un nuovo pensiero e prassi femminista proletaria rivoluzionaria".
E' l'intreccio tra la prima e la seconda parte il contributo che vogliamo portare alla
conferenza mondiale in Venzuela del prossimo anno.
Poi domenica sera faremo, guidate dalla rappresentante dei Disoccupati Organizzati, un giro per i posti di Taranto della rivolta delle disoccupate, delle lavoratrici precarie, e ora della lotta per l'acqua.
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
TARANTO - 31 luglio e 1° agosto
venerdì 30 luglio 2010
speciale fiat 6 - le armi della critica
esce il sesto speciale Fiat di proletari comunisti, anche questo sarà disponibile on line presto nella sua forma stampata
invitiamo come sempre a usarlo come i primi 5 per rendere più alta e affilata questa importante battaglia
proletari comunisti
invitiamo come sempre a usarlo come i primi 5 per rendere più alta e affilata questa importante battaglia
proletari comunisti
speciale fiat 6 - 1 - LA FABBRICA DEI MOSTRI
Marchionne ha varato la Newco a Pomigliano e ha espresso in modo chiaro l'idea della fabbrica che egli vuole. Lo ha espresso in modo arrogante e volgare dimostrando che nel capitalismo ogni novità finalizzata al profitto non può che basarsi sulla nuda legge dello sfruttamento. Questa arroganza e volgarità, però, hanno un merito, quello di mostrare come si voglia marciare verso un'idea di fabbrica, che poi è di società, in cui tutti i soggetti sono funzionali in forma nuda e cruda alle leggi del capitale.Per questo assumono dietro un volto umano vere e proprie sembianze mostruose.
Mostruosi i padroni che ormai affidano la fabbrica a questi manager-apprendisti stregoni e percepiscono gli eventuali dividendi frutto di questo; gli Agnelli posavano ad industriali e perfino a sovrani dell'industria, ora sono ridotti a ben misere comparse (misere, chiaramente, si fa per dire). Neanche nelle descrizioni più felici e nelle denunce più acute del movimento operaio si poteva arrivare a pensare a una realtà che supera queste descrizioni sin da diventare delle vere e proprie macchiette di una sorta di “teatro dei pupi”.
Mostruoso il manager che descrive una fabbrica in cui esiste solo la produzione e un mondo in cui ci sono solo macchine da vendere; se il mondo fosse effettivamente come dice Marchionne, davvero dovremmo dire che l'umanità ha concluso la sua discesa degli inferi, cioè un mondo di soli padroni, di soli capi e di soli venditori di macchine.
Se il capitale avesse solo deciso di dire da sé che “il re è nudo” saremmo lieti e contenti e avremmo risparmiato la fatica, ma a questo stadio dell'imperialismo globalizzato e di regime di moderno fascismo in formazione la questione preoccupante è che non si tratta soltanto dei padroni, dei percettori di rendita che assumono queste sembianze di mostri, ma in un processo molto simile a quello descritto da filmdi fantascienza queste sembianze e questa trasmutazione l'assumono tutti. Quindi si assiste ad una trasmutazione dei sindacati che pur nei loro statuti e perfino in pezzi della loro storia avevano la tutela dei lavoratori. Certo, avevamo sempre pensato che sindacati come la Cisl di ispirazione cattolica e come la Uil di ispirazione socialista fossero assai inconseguenti tutori degli interessi operai e della difesa sindacale, ma una trasmutazione così rapida in sindacati del “sì senza se e senza ma” (Bonanni) e in sindacalisti impegnati ad anticipare con eccesso di zelo il piano e gli interessi del padrone (come è la Uil di Angeletti e Palombella), davvero mostra una trasformazione degenerante.
Perfino i sindacati come la Fismic, considerati pallide riedizioni del sindacato giallo di cui alla Fiat c'è il vero copyright, oggi sembrano avere una nuova vita e illustri e ignobili sconosciuti zompettano come grilli parlanti.
Ma i mostri non si fermano ai sindacalisti. I giornali riportano testimonianze di operai che inneggiano a Marchionne, sono meno di quanto sembri ma sono vere, non siamo ancora ai livelli dei sindacalisti americani, o degli operai americani ma ci marciamo troppo celermente.
“Quando si è trattato di organizzare la fabbrica per metterla in grado di produrla, gli operai si sono offerti volontari per venire a pulire, tinteggiare, riportare questo posto agli onori del mondo. E guardi con quali risultati. Per questo parlo di orgoglio” (operaia dirigente della Uaw – Unione Auto Workes della Chrysler).
“All'inizio ci siamo offerti volontari per qualsiasi cosa. Ora lavoriamo con il Wcm, leggi: qualità” (operaio Chrysler).
“Un anziano guadagna 28 euro lordi l'ora per 40 ore settimanali, mentre il suo vicino dalla faccia ispanica ne guadagna 14, essendo entrato da poco. A noi va più che bene perchè abbiamo lavoro” (operaio Chrysler).
Pomigliano, Giovanni: “Il nostro stabilimento ha bisogno di essere rivalutato agli occhi della gente. Non siamo fannulloni, ben venga la nuova società”.
“Niente scioperi fino al 2015, paghe congelate fino a settembre 2011, taglio drastico ai benefit e all'assistenza sanitaria per i pensionati, tetto di 14 dollari ai salari dei nuovi assunti... i lavoratori
con qualifiche più elevate possono ora anche svolgere compiti di linea” - Accordo Chrysler, votato all'80%.
“Sergio è meraviglioso, ci ha aiutato a ritrovare l'orgoglio. Gliene siamo grati, è uno di noi... noi siamo convinti sostenitori del Wcm... gli operai hanno sospeso il lavoro per partecipare ai corsi di formazione. Un gruppo di loro ha chiesto di poter utilizzare il tempo libero per poter rinfrescare lo stabilimento” (operaio della Chrysler).
Il moderno fascismo padronale è e si basa su questa fabbrica dei mostri. E se descriviamo questo è per denunciarne la pericolosità, il veleno strutturale diffuso nelle fila operaie che sono sulla difensiva per rapporti di forza non certo favorevoli.Al moderno fascismo corrisponde la diffusione e strutturazione nelle fila operaie del sostegno al neocorporativismo.
In questo, la lotta contro la fabbrica di Marchionne è vitale per la classe operaia, è vitale per il presente e il futuro non solo delle sue organizzazioni sindacali di classe ma anche delle sue organizzazioni politiche e della continuità e permanenza del conflitto di classe, del futuro della classe e di una società libera dallo sfruttamento.
Guardata da questo punto di vista si può cogliere quanto da un lato sia importante la resistenza operaia, l'unità operaia e l'opposizione più generale al piano Marchionne; dall'altro, però, quanto essa sia inadeguata e destrutturata nelle forme attuali di organizzazioni politiche e sindacali esistenti nella classe.
Il No degli operai di Pomigliano, le lotte alla Fiat Sata, come a Mirafiori contro l'aumento dei ritmi e sul premio di risultato, l'opposizione ai licenziamenti repressivi, compresa la risposta combattiva al licenziamento di Termoli, sono segnali da salvaguardare e sviluppare.
Mostruosi i padroni che ormai affidano la fabbrica a questi manager-apprendisti stregoni e percepiscono gli eventuali dividendi frutto di questo; gli Agnelli posavano ad industriali e perfino a sovrani dell'industria, ora sono ridotti a ben misere comparse (misere, chiaramente, si fa per dire). Neanche nelle descrizioni più felici e nelle denunce più acute del movimento operaio si poteva arrivare a pensare a una realtà che supera queste descrizioni sin da diventare delle vere e proprie macchiette di una sorta di “teatro dei pupi”.
Mostruoso il manager che descrive una fabbrica in cui esiste solo la produzione e un mondo in cui ci sono solo macchine da vendere; se il mondo fosse effettivamente come dice Marchionne, davvero dovremmo dire che l'umanità ha concluso la sua discesa degli inferi, cioè un mondo di soli padroni, di soli capi e di soli venditori di macchine.
Se il capitale avesse solo deciso di dire da sé che “il re è nudo” saremmo lieti e contenti e avremmo risparmiato la fatica, ma a questo stadio dell'imperialismo globalizzato e di regime di moderno fascismo in formazione la questione preoccupante è che non si tratta soltanto dei padroni, dei percettori di rendita che assumono queste sembianze di mostri, ma in un processo molto simile a quello descritto da filmdi fantascienza queste sembianze e questa trasmutazione l'assumono tutti. Quindi si assiste ad una trasmutazione dei sindacati che pur nei loro statuti e perfino in pezzi della loro storia avevano la tutela dei lavoratori. Certo, avevamo sempre pensato che sindacati come la Cisl di ispirazione cattolica e come la Uil di ispirazione socialista fossero assai inconseguenti tutori degli interessi operai e della difesa sindacale, ma una trasmutazione così rapida in sindacati del “sì senza se e senza ma” (Bonanni) e in sindacalisti impegnati ad anticipare con eccesso di zelo il piano e gli interessi del padrone (come è la Uil di Angeletti e Palombella), davvero mostra una trasformazione degenerante.
Perfino i sindacati come la Fismic, considerati pallide riedizioni del sindacato giallo di cui alla Fiat c'è il vero copyright, oggi sembrano avere una nuova vita e illustri e ignobili sconosciuti zompettano come grilli parlanti.
Ma i mostri non si fermano ai sindacalisti. I giornali riportano testimonianze di operai che inneggiano a Marchionne, sono meno di quanto sembri ma sono vere, non siamo ancora ai livelli dei sindacalisti americani, o degli operai americani ma ci marciamo troppo celermente.
“Quando si è trattato di organizzare la fabbrica per metterla in grado di produrla, gli operai si sono offerti volontari per venire a pulire, tinteggiare, riportare questo posto agli onori del mondo. E guardi con quali risultati. Per questo parlo di orgoglio” (operaia dirigente della Uaw – Unione Auto Workes della Chrysler).
“All'inizio ci siamo offerti volontari per qualsiasi cosa. Ora lavoriamo con il Wcm, leggi: qualità” (operaio Chrysler).
“Un anziano guadagna 28 euro lordi l'ora per 40 ore settimanali, mentre il suo vicino dalla faccia ispanica ne guadagna 14, essendo entrato da poco. A noi va più che bene perchè abbiamo lavoro” (operaio Chrysler).
Pomigliano, Giovanni: “Il nostro stabilimento ha bisogno di essere rivalutato agli occhi della gente. Non siamo fannulloni, ben venga la nuova società”.
“Niente scioperi fino al 2015, paghe congelate fino a settembre 2011, taglio drastico ai benefit e all'assistenza sanitaria per i pensionati, tetto di 14 dollari ai salari dei nuovi assunti... i lavoratori
con qualifiche più elevate possono ora anche svolgere compiti di linea” - Accordo Chrysler, votato all'80%.
“Sergio è meraviglioso, ci ha aiutato a ritrovare l'orgoglio. Gliene siamo grati, è uno di noi... noi siamo convinti sostenitori del Wcm... gli operai hanno sospeso il lavoro per partecipare ai corsi di formazione. Un gruppo di loro ha chiesto di poter utilizzare il tempo libero per poter rinfrescare lo stabilimento” (operaio della Chrysler).
Il moderno fascismo padronale è e si basa su questa fabbrica dei mostri. E se descriviamo questo è per denunciarne la pericolosità, il veleno strutturale diffuso nelle fila operaie che sono sulla difensiva per rapporti di forza non certo favorevoli.Al moderno fascismo corrisponde la diffusione e strutturazione nelle fila operaie del sostegno al neocorporativismo.
In questo, la lotta contro la fabbrica di Marchionne è vitale per la classe operaia, è vitale per il presente e il futuro non solo delle sue organizzazioni sindacali di classe ma anche delle sue organizzazioni politiche e della continuità e permanenza del conflitto di classe, del futuro della classe e di una società libera dallo sfruttamento.
Guardata da questo punto di vista si può cogliere quanto da un lato sia importante la resistenza operaia, l'unità operaia e l'opposizione più generale al piano Marchionne; dall'altro, però, quanto essa sia inadeguata e destrutturata nelle forme attuali di organizzazioni politiche e sindacali esistenti nella classe.
Il No degli operai di Pomigliano, le lotte alla Fiat Sata, come a Mirafiori contro l'aumento dei ritmi e sul premio di risultato, l'opposizione ai licenziamenti repressivi, compresa la risposta combattiva al licenziamento di Termoli, sono segnali da salvaguardare e sviluppare.
speciale fiat 6 - 2 - L'UOMO NERO
Non sono gli uomini che determinano la storia, ma in determinati tempi storici o vicende è come se la storia trovi i suoi uomini.
L'imperialismo in crisi, la crisi esigono da tutti i padroni e da tutti i governi uno stesso tipo di politica. Non esistono quindi governi buoni e governi cattivi, ma come nel vecchio fascismo apparvero uomini della provvidenza e camicie nere, anche ora vediamo apparire l'uomo col maglione nero.
Marchionne inaugura un nuovo modo di rapportarsi verso la situazione italiana e in particolare verso i lavoratori. Questo modo è però nuovo nelle forme e anche nel fatto che sia un manager ad utilizzarlo, ma è vecchio nella sostanza. Uno di questi aspetti di vecchiume sono la demagogia sfrenata e le bugie.
In questi giorni attraverso le sue lettere, i suoi discorsi, questa demagogia ha libero corso e invece che segnalata da chi dovrebbe, viene incensata.
Una bugia clamorosa e una demagogia sfrenata è quella che viene fatta sul consenso che godrebbe tra gli operai in America e ora, come nuovo messia, in Polonia o in Serbia. A parte che le uniche voci effettive, collettive venute da queste parti, dalle fabbriche di questi paesi, dicono ben altro e anche dalla Chrysler, le cose non stanno come ci vengono raccontate.
Marchionne poi nasconde il fatto che sono i governi, da Obama al governo attuale in Serbia, che rovesciano sulla Fiat una montagna di denaro diretto e indiretto, dando vita a forme spudorate di capitalismo assistito, di capitalismo statalizzato, dove lo Stato versa i soldi e i padroni percepiscono gli utili. Quindi, quello di Marchionne è un mestiere abbastanza lurido di procacciatore di affari, di profittatore nella crisi, di salvatore di patrie; quindi molto contrastante rispetto a come si rappresenta e ancor più contrastante col modo veramente osceno e servile con cui lo rappresentano i sindacalisti compiacenti, gli esponenti dei partiti politici e l'insieme di quella corte di intellettuali servili che hanno sempre tratto dal servilismo la miseria di ricchezza di ceto.
C'è una sorta di vigliaccheria, poi, ostentata in Marchionne per il modo con cui offende, insulta e generalizza le sue accuse contro gli operai definiti “assenteisti, scioperati”. Il modo stesso con cui ha parlato di Musacchio, l'operaio licenziato di Termoli, in permesso per poter assistere la figlia, recatosi dopo a difendere gli interessi dei suoi compagni di lavoro di Pomigliano, che poi è difendere gli interessi di classe degli operai in generale e quindi dei suoi compagni di lavoro di Termoli e anche di sua figlia; il modo con cui Marchionne invece ha bollato questo comportamento, mostra la disgustosa miseria umana di chi pensa che incrementare vendite e profitti delle sacre famiglie sia qualcosa di “umano” e non l'immagine stessa della disumanità del capitale.
In questo senso la lotta in corso sul piano Fiat è effettivamente, nel suo piccolo, una lotta tra barbarie e civiltà che si deve combattere e vincere.
L'imperialismo in crisi, la crisi esigono da tutti i padroni e da tutti i governi uno stesso tipo di politica. Non esistono quindi governi buoni e governi cattivi, ma come nel vecchio fascismo apparvero uomini della provvidenza e camicie nere, anche ora vediamo apparire l'uomo col maglione nero.
Marchionne inaugura un nuovo modo di rapportarsi verso la situazione italiana e in particolare verso i lavoratori. Questo modo è però nuovo nelle forme e anche nel fatto che sia un manager ad utilizzarlo, ma è vecchio nella sostanza. Uno di questi aspetti di vecchiume sono la demagogia sfrenata e le bugie.
In questi giorni attraverso le sue lettere, i suoi discorsi, questa demagogia ha libero corso e invece che segnalata da chi dovrebbe, viene incensata.
Una bugia clamorosa e una demagogia sfrenata è quella che viene fatta sul consenso che godrebbe tra gli operai in America e ora, come nuovo messia, in Polonia o in Serbia. A parte che le uniche voci effettive, collettive venute da queste parti, dalle fabbriche di questi paesi, dicono ben altro e anche dalla Chrysler, le cose non stanno come ci vengono raccontate.
Marchionne poi nasconde il fatto che sono i governi, da Obama al governo attuale in Serbia, che rovesciano sulla Fiat una montagna di denaro diretto e indiretto, dando vita a forme spudorate di capitalismo assistito, di capitalismo statalizzato, dove lo Stato versa i soldi e i padroni percepiscono gli utili. Quindi, quello di Marchionne è un mestiere abbastanza lurido di procacciatore di affari, di profittatore nella crisi, di salvatore di patrie; quindi molto contrastante rispetto a come si rappresenta e ancor più contrastante col modo veramente osceno e servile con cui lo rappresentano i sindacalisti compiacenti, gli esponenti dei partiti politici e l'insieme di quella corte di intellettuali servili che hanno sempre tratto dal servilismo la miseria di ricchezza di ceto.
C'è una sorta di vigliaccheria, poi, ostentata in Marchionne per il modo con cui offende, insulta e generalizza le sue accuse contro gli operai definiti “assenteisti, scioperati”. Il modo stesso con cui ha parlato di Musacchio, l'operaio licenziato di Termoli, in permesso per poter assistere la figlia, recatosi dopo a difendere gli interessi dei suoi compagni di lavoro di Pomigliano, che poi è difendere gli interessi di classe degli operai in generale e quindi dei suoi compagni di lavoro di Termoli e anche di sua figlia; il modo con cui Marchionne invece ha bollato questo comportamento, mostra la disgustosa miseria umana di chi pensa che incrementare vendite e profitti delle sacre famiglie sia qualcosa di “umano” e non l'immagine stessa della disumanità del capitale.
In questo senso la lotta in corso sul piano Fiat è effettivamente, nel suo piccolo, una lotta tra barbarie e civiltà che si deve combattere e vincere.
speciale Fiat 6 - 3 - IL COLPO DI STATO DEL CAPITALE
Il piano Fiat guadagna in egemonia via via che mostra la sua natura e il governo attraverso il ministro Sacconi ne sponsorizza apertamente le scelte. E' come se in questo momento agiscano due governi: il governo della politica attraversato dalle convulsioni della corruzione e delle contraddizioni interne, il governo dell'economia che vede Tremonti agire quasi come potere autonomo in materia di manovra economica e il ciclone Fiat del piano Marchionne.
La sinistra parlamentare, assai patetica in tutte le sue espressioni, solleva il problema dell'assenza del ministro dell'Industria, senza notare che questo ministero c'è già e sono i padroni a prenderlo direttamente nelle mani e a modificare regole, leggi e perfino la Costituzione, sviluppando quello che si potrebbe chiamare una sorta di “colpo di Stato del capitale”, contro cui non si assiste a una difesa a fronte di questo attacco delle istituzioni regolarmente costituite, bensì a una attiva collaborazione per dare forma legale al colpo di Stato del capitale.
Oggi, dopo gli ultimi enunciati del piano Fiat, si assiste al fatto che governo, confindustria, giuristi del lavoro, i diversi eredi sparpagliati del Marco Biagi di turno, sono attivamente impegnati a vedere – come scrive il Sole 24ore – di “far quadrare il cerchio”.
Questo rende effettivamente pienamente illegale il piano Marchionne, la Newco, la disdetta del contratto nazionale, ecc., e giustifica il fatto che la lotta operaia oggi è l'unica difesa delle stesse legalità contrattuali, legislative, e quindi non può avere limiti nel suo svolgimento. E' la lotta operaia che difende il simulacro del CCNL, lo Statuto dei Lavoratori, la Costituzione, che pure vengono ritenuti valori fondanti.
Per cui è legittimo l'esercizio della forza, è del tutto legittimo che questo piano venga respinto e sabotato, le fabbriche vengano occupate, il governo venga attaccato e rovesciato.
Nello stesso tempo è evidente che anche una resistenza legale, come sembra essere la scelta di sostanza dell'opposizione sindacale, oggi non possa che essere sostenuta attraverso la forza, dato che il colpo di Stato del capitale, rappresentato dal piano Marchionne, mette fuorilegge le leggi.
Ogni qual volta il padrone alza il tiro, la difesa è necessaria, ma la migliore difesa è l'attacco. Nell'opposizione, nelle fila operaie questo concetto non è ancora compreso appieno e affermato.
La sinistra parlamentare, assai patetica in tutte le sue espressioni, solleva il problema dell'assenza del ministro dell'Industria, senza notare che questo ministero c'è già e sono i padroni a prenderlo direttamente nelle mani e a modificare regole, leggi e perfino la Costituzione, sviluppando quello che si potrebbe chiamare una sorta di “colpo di Stato del capitale”, contro cui non si assiste a una difesa a fronte di questo attacco delle istituzioni regolarmente costituite, bensì a una attiva collaborazione per dare forma legale al colpo di Stato del capitale.
Oggi, dopo gli ultimi enunciati del piano Fiat, si assiste al fatto che governo, confindustria, giuristi del lavoro, i diversi eredi sparpagliati del Marco Biagi di turno, sono attivamente impegnati a vedere – come scrive il Sole 24ore – di “far quadrare il cerchio”.
Questo rende effettivamente pienamente illegale il piano Marchionne, la Newco, la disdetta del contratto nazionale, ecc., e giustifica il fatto che la lotta operaia oggi è l'unica difesa delle stesse legalità contrattuali, legislative, e quindi non può avere limiti nel suo svolgimento. E' la lotta operaia che difende il simulacro del CCNL, lo Statuto dei Lavoratori, la Costituzione, che pure vengono ritenuti valori fondanti.
Per cui è legittimo l'esercizio della forza, è del tutto legittimo che questo piano venga respinto e sabotato, le fabbriche vengano occupate, il governo venga attaccato e rovesciato.
Nello stesso tempo è evidente che anche una resistenza legale, come sembra essere la scelta di sostanza dell'opposizione sindacale, oggi non possa che essere sostenuta attraverso la forza, dato che il colpo di Stato del capitale, rappresentato dal piano Marchionne, mette fuorilegge le leggi.
Ogni qual volta il padrone alza il tiro, la difesa è necessaria, ma la migliore difesa è l'attacco. Nell'opposizione, nelle fila operaie questo concetto non è ancora compreso appieno e affermato.
speciale fiat 6 - 4 - IL PARTITO DELLA FIAT E' IL PD
La Fiat ha sempre partecipato attivamente alla vita politica del paese, però ha sempre giudicato le forze politiche da un solo ed esclusivo punto di vista: se erano in sintonia e servivano agli interessi Fiat.
Quindi, in un certo senso la Fiat è stata sempre governativa. Ma chiaramente è impossibile dire che la Fiat fosse democristiana o socialista, così oggi è impossibile dire che la Fiat sia berlusconiana; i partiti della Fiat sono quelli che ne riconoscono pienamente la funzione e si mettono a disposizione.
In questo senso i partiti della sinistra riformista, Pci post anni '60 compreso, hanno avuto sempre un legame particolare con la Fiat.
