riceviamo e pubblichiamo il comunicato finale dell'assemblea nazionale di napoli
nel quotidiamo di martedì un articolo più approfondito sull'assemblea
Comunicato congiunto finale
L’assemblea nazionale dei 21 giugno a Napoli indetta dai disoccupati di Banchi Nuovi di Napoli e dai Disoccupati organizzati dello Slai Cobas per il sindacato di classe di Taranto ha visto la partecipazione di più di 300 tra disoccupati, precari, licenziati, lavoratori. Oltre alle realtà promotrici hanno partecipato: i disoccupati di Acerra, Caserta, Palermo, lavoratori dell’ASIA di Napoli, precari delle pulizie delle scuole e degli appalti comunali di Taranto, lavoratrici delle cooperative sociali di Palermo, il Collettivo Operatori Sociali di Napoli, precari delle Poste di Palermo. Erano inoltre presenti il Sindacato SLL, la Confederazione Cobas e attivisti della Rete Anticapitalista Campana. Da Palermo è stato portato il saluto e l’adesione degli operai di Termini Imerese. All’assemblea sono inoltre arrivate le adesioni dell’USI AIT nazionale, del Coordinamento 3 Ottobre precari della scuola di Milano e della Rete Campana Salute e Ambiente.
Di fronte agli attacchi che governi e padroni portano ai proletari per scaricare su di loro la crisi, a partire dal pesante attacco al lavoro, quello di oggi è stato un primo e importante passo per realizzare l’unita di lotta ed il coordinamento delle varie realtà di disoccupati, lavoratori, precari, necessari per difendere le condizioni di lavoro e di vita del proletariato. L’assemblea ha espresso viva solidarietà ai disoccupati arrestati e agli attivisti denunciati a Napoli e chiesto l’immediato ritiro delle misure restrittive. Nell’evidenziare come la repressione sia, ovunque, la risposta alla ripresa delle lotte sociali l’assemblea si impegna a fare della lotta alla repressione uno dei terreni principali del proprio impegno.
Le realtà presenti all’assemblea, come segnale concreto del passo avanti costituito oggi in direzione del rafforzamento di un percorso unitario nazionale, lanciano la proposta di una prima giornata di lotta da tenersi a giugno in contemporanea in tutte le città ed invitano le altre realtà territoriali a fare propria questa proposta. Le parole d’ordine al centro delle mobilitazioni di questa giornata saranno: immediati sbocchi occupazionali per i disoccupati, rafforzamento delle vertenze in atto che a Napoli come a Taranto possono vedere una rapida realizzazione nel settore ambientale; contro i licenziamenti e per la difesa del posto di lavoro, per il salario/reddito garantito, per la riduzione dell’orario di lavoro.
È stato, infine, deciso di organizzare un nuovo incontro nazionale a Napoli ai primi di luglio, che possa vedere la partecipazione anche delle altre realtà, a partire da quelle che pur avendo aderito sono state impossibilitate a partecipare a quello di oggi, in cui dare basi ancora più solide a questo percorso di unificazione e lanciare una mobilitazione nazionale a Roma per l’autunno.
sabato 22 maggio 2010
venerdì 21 maggio 2010
pc quotidiano 21 maggio- si susseguono le aggressioni fasciste
Nella giornata di mercoledì era stato aggredito a Milano, Saverio Ferrari, noto per il suo impegno antifascista, nell'arco della preparazione a Milano della mobilitazione contro il raduno fascista di Forza Nuova , ieri una nuova aggressione a Lucca.
Vi era stata una riunione nazionale a Brescia, per la costruzione di una rete antifascista nazionale, ma la riunione non ha avuto un vero seguito. Pubblichiamo la lettera con cui Red Block Palermo, rileva la questione e fa appello alla attivazione. Una due giorni antifascista si tiene a Palermo il 22-23 maggio
Lucca: aggressione fascista alla birreria Bruton
Un operaio di 38 anni ha perso un occhio nell'ennesimo raid condotto dai soliti fascisti noti lucchesi. Sabato scorso al Birrificio Bruton di Ponte a Moriano alcuni esponenti dei Bulldog legati anche a Forza Nuova e CasaPound sono entrati nel locale con calci, pugni e lancio di bicchieri e bottiglie, atto che è costato appunto la perdita di un occhio al 38enne che stava trascorrendo tranquillamente la serata in compagnia della moglie.
I motivi del raid sarebbero da ricercare nell'ennesima spedizione punitiva contro un locale "frequentato da comunisti". I testimoni riferiscono di quattro persone, uno dei quali in possesso di un tirapugni e un altro di coltello, che si sono avvicinati all'ingresso del locale con aria provocatoria. Dopo che è stato chiesto loro di allontanarsi, i quattro hanno seminato il caos.
Già una settimana fa, sempre esponenti dei Bulldog hanno spaccato alcuni bicchieri nel parcheggio e lanciato due bombe carta, una delle quali davanti all'ingresso del locale.
Il 38enne, la cui ferita è stata suturata con 130 punti, con ogni probabilità perderà l'occhio ma stando al racconto del chirurgo che lo ha operato, se il vetro lo avesse colpito poco più in alto, all'altezza della tempia, lo avrebbe ucciso sul colpo.
Due dei quattro fascisti sono stati arrestati. Si tratta di due squadristi ben noti in città, Adam Alexander Mossa e Stefano Vannucci, che domani saranno interrogati domani alle 9.30 nel carcere di San Giorgio durante l'udienza di convalida dal giudice Marcella Spada Ricci. E come spesso accade a Lucca, nessun gesto di solidarietà è arrivato finora dalle istituzioni, da sempre tolleranti con i fascisti lucchesi.