Attualmente il partito più in sintonia con la Fiat è il PD. I suoi esponenti da Bersani a Fassino a Chiamparino sono attivi protagonisti di questa vicenda, condividono pienamente tutte le tappe dell'ultima fase: l'alleanza con la Chrysler e quindi il piano di Fabbrica Italia. E colgono ogni occasione per dimostrare la loro sintonia.
Le critiche che vengono fatte al governo sono sempre da destra – se si può dire – e vorrebbero in sostanza che il governo fosse molto più attivo nel sostegno alla Fiat, e in questo il suo comportamento fosse molto più simile a quello di Obama nel sostegno alla Chrysler, o oggi a quello del governo serbo.
Quindi in questo è evidentissimo il loro imbarazzo ogni qual volta devono esprimere una qualche critica al piano Marchionne per i suoi effetti nella fabbrica. La loro preoccupazione principale è che il carrarmato Marchionne possa alla fine far esplodere la protesta operaia e far deragliare il piano, renderlo inapplicabile.
D'altra parte per accreditarsi presso Marchionne, sono molto attivi nell'opera di convinzione verso la Cgil – che è già abbastanza convinta – o verso la Fiom che non è convinta. La posizione del PD coincide pienamente con quella di Bonanni e della Uil.
Le posizioni del PD non riescono a distinguersi da quelle del governo, a cui se mai critica di non fa abbastanza; ora, con l'esplosione della vicenda Mirafiori e trasferimento in Serbia, non si riescono a distinguere da quelle della Lega, anzi qui in una certa misura sono più a destra nel senso più filo Fiat. Chi tra il presidente della Regione Cota e il Sindaco di Torino Chiamparino è più vicino agli interessi della Fiat?
E che dire di Fassino che proseguendo una tradizione che viene da D'Alema, Prodi, mette sotto accusa il sindacato e si schiera apertamente contro la Fiom?
Questo per gli operai è abbastanza visibile, nessun operaio in lotta contro il piano pensa seriamente di poter contare sul PD come partito amico in questa difficile vicenda.
In questo senso l'irruzione nel dibattito della politica del caso Fiat è salutare perchè fa capire sulla base dei fatti e dell'esperienza pratica che la lotta non si può ridurre alla lotta contro il governo Berlusconi, che un governo col PD, sul fronte Fiat, sarebbe perfino peggio di quello di Berlusconi.
Quindi, qualsiasi richiamo che venga dalle fila degli oppositori del piano Fiat, compresa la stessa proposta di manifestazione nazionale di Rifondazione a settembre, che non abbia chiaro chi è dalla parte della Fiat e chi non lo è, chi rappresenta nel suo insieme il governo Fiat, ovvero il governo dei padroni, ovvero il governo del fascismo padronale, è sbagliato perchè mette la lotta operaia al carro della borghesia, invece di accentuare l'antagonismo ai piani dei padroni.
Il caso Fiat sgombera il campo al fronte unito antiberlusconi. Senza l'autonomia proletaria e di classe, senza chiarezza su questo, il fronte unito antiberlusconi è dentro il fronte Fiat.
E' questo il problema che abbiamo cercato di porre all'attenzione in occasione dello sciopero del 25 della Cgil. Certo uno sciopero generale contro il governo era più che necessario, ma la linea della maggioranza Cgil, tenuta anche in occasione della vicenda del referendum Pomigliano, è la manifestazione sindacale della linea del PD ed è quindi, come minimo, un'arma spuntata nell'attuale conflitto di classe in corso.
Fassino: “Forse una certa rudezza di toni usati negli ultimi tempi dall'ad della Fiat tradiscono il disagio proprio per questo, proprio per il mancato riconoscimento di aver salvato l'azienda... Sia da parte del governo il quale ha assistito passivo alle scelte Fiat senza fare nulla per accompagnarle, sia da parte dei sindacati che non hanno colto fino in fondo la valenza strategica... Ricordo, per inciso, che per salvare la Chrysler Obama scese in campo in prima persona. Anche in Italia bisogna mettere in campo una adeguata politica industriale... nel fare il proprio mestiere il sindacato non può essere insensibile al futuro della Fiat, l'azienda deve continuare a vivere bene... A Pomigliano rivedo alcuni atteggiamenti sindacali simili a quelli che hanno caratterizzato la lotta di trent'anni fa... si dice Marchionne vuole mettere in riga il sindacato oppure vuole fare un favore a Sacconi. Non è questo un approccio utile. Se il problema di Pomigliano è l'efficienza e misure che ne alzino il livello della produttività, non si può liquidarlo buttandola in politica”.
D'Alema: “A Pomigliano c'è stata troppa tolleranza da parte dei sindacati verso l'assenteismo operaio
Chiamparino: “...il fatto è che pensiamo ancora come negli anni '70. Non solo la Fiom ma tutta la politica italiana, a destra come a sinistra; dalla Lega a chi pensa semplicemente che si possa andare avanti senza regole o con regole messe continuamente in discussione... Chi glielo fa fare a Marchionne di investire 20 miliardi in un paese in cui bene che vada è sopportato... i sindacati devono garantire l'affidabilità, devono assicurare il funzionamento della fabbrica. Questo in America è stato fatto... Se fossi al posto di Marchionne direi: io devo fare tante vetture, fate voi le proposte su come evitare di perderci tutti...”.
“... Ho espresso il mio apprezzamento al Min. Sacconi per la decisione di creare un tavolo di confronto con azienda e sindacati sul futuro della Fiat... Il sindacato deve garantire una maggiore affidabilità per accompagnare un grande progetto come quello di Fabbrica Italia... ha ragione Marchionne che si aspettava accoglienze molto diverse su un progetto che rappresenta l'unica vera ipotesi di rivoluzione industriale italiana. Invece è stato accolto con indifferenza generale, scetticismo, problemi di rappresentatività sindacale... Marchionne non può arrendersi di fronte alle prime difficoltà, si gioca con chi ci sta, ci si organizza con chi accetta il progetto e la sfida...
Cota: “Dal sindacato mi attendo risposte convincenti. La priorità è il lavoro non le ideologie... I rapporti con Sergio Marchionne sono ottimi... Io mi sono schierato al fianco di chi vuole investire 20 miliardi per produrre automobili in Italia. Dire si ad un investimento miliardario vuol dire stare con gli operai
Quindi, in un certo senso la Fiat è stata sempre governativa. Ma chiaramente è impossibile dire che la Fiat fosse democristiana o socialista, così oggi è impossibile dire che la Fiat sia berlusconiana; i partiti della Fiat sono quelli che ne riconoscono pienamente la funzione e si mettono a disposizione.
In questo senso i partiti della sinistra riformista, Pci post anni '60 compreso, hanno avuto sempre un legame particolare con la Fiat.
Attualmente il partito più in sintonia con la Fiat è il PD. I suoi esponenti da Bersani a Fassino a Chiamparino sono attivi protagonisti di questa vicenda, condividono pienamente tutte le tappe dell'ultima fase: l'alleanza con la Chrysler e quindi il piano di Fabbrica Italia. E colgono ogni occasione per dimostrare la loro sintonia.
Le critiche che vengono fatte al governo sono sempre da destra – se si può dire – e vorrebbero in sostanza che il governo fosse molto più attivo nel sostegno alla Fiat, e in questo il suo comportamento fosse molto più simile a quello di Obama nel sostegno alla Chrysler, o oggi a quello del governo serbo.
Quindi in questo è evidentissimo il loro imbarazzo ogni qual volta devono esprimere una qualche critica al piano Marchionne per i suoi effetti nella fabbrica. La loro preoccupazione principale è che il carrarmato Marchionne possa alla fine far esplodere la protesta operaia e far deragliare il piano, renderlo inapplicabile.
D'altra parte per accreditarsi presso Marchionne, sono molto attivi nell'opera di convinzione verso la Cgil – che è già abbastanza convinta – o verso la Fiom che non è convinta. La posizione del PD coincide pienamente con quella di Bonanni e della Uil.
Le posizioni del PD non riescono a distinguersi da quelle del governo, a cui se mai critica di non fa abbastanza; ora, con l'esplosione della vicenda Mirafiori e trasferimento in Serbia, non si riescono a distinguere da quelle della Lega, anzi qui in una certa misura sono più a destra nel senso più filo Fiat. Chi tra il presidente della Regione Cota e il Sindaco di Torino Chiamparino è più vicino agli interessi della Fiat?
E che dire di Fassino che proseguendo una tradizione che viene da D'Alema, Prodi, mette sotto accusa il sindacato e si schiera apertamente contro la Fiom?
Questo per gli operai è abbastanza visibile, nessun operaio in lotta contro il piano pensa seriamente di poter contare sul PD come partito amico in questa difficile vicenda.
In questo senso l'irruzione nel dibattito della politica del caso Fiat è salutare perchè fa capire sulla base dei fatti e dell'esperienza pratica che la lotta non si può ridurre alla lotta contro il governo Berlusconi, che un governo col PD, sul fronte Fiat, sarebbe perfino peggio di quello di Berlusconi.
Quindi, qualsiasi richiamo che venga dalle fila degli oppositori del piano Fiat, compresa la stessa proposta di manifestazione nazionale di Rifondazione a settembre, che non abbia chiaro chi è dalla parte della Fiat e chi non lo è, chi rappresenta nel suo insieme il governo Fiat, ovvero il governo dei padroni, ovvero il governo del fascismo padronale, è sbagliato perchè mette la lotta operaia al carro della borghesia, invece di accentuare l'antagonismo ai piani dei padroni.
Il caso Fiat sgombera il campo al fronte unito antiberlusconi. Senza l'autonomia proletaria e di classe, senza chiarezza su questo, il fronte unito antiberlusconi è dentro il fronte Fiat.
E' questo il problema che abbiamo cercato di porre all'attenzione in occasione dello sciopero del 25 della Cgil. Certo uno sciopero generale contro il governo era più che necessario, ma la linea della maggioranza Cgil, tenuta anche in occasione della vicenda del referendum Pomigliano, è la manifestazione sindacale della linea del PD ed è quindi, come minimo, un'arma spuntata nell'attuale conflitto di classe in corso.
Fassino: “Forse una certa rudezza di toni usati negli ultimi tempi dall'ad della Fiat tradiscono il disagio proprio per questo, proprio per il mancato riconoscimento di aver salvato l'azienda... Sia da parte del governo il quale ha assistito passivo alle scelte Fiat senza fare nulla per accompagnarle, sia da parte dei sindacati che non hanno colto fino in fondo la valenza strategica... Ricordo, per inciso, che per salvare la Chrysler Obama scese in campo in prima persona. Anche in Italia bisogna mettere in campo una adeguata politica industriale... nel fare il proprio mestiere il sindacato non può essere insensibile al futuro della Fiat, l'azienda deve continuare a vivere bene... A Pomigliano rivedo alcuni atteggiamenti sindacali simili a quelli che hanno caratterizzato la lotta di trent'anni fa... si dice Marchionne vuole mettere in riga il sindacato oppure vuole fare un favore a Sacconi. Non è questo un approccio utile. Se il problema di Pomigliano è l'efficienza e misure che ne alzino il livello della produttività, non si può liquidarlo buttandola in politica”.
D'Alema: “A Pomigliano c'è stata troppa tolleranza da parte dei sindacati verso l'assenteismo operaio
Chiamparino: “...il fatto è che pensiamo ancora come negli anni '70. Non solo la Fiom ma tutta la politica italiana, a destra come a sinistra; dalla Lega a chi pensa semplicemente che si possa andare avanti senza regole o con regole messe continuamente in discussione... Chi glielo fa fare a Marchionne di investire 20 miliardi in un paese in cui bene che vada è sopportato... i sindacati devono garantire l'affidabilità, devono assicurare il funzionamento della fabbrica. Questo in America è stato fatto... Se fossi al posto di Marchionne direi: io devo fare tante vetture, fate voi le proposte su come evitare di perderci tutti...”.
“... Ho espresso il mio apprezzamento al Min. Sacconi per la decisione di creare un tavolo di confronto con azienda e sindacati sul futuro della Fiat... Il sindacato deve garantire una maggiore affidabilità per accompagnare un grande progetto come quello di Fabbrica Italia... ha ragione Marchionne che si aspettava accoglienze molto diverse su un progetto che rappresenta l'unica vera ipotesi di rivoluzione industriale italiana. Invece è stato accolto con indifferenza generale, scetticismo, problemi di rappresentatività sindacale... Marchionne non può arrendersi di fronte alle prime difficoltà, si gioca con chi ci sta, ci si organizza con chi accetta il progetto e la sfida...
Cota: “Dal sindacato mi attendo risposte convincenti. La priorità è il lavoro non le ideologie... I rapporti con Sergio Marchionne sono ottimi... Io mi sono schierato al fianco di chi vuole investire 20 miliardi per produrre automobili in Italia. Dire si ad un investimento miliardario vuol dire stare con gli operai
speciale fiat 6 - 5 - piano marchionne -sindacati gialli e sindacato della conciliazione 5
Che i sindacati cisl, uil, ugl, fismic siano diventati uno dei bracci operativi di Marchionne è chiaro a tutti. La loro forza si basa ora sul potere di essere azienda, molto forte in tempi di attacco del fascismo padronale.
Il ruolo di questi sindacati evolve in vera e propria struttura parallela del comando di fabbrica, in generale e stabilimento per stabilimento.
Però per combattere tutto questo, il problema attuale è il “partito della conciliazione”. Questo partito è rappresentato dalla Cgil. Questo partito è in azione sia quando apertamente contrasta la Fiom – vedi l'indicazione di voto per il Si a Pomigliano – sia quando si presenta come “partito del Ni” o sembra fiancheggiare la Fiom nella sua opposizione agli aspetti più clamorosi dell'accordo di Pomigliano e delle sue conseguenze operative attuali, la creazione della Newco.
In particolare, dopo il venire a nudo dell'intero piano Fiat, Epifani ha chiamato a ridiscutere tutto, Pomigliano e investimenti.
Ma è del tutto evidente che ogni ridiscussione domanda che la Fiat accetti di rivedere il piano Pomigliano e ritiri i licenziamenti. Questa priorità non viene assolutamente posta.
I problemi che pone Epifani sono altri: la continuità del rapporto con un territorio, cioè si chiede che il piano Fabbrica Italia sia effettivamente Italia, si chiede che il governo italiano intervenga come gli altri governi, si chiedono più investimenti, più qualità dei prodotti, più professionalità, adesione esplicita ai doveri che ne conseguono anche sulla produttività ed efficienza, con la rinuncia solo all'attacco alla questione della malattia e del diritto di sciopero.
Alla vigilia dell'incontro anche la Camusso si muove lungo questa linea: “Ci auguriamo si farà finalmente chiarezza su Fabbrica Italia e sul piano industriale... Sarebbe molto più ragionevole riaprire il Tavolo...non è dimostrato che la produttività cresce con la riduzione dei diritti dei lavoratori”.
Anche la segreteria della Cgil di Torino entra in campo: ”Non penso che ci chiederanno di accettare il modello Pomigliano. Quando qualcuno ci ha chiesto di produrre a turni, gli abbiamo mai detto No?... Il tavolo deve servire per capire la credibilità del piano della Fiat e come va gestito... Sul referendum di Pomigliano, penso che la posizione che ha tenuto la Cgil nazionale sia la posizione corretta....”.
Dopo queste dichiarazioni si è subito detto, non smentiti dai dirigenti Fiom, che sia tornata l'intesa tra Fiom e Cgil”. Nella conferenza stampa tenutasi a Torino dopo l'incontro con l'azienda, Epifani dichiara: “Per la Cgil e anche per la Fiom l'obiettivo del progetto Fabbrica Italia è condiviso. Il problema è come si conquista e si gestisce l'obiettivo”. “Landini annuisce soddisfatto. Il futuro responsabile nazionale Fiat della Fiom, Giorgio Airaudo, aggiunge: “La Cgil è sensibile al tema dei diritti individuali, è nel suo Dna e nel suo Statuto”.
Con queste posizioni è bene evidente che non si andrà molto lontano e non si è certo in grado di contrastare effettivamente il piano Fiat che è cosa ben più consistente che un attacco ai diritti individuali.
Ma le contraddizioni di linea generale tra Cgil e Fiom sono molto minori delle contraddizioni che emergono realmente quando gli operai dicono No al referendum o entrano in sciopero. Landini sembra avere le stesse posizioni della Cgil: “Il problema è cioè capire cosa intende fare la Fiat in tema di innovazione del prodotto e cosa intende fare il governo per garantire una politica industriale a questo paese. Da quello che mi dicono i rappresentanti del sindacato serbo, ad esempio il loro governo sta mettendo in campo consistenti investimenti pubblici, a cominciare da una interessante detassazione fiscale... mi aspetto che la Cgil decida subito un'iniziativa forte in difesa dei diritti e dei contratti...”.
Quello a cui realmente si assiste non è che a fronte dell'allargamento dello scontro per il venire alla luce dell'intero piano Fiat, ci sia un consolidamento della necessità di far saltare il piano Fabbrica Italia per l'elemento di fascismo padronale sistemico che esso contiene, ma quello di cercare di far rientrare lo scontro in una impossibile e illusoria normale “dialettica corretta delle relazioni industriali”.
Marchionne nell'incontro non ha soltanto confermato l'avvio rapido e stringente del piano Pomigliano ma la sua estensione stabilimento per stabilimento. All'insegna di un Si o un No per ripetere, adattato alle caratteristiche di ogni stabilimento l'operazione Pomigliano.
Questa operazione richiederà, come già è avvenuto a Pomigliano, un particolare confronto diretto con gli operai di ciascuna fabbrica con chiamata in servizio dei sindacati presenti in ciascuna fabbrica.
A Pomigliano la battaglia è stata vera e tale resta. E' importante che anche le avanguardie interne a questa fabbrica, come il caso dello Slai cobas di Pomigliano, utilizzi la definizione di esso come “moderno fascismo imprenditoriale” (dichiaraziopne di Vittorio Granillo).
Negli altri stabilimenti le cose si presenteranno più difficili per l'opposizione che a Pomigliano.
Alla Fiat Sata immediatamente dopo i nuovi annunci di Marchionne i sindacati del padrone hanno unito una preoccupazione per lo spostamento in Serbia – in questa assurda corsa in atto tra i vari stabilimenti divenuta una sorta di “lotteria dei modelli”- anche alla Fiat Sata si sperava nell'assegnazione della LO al proprio stabilimento. Ma di fronte al fatto che ci sia la prospettiva delle Newco, i sindacati gialli di Melfi dichiarano: “San Nicola è nata già in ottica Pomigliano, soprattutto per la turnistica” (Marco Rosselli della Fismic). E della stessa natura sono le dichiarazioni del segretario della Uil che si lancia in uno sperticato elogio di Marchionne:”Marchionne tenta di risolvere in un colpo solo il conflitto che esiste da decenni e che ha fatto sì che il costo di lavoro per unità prodotta fosse il più alto in Europa. Ora aumenta la produttività il più possib ile, abbatte alcuni scogli come l'assenteismo e gli scioperi”.
Non di natura diversa sono le reazioni a Cassino dove già siamo un po' più avanti: “Qui c'è l'ingegnere giapponese, il famigerato Jamashina, il quale ha ispezionato, ha valutato e ha concluso che la Fiat di Cassino si merita il Silver”, la medaglia d'argento nell'applicazione del sistema Wcm e ora potrebbe seriamente puntare al Gold.
Il segretario della Uilm della fabbrica dichiara che “a fronte dell'applicazione dell'accordo Pomigliano, non ci spaventiamo, siamo pronti ai 18 turni e non possiamo certo tirarci indietro da questo confronto. Noi lo aspettiamo senza ansia, con grande tranquillità”. E aggiunge “caricateci di nuovi doveri. Ma rispettate le aspettative economiche”.
Lo stato delle cose mostra come Marchionne cerca di vincere la sua guerra ai lavoratori stabilimento per stabilimento e che i sindacati gialli stanno già lavorando perchè gli operai la perdano stabilimento per stabilimento.
Il ruolo di questi sindacati evolve in vera e propria struttura parallela del comando di fabbrica, in generale e stabilimento per stabilimento.
Però per combattere tutto questo, il problema attuale è il “partito della conciliazione”. Questo partito è rappresentato dalla Cgil. Questo partito è in azione sia quando apertamente contrasta la Fiom – vedi l'indicazione di voto per il Si a Pomigliano – sia quando si presenta come “partito del Ni” o sembra fiancheggiare la Fiom nella sua opposizione agli aspetti più clamorosi dell'accordo di Pomigliano e delle sue conseguenze operative attuali, la creazione della Newco.
In particolare, dopo il venire a nudo dell'intero piano Fiat, Epifani ha chiamato a ridiscutere tutto, Pomigliano e investimenti.
Ma è del tutto evidente che ogni ridiscussione domanda che la Fiat accetti di rivedere il piano Pomigliano e ritiri i licenziamenti. Questa priorità non viene assolutamente posta.
I problemi che pone Epifani sono altri: la continuità del rapporto con un territorio, cioè si chiede che il piano Fabbrica Italia sia effettivamente Italia, si chiede che il governo italiano intervenga come gli altri governi, si chiedono più investimenti, più qualità dei prodotti, più professionalità, adesione esplicita ai doveri che ne conseguono anche sulla produttività ed efficienza, con la rinuncia solo all'attacco alla questione della malattia e del diritto di sciopero.
Alla vigilia dell'incontro anche la Camusso si muove lungo questa linea: “Ci auguriamo si farà finalmente chiarezza su Fabbrica Italia e sul piano industriale... Sarebbe molto più ragionevole riaprire il Tavolo...non è dimostrato che la produttività cresce con la riduzione dei diritti dei lavoratori”.
Anche la segreteria della Cgil di Torino entra in campo: ”Non penso che ci chiederanno di accettare il modello Pomigliano. Quando qualcuno ci ha chiesto di produrre a turni, gli abbiamo mai detto No?... Il tavolo deve servire per capire la credibilità del piano della Fiat e come va gestito... Sul referendum di Pomigliano, penso che la posizione che ha tenuto la Cgil nazionale sia la posizione corretta....”.
Dopo queste dichiarazioni si è subito detto, non smentiti dai dirigenti Fiom, che sia tornata l'intesa tra Fiom e Cgil”. Nella conferenza stampa tenutasi a Torino dopo l'incontro con l'azienda, Epifani dichiara: “Per la Cgil e anche per la Fiom l'obiettivo del progetto Fabbrica Italia è condiviso. Il problema è come si conquista e si gestisce l'obiettivo”. “Landini annuisce soddisfatto. Il futuro responsabile nazionale Fiat della Fiom, Giorgio Airaudo, aggiunge: “La Cgil è sensibile al tema dei diritti individuali, è nel suo Dna e nel suo Statuto”.
Con queste posizioni è bene evidente che non si andrà molto lontano e non si è certo in grado di contrastare effettivamente il piano Fiat che è cosa ben più consistente che un attacco ai diritti individuali.
Ma le contraddizioni di linea generale tra Cgil e Fiom sono molto minori delle contraddizioni che emergono realmente quando gli operai dicono No al referendum o entrano in sciopero. Landini sembra avere le stesse posizioni della Cgil: “Il problema è cioè capire cosa intende fare la Fiat in tema di innovazione del prodotto e cosa intende fare il governo per garantire una politica industriale a questo paese. Da quello che mi dicono i rappresentanti del sindacato serbo, ad esempio il loro governo sta mettendo in campo consistenti investimenti pubblici, a cominciare da una interessante detassazione fiscale... mi aspetto che la Cgil decida subito un'iniziativa forte in difesa dei diritti e dei contratti...”.