Tutto questo quando lunedì 7 giugno si terrà la discussione del processo al gruppo ultras fascista dei Bulldog. Diciannove imputati accusati di associazione a delinquere, percosse, minacce, violenze, lesioni, danneggiamento e porto abusivo di oggetti atti ad offendere per episodi che iniziano nell'estate 2006 per culminare con gli arresti dell'anno successivo. Tra gli imputati ci sono anche Mossa e Vannucci, che nel 2007 patteggiarono 8 mesi di reclusione, e Lorenzo Pucci, al momento iscritto nel registro degli indagati nell'inchiesta sull'assalto al Bruton e il ferimento all'occhio sinistro (fonte Senza Soste)
alla rete antifascista nazionale
Cari compagni,
Il percorso che abbiamo intrapreso è tanto complesso quanto necessario.
Dagli incontri di Napoli e Brescia è emerso tra gli obiettivi principali
quello di raggiungere con la rete nazionale antifascista altre città dove
non
siamo presenti.
Di certo non possiamo sperare che un giorno si svegliano determinati
compagni
e contribuiscano dal nulla al progetto che stiamo percorrendo se non vedono
chiaramente quale lavoro fa questa rete.
Dobbiamo dunque metterci in testa che solo attraverso la nostra azione
possiamo convincere altri antifascisti ad unirsi al progetto e fino a questo
momento questo lavoro non è stato fatto.
Che fare?
A nostro avviso è necessario fare un salto di qualità nel lavoro
organizzativo e nell’ azione.
Ad esempio la lista luna rossa nell’ultimo periodo viene usata pochissimo
altro che dibattito come avevamo detto a Brescia.
Tra le cose proposte il 17 Aprile scorso nessuna di esse è stata poi
effettivamente formulata in mailing list, ad esempio la questione dei
quaderni
proposti da Parma, contestazione al giro d’Italia proposta da Brescia ecc.
I compagni di Proletari Comunisti Bergamo e Ravenna hanno inviato più volte
l’
appello per la mobilitazione durante le giornate dei vari processi alla
mailing
list ma non è arrivata nessuna risposta.
Speriamo che al più presto riusciamo ad attivarci tutti in maniera veramente
coordinata.
Saluti comunisti
Red Block palermo
__________ Informazione NOD32 5124 (20100518) __________
Questo messaggio � stato controllato dal Sistema Antivirus NOD32
http://www.nod32.it
Vi era stata una riunione nazionale a Brescia, per la costruzione di una rete antifascista nazionale, ma la riunione non ha avuto un vero seguito. Pubblichiamo la lettera con cui Red Block Palermo, rileva la questione e fa appello alla attivazione. Una due giorni antifascista si tiene a Palermo il 22-23 maggio
Lucca: aggressione fascista alla birreria Bruton
Un operaio di 38 anni ha perso un occhio nell'ennesimo raid condotto dai soliti fascisti noti lucchesi. Sabato scorso al Birrificio Bruton di Ponte a Moriano alcuni esponenti dei Bulldog legati anche a Forza Nuova e CasaPound sono entrati nel locale con calci, pugni e lancio di bicchieri e bottiglie, atto che è costato appunto la perdita di un occhio al 38enne che stava trascorrendo tranquillamente la serata in compagnia della moglie.
I motivi del raid sarebbero da ricercare nell'ennesima spedizione punitiva contro un locale "frequentato da comunisti". I testimoni riferiscono di quattro persone, uno dei quali in possesso di un tirapugni e un altro di coltello, che si sono avvicinati all'ingresso del locale con aria provocatoria. Dopo che è stato chiesto loro di allontanarsi, i quattro hanno seminato il caos.
Già una settimana fa, sempre esponenti dei Bulldog hanno spaccato alcuni bicchieri nel parcheggio e lanciato due bombe carta, una delle quali davanti all'ingresso del locale.
Il 38enne, la cui ferita è stata suturata con 130 punti, con ogni probabilità perderà l'occhio ma stando al racconto del chirurgo che lo ha operato, se il vetro lo avesse colpito poco più in alto, all'altezza della tempia, lo avrebbe ucciso sul colpo.
Due dei quattro fascisti sono stati arrestati. Si tratta di due squadristi ben noti in città, Adam Alexander Mossa e Stefano Vannucci, che domani saranno interrogati domani alle 9.30 nel carcere di San Giorgio durante l'udienza di convalida dal giudice Marcella Spada Ricci. E come spesso accade a Lucca, nessun gesto di solidarietà è arrivato finora dalle istituzioni, da sempre tolleranti con i fascisti lucchesi.
Tutto questo quando lunedì 7 giugno si terrà la discussione del processo al gruppo ultras fascista dei Bulldog. Diciannove imputati accusati di associazione a delinquere, percosse, minacce, violenze, lesioni, danneggiamento e porto abusivo di oggetti atti ad offendere per episodi che iniziano nell'estate 2006 per culminare con gli arresti dell'anno successivo. Tra gli imputati ci sono anche Mossa e Vannucci, che nel 2007 patteggiarono 8 mesi di reclusione, e Lorenzo Pucci, al momento iscritto nel registro degli indagati nell'inchiesta sull'assalto al Bruton e il ferimento all'occhio sinistro (fonte Senza Soste)
alla rete antifascista nazionale
Cari compagni,
Il percorso che abbiamo intrapreso è tanto complesso quanto necessario.