Quello a cui realmente si assiste non è che a fronte dell'allargamento dello scontro per il venire alla luce dell'intero piano Fiat, ci sia un consolidamento della necessità di far saltare il piano Fabbrica Italia per l'elemento di fascismo padronale sistemico che esso contiene, ma quello di cercare di far rientrare lo scontro in una impossibile e illusoria normale “dialettica corretta delle relazioni industriali”.
Marchionne nell'incontro non ha soltanto confermato l'avvio rapido e stringente del piano Pomigliano ma la sua estensione stabilimento per stabilimento. All'insegna di un Si o un No per ripetere, adattato alle caratteristiche di ogni stabilimento l'operazione Pomigliano.
Questa operazione richiederà, come già è avvenuto a Pomigliano, un particolare confronto diretto con gli operai di ciascuna fabbrica con chiamata in servizio dei sindacati presenti in ciascuna fabbrica.
A Pomigliano la battaglia è stata vera e tale resta. E' importante che anche le avanguardie interne a questa fabbrica, come il caso dello Slai cobas di Pomigliano, utilizzi la definizione di esso come “moderno fascismo imprenditoriale” (dichiaraziopne di Vittorio Granillo).
Negli altri stabilimenti le cose si presenteranno più difficili per l'opposizione che a Pomigliano.
Alla Fiat Sata immediatamente dopo i nuovi annunci di Marchionne i sindacati del padrone hanno unito una preoccupazione per lo spostamento in Serbia – in questa assurda corsa in atto tra i vari stabilimenti divenuta una sorta di “lotteria dei modelli”- anche alla Fiat Sata si sperava nell'assegnazione della LO al proprio stabilimento. Ma di fronte al fatto che ci sia la prospettiva delle Newco, i sindacati gialli di Melfi dichiarano: “San Nicola è nata già in ottica Pomigliano, soprattutto per la turnistica” (Marco Rosselli della Fismic). E della stessa natura sono le dichiarazioni del segretario della Uil che si lancia in uno sperticato elogio di Marchionne:”Marchionne tenta di risolvere in un colpo solo il conflitto che esiste da decenni e che ha fatto sì che il costo di lavoro per unità prodotta fosse il più alto in Europa. Ora aumenta la produttività il più possib ile, abbatte alcuni scogli come l'assenteismo e gli scioperi”.
Non di natura diversa sono le reazioni a Cassino dove già siamo un po' più avanti: “Qui c'è l'ingegnere giapponese, il famigerato Jamashina, il quale ha ispezionato, ha valutato e ha concluso che la Fiat di Cassino si merita il Silver”, la medaglia d'argento nell'applicazione del sistema Wcm e ora potrebbe seriamente puntare al Gold.
Il segretario della Uilm della fabbrica dichiara che “a fronte dell'applicazione dell'accordo Pomigliano, non ci spaventiamo, siamo pronti ai 18 turni e non possiamo certo tirarci indietro da questo confronto. Noi lo aspettiamo senza ansia, con grande tranquillità”. E aggiunge “caricateci di nuovi doveri. Ma rispettate le aspettative economiche”.
Lo stato delle cose mostra come Marchionne cerca di vincere la sua guerra ai lavoratori stabilimento per stabilimento e che i sindacati gialli stanno già lavorando perchè gli operai la perdano stabilimento per stabilimento.
pc quotidiano 28-29 luglio - Con la resistenza popolare armata libanese
L'imperialismo Usa e l'alleato israeliano tornano a minacciare il popolo libanese e la resistenza armata di Hezbollah. A dargli sostegno due paesi arabi, Siria e Arabia Saudita.
Alcune decisioni politiche da parte imperialista stanno diventando una nuova minaccia per la resistenza popolare libanese, in un contesto regionale geopolitico dove domina la "questione palestinese" che vogliono "pacificare" con l'avvio di un nuovo negoziato-farsa e i piani contro l'Iran.
Il Congresso Usa ha approvato un ulteriore stanziamento di altri 100 milioni di dollari in armamenti per l’esercito libanese per rafforzare la sua presenza nel Libano del sud assieme alle truppe dell’Unifil/Onu, nella zona cioè che è stata aggredita militarmente da Israele nel 2006. Una presenza militare che ha trovato l'opposizione delle masse popolari libanesi che nei prossimi giorni potrebbero insorgere di fronte all'ennesima aggressione, stavolta con le armi del diritto internazionale. Infatti stanno preparando l'incriminazione, da parte del Tribunale Speciale per il Libano (istituito, anche questo, dall'Onu), del movimento sciita Hezbollah per l’attentato all’ex premier Rafiq Hariri (febbraio 2005) .
Ed è per questo motivo che si sono incontrati a Beirut il re saudita Abdullah e il presidente siriano Bashar Assad con il capo di stato del governo-fantoccio libanese, Michel Suleiman. Dicono ufficialmente per "evitare una nuova guerra civile" ma, in realtà, la stanno fomentando con l'obiettivo del disarmo del movimento Hezbollah.
Per sconfiggere i piani imperialisti le masse arabe, palestinesi, non hanno altra via che organizzare la resistenza armata. Ma per avanzare e non rimanere nella difensiva, come fin quì è avvenuto, è necessaria una nuova direzione alternativa a quella islamica, un nuovo fronte unito, un nuovo inizio per la guerra popolare sotto la direzione comunista maoista, che incendi il medio oriente come oggi lo sta facendo in India, Nepal, Filippine, Perù, Turchia.
prolcomra
30/07/2010
pc quotidiano 28-29 luglio - Pezzotta il venduto: Indesit come Pomigliano
L’onorevole Savino Pezzotta dell’Udc, già leader nazionale della Cisl, ha svolto invece un ragionamento di politica industriale, citando indirettamente quanto sta accadendo a Pomigliano: «Vediamo da tanti esempi recenti che le condizioni di lavoro andranno sempre più peggiorando, quindi ci si deve attrezzare per una prospettiva di questo tipo, perchè non si tratterà di un caso isolato».
giovedì 29 luglio 2010
pc quotidiano 28-29 luglio - Al fianco di Faith, Joy e tutte le altre
Sosteniamo con forza la denuncia delle violenze sessuali subite dalle donne migranti
Contrastiamo sul campo sessismo, razzismo, Moderno Fascismo
Basta espulsioni, pacchetto sicurezza
Contro l'oppressione di sesso, genere e classe
Ancora due pesi e due misure per le donne immigrate che denunciano i loro stupratori: sta suscitando solidarietà, il moltiplicarsi di appelli e riscuotendo risonanza la vicenda che, questa volta, vede protagonista Faith una ragazza nigeriana che è stata espulsa dall' Italia dopo aver denunciato un tentativo di stupro. In Nigeria era stata condannata per l'omicidio del suo datore di lavoro che aveva tentato di violentarla. Uscita su cauzione, si era rifugiata in Italia, ora rischia la pena di morte. Dal comunicato di EveryOne: “Secondo le leggi nigeriane e considerato il potere economico e politico della famiglia dell'uomo che aveva tentato lo stupro, Faith potrebbe essere condannata a morte..”
Ancora una ragazza nigeriana, dopo Joy, ancora donne che rischiano la vita nel loro Paese.
Negli stessi giorni in cui è emersa questa ennesima odiosa tripla violenza, la Corte Costituzionale si è espressa in merito al DL sulla violenza sessuale, meglio noto come Carfagna. La Corte Costituzionale ha definito incostituzionale l’automatismo per cui gli indagati per violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile fossero custoditi in carcere in attesa del giudizio, affidando al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative. Una decisione “giustificazionista, lontana dal sentire dei cittadini e che allontana dalla strada verso il rigore e la tolleranza zero contro i crimini sessuali che questa maggioranza ha deciso di intraprendere sin dall'inizio legislatura”, così ha commentato l'onorevole Carfagna. L'on. Carfagna da un lato, “dimentica” che questo governo ha usato strumentalmente le violenze sessuali contro le donne -italiane- per far passare il pacchetto sicurezza che, proprio per le donne immigrate è fonte di soprusi, grandi sofferenze e, paradossalmente, non permette loro o, perlomeno, rende molto più difficile denunciare i propri stupratori e portare avanti le denunce: lo abbiamo visto per Joy e, oggi, per Faith, dall'altro si guarda bene dal reclamare la “tolleranza zero” per i crimini sessuali nei confronti delle immigrate. Ma, dall'altro lato, questa pronuncia della Corte Costituzionale deve allertarci quando parla di “affidare al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative”: non vorremmo si intenda riproporre la strada seguita per i “bravi ragazzi” di Montalto di Castro.
La vicenda di Joy ha mostrato che solo la mobilitazione, lo schierarsi chiaramente al fianco in primis delle donne, delle femministe può permettere di “inceppare” i meccanismi perversi che, per le immigrate, prevedono carcere-CIE-espulsioni, nega loro di poter portare avanti le denunce
Crediamo che anche gli appelli e forme di mobilitazioni che sta suscitando la vicenda di Faith siano frutto anche e, in primis, della lotta di Joy e delle sue compagne e, poi, delle femministe, degli antirazzisti che attivamente e coerentemente l'hanno sostenuta, fatta conoscere in maniera ampia con campagne di denuncia, controinformazione, sino al presidio dell'8 giugno davanti al Tribunale di Milano. La lotta paga e anche con questa lotta le donne, le lavoratrici, le femministe si stanno rafforzando e imparando a cambiare lo stato di cose esistente.
Milano, 28 luglio 2010
Di seguito un'agenzia di stampa che ripercorre la vicenda
NIGERIA: RISCHIA CONDANNA A MORTE DOPO RIMPATRIO DALL'ITALIA
21 luglio 2010: una ragazza nigeriana rischia nel suo Paese la condanna a morte dopo essere stata rimpatriata dall'Italia. Si tratta di Faith Aymoro, 23 anni, espulsa ieri mattina dal Cie di Bologna nonostante la richiesta di asilo politico presentata proprio ieri dal suo avvocato Alessandro Vitale.
In Nigeria è stata arrestata per l'omicidio di un uomo che aveva tentato di stuprarla, e ora rischia la pena di morte per impiccagione. A riferirlo e' il suo difensore.'Oggi ho avuto la conferma ufficiale del suo rimpatrio dalla questura di Bologna - ha spiegato Vitale - In piu' il ragazzo di Faith (anche lui nigeriano e che vive e lavora a Bologna, ndr) ha saputo che e' gia' in stato di arresto'. Due settimane fa la donna, che dal 2007 viveva nel capoluogo emiliano dopo essere scappata dalla Nigeria, ha subito un altro tentativo di violenza sessuale da parte di un altro connazionale, nel
suo appartamento. Ma all'arrivo della polizia, gli agenti hanno scoperto che aveva due decreti di espulsione mai eseguiti, per cui l'hanno portata al Cie. Allora il suo avvocato ha chiesto un permesso di soggiorno per motivi di giustizia (per permetterle di testimoniare contro il presunto aggressore) e ha presentato domanda di sospensiva al giudice di pace, oltre a quella di asilo politico. Ma ogni sforzo e' stato vano e il rimpatrio e' stato eseguito. A questo punto, secondo il legale, non ci sono molte speranze.
'L'unica cosa che possiamo fare, non appena l'arresto della donna sara' ufficializzato, e' appellarci allo Stato italiano perche' intervenga, oppure a un'associazione internazionale come Amnesty International'.
Contrastiamo sul campo sessismo, razzismo, Moderno Fascismo
Basta espulsioni, pacchetto sicurezza
Contro l'oppressione di sesso, genere e classe
Ancora due pesi e due misure per le donne immigrate che denunciano i loro stupratori: sta suscitando solidarietà, il moltiplicarsi di appelli e riscuotendo risonanza la vicenda che, questa volta, vede protagonista Faith una ragazza nigeriana che è stata espulsa dall' Italia dopo aver denunciato un tentativo di stupro. In Nigeria era stata condannata per l'omicidio del suo datore di lavoro che aveva tentato di violentarla. Uscita su cauzione, si era rifugiata in Italia, ora rischia la pena di morte. Dal comunicato di EveryOne: “Secondo le leggi nigeriane e considerato il potere economico e politico della famiglia dell'uomo che aveva tentato lo stupro, Faith potrebbe essere condannata a morte..”
Ancora una ragazza nigeriana, dopo Joy, ancora donne che rischiano la vita nel loro Paese.
Negli stessi giorni in cui è emersa questa ennesima odiosa tripla violenza, la Corte Costituzionale si è espressa in merito al DL sulla violenza sessuale, meglio noto come Carfagna. La Corte Costituzionale ha definito incostituzionale l’automatismo per cui gli indagati per violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile fossero custoditi in carcere in attesa del giudizio, affidando al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative. Una decisione “giustificazionista, lontana dal sentire dei cittadini e che allontana dalla strada verso il rigore e la tolleranza zero contro i crimini sessuali che questa maggioranza ha deciso di intraprendere sin dall'inizio legislatura”, così ha commentato l'onorevole Carfagna. L'on. Carfagna da un lato, “dimentica” che questo governo ha usato strumentalmente le violenze sessuali contro le donne -italiane- per far passare il pacchetto sicurezza che, proprio per le donne immigrate è fonte di soprusi, grandi sofferenze e, paradossalmente, non permette loro o, perlomeno, rende molto più difficile denunciare i propri stupratori e portare avanti le denunce: lo abbiamo visto per Joy e, oggi, per Faith, dall'altro si guarda bene dal reclamare la “tolleranza zero” per i crimini sessuali nei confronti delle immigrate. Ma, dall'altro lato, questa pronuncia della Corte Costituzionale deve allertarci quando parla di “affidare al singolo giudice la possibilità di decidere per misure alternative”: non vorremmo si intenda riproporre la strada seguita per i “bravi ragazzi” di Montalto di Castro.
La vicenda di Joy ha mostrato che solo la mobilitazione, lo schierarsi chiaramente al fianco in primis delle donne, delle femministe può permettere di “inceppare” i meccanismi perversi che, per le immigrate, prevedono carcere-CIE-espulsioni, nega loro di poter portare avanti le denunce
Crediamo che anche gli appelli e forme di mobilitazioni che sta suscitando la vicenda di Faith siano frutto anche e, in primis, della lotta di Joy e delle sue compagne e, poi, delle femministe, degli antirazzisti che attivamente e coerentemente l'hanno sostenuta, fatta conoscere in maniera ampia con campagne di denuncia, controinformazione, sino al presidio dell'8 giugno davanti al Tribunale di Milano. La lotta paga e anche con questa lotta le donne, le lavoratrici, le femministe si stanno rafforzando e imparando a cambiare lo stato di cose esistente.
Milano, 28 luglio 2010
Di seguito un'agenzia di stampa che ripercorre la vicenda
NIGERIA: RISCHIA CONDANNA A MORTE DOPO RIMPATRIO DALL'ITALIA
21 luglio 2010: una ragazza nigeriana rischia nel suo Paese la condanna a morte dopo essere stata rimpatriata dall'Italia. Si tratta di Faith Aymoro, 23 anni, espulsa ieri mattina dal Cie di Bologna nonostante la richiesta di asilo politico presentata proprio ieri dal suo avvocato Alessandro Vitale.
In Nigeria è stata arrestata per l'omicidio di un uomo che aveva tentato di stuprarla, e ora rischia la pena di morte per impiccagione. A riferirlo e' il suo difensore.'Oggi ho avuto la conferma ufficiale del suo rimpatrio dalla questura di Bologna - ha spiegato Vitale - In piu' il ragazzo di Faith (anche lui nigeriano e che vive e lavora a Bologna, ndr) ha saputo che e' gia' in stato di arresto'. Due settimane fa la donna, che dal 2007 viveva nel capoluogo emiliano dopo essere scappata dalla Nigeria, ha subito un altro tentativo di violenza sessuale da parte di un altro connazionale, nel
suo appartamento. Ma all'arrivo della polizia, gli agenti hanno scoperto che aveva due decreti di espulsione mai eseguiti, per cui l'hanno portata al Cie. Allora il suo avvocato ha chiesto un permesso di soggiorno per motivi di giustizia (per permetterle di testimoniare contro il presunto aggressore) e ha presentato domanda di sospensiva al giudice di pace, oltre a quella di asilo politico. Ma ogni sforzo e' stato vano e il rimpatrio e' stato eseguito. A questo punto, secondo il legale, non ci sono molte speranze.
'L'unica cosa che possiamo fare, non appena l'arresto della donna sara' ufficializzato, e' appellarci allo Stato italiano perche' intervenga, oppure a un'associazione internazionale come Amnesty International'.
pc quotidiano 28-29 luglio - Afghanistan/Palestina: l'attivismo dell'Italia imperialista a fianco di Usa e Israele
I titoli della propaganda di guerra di oggi riportano in evidenza la morte di 2 militari italiani, saltati in aria per lo scoppio di mine (magari anche queste italiane!) ed è subito pronto il solito teatrino del dolore dei rappresentanti del governo, dell'opposizione (la stessa che, quando governava, s'era inventata il concetto di "guerra umanitaria" a fianco degli Usa), della sinistra ex parlamentare (che continua a mettere sullo stesso piano guerra imperialista e "terrorismo") e delle istituzioni di questo stato.
Non si capisce perchè queste azioni ''rafforzano l'idea che dobbiamo esserci'', come ha affermato il capo del governo nel messaggio di cordoglio alle famiglie, caso mai dimostrano che l'unica ragione della presenza delle truppe d'occupazione italiana in Afghanistan è quella di essere i gregari degli Usa.
Invece la notizia della strage di almeno 25 civili, fra cui donne e bambini, che viaggiavano su di un bus, saltati in aria su un'altra mina sempre nello stesso giorno della morte dei militari italiani, non ha avuto lo stesso rilievo, i morti tra la popolazione civile non contano niente per la propaganda di guerra, non hanno niente a che vedere con eroi, pace, libertà, democrazia, sicurezza dell'occidente......"eppure dobbiamo esserci", lo aveva deciso il centrosinistra di Prodi e lo conferma il reazionario Berlusconi.
Su un altro fronte di guerra, colpisce la visione capovolta del mondo data in pasto ai media di una classe dirigente al comando di questo imperialismo straccione ancora in tema di "democrazia": ad una formazione politica palestinese che ha avuto democraticamente la maggioranza dei voti, in particolare a Gaza, come Hamas, il ministro degli esteri, Frattini, fa sapere che non avrà la legittimazione dell'Europa imperialista e i ministri degli esteri dell'Europa che andranno in missione non dovranno incontrare chi è stato eletto per continuare la resistenza all'occupazione coloniale. Qui la "democrazia" ha un peso diverso, inesistente. Così l'Italia di Berlusconi-Frattini spinge al negoziato di "pace", l'ennesima copertura dell'occupazione della Palestina da parte d'Israele.
La "democrazia" imperialista mostra ogni giorno le sue conseguenze sui popoli oppressi, cioè morte e distruzione, truppe d'occupazione e sostegno ai boia al governo israeliano: questa è la politica estera dell'Italia imperialista.
La vostra democrazia sa di menzogne, 2 pesi e 2 misure, di crimini contro l'umanità.
Imperialisti, siete voi i veri terroristi!
prolcomra
29/07/2010
Non si capisce perchè queste azioni ''rafforzano l'idea che dobbiamo esserci'', come ha affermato il capo del governo nel messaggio di cordoglio alle famiglie, caso mai dimostrano che l'unica ragione della presenza delle truppe d'occupazione italiana in Afghanistan è quella di essere i gregari degli Usa.
Invece la notizia della strage di almeno 25 civili, fra cui donne e bambini, che viaggiavano su di un bus, saltati in aria su un'altra mina sempre nello stesso giorno della morte dei militari italiani, non ha avuto lo stesso rilievo, i morti tra la popolazione civile non contano niente per la propaganda di guerra, non hanno niente a che vedere con eroi, pace, libertà, democrazia, sicurezza dell'occidente......"eppure dobbiamo esserci", lo aveva deciso il centrosinistra di Prodi e lo conferma il reazionario Berlusconi.
Su un altro fronte di guerra, colpisce la visione capovolta del mondo data in pasto ai media di una classe dirigente al comando di questo imperialismo straccione ancora in tema di "democrazia": ad una formazione politica palestinese che ha avuto democraticamente la maggioranza dei voti, in particolare a Gaza, come Hamas, il ministro degli esteri, Frattini, fa sapere che non avrà la legittimazione dell'Europa imperialista e i ministri degli esteri dell'Europa che andranno in missione non dovranno incontrare chi è stato eletto per continuare la resistenza all'occupazione coloniale. Qui la "democrazia" ha un peso diverso, inesistente. Così l'Italia di Berlusconi-Frattini spinge al negoziato di "pace", l'ennesima copertura dell'occupazione della Palestina da parte d'Israele.
La "democrazia" imperialista mostra ogni giorno le sue conseguenze sui popoli oppressi, cioè morte e distruzione, truppe d'occupazione e sostegno ai boia al governo israeliano: questa è la politica estera dell'Italia imperialista.
La vostra democrazia sa di menzogne, 2 pesi e 2 misure, di crimini contro l'umanità.
Imperialisti, siete voi i veri terroristi!
prolcomra
29/07/2010
pc quotidiano 28-29 luglio - il governo Berlusconi..
il governo berlusconi nella sua marcia verso un regime moderno fascista, trova ostacoli al suo interno più che al suo esterno, ma le opposizioni interne non hanno nulla nel Pdl per contrastarlo, per cui o si allineano o vengono spianate
il PD condivide la sostanza del programma della borghesia, vorrebbe la stessa marcia, senza berlusconi, vorrebbe le stesse cose senza gli eccessi
l'idea di un berlusconismo in crisi e morente è una aspirazione e una speranza di chi non ha capacità di analisi della realtà effettiva del nostro paese
si illude e illude le masse che influenzano
il moderno fascismo si ferma fuori dal parlamento e non basta solo una opposizione pacifica e di massa
serve una nuova resistenza, il partito per una nuova resistenza, il fronte unito di una nuova resistenza, la lotta rivoluzionaria per il potere proletario
se non si dice e lavora per questo, si dicono sciocchezze, si seminano illusioni,si perde tempo
proletari comunisti
29 luglio 2010
il PD condivide la sostanza del programma della borghesia, vorrebbe la stessa marcia, senza berlusconi, vorrebbe le stesse cose senza gli eccessi
l'idea di un berlusconismo in crisi e morente è una aspirazione e una speranza di chi non ha capacità di analisi della realtà effettiva del nostro paese
si illude e illude le masse che influenzano
il moderno fascismo si ferma fuori dal parlamento e non basta solo una opposizione pacifica e di massa
serve una nuova resistenza, il partito per una nuova resistenza, il fronte unito di una nuova resistenza, la lotta rivoluzionaria per il potere proletario
se non si dice e lavora per questo, si dicono sciocchezze, si seminano illusioni,si perde tempo
proletari comunisti
29 luglio 2010
pc quotidiano 28-29 luglio - Fiat-Governo-sindacati alleati continuano nella loro marcia moderno fascista
l'incontro di ieri ha confermato che il fascismo padronale targato fiat deve andare avanti come un rullo compressore, che il governo condivide e sostiene con l'assenso dell'opposizione PD, questa marcia fatta di licenziamenti,intensificazione dello sfruttamento, moderno schiavismo, che i sindacati CISL-UIL-UGL-FISMIC sono avanguardia militante del neocorporativismo antioperaio
contro questo è possibile solo una risposta di unità e di lotta dal basso che fermi la mano dei padroni e costruisca le condizioni per rovesciare il piano e il governo
altre strade non ci sono
proletari comunisti
29-7- 2010
leggi sul blog i 5 numeri speciali fiat
è in preparazione il numero 6
contro questo è possibile solo una risposta di unità e di lotta dal basso che fermi la mano dei padroni e costruisca le condizioni per rovesciare il piano e il governo
altre strade non ci sono
proletari comunisti
29-7- 2010
leggi sul blog i 5 numeri speciali fiat
è in preparazione il numero 6
pc quotidiano 28-29 luglio - afganistan - via le truppe imperialiste
due soldati italiani sono morti ieri
non piangiamo queste morti
la guerra afgana lanciata dagli usa, sostenuta dalla NATO, con le truppe italiane a supporto è giornalmente fatta di massacri di civili, donne e bambini per reggere un governo fantoccio corrotto al servizio degli imperialisti e delle forze reazionarie è una guerra imperialista e neocoloniale, è una guerra ingiusta e le truppe italiane si macchiano giornalmente del sangue del popolo afgano per servire gli interessi dei padroni del mondo
è giusto e sacrosanto che vengano colpite
il governo italiano di berlusconi, bossi, e il servo quaraquà La Russa sono i veri responsabili di queste morti
è giusto e necessario che questa guerra sporca sia una sconfitta per le truppe imperialiste usa nato italiane
vogliamo che i soldati italiani si ritirino subito e che il governo guerrafondaio imperialista e neocoloniale se ne vada
proletari comunisti
non piangiamo queste morti
la guerra afgana lanciata dagli usa, sostenuta dalla NATO, con le truppe italiane a supporto è giornalmente fatta di massacri di civili, donne e bambini per reggere un governo fantoccio corrotto al servizio degli imperialisti e delle forze reazionarie è una guerra imperialista e neocoloniale, è una guerra ingiusta e le truppe italiane si macchiano giornalmente del sangue del popolo afgano per servire gli interessi dei padroni del mondo
è giusto e sacrosanto che vengano colpite
il governo italiano di berlusconi, bossi, e il servo quaraquà La Russa sono i veri responsabili di queste morti
è giusto e necessario che questa guerra sporca sia una sconfitta per le truppe imperialiste usa nato italiane
vogliamo che i soldati italiani si ritirino subito e che il governo guerrafondaio imperialista e neocoloniale se ne vada
proletari comunisti
mercoledì 28 luglio 2010
pc quotidiano 28-29 luglio - PADRONI, TUTTI IN SERBIA...
"Ora è ufficiale: anche l'Omsa, storica fabbrica di calze e collant made in Italy, chiude il suo stabilimento di Faenza e vola in Serbia lasciando senza lavoro 320 operaie e più di 30 uomini. Il motivo della scelta, a detta dell'azienda sarebbero gli effetti della "crisi economica"" (da Il Manifesto del 28/7).
Hanno aperto un'Agenzia Viaggi/Affari, e la Serbia sta diventando per i nostri cari padroni italiani una meta ricercata!?
La compagnia viaggi più grossa è quella di Marchionne che dice ai lavoratori italiani della Fiat Mirafiori: "colpa vostra che non ci sapete tenere. Lì non avremo tanti problemi" (si illude, con gli operai della Zastava...).
Ora sono i padroni dell'Omsa, e la scusa è quasi banale: "gli effetti della crisi economica". La verità si chiama: Profitti! Possibilità di pluslavoro, di salari più bassi, di meno diritti ad intralciare gli interessi del padrone; ma anche sovvenzionamenti dallo Stato serbo.
Semplici, ma vitali profitti per il capitale che va dove può arraffarne più che può!
Per questi si passa, come un rullo compressore, sulla vita di 350 operai, di donne che finora hanno garantito il profitto ma ora non servono più.
I compagni di Proletari comunisti di Ravenna l'avevano scritto tempo fa su questo blog: "La vertenza OMSA dimostra ancora una volta che la crisi economica e finanziaria è solo un alibi per maggiori profitti da parte dei padroni.
Le operaie avevano lottato mettendo in piedi un combattivo presidio permanente davanti alla loro fabbrica per impedire il furto e lo spostamento dei macchinari in Serbia, come già deciso dal padrone del colosso Golden Lady, che pensa di essere pure un benefattore corrispondendo solo 300 euro come salario alle operaie dell'est".
Ma, vista la lettera degli operai polacchi agli operai di Pomigliano, vista ora la recente lettera degli operai serbi, fosse che fosse che i padroni italiani non riescono più a mettere operai di un paese contro un altro, che anzi, stanno, loro malgrado, aiutando a costruire una unità di classe al di là delle frontiere contro i padroni!?
FORSE SI STANNO DANDO LA ZAPPA SUI PIEDI, E NOI PROLETARI E COMUNISTI LI DOBBIAMO AIUTARE!
Hanno aperto un'Agenzia Viaggi/Affari, e la Serbia sta diventando per i nostri cari padroni italiani una meta ricercata!?
La compagnia viaggi più grossa è quella di Marchionne che dice ai lavoratori italiani della Fiat Mirafiori: "colpa vostra che non ci sapete tenere. Lì non avremo tanti problemi" (si illude, con gli operai della Zastava...).
Ora sono i padroni dell'Omsa, e la scusa è quasi banale: "gli effetti della crisi economica". La verità si chiama: Profitti! Possibilità di pluslavoro, di salari più bassi, di meno diritti ad intralciare gli interessi del padrone; ma anche sovvenzionamenti dallo Stato serbo.
Semplici, ma vitali profitti per il capitale che va dove può arraffarne più che può!
Per questi si passa, come un rullo compressore, sulla vita di 350 operai, di donne che finora hanno garantito il profitto ma ora non servono più.
I compagni di Proletari comunisti di Ravenna l'avevano scritto tempo fa su questo blog: "La vertenza OMSA dimostra ancora una volta che la crisi economica e finanziaria è solo un alibi per maggiori profitti da parte dei padroni.
Le operaie avevano lottato mettendo in piedi un combattivo presidio permanente davanti alla loro fabbrica per impedire il furto e lo spostamento dei macchinari in Serbia, come già deciso dal padrone del colosso Golden Lady, che pensa di essere pure un benefattore corrispondendo solo 300 euro come salario alle operaie dell'est".
Ma, vista la lettera degli operai polacchi agli operai di Pomigliano, vista ora la recente lettera degli operai serbi, fosse che fosse che i padroni italiani non riescono più a mettere operai di un paese contro un altro, che anzi, stanno, loro malgrado, aiutando a costruire una unità di classe al di là delle frontiere contro i padroni!?
FORSE SI STANNO DANDO LA ZAPPA SUI PIEDI, E NOI PROLETARI E COMUNISTI LI DOBBIAMO AIUTARE!
pc quotidiano 28-29 luglio - la rivoluzione in sud asia ..nelle parole di un dirigente del PCUNepal maoista
al forum europeo di Istanbul
del luglio 2010 è intervenuto Basanta membro del Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Unificato del Nepal maoista che ha tenuto una relazione su La rivoluzione in Asia Meridionale
invitiamo a leggerla perchè essa contiene informazioni e valutazioni
condivisibili sulla situazione e nell'area
ma non si può..parlare bene ..e razzolare male ..
proletari comunisti -PCm Italia sostiene la rivoluzione nepalese nello
scontro attuale tra rivoluzione e controrivoluzione ma non condivide
l'attuale linea della maggioranza del PCU maoista Prachanda Battarai che
abbandona di fatto la via della guerra popolare e persegue con una visione
tutta interna all'autonomia del politico di stampo revisionista togliattiana
la costruzione della repubblica popolare di nuova democrazia, che non può
che portare alla sconfitta della rivoluzione
proletari comunisti -PCm Italia
27-7-2010
la relazione di Basanta
Cari compagni e delegati,
Saluti rivoluzionari!
Desidero approfittare di questa occasione per portare il nostro saluto
rivoluzionario a nome del nostro partito, il Partito Comunista Unificato del
Nepal (Maoista), agli organizzatori del Social Forum Europeo, che hanno
invitato il nostro partito qui a Istanbul, in Turchia, a partecipare a
questo programma, che è di una ricchezza grandissima. Desidero inoltre
portare i nostri saluti rivoluzionari a tutti i delegati che partecipano a
questo seminario. Mi sento onorato di essere qui con voi, delegati
provenienti da ogni parte del mondo. Ciò che più desidero, però, è usare
questa occasione per condividere le esperienze che la classe operaia di
tutto il mondo ha raccolto con le sue valorose lotte contro l'imperialismo e
contro le sue politiche anti-popolari e neo-coloniali, come la
privatizzazione, la liberalizzazione e la globalizzazione, cosi come contro
le classi dominanti che all'imperialismo sono asservite.
Cari compagni,
il nostro partito mi ha incaricato di parlare in questo contesto della
rivoluzione nell'Asia Meridionale, come richiesto dagli organizzatori. E' un
argomento di vasta portata, un compito molto difficile da trattare in pochi
minuti. Farò comunque del mio meglio per essere breve, ma di sicuro dovrò
concentrarmi solo sui punti chiave, per aiutarvi a raggiungere una
comprensione di fondo delle possibilità e delle sfide che la rivoluzione in
Asia Meridionale oggi ha di fronte.
L'Asia Meridionale comprende sette paesi, cioè il Bangladesh, il Bhutan, l'India,
le Maldive, il Nepal, il Pakistan e lo Sri Lanka. Più di un quinto della
popolazione mondiale abita in questa regione. E' la regione geografica più
popolata e densamente abitata del mondo. L'agricoltura, che contribuisce
solo al 22% del PIL totale della regione, impiega il 60% della forza lavoro.
Dopo l'Africa Sub-Sahariana, l'Asia Meridionale è la regione più povera
della terra. Secondo le informazioni fornite dalla Banca Mondiale nel 2008,
più del 40% della popolazione che abita in questa regione guadagna meno di
1.39 dollari a testa al giorno. D'altra parte, la ricchezza complessiva dei
25 più ricchi capitalisti indiani è equivalente a 192.3 miliardi di dollari.
[Fonte: www.forbes.com]. E' quanto complessivamente guadagnano i 379 milioni
di persone più povere di questa regione, cioè circa il 31.6% della
popolazione totale della sola India. In questa regione muoiono di
malnutrizione ogni anno circa 2.1 milioni di bambini, come risulta dal
rapporto dell'UNICEF del 2008. Questo dà una vaga idea della composizione di
classe nei paesi dell'Asia Meridionale.
A prescindere dalle forti contraddizioni di classe nei paesi dell'Asia
Meridionale, in tutta la regione esistono anche pesanti contraddizioni
nazionali. Ognuno è a conoscenza della gravità della contraddizione
nazionale in Sri Lanka. L'intero Nord-Est e il Kashmir dell'India sono stati
i punti caldi dei movimenti di liberazione nazionale sin dai tempi della
cosiddetta "indipendenza". Inoltre, varie nazionalità oppresse in Nepal,
Bhutan, Bangladesh e Pakistan stanno lottando per la loro autonomia e il
diritto all'autodeterminazione. Le discriminazioni sociali dovute allo
sciovinismo della casta Hindu hanno dell'incredibile in India e in Nepal. In
tutti i paesi dell'Asia Meridionale, il sistema politico costruito sulla
base del feudalesimo e mantenuto dalla sovrastruttura del capitalismo
burocratico e comprador, è stato alla radice dell'intensificarsi delle
contraddizioni di cui parliamo sopra. Figuriamoci se può risolverle.
Le masse che abitano nella regione sono represse contemporaneamente da
nemici a due facce, il feudalesimo e l'imperialismo. In aggiunta, l'espansionismo
indiano da una parte fa da cane da guardia dell'imperialismo americano, dall'altra
impone la sua egemonia politica, economica e culturale ai paesi vicini.
Recentemente, le classi dominanti indiana stanno capitolando sempre di più
di fronte all'imperialismo americano, e cedendo al suo intento di portare l'intera
regione sotto il suo dominio per circondare e indebolire la Cina, che si
affaccia in questo 21° secolo come concorrente economico forte.
In un'intervista con un corrispondente dell'agenzia Hsinhua News, il 29
settembre 1958, Mao disse: "I vari tipi di contraddizioni nel mondo
contemporaneo sono concentrati nelle vaste aree dell'Asia, dell'Africa e
dell'America Latina; sono queste le aree più vulnerabili sotto il dominio
imperialista e i punti nevralgici della rivoluzione mondiale da cui partono
i colpi diretti all'imperialismo". Quello che diceva Mao vale ancora. Nella
situazione attuale, però, è l'Asia Meridionale che si distingue in modo
particolare come area dove il dominio imperialista è vulnerabile e come un
vulcano attivo della Rivoluzione di Nuova Democrazia sotto la guida dei
partiti Marxisti-Leninisti-Maoisti.
Oltre a essere vittima dello sfruttamento semi-feudale e dell'oppressione
semi-coloniale, un'ampia parte delle masse nella regione è stata angariata
dall'asservimento nazionale interno. L'oppressione di casta sui Dalit, il
saccheggio degli Adivasi, e l'insopportabile sfruttamento e la repressione
delle minoranze religiose, hanno mostrato la vera identità delle classi
scioviniste Hindu, soprattutto in India. Un numero immenso di operai è
gettato nell'indigenza, e stanno aumentando di continuo. In breve, le
contraddizioni acute che feudalesimo e imperialismo generano contro le masse
popolari, l'estesa presenza di movimenti rivoluzionari, democratici e di
liberazione nazionale in tutti i paesi dell'Asia Meridionale e una quantità
enorme di masse sfruttate e oppresse che vivono in questa regione, hanno
innalzato anche di più questo potenziale rivoluzionario.
Questa regione ha una lunga storia di lotte di classe rivoluzionarie. Il
primo fuoco di lotta di classe rivoluzionaria in questa regione si è acceso
nel 1967 a Naxalbari, nel distretto di Siliguri, nel Bengala Occidentale,
sotto la guida ideologica del Marxismo-Leninismo e del pensiero di Mao
Tse-tung. Non solo ha diffuso la sua influenza nelle vaste campagne dell'India,
ma è diventato un precursore per i paesi confinanti come il Bangladesh, lo
Sri Lanka e il Nepal. Da allora, le lotte di classe rivoluzionarie si sono
susseguite una dopo l'altra, con alti e bassi, svolte e sviluppi. La
rivoluzione maoista ha comunque compiuto un grande passo avanti, soprattutto
dopo l'inizio della grande guerra popolare in Nepal, il 13 febbraio 1996, e
la fusione delle due correnti rivoluzionarie principali, la Guerra Popolare
e il Centro Comunista Maoista, a formare il Partito Comunista dell'India
(Maoista), nel settembre 2004. Questi due eventi politici hanno infatti
trasformato la regione in un vulcano attivo della rivoluzione proletaria in
questo 21° secolo.
Sulla scia di questi importanti eventi politici del movimento
rivoluzionario, la rivoluzione popolare nepalese arriva oggi sulla soglia
della conquista del potere politico centrale. L'ultima manifestazione per il
1° maggio, in cui mezzo milione di persone hanno riempito le strade della
sola valle del Kathmandu, e lo sciopero politico a oltranza che è seguito,
non solo hanno colpito al cuore la manciata di affaristi e di borghesia
burocratica e di elementi feudali in Nepal, ma hanno anche inflitto un duro
colpo ai loro padroni stranieri. Le forze esterne, principalmente l'espansionismo
indiano, si immischiano ora apertamente negli affari interni del Nepal per
evitare che le loro pedine perdano il potere. Un'alleanza composta dall'espansionismo
indiano e dai suoi fantocci nepalesi si è schierata contro le aspirazioni
alla democrazia e all'indipendenza nazionale del popolo nepalese. Ora, la
democrazia e l'indipendenza nazionale sono interconnesse in modo
inseparabile in Nepal. Questo ha messo al primo posto la lotta per l'indipendenza
nazionale, la sovranità e l'integrità territoriale.
La Rivoluzione di Nuova Democrazia sta facendo nuovi passi avanti in India.
Ha conquistato una vasta zona nella parte orientale e centrale dell'India.
Gli attacchi militari compiuti dai combattenti del Partito Comunista dell'India(maoista),
in modo particolare negli ultimi anni, e le lotte di masse militanti
capeggiate dai maoisti e altre forze della sinistra contro il tentativo di
sequestrare i terreni dei contadini a Nandigram e a Singur per regalarli
alle grandi compagnie multinazionali, hanno tolto il sonno alle classi
reazionarie indiane al potere. La massiccia resistenza popolare a Lalgarh,
nel Bengala occidentale, contro le atrocità commesse dalla polizia, rimane
un modello mai visto prima nella storia del movimento comunista dell'India.
Lo sviluppo della guerra del popolo in India è naturalmente motivo di
orgoglio e fonte di ispirazione non solo per i rivoluzionari nel
sub-continente indiano ma anche per la classe operaia in tutto il mondo.
Le classi dominanti indiane, invece di occuparsi dei problemi che il paese e
il popolo stanno affrontando, hanno schierato massicce forze paramilitari
contro i più poveri del già povero popolo indiano, gli Adivasi. L'azione
contro il popolo chiamata "Operazione Green Hunt" che le forze espansioniste
indiane hanno intrapreso, si fonda sul disegno reazionario di attaccare e
distruggere la nuova forza politica rivoluzionaria che tramite la guerra
popolare si fa avanti. Mira infatti ad aprire la strada agli attacchi
crescenti e incontrollati contro il popolo e al saccheggio delle risorse
naturali da parte della grande borghesia compradora nazionale e della
borghesia internazionale.
Ha però creato, invece, il terreno favorevole a una maggiore espansione
delle forze progressiste, democratiche e di sinistra contro le classi
dominanti in India. Un numero significativo di rinomati intellettuali, come
Arundhati Roy, si sono schierati dalla parte degli Adivasi, si sono opposti
al dispiegamento paramilitare nelle loro regioni e hanno esposto la
bancarotta della cosiddetta più grande democrazia del mondo. La guerra
popolare in India è ora diventata un argomento centrale di discussione,
anche nelle classi medie. Anche i grandi mezzi di comunicazione diretti
dalla grande borghesia compradora non possono più continuare a coprire con
il silenzio le attività dei maoisti in questi giorni. È una grande conquista
ideologica e politica per i rivoluzionari in India e all'estero.
Anche se c'è una lunga storia di lotta armata in Bangladesh, per il momento
i comunisti rivoluzionari non sono riusciti a fare un salto in avanti.
Alcuni partiti marxisti-leninisti-maoisti hanno subito sconfitte temporanee
per l'arresto dei loro principali leader da parte del regime reazionario,
altri si stanno riorganizzando e preparando alla guerra popolare. Nonostante
ciò, le acute contraddizioni di classe, l'oppressione nazionale, il retaggio
rivoluzionario del passato, così come il sentimento patriottico del popolo
del Bangladesh, creano in questo paese un alto potenziale per lo sviluppo di
una nuova rivoluzione di nuova democrazia in Bangladesh.
Contemporaneamente, la formazione del Partito Comunista del Bhutan (MLM) nel
2001 e l'esistenza, da lungo tempo, del Partito Comunista Maoista nello Sri
Lanka, e i loro sforzi per riorganizzarsi, hanno costituito un potenziale
aggiuntivo per il movimento comunista nell'Asia Meridionale. Anche se al
momento non esiste un partito maoista in Pakistan, la lotta ideologica che
alcuni dei rivoluzionari hanno intrapreso per costruire un partito
rivoluzionario può avere delle implicazioni positive nel prossimo futuro. L'intera
Asia Meridionale, con l'eccezione delle Maldive, dove ancora non ci risulta
l'esistenza di un partito comunista, esprime insomma un forte potenziale per
il movimento comunista mondiale. In altre parole, l'Asia Meridionale è un
vulcano attivo della rivoluzione proletaria all'inizio del 21° secolo.
In ogni modo è tuttavia un dato di fatto che più si sviluppa la rivoluzione
proletaria, più la sfida per i reazionari diventa minacciosa. L'espansionismo
indiano, appoggiato dall'imperialismo USA, è da molto tempo un nemico comune
non soltanto per le masse indiane ma anche per quelle dell'intera regione. I
reazionari di tutto il mondo si sono uniti più strettamente contro il popolo
nel tentativo di fermare le rivoluzioni di nuova democrazia in questa
regione. Il risultato è che l'Asia Meridionale sta diventando un fronte di
collisione tra due forze: una formata dal proletariato e dai suoi alleati di
classe nazionali e internazionali, l'altra dagli imperialisti e dai loro
lacchè nei singoli paesi. In Asia Meridionale, nel grembo di questa
contraddizione, è in gestazione un nuovo mondo.
In questa era imperialista, la rivoluzione proletaria non resta un fenomeno
relegato a un singolo paese. E' composta da molti fattori interconnessi tra
loro. La vittoria di ogni rivoluzione comunista è collegata alle condizioni
oggettive del mondo e alla forza soggettiva del proletariato internazionale.
Diamo un breve sguardo a questi due fattori a livello mondiale.
Oggettivamente, la situazione mondiale non è così sfavorevole alla
rivoluzione come negli anni '80 e '90. Anzi, sta diventando una situazione
che favorisce le rivoluzioni proletarie. Non sto dicendo che una crisi
rivoluzionaria è già sviluppata in tutto il mondo, però è un fatto oggettivo
che il sistema imperialista ha problemi più acuti di quelli che aveva prima.
La crisi economica partita dagli USA, il capobanda imperialista, ora ha
investito tutto il mondo, anche se in misura diversa. La UE ha tentato di
risolvere la crisi economica in Grecia, ma inutilmente, e una crisi
ulteriore si è generata. Ed è solo un esempio.
Anche se nessun rivale dell'imperialismo USA in termini di forza militare si
è ancora fatto avanti, la contrapposizione con altre superpotenze militari
ed economiche nel mondo cresce. Il mondo unipolare è cambiato: ora è un
mondo multipolare. La contrapposizione tra capitale e lavoro si sta
intensificando in tutto il mondo. Si acuisce anche la contrapposizione tra l'imperialismo
e tutte le nazioni e i popoli oppressi, che è la contrapposizione principale
oggi nel mondo. Tutte le contrapposizioni fondamentali, inclusa quella
principale, si intensificano, la situazione oggettiva sta diventando meno
favorevole all'imperialismo, e si creano condizioni migliori per il
proletariato per far avanzare in tutto il mondo lotte di classe
rivoluzionarie.
La forza soggettiva del movimento comunista internazionale invece è molto
debole. Anche questo aspetto però si sta sviluppando in senso positivo. Le
lotte di classe rivoluzionarie in diversi paesi, ma soprattutto nell'Asia
Meridionale, hanno compito passi avanti esemplari, che nessuno può negare. E
non c'e solo questo: c'è la rabbia popolare che si è rovesciata nelle strade
contro le privatizzazioni, le liberalizzazioni e la globalizzazione negli
ultimi anni e che sta a mostrare il potenziale rivoluzionario nel mondo
intero. In questo momento le cose che mancano al proletariato sono la
comprensione salda e giusta del valore universale che il
Marxismo-Leninismo-Maoismo ha, la determinazione nel combattere a destra il
revisionismo, che è il pericolo principale nel movimento comunista
contemporaneo, la capacità di costruire partiti comunisti basati sul
Marxismo-Leninismo-Maoismo, in grado di applicare questa concezione in modo
creativo e adeguato alle particolarità di ciascun paese. Questa è la sfida
ideologica e politica che il proletariato deve affrontare oggi
coscientemente per vincere e colmare il divario esistente tra la situazione
mondiale oggettiva, che diventa sempre più favorevole, e la sua forza
soggettiva, che è ancora molto debole.