Dagli incontri di Napoli e Brescia è emerso tra gli obiettivi principali
quello di raggiungere con la rete nazionale antifascista altre città dove
non
siamo presenti.
Di certo non possiamo sperare che un giorno si svegliano determinati
compagni
e contribuiscano dal nulla al progetto che stiamo percorrendo se non vedono
chiaramente quale lavoro fa questa rete.
Dobbiamo dunque metterci in testa che solo attraverso la nostra azione
possiamo convincere altri antifascisti ad unirsi al progetto e fino a questo
momento questo lavoro non è stato fatto.
Che fare?
A nostro avviso è necessario fare un salto di qualità nel lavoro
organizzativo e nell’ azione.
Ad esempio la lista luna rossa nell’ultimo periodo viene usata pochissimo
altro che dibattito come avevamo detto a Brescia.
Tra le cose proposte il 17 Aprile scorso nessuna di esse è stata poi
effettivamente formulata in mailing list, ad esempio la questione dei
quaderni
proposti da Parma, contestazione al giro d’Italia proposta da Brescia ecc.
I compagni di Proletari Comunisti Bergamo e Ravenna hanno inviato più volte
l’
appello per la mobilitazione durante le giornate dei vari processi alla
mailing
list ma non è arrivata nessuna risposta.
Speriamo che al più presto riusciamo ad attivarci tutti in maniera veramente
coordinata.
Saluti comunisti
Red Block palermo
__________ Informazione NOD32 5124 (20100518) __________
Questo messaggio � stato controllato dal Sistema Antivirus NOD32
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pc quotidiano 21 maggio - a proposito dell'assemblea di napoli
Si tiene oggi una importante assemblea a Napoli promossa dai movimento dei disoccupati Banchi Nuovi e dai disoccupati organizzati- slai cobas per il sindacato di classe di Taranto.
In vista di questa assemblea sono apparsi su Indymedia campana, diversi pareri e valutazioni, molto attinenti alla situazione napoletana, ma sui quali è comunque necessaria una valutazione e un commento
Una compagna di proletari comunisti, impegnata come dirigente dello slai cobas per il sindacato di classe nella lotta dei disoccupati di Taranto ha affrontato in un suo scritto questi temi.
Sull'Assemblea di Napoli del 21. Punti di dibattito.
1) Calare la lotta dei disoccupati nella fase di scontro economico/politico attuale.
Riteniamo questo necessario a fronte di due posizioni:
una, espressa prevalentemente dalle forze che sono nel in altre realtà degli organismi dei disoccupati di Napoli, che non vedendo la questione delle vertenze e del rapporto con le istituzioni calata nella situazione attuale, attacca chi pone la necessità di una lotta più generale e di fatto esagera sui risultati che si possono ottenere – ma se si abbandona il “grande obiettivo” non è vero che si ottiene più facilmente il piccolo;
l'altra posizione, che pone il discorso generale, ma non facendolo agire in maniera chiara in rapporto alla fase attuale di crisi/risposta repressiva alle lotte, rischia di rendere debole e generalista la critica a chi guarda ai risultati immediati da conseguire e non alla battaglia generale.
La tattica e gli obiettivi devono avere come riferimento l'analisi concreta della situazione concreta e lo scopo di porre il movimento nelle condizioni migliori di lotta, di unità, di coscienza.
Facciamo un piccolo esempio: la questione corsi di formazione. E' evidente la diversità tra Taranto e Napoli; per Napoli in cui già i corsi di formazione sono stati in passato una risposta delle istituzioni alla lotta dei disoccupati, sarebbe un obiettivo inutile e arretrato; per Taranto, dove non ci sono mai stati, sarebbe un passo utile per dare fiducia nella lotta ai disoccupati, avere una condizione oggettiva migliore per l'organizzazione e l'unità dei disoccupati, avere una forma di salario che attutisce l'elemento della disperazione che è un ostacolo alla lotta collettiva.
Dire, come sostengono alcuni disoccupati, che gli attuali rapporti di forza e la fase politica non rendono possibile porre all'ordine del giorno la battaglia per un piano straordinario per il lavoro e il salario garantito, non deve significare porre obiettivi ultraminimalisti (ugualmente poco realizzabili – vedi anche qui esperienza di Taranto) ma elevare la coscienza dello scontro mentre si punta a strappare risultati parziali che migliorano i rapporti di forza.
Noi non disprezziamo i risultati parziali, ma riteniamo importanti almeno due questioni:
Primo, come si ottengono? Anche sulla base della esperienza di Taranto e dei movimenti sul terreno del lavoro degli anni passati, se essi sono il frutto secondario e “obbligato” per lo Stato e il governo per frenare una lotta più generale, non è abbandonando l'obiettivo generale che si ottengono più facilmente.
Secondo, la questione del rapporto con le istituzioni, chiaramente inevitabile nella lotta per il lavoro. Ma queste ti riconoscono e concedono qualcosa sempre come scotto necessario e secondario rispetto al timore di una rivolta e riconoscendoti come rappresentante effettivo di quella rivolta.
Quindi la lotta generale deve essere sempre l'ambito in cui ci si muove nel percorso di lotta, sempre la paura agente per la controparte. A Taranto noi abbiamo un esempio concreto di questo: la cassintegrazione in deroga è stata inventata a Taranto, come soluzione tampone a fronte di una rivolta lunga dei lavoratori precari delle pulizie che aveva bloccato per giorni e giorni mezza città e del timore della sua estensione (per essa è “saltato” un prefetto a Taranto).