Noi proletari siamo una classe internazionale. Noi rivoluzionari in Asia
Meridionale e i compagni di altre parti del mondo abbiamo reciproci doveri
per sviluppare la rivoluzione proletaria ovunque nel mondo. Lo sviluppo
della rivoluzione popolare in Asia Meridionale è servito a fornirvi valide
risorse rivoluzionarie, che vi ispirino ideologicamente per far avanzare il
movimento comunista nei vostri rispettivi paesi, e il vostro fermo appoggio
e la vostra solidarietà serviranno a fare vincere la rivoluzione in Asia
Meridionale. Questo seminario, di fatto, ha aiutato ad accelerare il
processo. Tutti noi senza ombra di dubbio dobbiamo ringraziare chi lo ha
organizzato.
Compagni,
la Rivoluzione di Nuova Democrazia in Nepal si trova ad un crocevia
difficile: i rivoluzionari e l'insieme delle forze patriottiche,
repubblicane, progressiste, laiche e di sinistra stanno da una parte, e l'imperialismo,
l'espansionismo e i loro fantocci locali stanno dall'altra, e sono al
termine del combattimento per vincere la lotta politica in corso. Anche la
rivoluzione in India è di fronte a una sfida altrettanto seria. Lo stato
reazionario indiano ha già schierato forze paramilitari contro il suo stesso
popolo col pretesto di combattere i maoisti e si sta preparando a
rinforzarle ancora di più con la sua potenza militare. In India si va a uno
scontro violento tra forze rivoluzionarie e le forze controrivoluzionarie.
La vittoria della rivoluzione in Asia Meridionale produrrà effetti a vasto
raggio e sarà il precursore delle fiamme della rivoluzione che divamperanno
in tutto il mondo. All'opposto, la sua sconfitta porterà il popolo a una
demoralizzazione totale, non soltanto in questa regione ma a livello
globale. In una situazione come questa, una forte solidarietà alla
rivoluzione in Asia Meridionale è l'esigenza del giorno. Lottiamo tutti
duramente per costruire una forte solidarietà, che aiuti a far vincere la
nostra classe in Asia Meridionale e apra la porta alla rivoluzione
proletaria mondiale all'inizio del 21° secolo.
Grazie.
2 luglio 2010
Istanbul
Indra Mohan Sigdel, 'Basanta'
Membro del Politburo del Comitato Centrale
del Partito Comunista Unificato del Nepal (Maoista)
del luglio 2010 è intervenuto Basanta membro del Politburo del Comitato Centrale del Partito Comunista Unificato del Nepal maoista che ha tenuto una relazione su La rivoluzione in Asia Meridionale
invitiamo a leggerla perchè essa contiene informazioni e valutazioni
condivisibili sulla situazione e nell'area
ma non si può..parlare bene ..e razzolare male ..
proletari comunisti -PCm Italia sostiene la rivoluzione nepalese nello
scontro attuale tra rivoluzione e controrivoluzione ma non condivide
l'attuale linea della maggioranza del PCU maoista Prachanda Battarai che
abbandona di fatto la via della guerra popolare e persegue con una visione
tutta interna all'autonomia del politico di stampo revisionista togliattiana
la costruzione della repubblica popolare di nuova democrazia, che non può
che portare alla sconfitta della rivoluzione
proletari comunisti -PCm Italia
27-7-2010
la relazione di Basanta
Cari compagni e delegati,
Saluti rivoluzionari!
Desidero approfittare di questa occasione per portare il nostro saluto
rivoluzionario a nome del nostro partito, il Partito Comunista Unificato del
Nepal (Maoista), agli organizzatori del Social Forum Europeo, che hanno
invitato il nostro partito qui a Istanbul, in Turchia, a partecipare a
questo programma, che è di una ricchezza grandissima. Desidero inoltre
portare i nostri saluti rivoluzionari a tutti i delegati che partecipano a
questo seminario. Mi sento onorato di essere qui con voi, delegati
provenienti da ogni parte del mondo. Ciò che più desidero, però, è usare
questa occasione per condividere le esperienze che la classe operaia di
tutto il mondo ha raccolto con le sue valorose lotte contro l'imperialismo e
contro le sue politiche anti-popolari e neo-coloniali, come la
privatizzazione, la liberalizzazione e la globalizzazione, cosi come contro
le classi dominanti che all'imperialismo sono asservite.
Cari compagni,
il nostro partito mi ha incaricato di parlare in questo contesto della
rivoluzione nell'Asia Meridionale, come richiesto dagli organizzatori. E' un
argomento di vasta portata, un compito molto difficile da trattare in pochi
minuti. Farò comunque del mio meglio per essere breve, ma di sicuro dovrò
concentrarmi solo sui punti chiave, per aiutarvi a raggiungere una
comprensione di fondo delle possibilità e delle sfide che la rivoluzione in
Asia Meridionale oggi ha di fronte.
L'Asia Meridionale comprende sette paesi, cioè il Bangladesh, il Bhutan, l'India,
le Maldive, il Nepal, il Pakistan e lo Sri Lanka. Più di un quinto della
popolazione mondiale abita in questa regione. E' la regione geografica più
popolata e densamente abitata del mondo. L'agricoltura, che contribuisce
solo al 22% del PIL totale della regione, impiega il 60% della forza lavoro.
Dopo l'Africa Sub-Sahariana, l'Asia Meridionale è la regione più povera
della terra. Secondo le informazioni fornite dalla Banca Mondiale nel 2008,
più del 40% della popolazione che abita in questa regione guadagna meno di
1.39 dollari a testa al giorno. D'altra parte, la ricchezza complessiva dei
25 più ricchi capitalisti indiani è equivalente a 192.3 miliardi di dollari.
[Fonte: www.forbes.com]. E' quanto complessivamente guadagnano i 379 milioni
di persone più povere di questa regione, cioè circa il 31.6% della
popolazione totale della sola India. In questa regione muoiono di
malnutrizione ogni anno circa 2.1 milioni di bambini, come risulta dal
rapporto dell'UNICEF del 2008. Questo dà una vaga idea della composizione di
classe nei paesi dell'Asia Meridionale.
A prescindere dalle forti contraddizioni di classe nei paesi dell'Asia
Meridionale, in tutta la regione esistono anche pesanti contraddizioni
nazionali. Ognuno è a conoscenza della gravità della contraddizione
nazionale in Sri Lanka. L'intero Nord-Est e il Kashmir dell'India sono stati
i punti caldi dei movimenti di liberazione nazionale sin dai tempi della
cosiddetta "indipendenza". Inoltre, varie nazionalità oppresse in Nepal,
Bhutan, Bangladesh e Pakistan stanno lottando per la loro autonomia e il
diritto all'autodeterminazione. Le discriminazioni sociali dovute allo
sciovinismo della casta Hindu hanno dell'incredibile in India e in Nepal. In
tutti i paesi dell'Asia Meridionale, il sistema politico costruito sulla
base del feudalesimo e mantenuto dalla sovrastruttura del capitalismo
burocratico e comprador, è stato alla radice dell'intensificarsi delle
contraddizioni di cui parliamo sopra. Figuriamoci se può risolverle.
Le masse che abitano nella regione sono represse contemporaneamente da
nemici a due facce, il feudalesimo e l'imperialismo. In aggiunta, l'espansionismo
indiano da una parte fa da cane da guardia dell'imperialismo americano, dall'altra
impone la sua egemonia politica, economica e culturale ai paesi vicini.
Recentemente, le classi dominanti indiana stanno capitolando sempre di più
di fronte all'imperialismo americano, e cedendo al suo intento di portare l'intera
regione sotto il suo dominio per circondare e indebolire la Cina, che si
affaccia in questo 21° secolo come concorrente economico forte.
In un'intervista con un corrispondente dell'agenzia Hsinhua News, il 29
settembre 1958, Mao disse: "I vari tipi di contraddizioni nel mondo
contemporaneo sono concentrati nelle vaste aree dell'Asia, dell'Africa e
dell'America Latina; sono queste le aree più vulnerabili sotto il dominio
imperialista e i punti nevralgici della rivoluzione mondiale da cui partono
i colpi diretti all'imperialismo". Quello che diceva Mao vale ancora. Nella
situazione attuale, però, è l'Asia Meridionale che si distingue in modo
particolare come area dove il dominio imperialista è vulnerabile e come un
vulcano attivo della Rivoluzione di Nuova Democrazia sotto la guida dei
partiti Marxisti-Leninisti-Maoisti.
Oltre a essere vittima dello sfruttamento semi-feudale e dell'oppressione
semi-coloniale, un'ampia parte delle masse nella regione è stata angariata
dall'asservimento nazionale interno. L'oppressione di casta sui Dalit, il
saccheggio degli Adivasi, e l'insopportabile sfruttamento e la repressione
delle minoranze religiose, hanno mostrato la vera identità delle classi
scioviniste Hindu, soprattutto in India. Un numero immenso di operai è
gettato nell'indigenza, e stanno aumentando di continuo. In breve, le
contraddizioni acute che feudalesimo e imperialismo generano contro le masse
popolari, l'estesa presenza di movimenti rivoluzionari, democratici e di
liberazione nazionale in tutti i paesi dell'Asia Meridionale e una quantità
enorme di masse sfruttate e oppresse che vivono in questa regione, hanno
innalzato anche di più questo potenziale rivoluzionario.
Questa regione ha una lunga storia di lotte di classe rivoluzionarie. Il
primo fuoco di lotta di classe rivoluzionaria in questa regione si è acceso
nel 1967 a Naxalbari, nel distretto di Siliguri, nel Bengala Occidentale,
sotto la guida ideologica del Marxismo-Leninismo e del pensiero di Mao
Tse-tung. Non solo ha diffuso la sua influenza nelle vaste campagne dell'India,
ma è diventato un precursore per i paesi confinanti come il Bangladesh, lo
Sri Lanka e il Nepal. Da allora, le lotte di classe rivoluzionarie si sono
susseguite una dopo l'altra, con alti e bassi, svolte e sviluppi. La
rivoluzione maoista ha comunque compiuto un grande passo avanti, soprattutto
dopo l'inizio della grande guerra popolare in Nepal, il 13 febbraio 1996, e
la fusione delle due correnti rivoluzionarie principali, la Guerra Popolare
e il Centro Comunista Maoista, a formare il Partito Comunista dell'India
(Maoista), nel settembre 2004. Questi due eventi politici hanno infatti
trasformato la regione in un vulcano attivo della rivoluzione proletaria in
questo 21° secolo.
Sulla scia di questi importanti eventi politici del movimento
rivoluzionario, la rivoluzione popolare nepalese arriva oggi sulla soglia
della conquista del potere politico centrale. L'ultima manifestazione per il
1° maggio, in cui mezzo milione di persone hanno riempito le strade della
sola valle del Kathmandu, e lo sciopero politico a oltranza che è seguito,
non solo hanno colpito al cuore la manciata di affaristi e di borghesia
burocratica e di elementi feudali in Nepal, ma hanno anche inflitto un duro
colpo ai loro padroni stranieri. Le forze esterne, principalmente l'espansionismo
indiano, si immischiano ora apertamente negli affari interni del Nepal per
evitare che le loro pedine perdano il potere. Un'alleanza composta dall'espansionismo
indiano e dai suoi fantocci nepalesi si è schierata contro le aspirazioni
alla democrazia e all'indipendenza nazionale del popolo nepalese. Ora, la
democrazia e l'indipendenza nazionale sono interconnesse in modo
inseparabile in Nepal. Questo ha messo al primo posto la lotta per l'indipendenza
nazionale, la sovranità e l'integrità territoriale.
La Rivoluzione di Nuova Democrazia sta facendo nuovi passi avanti in India.
Ha conquistato una vasta zona nella parte orientale e centrale dell'India.
Gli attacchi militari compiuti dai combattenti del Partito Comunista dell'India(maoista),
in modo particolare negli ultimi anni, e le lotte di masse militanti
capeggiate dai maoisti e altre forze della sinistra contro il tentativo di
sequestrare i terreni dei contadini a Nandigram e a Singur per regalarli
alle grandi compagnie multinazionali, hanno tolto il sonno alle classi
reazionarie indiane al potere. La massiccia resistenza popolare a Lalgarh,
nel Bengala occidentale, contro le atrocità commesse dalla polizia, rimane
un modello mai visto prima nella storia del movimento comunista dell'India.
Lo sviluppo della guerra del popolo in India è naturalmente motivo di
orgoglio e fonte di ispirazione non solo per i rivoluzionari nel
sub-continente indiano ma anche per la classe operaia in tutto il mondo.
Le classi dominanti indiane, invece di occuparsi dei problemi che il paese e
il popolo stanno affrontando, hanno schierato massicce forze paramilitari
contro i più poveri del già povero popolo indiano, gli Adivasi. L'azione
contro il popolo chiamata "Operazione Green Hunt" che le forze espansioniste
indiane hanno intrapreso, si fonda sul disegno reazionario di attaccare e
distruggere la nuova forza politica rivoluzionaria che tramite la guerra
popolare si fa avanti. Mira infatti ad aprire la strada agli attacchi
crescenti e incontrollati contro il popolo e al saccheggio delle risorse
naturali da parte della grande borghesia compradora nazionale e della
borghesia internazionale.
Ha però creato, invece, il terreno favorevole a una maggiore espansione
delle forze progressiste, democratiche e di sinistra contro le classi
dominanti in India. Un numero significativo di rinomati intellettuali, come
Arundhati Roy, si sono schierati dalla parte degli Adivasi, si sono opposti
al dispiegamento paramilitare nelle loro regioni e hanno esposto la
bancarotta della cosiddetta più grande democrazia del mondo. La guerra
popolare in India è ora diventata un argomento centrale di discussione,
anche nelle classi medie. Anche i grandi mezzi di comunicazione diretti
dalla grande borghesia compradora non possono più continuare a coprire con
il silenzio le attività dei maoisti in questi giorni. È una grande conquista
ideologica e politica per i rivoluzionari in India e all'estero.
Anche se c'è una lunga storia di lotta armata in Bangladesh, per il momento
i comunisti rivoluzionari non sono riusciti a fare un salto in avanti.
Alcuni partiti marxisti-leninisti-maoisti hanno subito sconfitte temporanee
per l'arresto dei loro principali leader da parte del regime reazionario,
altri si stanno riorganizzando e preparando alla guerra popolare. Nonostante
ciò, le acute contraddizioni di classe, l'oppressione nazionale, il retaggio
rivoluzionario del passato, così come il sentimento patriottico del popolo
del Bangladesh, creano in questo paese un alto potenziale per lo sviluppo di
una nuova rivoluzione di nuova democrazia in Bangladesh.
Contemporaneamente, la formazione del Partito Comunista del Bhutan (MLM) nel
2001 e l'esistenza, da lungo tempo, del Partito Comunista Maoista nello Sri
Lanka, e i loro sforzi per riorganizzarsi, hanno costituito un potenziale
aggiuntivo per il movimento comunista nell'Asia Meridionale. Anche se al
momento non esiste un partito maoista in Pakistan, la lotta ideologica che
alcuni dei rivoluzionari hanno intrapreso per costruire un partito
rivoluzionario può avere delle implicazioni positive nel prossimo futuro. L'intera
Asia Meridionale, con l'eccezione delle Maldive, dove ancora non ci risulta
l'esistenza di un partito comunista, esprime insomma un forte potenziale per
il movimento comunista mondiale. In altre parole, l'Asia Meridionale è un
vulcano attivo della rivoluzione proletaria all'inizio del 21° secolo.
In ogni modo è tuttavia un dato di fatto che più si sviluppa la rivoluzione
proletaria, più la sfida per i reazionari diventa minacciosa. L'espansionismo
indiano, appoggiato dall'imperialismo USA, è da molto tempo un nemico comune
non soltanto per le masse indiane ma anche per quelle dell'intera regione. I
reazionari di tutto il mondo si sono uniti più strettamente contro il popolo
nel tentativo di fermare le rivoluzioni di nuova democrazia in questa
regione. Il risultato è che l'Asia Meridionale sta diventando un fronte di
collisione tra due forze: una formata dal proletariato e dai suoi alleati di
classe nazionali e internazionali, l'altra dagli imperialisti e dai loro
lacchè nei singoli paesi. In Asia Meridionale, nel grembo di questa
contraddizione, è in gestazione un nuovo mondo.
In questa era imperialista, la rivoluzione proletaria non resta un fenomeno
relegato a un singolo paese. E' composta da molti fattori interconnessi tra
loro. La vittoria di ogni rivoluzione comunista è collegata alle condizioni
oggettive del mondo e alla forza soggettiva del proletariato internazionale.
Diamo un breve sguardo a questi due fattori a livello mondiale.
Oggettivamente, la situazione mondiale non è così sfavorevole alla
rivoluzione come negli anni '80 e '90. Anzi, sta diventando una situazione
che favorisce le rivoluzioni proletarie. Non sto dicendo che una crisi
rivoluzionaria è già sviluppata in tutto il mondo, però è un fatto oggettivo
che il sistema imperialista ha problemi più acuti di quelli che aveva prima.
La crisi economica partita dagli USA, il capobanda imperialista, ora ha
investito tutto il mondo, anche se in misura diversa. La UE ha tentato di
risolvere la crisi economica in Grecia, ma inutilmente, e una crisi
ulteriore si è generata. Ed è solo un esempio.
Anche se nessun rivale dell'imperialismo USA in termini di forza militare si
è ancora fatto avanti, la contrapposizione con altre superpotenze militari
ed economiche nel mondo cresce. Il mondo unipolare è cambiato: ora è un
mondo multipolare. La contrapposizione tra capitale e lavoro si sta
intensificando in tutto il mondo. Si acuisce anche la contrapposizione tra l'imperialismo
e tutte le nazioni e i popoli oppressi, che è la contrapposizione principale
oggi nel mondo. Tutte le contrapposizioni fondamentali, inclusa quella
principale, si intensificano, la situazione oggettiva sta diventando meno
favorevole all'imperialismo, e si creano condizioni migliori per il
proletariato per far avanzare in tutto il mondo lotte di classe
rivoluzionarie.
La forza soggettiva del movimento comunista internazionale invece è molto
debole. Anche questo aspetto però si sta sviluppando in senso positivo. Le
lotte di classe rivoluzionarie in diversi paesi, ma soprattutto nell'Asia
Meridionale, hanno compito passi avanti esemplari, che nessuno può negare. E
non c'e solo questo: c'è la rabbia popolare che si è rovesciata nelle strade
contro le privatizzazioni, le liberalizzazioni e la globalizzazione negli
ultimi anni e che sta a mostrare il potenziale rivoluzionario nel mondo
intero. In questo momento le cose che mancano al proletariato sono la
comprensione salda e giusta del valore universale che il
Marxismo-Leninismo-Maoismo ha, la determinazione nel combattere a destra il
revisionismo, che è il pericolo principale nel movimento comunista
contemporaneo, la capacità di costruire partiti comunisti basati sul
Marxismo-Leninismo-Maoismo, in grado di applicare questa concezione in modo
creativo e adeguato alle particolarità di ciascun paese. Questa è la sfida
ideologica e politica che il proletariato deve affrontare oggi
coscientemente per vincere e colmare il divario esistente tra la situazione
mondiale oggettiva, che diventa sempre più favorevole, e la sua forza
soggettiva, che è ancora molto debole.
Noi proletari siamo una classe internazionale. Noi rivoluzionari in Asia
Meridionale e i compagni di altre parti del mondo abbiamo reciproci doveri
per sviluppare la rivoluzione proletaria ovunque nel mondo. Lo sviluppo
della rivoluzione popolare in Asia Meridionale è servito a fornirvi valide
risorse rivoluzionarie, che vi ispirino ideologicamente per far avanzare il
movimento comunista nei vostri rispettivi paesi, e il vostro fermo appoggio
e la vostra solidarietà serviranno a fare vincere la rivoluzione in Asia
Meridionale. Questo seminario, di fatto, ha aiutato ad accelerare il
processo. Tutti noi senza ombra di dubbio dobbiamo ringraziare chi lo ha
organizzato.
Compagni,
la Rivoluzione di Nuova Democrazia in Nepal si trova ad un crocevia
difficile: i rivoluzionari e l'insieme delle forze patriottiche,
repubblicane, progressiste, laiche e di sinistra stanno da una parte, e l'imperialismo,
l'espansionismo e i loro fantocci locali stanno dall'altra, e sono al
termine del combattimento per vincere la lotta politica in corso. Anche la
rivoluzione in India è di fronte a una sfida altrettanto seria. Lo stato
reazionario indiano ha già schierato forze paramilitari contro il suo stesso
popolo col pretesto di combattere i maoisti e si sta preparando a
rinforzarle ancora di più con la sua potenza militare. In India si va a uno
scontro violento tra forze rivoluzionarie e le forze controrivoluzionarie.
La vittoria della rivoluzione in Asia Meridionale produrrà effetti a vasto
raggio e sarà il precursore delle fiamme della rivoluzione che divamperanno
in tutto il mondo. All'opposto, la sua sconfitta porterà il popolo a una
demoralizzazione totale, non soltanto in questa regione ma a livello
globale. In una situazione come questa, una forte solidarietà alla
rivoluzione in Asia Meridionale è l'esigenza del giorno. Lottiamo tutti
duramente per costruire una forte solidarietà, che aiuti a far vincere la
nostra classe in Asia Meridionale e apra la porta alla rivoluzione
proletaria mondiale all'inizio del 21° secolo.
Grazie.
2 luglio 2010
Istanbul
Indra Mohan Sigdel, 'Basanta'
Membro del Politburo del Comitato Centrale
del Partito Comunista Unificato del Nepal (Maoista)
martedì 27 luglio 2010
pc quotidiano 27 luglio - riprendono i campeggi promossi da Red block
...Dopo un anno di lotte e mobilitazioni abbiamo deciso di organizzare un campeggio militante con lo scopo di fare un bilancio politico e passare piacevoli momenti di svago tra compagni.Consci che la lotta non si ferma neanche in estate, abbiamo concepito il campeggio come un incontro di delegazioni di compagni di organizzazione politiche aperto a chiunque fosse interessato alle tematiche trattate. Al campeggio saranno presenti una delegazione di Red Block, una delegazione del CAIL (collettivo accademia autorganizzato in lotta) di Palermo e una delegazione del CAU di Napoli...
Giovedì 29 luglio
Ore 16:00-18:00 Assemblea: “Dal movimento dell’onda…verso un autunno di lotte studentesche”
Ore 22:00 Proiezione dei video: “No Casa Pound”, “La giovinezza del potere” , a seguire dibattito: “ Respingere i fasci nelle scuole e nelle università, l’antifascismo sul territorio”.
Venerdi 30 luglio
Ore 10:00-12:00 Assemblea: “Le lotte dei giovani rivoluzionari a Palermo, dai quartieri proletari all’internazionalismo”.
Ore 18:00-20:00 Assemblea: “Sostenere le lotte operaie”
Ore 22:00-23:00 Proiezione “La rivolta. Grecia dicembre 2008”
Sabato 31 luglio
Ore 10:00-12:00 Assemblea “Come i giovani e i lavoratori greci rispondono alla crisi del capitale” .
Intervengono CAU Napoli, Red Block.
Ore 18:00-20:00 Assemblea “Come i popoli del mondo rispondono all’imperialismo, le GP nel mondo e la necessità di un nuovo internazionalismo”
Intervengono proletari comunisti, Red Block
Domenica 01 agosto
Ore 09-10 Assemblea conclusiva. “Necessità di organizzare la gioventù proletaria e ribelle”.
Giovedì 29 luglio
Ore 16:00-18:00 Assemblea: “Dal movimento dell’onda…verso un autunno di lotte studentesche”
Ore 22:00 Proiezione dei video: “No Casa Pound”, “La giovinezza del potere” , a seguire dibattito: “ Respingere i fasci nelle scuole e nelle università, l’antifascismo sul territorio”.
Venerdi 30 luglio
Ore 10:00-12:00 Assemblea: “Le lotte dei giovani rivoluzionari a Palermo, dai quartieri proletari all’internazionalismo”.
Ore 18:00-20:00 Assemblea: “Sostenere le lotte operaie”
Ore 22:00-23:00 Proiezione “La rivolta. Grecia dicembre 2008”
Sabato 31 luglio
Ore 10:00-12:00 Assemblea “Come i giovani e i lavoratori greci rispondono alla crisi del capitale” .
Intervengono CAU Napoli, Red Block.
Ore 18:00-20:00 Assemblea “Come i popoli del mondo rispondono all’imperialismo, le GP nel mondo e la necessità di un nuovo internazionalismo”
Intervengono proletari comunisti, Red Block
Domenica 01 agosto
Ore 09-10 Assemblea conclusiva. “Necessità di organizzare la gioventù proletaria e ribelle”.
pc quotidiano 27 luglio - seminario interno del Mfpr il 31-1 a Taranto
Dopo la due giorni di marzo:
“Bagagli per un viaggio delle donne in lotta”
TRATTEREMO DI
... l’oppressione delle donne non è immutabile, la doppia ribellione e la doppia
forza delle donne nelle lotte,lo sciopero delle donne le uccisioni delle donne,
gli uomini che odiano le donne
le basi storiche della condizione delle donne
mfpr
“Bagagli per un viaggio delle donne in lotta”
TRATTEREMO DI
... l’oppressione delle donne non è immutabile, la doppia ribellione e la doppia
forza delle donne nelle lotte,lo sciopero delle donne le uccisioni delle donne,
gli uomini che odiano le donne
le basi storiche della condizione delle donne
mfpr
pc quotidiano 27 luglio - la lotta per l'acqua nella banlieu tarantina di Paolo VI
una lotta popolare guidata dallo slai cobas per il sindacato di classe taranto
contro Aquedotto pugliese e amministrazioni locali
dalla gazzetta del mezzogiorno di oggi
non ce l'ha fatta l'anziano residente in via Palmiro Togliatti 9 a Paolo VI.
E' morto ieri mattina alle 7,45 all'ospedale Giuseppe Moscati, dove era
ricoverato da una decina di giorni in seguito ad un infarto. Ora lo Slai
Cobas per il sindacato di classe sta cercando di capire se ci sia un legame
tra il malore e la mancanza d'acqua nell'appartamento della scala D, dove l'uomo
risiedeva.
Il sindacato ipotizza infatti una certa consequenzialità tra l'infarto e l'interruzione
del servizio idrico in quanto l'uomo, come numerosi vicini di casa, era
stato costretto a sostenere sforzi fisici sotto il sole per approvvigionarsi
dell'acqua messa a disposizione dalle autobotti del Comune.
Dubbio che nei giorni scorsi ha fatto muovere il sindaco Ezio Stefàno, il
quale ha firmato un'ordinanza di carattere igienico-sanitario il 21 luglio
scorso ingiungendo all'Acquedotto pugliese di ripristinare immediatamente l'erogazione.
Il sindaco ha anche dato mandato all'assessore alle Politiche sociali, Mario
Pennuzzi, di acquisire i certificati medici degli abitanti delle palazzine
di Paolo VI private dell'acqua.
L'acqua sia erogata anche alla scala D di via Togliatti 9 e ci sia un tavolo
di confronto per risolvere l'emergenza idrica a Taranto. Queste le due
richieste che ieri gli inquilini dello stabile di Paolo VI, ancora senz'acqua
perché privi di contatore, hanno sottoposto ai vertici dell'Acquedotto
pugliese. Ha infatti ottenuto un incontro nella sede Aqp di viale Virgilio
la delegazione di cittadini guidata da Benni Scripilliti e Francesco
Lomagistro dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto, che ha
organizzato un sit in di protesta proprio davanti all'Aqp.
«Vogliamo che l'Acquedotto rispetti fedelmente l'ordinanza firmata dal
sindaco Ezio Stefàno - dichiara Scripilliti - e che riallacci l'acqua in
tutte le abitazioni del quartiere Paolo VI, compresa la scala D di via
Togliatti 9, dove l'ente riscontra un problema di abusivismo. Al di là della
presenza o meno del contatore, infatti, il sindaco è stato chiaro: il
servizio idrico dev'essere ripristinato per motivi di carattere
igienico-sanitario». Inoltre lo Slai Cobas per il sindacato di classe chiede
la riapertura delle trattative per la restituzione del debito accumulato dai
morosi negli ultimi anni. «Ma - dice Scripilliti - le somme devono essere
rimodulate sulla base delle possibilità di queste famiglie e non secondo
accordi sottoscritti dietro il ricatto della sete e con rate troppo alte che
difficilmente gli inquilini potranno onorare in futuro».
Richieste, queste, che l'Aqp di Taranto ha già trasmesso alla sede di Bari
in quanto riportate in un verbale siglato alla fine dell'incontro. «I
funzionari di Taranto - aggiunge Scripilliti - ci hanno chiarito che il
ripristino dell'erogazione non dipende da loro ma dalla sede Aqp di Bari.
Per quanto riguarda invece il tavolo, ci hanno assicurato una risposta entro
il 20 agosto».
Ma per l'erogazione bloccata notizie più certe dall'Aqp sono arrivate già
alle 14 di ieri. E non sono però state positive. «Non possiamo intervenire
laddove ci sono casi conclamati di abusivismo rendendoci complici di chi ha
rubato l'acqua» è stata la risposta di Vito Palumbo, responsabile delle
Relazioni esterne dell'Acquedotto. Diversa invece la reazione di Aqp alla
richiesta di un tavolo di confronto: «Siamo disponibili a riaprire le
trattative con gli inquilini e a restituire l'acqua a chi vorrà
regolarizzare la propria posizione. Non possiamo però fare più di questo.
Adesso la prossima mossa spetta alle istituzioni locali interessate. Tocca a
loro dare una mano e risolvere le problematiche del territorio. Ci riferiamo
in particolare al Comune. Metta in campo interventi concreti».
Sul punto sono d'accordo anche gli inquilini e lo stesso Slai Cobas per il
sindacato di classe, che più volte, nei giorni scorsi, ha fatto notare come
istituzioni ed altri sindacati si siano attivati soltanto quando la protesta
di Paolo VI era diventata di dominio pubblico. Per tutto il resto, però,
Scripilliti stigmatizza duramente l'atteggiamento dell'Aqp e critica questa
«politica di cassa». «Gli abitanti di via Togliatti - spiega - non
contestano i costi dell'Aqp ma si sentono truffati perché l'ente chiede loro
milioni di euro per morosità che risalgono ai passati decenni, che non sono
state contabilizzate e che si basano su un consumo stimato. Tra l'altro
esistono in questo caso anche responsabilità dell'Istituto autonomo case
popolari e del Comune in quanto proprietari degli stabili. In queste
palazzine per anni ci sono anche stati allagamenti e sprechi che ora si
vogliono scaricare sugli inquilini».
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe respinge infine la definizione di
«furto d'acqua»: «Si tratta - viene affermato - della necessità di
provvedere all'indispensabile approvvigionamento di acqua per garantire la
sopravvivenza visto che Aqp continua a chiedere somme esagerate, oltre che
falsate, che questi cittadini non potranno mai pagare».
:
-Al Presidente della Regione Puglia Nicki Vendola
-Al Sindaco di
Taranto Ippazio Stefano
-Alla direzione AQP
-All'assessore ai servizi sociali Mario Pennuzzi
-e.p.c
-Al
Prefetto dott.ssa Pagano
-a tutti gli organi di stampa
gli inquilini di Paolo VI organizzati nello slai cobas per il sindacato di
classe chiedono al Presidente della
Regione Nicki Vendola di intervenire al più presto
nella
vertenza-ricatto acqua che AQP esercita nei confronti di migliaia di
cittadini che vivono nelle case popolari del Q.re Paolo VI
di
Taranto.
Occorre sottolineare che una persona anziana colta da
infarto e ricoverata nel reparto rianimazione dell'ospedale Moscati di
Taranto,situazione
che aveva costretto il sindaco ,dietro denuncia pubblica dello slai
cobas,a emettere una ordinanza per ripristinare
l'erogazione
dell'acqua per gravi rischi per l'igiene e la salute pubblica,è deceduta
questa mattina alle 07,45.
Appena avuta la notizia un centinaio di
cittadini del quartiere si sono ritrovati sotto la sede AQP di Taranto
in v.le Virgilio,
per denunciare il grave pregiudizio che AQP ha
mostrato nei confronti di via Togliatti ed 9,dove lo stesso risiedeva,ma
anche di altre palazzine
tra le quali via XXV aprile 42 lotto 8 e
14 lotto 3,ecc.
La motivazione del mancato riallaccio al
servizio,anche se provvisorio,che AQP ha dato è che i condomini ancora
privi del servizio sarebbero
senza contratto,come se il diritto alla
salute motivante la ordinanza,fosse garantito da un pezzo di carta.
E'
bene ribadire che gli inquilini in questione sono naturalmente
disponibili a regolarizzare la loro posizione e a pagare i relativi
consumi
nonchè le eventuali morosità debitamente ridimensionate
,perchè è altrettanto necessario ribadire che le responsabilità vanno
distribuite
tra AQP,Comune,IACP e cittadini morosi,non vanno invece
scaricate tutte sugli inquilini dietro l'arma del ricatto,come purtroppo
avviene.
A questo proposito AQP mostra dei contratti sottoscritti da
interlocutori non riconosciuti dagli inquilini e rappresentanti poco
rappresentativi
che prevedono il rientro delle morosità con rate
inesigibili perchè incompatibili con le condizioni economiche dei
cittadini e estorti con l'arma
del ricatto della
sospensione,costringendo gli inquilini a sottoscrivere accordi che mai
potranno onorare.
Per mettere fine a questa situazione di illegalità "condizionata"
chiediamo l'autorevole intervento del
Presidente per ribadire il concetto,già espresso in molte occasioni,che
l'acqua è un bene
pubblico e che deve essere garantito.E' necessario
l'intervento del Presidente per spiegare bene che la gestione pubblica
di
un bene così importante per la sopravvivenza ,a differenza della
gestione privata,pensa al bene comune e alla salute dei cittadini,
concetto
che al q.re Paolo VI di taranto ,tra sospensioni indiscriminate durante
le temperature insostenibili di questi giorni,che hanno causato già una
prima vittima e che mette a rischio molte altre vite,non è più così
chiaro.
Chiediamo pertanto una assunzione di responsabilità da parte
di tutte le istituzioni coinvolte,nonchè di AQP e IACP,per fissare un
tavolo capace
di soluzioni accettabili che permettano a un migliaio
di famiglie di rientrare nella legalità,come già avvenuto per via
Crispi.
Chiediamo inoltre il ripristino immediato del servizio a
tutte le palazzine ancora prive di un bene così fondamentale per la
vita,per
scongiurare altri gravi danni alla salute delle persone, dei
quali riterremo responsabili tutte le istituzioni .
contro Aquedotto pugliese e amministrazioni locali
dalla gazzetta del mezzogiorno di oggi
non ce l'ha fatta l'anziano residente in via Palmiro Togliatti 9 a Paolo VI.
E' morto ieri mattina alle 7,45 all'ospedale Giuseppe Moscati, dove era
ricoverato da una decina di giorni in seguito ad un infarto. Ora lo Slai
Cobas per il sindacato di classe sta cercando di capire se ci sia un legame
tra il malore e la mancanza d'acqua nell'appartamento della scala D, dove l'uomo
risiedeva.
Il sindacato ipotizza infatti una certa consequenzialità tra l'infarto e l'interruzione
del servizio idrico in quanto l'uomo, come numerosi vicini di casa, era
stato costretto a sostenere sforzi fisici sotto il sole per approvvigionarsi
dell'acqua messa a disposizione dalle autobotti del Comune.
Dubbio che nei giorni scorsi ha fatto muovere il sindaco Ezio Stefàno, il
quale ha firmato un'ordinanza di carattere igienico-sanitario il 21 luglio
scorso ingiungendo all'Acquedotto pugliese di ripristinare immediatamente l'erogazione.
Il sindaco ha anche dato mandato all'assessore alle Politiche sociali, Mario
Pennuzzi, di acquisire i certificati medici degli abitanti delle palazzine
di Paolo VI private dell'acqua.
L'acqua sia erogata anche alla scala D di via Togliatti 9 e ci sia un tavolo
di confronto per risolvere l'emergenza idrica a Taranto. Queste le due
richieste che ieri gli inquilini dello stabile di Paolo VI, ancora senz'acqua
perché privi di contatore, hanno sottoposto ai vertici dell'Acquedotto
pugliese. Ha infatti ottenuto un incontro nella sede Aqp di viale Virgilio
la delegazione di cittadini guidata da Benni Scripilliti e Francesco
Lomagistro dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto, che ha
organizzato un sit in di protesta proprio davanti all'Aqp.
«Vogliamo che l'Acquedotto rispetti fedelmente l'ordinanza firmata dal
sindaco Ezio Stefàno - dichiara Scripilliti - e che riallacci l'acqua in
tutte le abitazioni del quartiere Paolo VI, compresa la scala D di via
Togliatti 9, dove l'ente riscontra un problema di abusivismo. Al di là della
presenza o meno del contatore, infatti, il sindaco è stato chiaro: il
servizio idrico dev'essere ripristinato per motivi di carattere
igienico-sanitario». Inoltre lo Slai Cobas per il sindacato di classe chiede
la riapertura delle trattative per la restituzione del debito accumulato dai
morosi negli ultimi anni. «Ma - dice Scripilliti - le somme devono essere
rimodulate sulla base delle possibilità di queste famiglie e non secondo
accordi sottoscritti dietro il ricatto della sete e con rate troppo alte che
difficilmente gli inquilini potranno onorare in futuro».
Richieste, queste, che l'Aqp di Taranto ha già trasmesso alla sede di Bari
in quanto riportate in un verbale siglato alla fine dell'incontro. «I
funzionari di Taranto - aggiunge Scripilliti - ci hanno chiarito che il
ripristino dell'erogazione non dipende da loro ma dalla sede Aqp di Bari.
Per quanto riguarda invece il tavolo, ci hanno assicurato una risposta entro
il 20 agosto».
Ma per l'erogazione bloccata notizie più certe dall'Aqp sono arrivate già
alle 14 di ieri. E non sono però state positive. «Non possiamo intervenire
laddove ci sono casi conclamati di abusivismo rendendoci complici di chi ha
rubato l'acqua» è stata la risposta di Vito Palumbo, responsabile delle
Relazioni esterne dell'Acquedotto. Diversa invece la reazione di Aqp alla
richiesta di un tavolo di confronto: «Siamo disponibili a riaprire le
trattative con gli inquilini e a restituire l'acqua a chi vorrà
regolarizzare la propria posizione. Non possiamo però fare più di questo.
Adesso la prossima mossa spetta alle istituzioni locali interessate. Tocca a
loro dare una mano e risolvere le problematiche del territorio. Ci riferiamo
in particolare al Comune. Metta in campo interventi concreti».
Sul punto sono d'accordo anche gli inquilini e lo stesso Slai Cobas per il
sindacato di classe, che più volte, nei giorni scorsi, ha fatto notare come
istituzioni ed altri sindacati si siano attivati soltanto quando la protesta
di Paolo VI era diventata di dominio pubblico. Per tutto il resto, però,
Scripilliti stigmatizza duramente l'atteggiamento dell'Aqp e critica questa
«politica di cassa». «Gli abitanti di via Togliatti - spiega - non
contestano i costi dell'Aqp ma si sentono truffati perché l'ente chiede loro
milioni di euro per morosità che risalgono ai passati decenni, che non sono
state contabilizzate e che si basano su un consumo stimato. Tra l'altro
esistono in questo caso anche responsabilità dell'Istituto autonomo case
popolari e del Comune in quanto proprietari degli stabili. In queste
palazzine per anni ci sono anche stati allagamenti e sprechi che ora si
vogliono scaricare sugli inquilini».
Lo Slai Cobas per il sindacato di classe respinge infine la definizione di
«furto d'acqua»: «Si tratta - viene affermato - della necessità di
provvedere all'indispensabile approvvigionamento di acqua per garantire la
sopravvivenza visto che Aqp continua a chiedere somme esagerate, oltre che
falsate, che questi cittadini non potranno mai pagare».
:
-Al Presidente della Regione Puglia Nicki Vendola
-Al Sindaco di
Taranto Ippazio Stefano
-Alla direzione AQP
-All'assessore ai servizi sociali Mario Pennuzzi
-e.p.c
-Al
Prefetto dott.ssa Pagano
-a tutti gli organi di stampa
gli inquilini di Paolo VI organizzati nello slai cobas per il sindacato di
classe chiedono al Presidente della
Regione Nicki Vendola di intervenire al più presto
nella
vertenza-ricatto acqua che AQP esercita nei confronti di migliaia di
cittadini che vivono nelle case popolari del Q.re Paolo VI
di
Taranto.
Occorre sottolineare che una persona anziana colta da
infarto e ricoverata nel reparto rianimazione dell'ospedale Moscati di
Taranto,situazione
che aveva costretto il sindaco ,dietro denuncia pubblica dello slai
cobas,a emettere una ordinanza per ripristinare
l'erogazione
dell'acqua per gravi rischi per l'igiene e la salute pubblica,è deceduta
questa mattina alle 07,45.
Appena avuta la notizia un centinaio di
cittadini del quartiere si sono ritrovati sotto la sede AQP di Taranto
in v.le Virgilio,
per denunciare il grave pregiudizio che AQP ha
mostrato nei confronti di via Togliatti ed 9,dove lo stesso risiedeva,ma
anche di altre palazzine
tra le quali via XXV aprile 42 lotto 8 e
14 lotto 3,ecc.
La motivazione del mancato riallaccio al
servizio,anche se provvisorio,che AQP ha dato è che i condomini ancora
privi del servizio sarebbero
senza contratto,come se il diritto alla
salute motivante la ordinanza,fosse garantito da un pezzo di carta.
E'
bene ribadire che gli inquilini in questione sono naturalmente
disponibili a regolarizzare la loro posizione e a pagare i relativi
consumi
nonchè le eventuali morosità debitamente ridimensionate
,perchè è altrettanto necessario ribadire che le responsabilità vanno
distribuite
tra AQP,Comune,IACP e cittadini morosi,non vanno invece
scaricate tutte sugli inquilini dietro l'arma del ricatto,come purtroppo
avviene.
A questo proposito AQP mostra dei contratti sottoscritti da
interlocutori non riconosciuti dagli inquilini e rappresentanti poco
rappresentativi
che prevedono il rientro delle morosità con rate
inesigibili perchè incompatibili con le condizioni economiche dei
cittadini e estorti con l'arma
del ricatto della
sospensione,costringendo gli inquilini a sottoscrivere accordi che mai
potranno onorare.
Per mettere fine a questa situazione di illegalità "condizionata"
chiediamo l'autorevole intervento del
Presidente per ribadire il concetto,già espresso in molte occasioni,che
l'acqua è un bene
pubblico e che deve essere garantito.E' necessario
l'intervento del Presidente per spiegare bene che la gestione pubblica
di
un bene così importante per la sopravvivenza ,a differenza della
gestione privata,pensa al bene comune e alla salute dei cittadini,
concetto
che al q.re Paolo VI di taranto ,tra sospensioni indiscriminate durante
le temperature insostenibili di questi giorni,che hanno causato già una
prima vittima e che mette a rischio molte altre vite,non è più così
chiaro.
Chiediamo pertanto una assunzione di responsabilità da parte
di tutte le istituzioni coinvolte,nonchè di AQP e IACP,per fissare un
tavolo capace
di soluzioni accettabili che permettano a un migliaio
di famiglie di rientrare nella legalità,come già avvenuto per via
Crispi.
Chiediamo inoltre il ripristino immediato del servizio a
tutte le palazzine ancora prive di un bene così fondamentale per la
vita,per
scongiurare altri gravi danni alla salute delle persone, dei
quali riterremo responsabili tutte le istituzioni .
pc quotidiano 27 luglio - dagli operai della Zastava a Mirafiori
marchionne nel suo piano ha molto successo tra i governi, che tra i lavoratori
come è stato con gli operai della fabbrica di Tychy Polonia, in occasione del piano per Pomigliano, così ora con il piano Mirafiori, gli operai e il sindacato della Zastava fanno sentire la loro voce critica...
sono voci che vanno ascolatate
«Troppe incertezze». Fiat sposta in Serbia la monovolume L Zero
... L'operazione serba risolve in realtà un altro problema a Fiat: fa avanzare il progetto di joint venture con la Zastava, che dopo la firma dell'accordo di 2 anni fa era ancora in attesa di un modello forte da produrre; né il progetto della piccola Topolino né quello di una low cost da esportare hanno infatti finora avuto via libera. L'investimento in Serbia vale quasi un miliardo di euro per arrivare a una capacità produttiva di 190mila vetture annue; la produzione della nuova monovolume dovrebbe iniziare tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012. La somma di 1 miliardo di euro verrà coperta per 250 milioni dal governo di Belgrado; 400 verranno da un prestito dalla Bei e il resto dall'azienda torinese; quest'ultima dovrebbe spendere dunque una somma comparabile con quanto avrebbe investito per produrre la L0 a Mirafiori; nel 2008 si era parlato per Zastava di un investimento di 700 milioni, di cui 200 contribuiti da Belgrado. ...
COMUNICATO DEL SINDACATO UNITARIO DELLA ZASTAVA
Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava
Samostalni Sindikat Srbije - Savez Metalaca Srbije
jsozastava @ nadlanu.com
Kragujevac, 23 luglio 2010
Per quanto riguarda gli articoli pubblicati in questi giorni in Italia e tradotti e pubblicati anche in Serbia, comunichiamo che - sulla base delle informazioni in nostro possesso - non esiste nessun Accordo ufficiale ne' informazione ufficiale del governo serbo (che è proprietario del 30% della Fiat Auto Serbia) relativa alle dichiarazioni (intenzioni) di Marchionne.
I fatti sulla situazione attuale nella fabbrica di Kragujevac:
* La fabbrica è ferma a causa delle vetture non vendute ferme nel piazzale (circa 450 unità).
* Tutti i 1060 lavoratori della Fiat Auto Serbia sono in cassa integrazione (percepiscono il 65% del salario).
* La ricostruzione dei reparti viene eseguita da imprese appaltatrici, nonostante che migliaia di lavoratori della Zastava [*] stiano a casa senza lavoro. Proprio 2 giorni fa un lavoratore di un'impresa appaltatrice è morto sul lavoro.
* Circa il 70% dei lavoratori della Fiat Auto Serbia sono sovvenzionati dal governo serbo per arrivare al minimo garantito in Serbia che è pari a 160 euro.