Questo può permettere di strappare dei risultati senza cadere nelle grinfie del minimalismo, oggettivamente riformista; come nel rischio di fare una grande lotta ma per piccoli risultati, ora sempre più irraggiungibili.
In questo senso la linea degli “obiettivi possibili, realisticamente conseguibili, alla portata delle nostre lotte”, ecc.”, non ci vede in contrasto rispetto al risultato concreto, ma rispetto alla concezione che guida questa linea.
Nella fase attuale gli obiettivi “possibili” si riducono sempre più; in un certo senso, con padroni e governo che scaricano la crisi sul proletariato, in cui la Grecia è già in Italia, in cui è nei prossimi obiettivi c'è anche il taglio dell'indennità di disoccupazione e di altre misure di sostegno, non solo non è possibile per lo Stato e il governo dare lavoro e salario garantito, ma neanche soluzioni parziali come qualche anno fa.
Solo il timore di una rivolta generale, il rischio della estensione ed esplosioni della rivolte dei disoccupati, dell'unità pericolosa tra lotte dei disoccupati e lotte dei lavoratori, possono costringere istituzioni e governo ad attenuare e “derogare” ai loro programmi di “lacrime e sangue”.
Altro punto è l'interpretazione di parte, sia nostra che delle istituzioni, degli stessi obiettivi parziali. Vediamo ad esempio l'Agenzia Sociale a Napoli o i lavori temporanei e corsi di formazione a Taranto. Benchè trattasi comunque di obiettivi minimi, l'interpretazione e l'applicazione concreta delle istituzioni li vanifica ulteriormente, puntando anche ad usarli come strumento di divisione e controllo ammosciante della lotta dei disoccupati.
Questo pone il fatto che non basta dire che occorre perseguire nel corso della lotta dei disoccupati dei risultati concreti, ma la necessità di non perdere la rotta, altrimenti si consegna alle controparti anche la gestione di questi risultati.
Tornando alla fase attuale. I movimenti dei disoccupati, che piaccia o no, si dovranno interessare all'aumento delle ore di cassintegrazione, ai licenziamenti nella fabbriche e negli altri posti di lavoro, al venir meno dei diritti dei lavoratori, ed altro, perchè tutto questo incide eccome sulla loro lotta. Non possono pensare che mentre centinaia di migliaia di operai, lavoratori perdono il lavoro, vengono messi fuori dal ciclo produttivo, dai servizi, come scuola, sanità, vedono tagliate le loro ore di lavoro e il salario, i disoccupati possono entrarvi senza essere una controtendenza all'andazzo generale che vede ogni lotta muoversi per sè, senza porsi con le loro lotte dure e violente anche come esempio e riferimento di altri settori in lotta.
Diversamente si fa un elogio della disperazione: da disperazione individuale a disperazione collettiva, ma il concetto non cambia; diversamente, come storicamente è sempre accaduto, il bisogno di lavoro dei disoccupati viene usato dalla borghesia per abbassare il salario di tutti, e rendere sempre più privo di diritti il lavoro.
Diversamente si alimenta uno stupido e improduttivo spirito corporativo, addirittura di divisione con altri movimenti di disoccupati in lotta di altre città.
Non si capisce che proprio quando lo Stato non ti dà niente e ti toglie ciò che avevi, non devi abbassare e ridurre la lotta ma elevarla e ampliarla.
2) Qualcuno pensa che aver convocato questa assemblea del 21 a Napoli sia un'alternativa di fatto alla lotta.
Ma noi chiediamo: compagni, qual'è la novità? La lotta? Ogni giorno soprattutto a Napoli, e da alcuni mesi anche a Taranto, si scende in lotta. La novità non è questa.
La novità è che si pone la possibilità di unire movimenti di disoccupati oltre Napoli. Questo è un passo significativo. Per far sì che anche una manifestazione a Roma non sia solo un'altra iniziativa della vertenza Napoli - perchè se è così fosse non costituirebbe un salto di qualità di un movimento dei disoccupati che vuole porsi come movimento nazionale. La novità è che nell'ambito delle varie lotte e vertenze il movimento dei disoccupati pone il problema dell'unità.
Questo ostacola o aiuta le singole lotte e vertenze? Le aiuta perchè le rende più forti, più pericolose per la borghesia.
In questo senso l'assemblea non è alternativa alle lotte.
Noi sempre riteniamo che la lotta educa. Ma non la lotta per la lotta, ma una lotta che, per esempio, nel suo percorso sappia portare i disoccupati a riflettere, a confrontarsi, a fare un bilancio. Se non è durante la lotta che si fanno le assemblee, quando si devono fare? Quando la lotta finisce?
A Taranto il movimento Disoccupati Organizzati organizzato all'interno dello Slai cobas per il sindacato di classe ha posto fin dall'inizio il rapporto tra orizzontalità e verticalità del movimento. Ciò ha fatto sì che i Disoccupati Organizzati di Taranto si siano messi subito in relazione con Napoli e si sono posti come riferimento della lotta per il lavoro a Taranto. Questa posizione e concezione e pratica conseguente è un fattore di forza per la lotta dei disoccupati di Taranto.
Abbiamo letto alcune espressioni dispregiative verso il movimento dei disoccupati di Taranto. Ma Taranto è l'unica città, al di fuori di Napoli, in cui, con una popolazione di 230 mila abitanti, ci sia un'organizzazione dei disoccupati che raccoglie più di 200 disoccupati. I numeri sono quelli giusti.
3) Sugli obiettivi. Riprendere i punti delle piattaforme di lotta dei movimenti organizzati che hanno valenza nazionale, in primis la raccolta differenziata e i lavori legati all'ambiente.
Riprendere l'obiettivo del “salario garantito”, che lega la questione dei disoccupati alla questione del lavoro e della mancanza di lavoro – abbandonando la linea del “reddito sociale” che prescinde da questo legame, il “salario garantito” è una battaglia storica del movimento proletario, che pone la questione dei disoccupati interna alla battaglia generale di classe tra borghesia e proletariato.
Nella crisi il “salario garantito” è interesse di tutti, disoccupati e operai – in questo senso deve essere sostenuta anche dagli operai.
In parlamento in questi anni sono stati agitati dei progetti di legge, ma senza movimento di lotta non c'è alcun futuro di realizzazione.
Rispetto al percorso della lotta unitaria dopo Napoli dobbiamo organizzare la manifestazione a Roma, evitando, però, che come a volte accade Roma sia caricata eccessivamente e diventa l'ultimo “canto del cigno” della lotta. Roma è una tappa di una lotta che è lunga.
4) Ma non vogliamo eludere alcun problema.
E' stato detto, sempre con tono dispregiativo che lo Slai cobas per il sindacato di classe è diretto dai “maoisti”.
Sì, in effetti i dirigenti dello slai cobas per il sindacato di classe sono maoisti, e come maoisti sono al 'servizio del popolo' e lo dimostrano ogni giorno.
Ma i Disoccupati Organizzati non sono maoisti. E le loro lotte, piattaforme vengono decise quotidianamente in assemblee autorganizzate.
Saremmo contenti se ovunque, qualunque fosse la posizione politica di chi dirige, le cose andassero come a Taranto in materia di autorganizzazione e rifiuto della politica parlamentare, mentre inevitabilmente si hanno rapporti anche “autorevoli” durante la lotta con politici, istituzioni che spesso si mostrano pavidi, impotenti di fronte alla determinazione ma anche alla coscienza indipendente dei Disoccupati Organizzati. A volte chi strilla contro le lotte dirette dai maoisti, sono i primi che fanno condizionare la loro lotta dal ruolo dell'assessore.
Ci hanno attaccato come “economicisti”. Certo, ci occupiamo di lotte economiche, ma siamo in prima fila in tutte le lotte politiche che attraversano la città, il sud, il paese. Per la prima volta a Taranto il 25 aprile e soprattutto il 1° Maggio è stato festeggiato con i Disoccupati Organizzati in piazza; le elezioni a Taranto sono state terreno di battaglia politica dei Disoccupati Organizzati per il boicottaggio del voto. Tutti sanno che su queste battaglie possono contare su Taranto.
Non ci piacciono, invece, i parassiti politici, propagandisti, le comparse ai teatrini, i clown nei circhi.
Il socialismo ed il mondo nuovo sono parole troppo importanti per lasciarle in mano agli ultimi arrivati della politica nel movimento proletario.
In vista di questa assemblea sono apparsi su Indymedia campana, diversi pareri e valutazioni, molto attinenti alla situazione napoletana, ma sui quali è comunque necessaria una valutazione e un commento
Una compagna di proletari comunisti, impegnata come dirigente dello slai cobas per il sindacato di classe nella lotta dei disoccupati di Taranto ha affrontato in un suo scritto questi temi.
Sull'Assemblea di Napoli del 21. Punti di dibattito.
1) Calare la lotta dei disoccupati nella fase di scontro economico/politico attuale.
Riteniamo questo necessario a fronte di due posizioni:
una, espressa prevalentemente dalle forze che sono nel in altre realtà degli organismi dei disoccupati di Napoli, che non vedendo la questione delle vertenze e del rapporto con le istituzioni calata nella situazione attuale, attacca chi pone la necessità di una lotta più generale e di fatto esagera sui risultati che si possono ottenere – ma se si abbandona il “grande obiettivo” non è vero che si ottiene più facilmente il piccolo;
l'altra posizione, che pone il discorso generale, ma non facendolo agire in maniera chiara in rapporto alla fase attuale di crisi/risposta repressiva alle lotte, rischia di rendere debole e generalista la critica a chi guarda ai risultati immediati da conseguire e non alla battaglia generale.
La tattica e gli obiettivi devono avere come riferimento l'analisi concreta della situazione concreta e lo scopo di porre il movimento nelle condizioni migliori di lotta, di unità, di coscienza.
Facciamo un piccolo esempio: la questione corsi di formazione. E' evidente la diversità tra Taranto e Napoli; per Napoli in cui già i corsi di formazione sono stati in passato una risposta delle istituzioni alla lotta dei disoccupati, sarebbe un obiettivo inutile e arretrato; per Taranto, dove non ci sono mai stati, sarebbe un passo utile per dare fiducia nella lotta ai disoccupati, avere una condizione oggettiva migliore per l'organizzazione e l'unità dei disoccupati, avere una forma di salario che attutisce l'elemento della disperazione che è un ostacolo alla lotta collettiva.
Dire, come sostengono alcuni disoccupati, che gli attuali rapporti di forza e la fase politica non rendono possibile porre all'ordine del giorno la battaglia per un piano straordinario per il lavoro e il salario garantito, non deve significare porre obiettivi ultraminimalisti (ugualmente poco realizzabili – vedi anche qui esperienza di Taranto) ma elevare la coscienza dello scontro mentre si punta a strappare risultati parziali che migliorano i rapporti di forza.