* Noi al Sindacato abbiamo seri dubbi per quanto riguarda la decisione di Marchionne, perchè in un anno ha cambiato il piano 3 volte.
* Il sindacato della Zastava vede in questo girotondo di annunci il tentativo di dividere i lavoratori dei nostri due paesi e invita all'unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat.
Il segretario
Radoslav Delic
---
[*] Quelli cassaintegrati più quelli licenziati e forzati al prepensionamento in totale ammontano a decine di migliaia: il "kombinat" di Kragujevac era infatti il più grande complesso metalmeccanico dei Balcani prima della aggressione della NATO e dell'inizio delle selvagge politiche liberiste alla fine del 2000 (ndCNJ).
come è stato con gli operai della fabbrica di Tychy Polonia, in occasione del piano per Pomigliano, così ora con il piano Mirafiori, gli operai e il sindacato della Zastava fanno sentire la loro voce critica...
sono voci che vanno ascolatate
«Troppe incertezze». Fiat sposta in Serbia la monovolume L Zero
... L'operazione serba risolve in realtà un altro problema a Fiat: fa avanzare il progetto di joint venture con la Zastava, che dopo la firma dell'accordo di 2 anni fa era ancora in attesa di un modello forte da produrre; né il progetto della piccola Topolino né quello di una low cost da esportare hanno infatti finora avuto via libera. L'investimento in Serbia vale quasi un miliardo di euro per arrivare a una capacità produttiva di 190mila vetture annue; la produzione della nuova monovolume dovrebbe iniziare tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012. La somma di 1 miliardo di euro verrà coperta per 250 milioni dal governo di Belgrado; 400 verranno da un prestito dalla Bei e il resto dall'azienda torinese; quest'ultima dovrebbe spendere dunque una somma comparabile con quanto avrebbe investito per produrre la L0 a Mirafiori; nel 2008 si era parlato per Zastava di un investimento di 700 milioni, di cui 200 contribuiti da Belgrado. ...
COMUNICATO DEL SINDACATO UNITARIO DELLA ZASTAVA
Jedinstvena Sindikalna Organizacija Zastava
Samostalni Sindikat Srbije - Savez Metalaca Srbije
jsozastava @ nadlanu.com
Kragujevac, 23 luglio 2010
Per quanto riguarda gli articoli pubblicati in questi giorni in Italia e tradotti e pubblicati anche in Serbia, comunichiamo che - sulla base delle informazioni in nostro possesso - non esiste nessun Accordo ufficiale ne' informazione ufficiale del governo serbo (che è proprietario del 30% della Fiat Auto Serbia) relativa alle dichiarazioni (intenzioni) di Marchionne.
I fatti sulla situazione attuale nella fabbrica di Kragujevac:
* La fabbrica è ferma a causa delle vetture non vendute ferme nel piazzale (circa 450 unità).
* Tutti i 1060 lavoratori della Fiat Auto Serbia sono in cassa integrazione (percepiscono il 65% del salario).
* La ricostruzione dei reparti viene eseguita da imprese appaltatrici, nonostante che migliaia di lavoratori della Zastava [*] stiano a casa senza lavoro. Proprio 2 giorni fa un lavoratore di un'impresa appaltatrice è morto sul lavoro.
* Circa il 70% dei lavoratori della Fiat Auto Serbia sono sovvenzionati dal governo serbo per arrivare al minimo garantito in Serbia che è pari a 160 euro.
* Noi al Sindacato abbiamo seri dubbi per quanto riguarda la decisione di Marchionne, perchè in un anno ha cambiato il piano 3 volte.
* Il sindacato della Zastava vede in questo girotondo di annunci il tentativo di dividere i lavoratori dei nostri due paesi e invita all'unità di tutti i lavoratori del gruppo Fiat.
Il segretario
Radoslav Delic
---
[*] Quelli cassaintegrati più quelli licenziati e forzati al prepensionamento in totale ammontano a decine di migliaia: il "kombinat" di Kragujevac era infatti il più grande complesso metalmeccanico dei Balcani prima della aggressione della NATO e dell'inizio delle selvagge politiche liberiste alla fine del 2000 (ndCNJ).
pc quotidiano 27 luglio - Palermo...cacciare Cammarrata !
Il sindaco di Palermo Diego Cammarata è stato condannato dalla Corte dei Conti al pagamento di 200 mila euro per danno erariale: secondo i giudici nel 2004 affidò incarichi per il recupero dell'area dei Mercati Generali e dell'ex Chimica Arenella a consulenti esterni che si sono rivelati assolutamente incapaci per tale compito. Gli incarichi infatti, del valore di 300 mila euro, sarebbero stati assegnati senza verificare alcun possesso delle professionalità richieste dal regolamento comunale. Migliaia di euro a pioggia praticamente a dei principianti che secondo i giudici “sarebbe bastato dare un'occhiata ai curricula per rendersene conto”, ingegneri e architetti inesperti la cui «durata minima dell'esperienza professionale» è «insussistente».
“Cose inutili” insomma, secondo il detto palermitano che oramai da parte di settori sempre più ampi della popolazione a voce, nei cartelli, sui muri fino ai cassonetti dell’immondizia (quando si vedono! vista l’immondizia sempre più abbondante in città) è ripetuto e scritto nei riguardi del Sindaco Cammarata “cosa inutile e sempre più dannosa!”
Cammarata ha cercato invano di scaricare tutto su Federico Lazzaro, dirigente dell'urbanistica che comunque è stato pure condannato al pagamento di 100.000 euro.
Un altro caso della lunga serie dello spreco dei soldi continuo dato che la loro logica non è quella di dare gli incarichi, quando anche fossero necessari, a chi di competenza ma di affidarli ai vari personaggi di turno che rientrano nel gioco clientelare/mafioso dei favori.
Questa arroganza e strafottenza per il “bene pubblico” è aumentata di molto da quando i sindaci sono eletti direttamente e si comportano come piccoli dittatori: a parte nomine e incarichi dal bilancio comunale si ritagliano anche un budget “personale” che utilizzano secondo i “bisogni” e che cercano di aumentare quanto più possibile.
Il sindaco Cammarata che ha in corso diversi processi non sembra particolarmente preoccupato per questo altro guaio, probabilmente pensa che basterà una nuova tassa da far pagare ai “cittadini” per raccogliere questi 200.000 €… sarebbe ora che raccogliesse grandi calci nel sedere per essere cacciato via a furor di popolo!
“Cose inutili” insomma, secondo il detto palermitano che oramai da parte di settori sempre più ampi della popolazione a voce, nei cartelli, sui muri fino ai cassonetti dell’immondizia (quando si vedono! vista l’immondizia sempre più abbondante in città) è ripetuto e scritto nei riguardi del Sindaco Cammarata “cosa inutile e sempre più dannosa!”
Cammarata ha cercato invano di scaricare tutto su Federico Lazzaro, dirigente dell'urbanistica che comunque è stato pure condannato al pagamento di 100.000 euro.
Un altro caso della lunga serie dello spreco dei soldi continuo dato che la loro logica non è quella di dare gli incarichi, quando anche fossero necessari, a chi di competenza ma di affidarli ai vari personaggi di turno che rientrano nel gioco clientelare/mafioso dei favori.
Questa arroganza e strafottenza per il “bene pubblico” è aumentata di molto da quando i sindaci sono eletti direttamente e si comportano come piccoli dittatori: a parte nomine e incarichi dal bilancio comunale si ritagliano anche un budget “personale” che utilizzano secondo i “bisogni” e che cercano di aumentare quanto più possibile.
Il sindaco Cammarata che ha in corso diversi processi non sembra particolarmente preoccupato per questo altro guaio, probabilmente pensa che basterà una nuova tassa da far pagare ai “cittadini” per raccogliere questi 200.000 €… sarebbe ora che raccogliesse grandi calci nel sedere per essere cacciato via a furor di popolo!
pc quotidiano 27 luglio - La Lega e la ‘ndrangheta
da il fatto quotidiano
La Lega e la ‘ndrangheta, incontri elettorali con un consigliere regionale
Si tratta di Angelo Ciocca. Il politico, non indagato, avrebbe traghettato i voti del Carroccio su un candidato delle cosche. Con il padrino si è incontrato a Pavia.
Chi lo conosce lo definisce “furbo”. Il suo motto, riportato sul suo sito, è: “Fare per la nostra gente”.
Gente padana naturalmente, perché il consigliere regionale Angelo Ciocca, classe ’75, in politica dal 1996, è leghista da sempre.
Eppure le carte dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia raccontano qualcos’altro. Raccontano dei suoi rapporti diretti con l’avvocato Pino Neri, massone dichiarato e soprattutto boss di primissimo piano finito in carcere nel maxi blitz del 13 luglio. I due, nella primavera del 2009, sono stati filmati dai carabinieri mentre si incontravano per discutere di pacchetti di voti da dirottare su un candidato gradito alle cosche.
La Lega nord e la mafia, dunque. Una novità assoluta che imbarazza il Carroccio tanto da spingere la Padania di oggi a polemizzare con La Stampa rea di aver scritto che la ‘ndrangheta ha conquistato anche i Comuni governati della Lega. Sul quotidiano leghista si parla di “allucinazioni” e di “insinuazioni”. Da adesso però il problema non sono più i giornali. Ma le 3000 pagine della richiesta di arresto dei magistrati milanesi in cui si descrivono i rapporti – certi – tra il padrino e Ciocca (ad oggi non indagato) per far confluire i voti leghisti su Francesco Rocco Del Prete, candidato della ‘ndrangheta (poi non eletto) alle comunali 2009 di Pavia.
Un bel pasticcio per l’enfant prodige padano in queste ore a rapporto da Giancarlo Giorgetti, responsabile degli Enti locali del Carroccio, e suo sponsor politico. Una riunione privatissima, che precede l’imminente summit di domani nella sede di via Bellerio, dove, molto probabilmente, al consigliere sarà chiesto ufficialmente di dimettersi. Interpellato da ilfattoquotidiano.it il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, infatti dice: ” Se qualcuno non è immacolato sarà espulso immediatamente”. E poi, come molti altri funzionari, prende le distanze da Ciocca. “Personalmente non lo conosco. Non l’ho mai sentito”, aggiunge lasciando via Bellerio, dove ha appena incontrato Bossi.
Torniamo allora a quel 2009. All’epoca Ciocca è assessore provinciale pavese alle Attività produttive. Una poltrona che però lascierà presto per migrare verso il Pirellone. Alle ultime elezioni di maggio 18.910 preferenze lo spingono direttamente in Consiglio regionale, primo fra gli eletti.
Un bel colpo per un ragazzo di appena 35 anni, originario di San Genesio e Uniti, paesino a due passi da Pavia. Poco più di 3.000 anime e un gran numero di ville in stile hollywoodiano. Un bel posto, insomma, che in appena quattro anni ha sfornato un consigliere regionale e addirittura un senatore della Repubblica. Roberto Giovanni Mura, oltre che primo cittadino di San Genesio, siede, infatti, a palazzo Madama tra i banchi della Lega nord. E proprio gli uffici comunali nei giorni scorsi sono stati visitati dagli uomini della Dia di Milano. Gli investigatori hanno portato via diverse carte tra cui la variante della strada Vigentina che prevede una glosissima speculazione edilizia.
I rapporti tra il consigliere e il padrino della ‘ndrangheta iniziano così nel giugno 2009, quando “Neri – annotano i magistrati – ha assoluta necessità di far eleggere alle consultazioni elettorali di Pavia un proprio uomo, Rocco Del Prete, e a tal fine si rivolge a Ciocca”. E che Del Prete sia persona vicina alla cosca non vi è dubbio. Sarà lui, infatti, a incontrare il deputato azzurro Giancarlo Abelli per proporgli il piano politico della mafia. “Rocco Del Prete – si legge nella richiesta d’arresto – è stato candidato nella lista Rinnovare Pavia facente capo a Ettore Filippi Filippi“. E ancora: “Del Prete era candidato nella piena disponibilità di Pino Neri”
Su quelle comunali c’è, però, un problema. La Lega nord si è messa di traverso e non vuole Del Prete. Questo il motivo per cui il boss Pino Neri intensifica i suoi rapporti con Ciocca, arrivando al punto di promettergli in cambio dell’appoggio elettorale un appartamento nel centro di Pavia a prezzo di favore. Scrivono i magistrati: “Neri si premurava di assicurare al suo interlocutore girando a questo le garanzie a lui date da Ciocca”, mettendo in evidenza “l’incertezza del momento”.
Nei giorni successivi un uomo vicino al boss sente il politico. Del contenuto della conversazione ne parla con lo stesso Neri. “Mi ha detto: non ti preoccupare che adesso noi rompiamo le palle ancora”. Cioé Ciocca farà pressione sui vertici locali del Carroccio per favorire la candidatura di Del Prete. Le parole confortano il boss. “Se Angelo Ciocca vi dice in quel modo io non ho motivo di dubitare che loro romperanno le palle”. Il politico leghista viene sentito anche da Del Prete che poi riferisce al boss: “Ciocca gli avrebbe assicurato che stanno facendo una manovra per farlo rientrare, ma non gliel’ha spiegata anche se ha assicurato che lo avrebbe richiamato per dargli la lieta notizia”.
E del resto il capo della ‘ndrangheta pavese con Angelo Ciocca ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i magistrati – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’appartamentino di Medigliani”. Si tratta di una casa in piazza Petrarca a Pavia, luogo dove, dopo contatti telefonici tra Neri e Ciocca, avviene l’incontro tra i due. All’appuntamento, però, si presentano anche i carabinieri. I militari filmano i due assieme a un altro uomo. E annotano: “I tre dopo aver conversato dinanzi all’ingresso si allontanavano recandosi tutti all’interno dell’istituto Monte dei Paschi di Siena”. Banche, politica e affari. La ‘ndrangheta è “democratica” e per comandare non fa distinzioni di partito. Ciò che conta è stare con chi è al governo. Forse anche per questo,ieri, il ministro dell’Interno, Bobo Maroni, è sembrato rompere gli indugi e ha detto: “Non guarderemo in faccia a nessuno”.
La Lega e la ‘ndrangheta, incontri elettorali con un consigliere regionale
Si tratta di Angelo Ciocca. Il politico, non indagato, avrebbe traghettato i voti del Carroccio su un candidato delle cosche. Con il padrino si è incontrato a Pavia.
Chi lo conosce lo definisce “furbo”. Il suo motto, riportato sul suo sito, è: “Fare per la nostra gente”.
Gente padana naturalmente, perché il consigliere regionale Angelo Ciocca, classe ’75, in politica dal 1996, è leghista da sempre.
Eppure le carte dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Lombardia raccontano qualcos’altro. Raccontano dei suoi rapporti diretti con l’avvocato Pino Neri, massone dichiarato e soprattutto boss di primissimo piano finito in carcere nel maxi blitz del 13 luglio. I due, nella primavera del 2009, sono stati filmati dai carabinieri mentre si incontravano per discutere di pacchetti di voti da dirottare su un candidato gradito alle cosche.
La Lega nord e la mafia, dunque. Una novità assoluta che imbarazza il Carroccio tanto da spingere la Padania di oggi a polemizzare con La Stampa rea di aver scritto che la ‘ndrangheta ha conquistato anche i Comuni governati della Lega. Sul quotidiano leghista si parla di “allucinazioni” e di “insinuazioni”. Da adesso però il problema non sono più i giornali. Ma le 3000 pagine della richiesta di arresto dei magistrati milanesi in cui si descrivono i rapporti – certi – tra il padrino e Ciocca (ad oggi non indagato) per far confluire i voti leghisti su Francesco Rocco Del Prete, candidato della ‘ndrangheta (poi non eletto) alle comunali 2009 di Pavia.
Un bel pasticcio per l’enfant prodige padano in queste ore a rapporto da Giancarlo Giorgetti, responsabile degli Enti locali del Carroccio, e suo sponsor politico. Una riunione privatissima, che precede l’imminente summit di domani nella sede di via Bellerio, dove, molto probabilmente, al consigliere sarà chiesto ufficialmente di dimettersi. Interpellato da ilfattoquotidiano.it il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli, infatti dice: ” Se qualcuno non è immacolato sarà espulso immediatamente”. E poi, come molti altri funzionari, prende le distanze da Ciocca. “Personalmente non lo conosco. Non l’ho mai sentito”, aggiunge lasciando via Bellerio, dove ha appena incontrato Bossi.
Torniamo allora a quel 2009. All’epoca Ciocca è assessore provinciale pavese alle Attività produttive. Una poltrona che però lascierà presto per migrare verso il Pirellone. Alle ultime elezioni di maggio 18.910 preferenze lo spingono direttamente in Consiglio regionale, primo fra gli eletti.
Un bel colpo per un ragazzo di appena 35 anni, originario di San Genesio e Uniti, paesino a due passi da Pavia. Poco più di 3.000 anime e un gran numero di ville in stile hollywoodiano. Un bel posto, insomma, che in appena quattro anni ha sfornato un consigliere regionale e addirittura un senatore della Repubblica. Roberto Giovanni Mura, oltre che primo cittadino di San Genesio, siede, infatti, a palazzo Madama tra i banchi della Lega nord. E proprio gli uffici comunali nei giorni scorsi sono stati visitati dagli uomini della Dia di Milano. Gli investigatori hanno portato via diverse carte tra cui la variante della strada Vigentina che prevede una glosissima speculazione edilizia.
I rapporti tra il consigliere e il padrino della ‘ndrangheta iniziano così nel giugno 2009, quando “Neri – annotano i magistrati – ha assoluta necessità di far eleggere alle consultazioni elettorali di Pavia un proprio uomo, Rocco Del Prete, e a tal fine si rivolge a Ciocca”. E che Del Prete sia persona vicina alla cosca non vi è dubbio. Sarà lui, infatti, a incontrare il deputato azzurro Giancarlo Abelli per proporgli il piano politico della mafia. “Rocco Del Prete – si legge nella richiesta d’arresto – è stato candidato nella lista Rinnovare Pavia facente capo a Ettore Filippi Filippi“. E ancora: “Del Prete era candidato nella piena disponibilità di Pino Neri”
Su quelle comunali c’è, però, un problema. La Lega nord si è messa di traverso e non vuole Del Prete. Questo il motivo per cui il boss Pino Neri intensifica i suoi rapporti con Ciocca, arrivando al punto di promettergli in cambio dell’appoggio elettorale un appartamento nel centro di Pavia a prezzo di favore. Scrivono i magistrati: “Neri si premurava di assicurare al suo interlocutore girando a questo le garanzie a lui date da Ciocca”, mettendo in evidenza “l’incertezza del momento”.
Nei giorni successivi un uomo vicino al boss sente il politico. Del contenuto della conversazione ne parla con lo stesso Neri. “Mi ha detto: non ti preoccupare che adesso noi rompiamo le palle ancora”. Cioé Ciocca farà pressione sui vertici locali del Carroccio per favorire la candidatura di Del Prete. Le parole confortano il boss. “Se Angelo Ciocca vi dice in quel modo io non ho motivo di dubitare che loro romperanno le palle”. Il politico leghista viene sentito anche da Del Prete che poi riferisce al boss: “Ciocca gli avrebbe assicurato che stanno facendo una manovra per farlo rientrare, ma non gliel’ha spiegata anche se ha assicurato che lo avrebbe richiamato per dargli la lieta notizia”.
E del resto il capo della ‘ndrangheta pavese con Angelo Ciocca ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i magistrati – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’appartamentino di Medigliani”. Si tratta di una casa in piazza Petrarca a Pavia, luogo dove, dopo contatti telefonici tra Neri e Ciocca, avviene l’incontro tra i due. All’appuntamento, però, si presentano anche i carabinieri. I militari filmano i due assieme a un altro uomo. E annotano: “I tre dopo aver conversato dinanzi all’ingresso si allontanavano recandosi tutti all’interno dell’istituto Monte dei Paschi di Siena”. Banche, politica e affari. La ‘ndrangheta è “democratica” e per comandare non fa distinzioni di partito. Ciò che conta è stare con chi è al governo. Forse anche per questo,ieri, il ministro dell’Interno, Bobo Maroni, è sembrato rompere gli indugi e ha detto: “Non guarderemo in faccia a nessuno”.
lunedì 26 luglio 2010
pc quotidiano 27 luglio - Un Afghangate per Obama?
Il presidente Usa, Obama, è infuriato per la fuga di notizie che riguardano la guerra in Afghanistan contenute in un dossier riservato.
Il sito Wikileaks.org ha pubblicato, ripreso dai siti del New York Times, del Guardian e del tedesco Der Spiegel, un dossier del Pentagono sull'operato delle truppe d'occupazione Usa in Afghanistan che documenta l'uccisione deliberata di civili innocenti, l'aumento massiccio dei droni radiocomandati e il doppio gioco del Pakistan, sostenuto e finanziato perchè Paese amico degli Usa, che avrebbe organizzato con i talebani attentati contro marines e politici afgani. Un'alleanza rafforzata dagli imperialisti Usa che, con il Segretario di Stato Hillary Clinton, hanno stanziato 500 milioni di dollari in aiuti a Islamabad. Proprio sui legami col Pakistan nella guerra al "terrorismo" il dossier potrebbe ritorcersi in un Afghangate contro l'amministrazione Obama, magari facendogli fare la stessa fine del presidente federale tedesco, Horst Köhler, costretto alle dimissioni per avere detto che la guerra serve agli interessi dei capitalisti. E la verità per le masse statunitensi è che il proprio governo, mentre seppellisce i suoi soldati e li celebra come eroi, allo stesso tempo finanzia l'intelligence di uno stato-amico che colpisce le truppe occupanti sul campo di battaglia.
Inoltre il documento dice che, durante il mandato presidenziale di Barack Obama, i gruppi scelti per terrorizzare il popolo afghano, specializzati nel "cattura ed elimina" come la Task Force 373, hanno intensificato la loro attività di squadroni della morte.
L'esistenza di un dossier riservato sui crimini imperialisti non aggiunge niente di nuovo alla lotta contro "la guerra al terrorismo" di Bush ieri e di Obama oggi. La democrazia "esportata" con le bombe ha fatto strage di civili e questa verità è sotto gli occhi di tutti. Siccome anche la propaganda (la manipolazione della verità da parte degli occupanti) è uno strumento della guerra imperialista, quando la stessa stampa borghese ne parla, oggettivamente si crea un'opinione pubblica "critica" che demolisce il consenso ai piani dei governi e fa aumentare l'opposizione contro questa guerra ai popoli oppressi a guida Usa.
L'altra considerazione è che il "nuovo corso" di Obama è una bufala: continuità nei finanziamenti alle missioni di guerra e crimini contro l'umanità! Dov'è la differenza con con la precedente amministrazione della destra repubblicana?
prolcomra
26/07/2010
Il sito Wikileaks.org ha pubblicato, ripreso dai siti del New York Times, del Guardian e del tedesco Der Spiegel, un dossier del Pentagono sull'operato delle truppe d'occupazione Usa in Afghanistan che documenta l'uccisione deliberata di civili innocenti, l'aumento massiccio dei droni radiocomandati e il doppio gioco del Pakistan, sostenuto e finanziato perchè Paese amico degli Usa, che avrebbe organizzato con i talebani attentati contro marines e politici afgani. Un'alleanza rafforzata dagli imperialisti Usa che, con il Segretario di Stato Hillary Clinton, hanno stanziato 500 milioni di dollari in aiuti a Islamabad. Proprio sui legami col Pakistan nella guerra al "terrorismo" il dossier potrebbe ritorcersi in un Afghangate contro l'amministrazione Obama, magari facendogli fare la stessa fine del presidente federale tedesco, Horst Köhler, costretto alle dimissioni per avere detto che la guerra serve agli interessi dei capitalisti. E la verità per le masse statunitensi è che il proprio governo, mentre seppellisce i suoi soldati e li celebra come eroi, allo stesso tempo finanzia l'intelligence di uno stato-amico che colpisce le truppe occupanti sul campo di battaglia.