Noi non disprezziamo i risultati parziali, ma riteniamo importanti almeno due questioni:
Primo, come si ottengono? Anche sulla base della esperienza di Taranto e dei movimenti sul terreno del lavoro degli anni passati, se essi sono il frutto secondario e “obbligato” per lo Stato e il governo per frenare una lotta più generale, non è abbandonando l'obiettivo generale che si ottengono più facilmente.
Secondo, la questione del rapporto con le istituzioni, chiaramente inevitabile nella lotta per il lavoro. Ma queste ti riconoscono e concedono qualcosa sempre come scotto necessario e secondario rispetto al timore di una rivolta e riconoscendoti come rappresentante effettivo di quella rivolta.
Quindi la lotta generale deve essere sempre l'ambito in cui ci si muove nel percorso di lotta, sempre la paura agente per la controparte. A Taranto noi abbiamo un esempio concreto di questo: la cassintegrazione in deroga è stata inventata a Taranto, come soluzione tampone a fronte di una rivolta lunga dei lavoratori precari delle pulizie che aveva bloccato per giorni e giorni mezza città e del timore della sua estensione (per essa è “saltato” un prefetto a Taranto).
Questo può permettere di strappare dei risultati senza cadere nelle grinfie del minimalismo, oggettivamente riformista; come nel rischio di fare una grande lotta ma per piccoli risultati, ora sempre più irraggiungibili.
In questo senso la linea degli “obiettivi possibili, realisticamente conseguibili, alla portata delle nostre lotte”, ecc.”, non ci vede in contrasto rispetto al risultato concreto, ma rispetto alla concezione che guida questa linea.
Nella fase attuale gli obiettivi “possibili” si riducono sempre più; in un certo senso, con padroni e governo che scaricano la crisi sul proletariato, in cui la Grecia è già in Italia, in cui è nei prossimi obiettivi c'è anche il taglio dell'indennità di disoccupazione e di altre misure di sostegno, non solo non è possibile per lo Stato e il governo dare lavoro e salario garantito, ma neanche soluzioni parziali come qualche anno fa.
Solo il timore di una rivolta generale, il rischio della estensione ed esplosioni della rivolte dei disoccupati, dell'unità pericolosa tra lotte dei disoccupati e lotte dei lavoratori, possono costringere istituzioni e governo ad attenuare e “derogare” ai loro programmi di “lacrime e sangue”.
Altro punto è l'interpretazione di parte, sia nostra che delle istituzioni, degli stessi obiettivi parziali. Vediamo ad esempio l'Agenzia Sociale a Napoli o i lavori temporanei e corsi di formazione a Taranto. Benchè trattasi comunque di obiettivi minimi, l'interpretazione e l'applicazione concreta delle istituzioni li vanifica ulteriormente, puntando anche ad usarli come strumento di divisione e controllo ammosciante della lotta dei disoccupati.
Questo pone il fatto che non basta dire che occorre perseguire nel corso della lotta dei disoccupati dei risultati concreti, ma la necessità di non perdere la rotta, altrimenti si consegna alle controparti anche la gestione di questi risultati.
Tornando alla fase attuale. I movimenti dei disoccupati, che piaccia o no, si dovranno interessare all'aumento delle ore di cassintegrazione, ai licenziamenti nella fabbriche e negli altri posti di lavoro, al venir meno dei diritti dei lavoratori, ed altro, perchè tutto questo incide eccome sulla loro lotta. Non possono pensare che mentre centinaia di migliaia di operai, lavoratori perdono il lavoro, vengono messi fuori dal ciclo produttivo, dai servizi, come scuola, sanità, vedono tagliate le loro ore di lavoro e il salario, i disoccupati possono entrarvi senza essere una controtendenza all'andazzo generale che vede ogni lotta muoversi per sè, senza porsi con le loro lotte dure e violente anche come esempio e riferimento di altri settori in lotta.
Diversamente si fa un elogio della disperazione: da disperazione individuale a disperazione collettiva, ma il concetto non cambia; diversamente, come storicamente è sempre accaduto, il bisogno di lavoro dei disoccupati viene usato dalla borghesia per abbassare il salario di tutti, e rendere sempre più privo di diritti il lavoro.
Diversamente si alimenta uno stupido e improduttivo spirito corporativo, addirittura di divisione con altri movimenti di disoccupati in lotta di altre città.
Non si capisce che proprio quando lo Stato non ti dà niente e ti toglie ciò che avevi, non devi abbassare e ridurre la lotta ma elevarla e ampliarla.
2) Qualcuno pensa che aver convocato questa assemblea del 21 a Napoli sia un'alternativa di fatto alla lotta.
Ma noi chiediamo: compagni, qual'è la novità? La lotta? Ogni giorno soprattutto a Napoli, e da alcuni mesi anche a Taranto, si scende in lotta. La novità non è questa.
La novità è che si pone la possibilità di unire movimenti di disoccupati oltre Napoli. Questo è un passo significativo. Per far sì che anche una manifestazione a Roma non sia solo un'altra iniziativa della vertenza Napoli - perchè se è così fosse non costituirebbe un salto di qualità di un movimento dei disoccupati che vuole porsi come movimento nazionale. La novità è che nell'ambito delle varie lotte e vertenze il movimento dei disoccupati pone il problema dell'unità.
Questo ostacola o aiuta le singole lotte e vertenze? Le aiuta perchè le rende più forti, più pericolose per la borghesia.
In questo senso l'assemblea non è alternativa alle lotte.
Noi sempre riteniamo che la lotta educa. Ma non la lotta per la lotta, ma una lotta che, per esempio, nel suo percorso sappia portare i disoccupati a riflettere, a confrontarsi, a fare un bilancio. Se non è durante la lotta che si fanno le assemblee, quando si devono fare? Quando la lotta finisce?
A Taranto il movimento Disoccupati Organizzati organizzato all'interno dello Slai cobas per il sindacato di classe ha posto fin dall'inizio il rapporto tra orizzontalità e verticalità del movimento. Ciò ha fatto sì che i Disoccupati Organizzati di Taranto si siano messi subito in relazione con Napoli e si sono posti come riferimento della lotta per il lavoro a Taranto. Questa posizione e concezione e pratica conseguente è un fattore di forza per la lotta dei disoccupati di Taranto.
Abbiamo letto alcune espressioni dispregiative verso il movimento dei disoccupati di Taranto. Ma Taranto è l'unica città, al di fuori di Napoli, in cui, con una popolazione di 230 mila abitanti, ci sia un'organizzazione dei disoccupati che raccoglie più di 200 disoccupati. I numeri sono quelli giusti.
3) Sugli obiettivi. Riprendere i punti delle piattaforme di lotta dei movimenti organizzati che hanno valenza nazionale, in primis la raccolta differenziata e i lavori legati all'ambiente.
Riprendere l'obiettivo del “salario garantito”, che lega la questione dei disoccupati alla questione del lavoro e della mancanza di lavoro – abbandonando la linea del “reddito sociale” che prescinde da questo legame, il “salario garantito” è una battaglia storica del movimento proletario, che pone la questione dei disoccupati interna alla battaglia generale di classe tra borghesia e proletariato.
Nella crisi il “salario garantito” è interesse di tutti, disoccupati e operai – in questo senso deve essere sostenuta anche dagli operai.
In parlamento in questi anni sono stati agitati dei progetti di legge, ma senza movimento di lotta non c'è alcun futuro di realizzazione.
Rispetto al percorso della lotta unitaria dopo Napoli dobbiamo organizzare la manifestazione a Roma, evitando, però, che come a volte accade Roma sia caricata eccessivamente e diventa l'ultimo “canto del cigno” della lotta. Roma è una tappa di una lotta che è lunga.
4) Ma non vogliamo eludere alcun problema.
E' stato detto, sempre con tono dispregiativo che lo Slai cobas per il sindacato di classe è diretto dai “maoisti”.
Sì, in effetti i dirigenti dello slai cobas per il sindacato di classe sono maoisti, e come maoisti sono al 'servizio del popolo' e lo dimostrano ogni giorno.
Ma i Disoccupati Organizzati non sono maoisti. E le loro lotte, piattaforme vengono decise quotidianamente in assemblee autorganizzate.
Saremmo contenti se ovunque, qualunque fosse la posizione politica di chi dirige, le cose andassero come a Taranto in materia di autorganizzazione e rifiuto della politica parlamentare, mentre inevitabilmente si hanno rapporti anche “autorevoli” durante la lotta con politici, istituzioni che spesso si mostrano pavidi, impotenti di fronte alla determinazione ma anche alla coscienza indipendente dei Disoccupati Organizzati. A volte chi strilla contro le lotte dirette dai maoisti, sono i primi che fanno condizionare la loro lotta dal ruolo dell'assessore.
Ci hanno attaccato come “economicisti”. Certo, ci occupiamo di lotte economiche, ma siamo in prima fila in tutte le lotte politiche che attraversano la città, il sud, il paese. Per la prima volta a Taranto il 25 aprile e soprattutto il 1° Maggio è stato festeggiato con i Disoccupati Organizzati in piazza; le elezioni a Taranto sono state terreno di battaglia politica dei Disoccupati Organizzati per il boicottaggio del voto. Tutti sanno che su queste battaglie possono contare su Taranto.
Non ci piacciono, invece, i parassiti politici, propagandisti, le comparse ai teatrini, i clown nei circhi.
Il socialismo ed il mondo nuovo sono parole troppo importanti per lasciarle in mano agli ultimi arrivati della politica nel movimento proletario.
pc quotid 21 maggio -per l'unità dei comunisti per il Partito
Con un comunicato congiunto, abbiamo aperto una discussione e un confronto ideologico e politico, con i compagni del coordinamento dei collettivi comunisti, formazione nata da una iniziale fuoriuscita di quadri e militanti dal nPCI-Carc a cui si sono aggiunti compagni provenienti da altre esperienze.
Traducendo in fatti il comunicato congiunto si va verso una nuova riunione che possa segnare un passo in avanti.
Si tratta di un evento politico importante che è giusto sia conosciuto dai comunisti del nostro paese e che sia un percorso che proceda in senso trasparente per questo
in vista della prossima riunione proletari comunisti-PCm/italia ha posto ai compagni i problemi che a nostro giudizio possono fare avanzare il processo.
"I passi in avanti necessari a nostro giudizio sono innanzitutto quello di precisare l'obiettivo di questo confronto e di questo lavoro e di dare sostanza alla pratica comune possibile.
Sono questi che possono permettere di dare ritmo e mantenere la rotta del comunicato congiunto e dare senso alla commissione congiunta.