Inoltre il documento dice che, durante il mandato presidenziale di Barack Obama, i gruppi scelti per terrorizzare il popolo afghano, specializzati nel "cattura ed elimina" come la Task Force 373, hanno intensificato la loro attività di squadroni della morte.
L'esistenza di un dossier riservato sui crimini imperialisti non aggiunge niente di nuovo alla lotta contro "la guerra al terrorismo" di Bush ieri e di Obama oggi. La democrazia "esportata" con le bombe ha fatto strage di civili e questa verità è sotto gli occhi di tutti. Siccome anche la propaganda (la manipolazione della verità da parte degli occupanti) è uno strumento della guerra imperialista, quando la stessa stampa borghese ne parla, oggettivamente si crea un'opinione pubblica "critica" che demolisce il consenso ai piani dei governi e fa aumentare l'opposizione contro questa guerra ai popoli oppressi a guida Usa.
L'altra considerazione è che il "nuovo corso" di Obama è una bufala: continuità nei finanziamenti alle missioni di guerra e crimini contro l'umanità! Dov'è la differenza con con la precedente amministrazione della destra repubblicana?
prolcomra
26/07/2010
pc quotidiano 25-26 luglio - DUISBURG, UNA STRAGE DI STATO!
Finora 19 morti e 516 persone ferite, di cui alcune gravissime, sono morti da mettere nel conto dello Stato di polizia.
Il Rave party si sapeva che doveva essere la più grossa manifestazione di dance elettronica del mondo, che era l’evento dell’anno a cui arrivavano da tutti i paesi.
All’ultima love parade a Dortmund nel 2008 i partecipanti erano stati oltre 1,6 milioni, ogni anno aumentavano, nel 1997 erano un milione, nel 1999 un milione e mezzo; quindi tutti sapevano che anche quest’anno i partecipanti non sarebbero stati di meno.
Ma lo spazio dato per il concerto aveva una capacità massima di 350mila persone.
Anche chi era arrivato nello spazio stava come in una gabbia, perché la polizia aveva chiuso l’area con un recinto. L’unica preoccupazione era evidentemente di tenerli bloccati nello spazio, recintati come degli animali.
E come in un recinto di animali l’accesso e l’uscita era unicamente attraverso un solo varco, il maledetto tunnel largo 20 m. e lungo 200 m., senza alcuna via di uscita laterale.
E’ UNA STRAGE ANNUNCIATA! L’ASSASSINO E’ LA POLIZIA!
Poliziotti addestrati al solo scopo di reprimere, di contenere nella “gabbia”, poliziotti costituzionalmente formati con questa mentalità repressiva, che non possono né vogliono vedere altro, non potevano certo servire a garantire la salvaguardia della vita dei giovani, a regolare l’accesso, benché fosse scontato che in quella situazione poteva accadere una tragedia.
Ora la Markel lancia strali, e vuole la testa dei responsabili. Ma il responsabile è il suo Stato, lo Stato di polizia che, a prescindere, guarda ai movimenti dei giovani con una logica criminalizzante, secondo cui la principale preoccupazione è di limitarne i danni, di isolarli dal resto della città, di rinchiuderli in una sorta di ghetto.
Se lo Stato e la polizia tedesca avessero dovuto fronteggiare una manifestazione di lotta, avrebbero sicuramente mandato centinaia di migliaia di poliziotti; ma lì che non c’era da roteare manganelli, da lanciare lacrimogeni, da fare cariche violente, ne bastavano 1200!
La risposta non può essere ora, come hanno dichiarato: "basta con altre Love Parade". Invece di attaccarla, condannarla, la polizia di fatto verrebbe assolta e sarebbero i giovani e le loro grosse manifestazioni la causa delle morti.
Come già tanti stanno denunciando, dobbiamo dire con forza che è lo Stato di polizia che trasforma anche manifestazioni di musica in funerali; è lo Stato di polizia e i poliziotti che mettono in pericolo la vita dei giovani (pensiamo in Italia agli stadi).
E' quindi a questo Stato che dobbiamo dire "basta!".
Il Rave party si sapeva che doveva essere la più grossa manifestazione di dance elettronica del mondo, che era l’evento dell’anno a cui arrivavano da tutti i paesi.
All’ultima love parade a Dortmund nel 2008 i partecipanti erano stati oltre 1,6 milioni, ogni anno aumentavano, nel 1997 erano un milione, nel 1999 un milione e mezzo; quindi tutti sapevano che anche quest’anno i partecipanti non sarebbero stati di meno.
Ma lo spazio dato per il concerto aveva una capacità massima di 350mila persone.
Anche chi era arrivato nello spazio stava come in una gabbia, perché la polizia aveva chiuso l’area con un recinto. L’unica preoccupazione era evidentemente di tenerli bloccati nello spazio, recintati come degli animali.
E come in un recinto di animali l’accesso e l’uscita era unicamente attraverso un solo varco, il maledetto tunnel largo 20 m. e lungo 200 m., senza alcuna via di uscita laterale.
E’ UNA STRAGE ANNUNCIATA! L’ASSASSINO E’ LA POLIZIA!
Poliziotti addestrati al solo scopo di reprimere, di contenere nella “gabbia”, poliziotti costituzionalmente formati con questa mentalità repressiva, che non possono né vogliono vedere altro, non potevano certo servire a garantire la salvaguardia della vita dei giovani, a regolare l’accesso, benché fosse scontato che in quella situazione poteva accadere una tragedia.
Ora la Markel lancia strali, e vuole la testa dei responsabili. Ma il responsabile è il suo Stato, lo Stato di polizia che, a prescindere, guarda ai movimenti dei giovani con una logica criminalizzante, secondo cui la principale preoccupazione è di limitarne i danni, di isolarli dal resto della città, di rinchiuderli in una sorta di ghetto.
Se lo Stato e la polizia tedesca avessero dovuto fronteggiare una manifestazione di lotta, avrebbero sicuramente mandato centinaia di migliaia di poliziotti; ma lì che non c’era da roteare manganelli, da lanciare lacrimogeni, da fare cariche violente, ne bastavano 1200!
La risposta non può essere ora, come hanno dichiarato: "basta con altre Love Parade". Invece di attaccarla, condannarla, la polizia di fatto verrebbe assolta e sarebbero i giovani e le loro grosse manifestazioni la causa delle morti.
Come già tanti stanno denunciando, dobbiamo dire con forza che è lo Stato di polizia che trasforma anche manifestazioni di musica in funerali; è lo Stato di polizia e i poliziotti che mettono in pericolo la vita dei giovani (pensiamo in Italia agli stadi).
E' quindi a questo Stato che dobbiamo dire "basta!".
pc quotidiano 25-26 luglio - fiat.. la manifestazione di termoli
TERMOLI. Bandiere rosse, fiammanti, striscioni, cori di scherno e di protesta, fischietti.
No, non era il defilé per la vittoria del campionato di calcio o simili, bensì la manifestazione di protesta dello Slai-Cobas contro il licenziamento dell’operaio termolese Fiat, Giovanni Musacchio, licenziato in tronco qualche giorno fa, per aver partecipato al presidio contro il piano Marchionne organizzato dinanzi ai cancelli della Fiat di Pomigliano D’Arco.
E le tute blu di Pomigliano, quindi, congiuntamente allo Slai Cobas di Termoli e comuni limitrofi, questo pomeriggio non hanno voluto far mancare la propria presenza a questa manifestazione, per ringraziare l’amico Musacchio e manifestar lui la propria solidarietà. Tra i partecipanti al corteo partito da piazza Donatori di Sangue, pertanto, un nutrito gruppo di Pomigliano, fra i quali Luigi Aprea della Rsu di Pomigliano D’Arco.
“Questo è il minimo che potessimo fare- ha affermato Aprea- perché anche grazie alla partecipazione di Musacchio al nostro presidio abbiamo strappato il 40% di ‘no’ a chi se lo aspettava da parte nostra. Continueremo a lottare contro il piano Marchionne, addirittura vogliono ridurre la pausa collettiva, applicare la sanzionabilità dello sciopero, è assurdo!”. Tantissimi i sindacalisti accorsi, al pari di consiglieri ed assessori comunali e regionali che non hanno voluto far mancare il proprio sostegno alla (ex) tuta blu dello stabilimento di Termoli.
“Siamo qui oggi contro il licenziamento di Musacchio- ha esordito Andrea Di Paolo, del coordinamento Slai- Cobas di Termoli- contro il piano Marchionne. Noi siamo per il lavoro e quindi contro la flessibilità perché lavorare oggi non significa sacrificare la propria vita personale”. “Protestiamo contro questo provvedimento ingiusto ed odioso- ha fatto sapere invece il consigliere regionale del Pd Michele Petraroia - sperando che venga rimosso. La Fiat deve sapere che in questo Paese c’è una Costituzione! Non si può contrapporre la competitività delle imprese ai diritti delle persone. la dignità delle persone, insomma, non è in vendita!”.
Presente, poi, anche l’altro ‘piddino’, Danilo Leva. “Sosteniamo le ragioni del lavoro e dei diritti dei lavoratori- ha spiegato Leva- che vanno coniugati alle esigenze di dignità degli operai. Non è possibile e non è giusto fare un passo indietro nel tempo perché l’Italia ha dato tanto alla Fiat. Non dobbiamo sprecare- ha concluso Leva- quanto abbiamo saputo mettere in piedi”.
No, non era il defilé per la vittoria del campionato di calcio o simili, bensì la manifestazione di protesta dello Slai-Cobas contro il licenziamento dell’operaio termolese Fiat, Giovanni Musacchio, licenziato in tronco qualche giorno fa, per aver partecipato al presidio contro il piano Marchionne organizzato dinanzi ai cancelli della Fiat di Pomigliano D’Arco.
E le tute blu di Pomigliano, quindi, congiuntamente allo Slai Cobas di Termoli e comuni limitrofi, questo pomeriggio non hanno voluto far mancare la propria presenza a questa manifestazione, per ringraziare l’amico Musacchio e manifestar lui la propria solidarietà. Tra i partecipanti al corteo partito da piazza Donatori di Sangue, pertanto, un nutrito gruppo di Pomigliano, fra i quali Luigi Aprea della Rsu di Pomigliano D’Arco.
“Questo è il minimo che potessimo fare- ha affermato Aprea- perché anche grazie alla partecipazione di Musacchio al nostro presidio abbiamo strappato il 40% di ‘no’ a chi se lo aspettava da parte nostra. Continueremo a lottare contro il piano Marchionne, addirittura vogliono ridurre la pausa collettiva, applicare la sanzionabilità dello sciopero, è assurdo!”. Tantissimi i sindacalisti accorsi, al pari di consiglieri ed assessori comunali e regionali che non hanno voluto far mancare il proprio sostegno alla (ex) tuta blu dello stabilimento di Termoli.
“Siamo qui oggi contro il licenziamento di Musacchio- ha esordito Andrea Di Paolo, del coordinamento Slai- Cobas di Termoli- contro il piano Marchionne. Noi siamo per il lavoro e quindi contro la flessibilità perché lavorare oggi non significa sacrificare la propria vita personale”. “Protestiamo contro questo provvedimento ingiusto ed odioso- ha fatto sapere invece il consigliere regionale del Pd Michele Petraroia - sperando che venga rimosso. La Fiat deve sapere che in questo Paese c’è una Costituzione! Non si può contrapporre la competitività delle imprese ai diritti delle persone. la dignità delle persone, insomma, non è in vendita!”.
Presente, poi, anche l’altro ‘piddino’, Danilo Leva. “Sosteniamo le ragioni del lavoro e dei diritti dei lavoratori- ha spiegato Leva- che vanno coniugati alle esigenze di dignità degli operai. Non è possibile e non è giusto fare un passo indietro nel tempo perché l’Italia ha dato tanto alla Fiat. Non dobbiamo sprecare- ha concluso Leva- quanto abbiamo saputo mettere in piedi”.
pc quotidiano 25-26 luglio - fiat manifesto unitario in tutta italia
Licenziamenti REPRESSIVI alla Fiat Sata,a Mirafiori,a Termoli mentre preparano licenziamenti di massa a Pomigliano e chiudono Termini Imerese.
Per fare profitti nella crisi i padroni vogliono stroncare le lotte operaie contro l’intensificazione dello sfruttamento e lo schiavismo.
Il piano Marchionne è un salto di qualità verso un regime di moderno fascismo in fabbrica e nella società portato avanti da padroni e governo - con l’appoggio dei sindacati CISL-UIL-UGL-Fismic firmatari dell’accordo neocorporativo
Estendiamo la lotta operaia in tutte le fabbriche e in tutto il paese per fermare questo regime in formazione: antioperaio, anticostituzionale, dittatoriale.
Proletari Comunisti e Coordinamento dei Collettivi Comunisti sostengono la proposta di una giornata di lotta e una manifestazione nazionale autorganizzata contro la Fiat e tutti i padroni, contro il governo Berlusconi, contro lo stato dei padroni.
Costruiamo insieme dal basso il nuovo sindacato di classe e di massa con le energie migliori presenti nelle fabbriche e nei posti di lavoro.
Unità dei comunisti e delle avanguardie operaie per la costruzione del nuovo partito della classe operaia per lottare e rovesciare il potere dei padroni e conquistare il potere operaio.
Proletari Comunisti
ro.red@libero.it
Coordinamento dei Collettivi Comunisti
coordcolcom@tiscali.it
Per fare profitti nella crisi i padroni vogliono stroncare le lotte operaie contro l’intensificazione dello sfruttamento e lo schiavismo.
Il piano Marchionne è un salto di qualità verso un regime di moderno fascismo in fabbrica e nella società portato avanti da padroni e governo - con l’appoggio dei sindacati CISL-UIL-UGL-Fismic firmatari dell’accordo neocorporativo
Estendiamo la lotta operaia in tutte le fabbriche e in tutto il paese per fermare questo regime in formazione: antioperaio, anticostituzionale, dittatoriale.
Proletari Comunisti e Coordinamento dei Collettivi Comunisti sostengono la proposta di una giornata di lotta e una manifestazione nazionale autorganizzata contro la Fiat e tutti i padroni, contro il governo Berlusconi, contro lo stato dei padroni.
Costruiamo insieme dal basso il nuovo sindacato di classe e di massa con le energie migliori presenti nelle fabbriche e nei posti di lavoro.
Unità dei comunisti e delle avanguardie operaie per la costruzione del nuovo partito della classe operaia per lottare e rovesciare il potere dei padroni e conquistare il potere operaio.
Proletari Comunisti
ro.red@libero.it
Coordinamento dei Collettivi Comunisti
coordcolcom@tiscali.it
domenica 25 luglio 2010
pc quotidiano 25-26 luglio - infame aggressione e arresto razzista
Comunicato stampa sull'arresto di due lavoratori immigrati ambulanti a
Marina di Massa
Nella serata di giovedì 22 luglio una pattuglia di agenti della Guardia di
Finanza ha fermato un lavoratore ambulante immigrato e lo ha aggredito. A
questa aggressione hanno assistito diverse persone tra cui un altro
lavoratore immigrato che ha protestato contro il pestaggio e per questa
ragione è stato a sua volta fermato. Per il momento le persone che hanno
assistito all'aggressione non hanno ancora trovato il coraggio di
denunciarla, sebbene abbiano raccontato i fatti ed espresso la loro
indignazione. I due lavoratori sono stati processati e condannati per
direttissima venerdì mattina.
Questa aggressione non è un episodio isolato e si colloca dentro un contesto
di crescente repressione nei confronti dei lavoratori immigrati. In queste
settimane si sono ripetuti diversi episodi repressivi con arresti, pestaggi,
persecuzioni di vario genere...
Si parla addirittura di una aggressione verso una giovane africana (che
sarebbe avvenuta all'interno della stessa Questura di Massa) a seguito della
quale la ragazza ha perso il latte.
Qualche settimana fa un lavoratore è stato arrestato e sequestrato per
giorni e giorni senza che nessuno sapesse dove si trovava. Gli stessi
Carabinieri di Massa che lo avevano fermato negavano l'arresto. E qualche
giorno fa c'è stata una colluttazione tra un lavoratore immigrato ambulante
e la Polizia Municipale di Pietrasanta.
Ma di episodi di questo tipo, piccoli e grandi, se ne potrebbero fare a
decine.
La situazione diventa ogni giorno sempre più insostenibile. La crisi
economica riduce il reddito di tutti i lavoratori e anche di quelli
immigrati e ambulanti. Ma lo Stato, invece di tenere conto di questa
situazione, come sostiene di voler fare, perseguita gli immigrati cercando
di suscitare contro di loro l'ostilità degli altri lavoratori e dei
cittadini.
Di fronte a questi episodi di violenza e di persecuzione degli immigrati non
dobbiamo voltarci dall'altra parte, ma esprimere con forza la nostra
indignazione; dobbiamo impedire che le aggressioni delle "forze dell'ordine"
avvengano nella completa indifferenza ed impunità.
La prima risposta che possiamo e dobbiamo dare è quella della solidarietà.
Non solo una solidarietà umana, ma anzitutto una solidarietà sociale tra
lavoratori immigrati e italiani che possa trasformarsi in unità di
resistenza e di lotta.
Massa, 24 luglio 2010
COORDINAMENTO MIGRANTI TOSCANA DEL NORD
ASSEMBLEANTIFASCISTANTIRAZZISTA
PRIMOMAGGIO. Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati
Marina di Massa
Nella serata di giovedì 22 luglio una pattuglia di agenti della Guardia di
Finanza ha fermato un lavoratore ambulante immigrato e lo ha aggredito. A
questa aggressione hanno assistito diverse persone tra cui un altro
lavoratore immigrato che ha protestato contro il pestaggio e per questa
ragione è stato a sua volta fermato. Per il momento le persone che hanno
assistito all'aggressione non hanno ancora trovato il coraggio di
denunciarla, sebbene abbiano raccontato i fatti ed espresso la loro
indignazione. I due lavoratori sono stati processati e condannati per
direttissima venerdì mattina.
Questa aggressione non è un episodio isolato e si colloca dentro un contesto
di crescente repressione nei confronti dei lavoratori immigrati. In queste
settimane si sono ripetuti diversi episodi repressivi con arresti, pestaggi,
persecuzioni di vario genere...
Si parla addirittura di una aggressione verso una giovane africana (che
sarebbe avvenuta all'interno della stessa Questura di Massa) a seguito della
quale la ragazza ha perso il latte.
Qualche settimana fa un lavoratore è stato arrestato e sequestrato per
giorni e giorni senza che nessuno sapesse dove si trovava. Gli stessi
Carabinieri di Massa che lo avevano fermato negavano l'arresto. E qualche
giorno fa c'è stata una colluttazione tra un lavoratore immigrato ambulante
e la Polizia Municipale di Pietrasanta.
Ma di episodi di questo tipo, piccoli e grandi, se ne potrebbero fare a
decine.
La situazione diventa ogni giorno sempre più insostenibile. La crisi
economica riduce il reddito di tutti i lavoratori e anche di quelli
immigrati e ambulanti. Ma lo Stato, invece di tenere conto di questa
situazione, come sostiene di voler fare, perseguita gli immigrati cercando
di suscitare contro di loro l'ostilità degli altri lavoratori e dei
cittadini.
Di fronte a questi episodi di violenza e di persecuzione degli immigrati non
dobbiamo voltarci dall'altra parte, ma esprimere con forza la nostra
indignazione; dobbiamo impedire che le aggressioni delle "forze dell'ordine"
avvengano nella completa indifferenza ed impunità.
La prima risposta che possiamo e dobbiamo dare è quella della solidarietà.
Non solo una solidarietà umana, ma anzitutto una solidarietà sociale tra
lavoratori immigrati e italiani che possa trasformarsi in unità di
resistenza e di lotta.
Massa, 24 luglio 2010
COORDINAMENTO MIGRANTI TOSCANA DEL NORD
ASSEMBLEANTIFASCISTANTIRAZZISTA
PRIMOMAGGIO. Foglio per il collegamento tra lavoratori, precari, disoccupati
pc quotidiano 25-26 luglio - sostegno alla guerra popolare in india in tutto il mondo
INTERNATIONAL CALL
Support people's war in India!
In India an impetuous people's war against the Indian bourgeoisie and the
imperialism is developing and spreading more and more in nearly one third of
the districts of the country. It is not simply a guerilla waged by few
thousands of fighters, coming from the castes and tribal areas of the
country. It is a real people's war, led by the Party of the proletariat of
India, the Communist Party of India (Maoist), in which are involved - or is
supported by - millions of poor peasants, women, "untouchables," fighting to
free themselves and it has already took big areas throughout a dozen of
states of the Indian Federation.
The people's war began where the root of the riot, the poverty, the tribal
and capitalistic exploitation, the caste oppression, the plundering of the
natural resources were deeper and therefore the contradictions brought by
the Indian capitalism ruled by the imperialism were sharper. Today this
people's war is winning masses of young people, students, democratic and
revolutionary intellectuals also in the cities and gains attention and
support over the world.
Against the people's war, the Indian State, supported by the imperialists,
launched a giant repressive offensive called "Green Hunt," a real manhunt
that hits the poor masses in India as animals to exterminate. The Indian
State launched an internal military offensive against the people, waged by
hi-tech-armed troops, police units and paramilitary militias, in order to
spread terror and genocide in the villages, with raids, crop destroying,
massive rapes and killings, selective murders, mass detentions and
disappearing - like the recent genocide offensive occurred in Sri Lanka
against the Tamil people and liberation movement.
All this with the illusion to drown in blood the struggle of the people for
their liberation, with the silent/consent of the imperialist governments of
US, Europe, Russia, and their mass-media. The crimes of the Indian State
found the internal opposition of a wide front of intellectuals - including
the prominent representative of the world anti-globalization movement, the
writer Arundhati Roy. And in all countries of the world political activists
denounced those crimes and mobilized to stop "Green Hunt."
A world campaign of information and solidarity has been launched by ICAWPI
(International Campaign Against War on the People in India). But we need
more than the condemnation of the crimes of the counter-revolution in India.
The masses led by the Communist Party of India (Maoist) are writing a
historical chapter of the class clash in the world between, on one side, the
imperialism and the reactionary bourgeoisies and, on the other side, the
proletariat and the people of the world. The development of the people's war
in India is a new proof that the revolution is the main tendency in the
world today.
It shows again that Maoism, the Marxism-Leninism of our era, is the command
and guide of the world revolution against the imperialism in crisis.
The vanguard proletarians must understand that the advance of the people's
war in India seriously questions the strength balance, not only in the
South-Asian region but also on a world scale. That is why we, Maoist and
revolutionary parties and organizations, launch a big campaign of support
and call to form an International Committee of Support to organize
conferences, meetings, demonstrations in various countries, particularly in
the heart of the imperialist beast.
With people's war in India towards the victory!
Maoist Communist Party - Italy
Maoist Communist Party - France
Maoist Communist Party - Turkey/North Kurdistan
Revolutionary Communist Party - Canada
Communist Party of India (ML) Naxalbari
csgpindia@gmail.com