Sul primo punto, quello che riteniamo necessario è dire chiaramente che il nostro obiettivo è quello
di costruire il partito comunista, basato sul marxismo-leninismo-maoismo e sulla strategia della guerra popolare adatta alle condizioni specifiche del nostro paese, un partito comunista fondato sulla centralità operaia, che sia reparto d'avanguardia organizzato della classe operaia, un partito comunista costruito nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse, un partito comunista di tipo nuovo che attui una completa rottura nel campo dell'ideologia, della teoria, della organizzazione, della pratica con il revisionismo vecchio e nuovo, un partito comunista saldamente interno al movimento comunista internazionale e in particolare a quello di orientamento marxista-leninista-maoista, con un forte legame con i partiti comunisti impegnati nelle guerre popolari; un partito che combatti attivamente l'economicismo e l'eclettismo teorico-politico, un partito alternativo alle due varianti elettoralismo e militarismo, presenti nel nostro campo, un partito che sappia far vivere al suo interno la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee e realmente attuare il centralismo democratico, alla luce delle esperienze negative che nel nostro campo ci sono state e che ancora ci possono essere; un partito consapevole del grande lavoro per unire i comunisti da realizzare nel nostro paese.
Con questo obiettivo chiaro è possibile lavorare seriamente insieme per tutto il periodo politicamente necessario a portare a conclusione il processo di unità.
.
Indicare l'obiettivo permette di indirizzare in senso costruttivo e fecondo l'approfondimento sul modo di intendere e praticare i diversi punti, permette di socializzare quello che di buono vi è nelle nostre esperienze passate e in corso e correggendo quello che in essa richieda critica, autocritica, lotta e rettifica.
Bisogna poi affrontare i temi della pratica comune...
Avevamo individuato dei campi di lavoro.
- la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro su questo c'è una esperienza in corso che dobbiamo discutere, per vedere come migliorare e contribuire al piano di lavoro nazionale della rete stessa.
- La mobilitazione antifascista e contro la repressione, su questo dobbiamo discutere perchè siamo impegnati in diversi ambiti e campi, bisogna guardare questo impegno alla luce dell'azione e l'influenza possibile non solo sul piano locale, ma su quello nazionale in relazione alla costruzione necessaria di una effettiva rete antifascista nazionale e di un coordinamento nazionale contro la repressione.
- Infine ma non certo per ultimo, l'intervento nelle lotte operaie e l'organizzazione operaia, occorrono parole d'ordini comuni nelle fabbriche e nelle lotte operaie e vanno affrontate chiaramente i problemi di relazione, posizione nei riguardi di cgil-fiom da un lato, e delle organizzazioni sindacali di base dall'altro.
-Infine riteniamo assolutamente indispensabile l'impegno internazionalista nella creazione del comitato di sostegno alla guerra popolare in India e del sostegno alla rivoluzione nepalese."
riportiamo il comunicato congiunto
COMUNICATO CONGIUNTO
Si è tenuta la riunione congiunta dei compagni di Proletari comunisti e del Coordinamento dei collettivi comunisti, per affrontare il problema delle condizioni necessarie per far avanzare il processo di unità nel quadro generale della battaglia per la costruzione del partito comunista.
Nella riunione si è approfondito in particolare il problema di quale posizione sviluppare a fronte dell'ampia area di compagni che vanno riconoscendo la crisi dei partiti della sinistra borghese e vanno ricercando una nuova prospettiva per i comunisti in Italia.
Nella discussione è emersa la necessità di chiarire con precisione cosa appoggiare e cosa combattere in questo campo nella congiuntura attuale, fermo restando la comune convinzione che il processo di costruzione del partito comunista non vede in questo il suo centro.
Nello stesso tempo è emersa un'ampia convergenza ideologica, politica e pratica nel continuare il processo unitario e farlo avanzare definendone obiettivi, tempi e percorso.
A questo scopo viene formata una commissione congiunta per elaborare un documento di fase, vincolante per tutti i compagni appartenenti alle due organizzazioni, come tappa di questo percorso.
La commissione congiunta contribuisce e sostiene tutte le forme di pratica unitaria nella lotta di classe in corso, in particolare sostiene la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, la mobilitazione antifascista e contro la repressione, l'intervento verso la classe operaia e nelle lotte dei lavoratori in generale; la commissione congiunta favorirà un confronto e una migliore comprensione sulla questione della lotta rivoluzionaria nel movimento delle donne e sul lavoro internazionalista.
La commissione congiunta si riunirà entro tre mesi.
28.2.2010
I compagni di Proletari comunisti
I compagni del Coordinamento collettivi comunisti.
Traducendo in fatti il comunicato congiunto si va verso una nuova riunione che possa segnare un passo in avanti.
Si tratta di un evento politico importante che è giusto sia conosciuto dai comunisti del nostro paese e che sia un percorso che proceda in senso trasparente per questo
in vista della prossima riunione proletari comunisti-PCm/italia ha posto ai compagni i problemi che a nostro giudizio possono fare avanzare il processo.
"I passi in avanti necessari a nostro giudizio sono innanzitutto quello di precisare l'obiettivo di questo confronto e di questo lavoro e di dare sostanza alla pratica comune possibile.
Sono questi che possono permettere di dare ritmo e mantenere la rotta del comunicato congiunto e dare senso alla commissione congiunta.
Sul primo punto, quello che riteniamo necessario è dire chiaramente che il nostro obiettivo è quello
di costruire il partito comunista, basato sul marxismo-leninismo-maoismo e sulla strategia della guerra popolare adatta alle condizioni specifiche del nostro paese, un partito comunista fondato sulla centralità operaia, che sia reparto d'avanguardia organizzato della classe operaia, un partito comunista costruito nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse, un partito comunista di tipo nuovo che attui una completa rottura nel campo dell'ideologia, della teoria, della organizzazione, della pratica con il revisionismo vecchio e nuovo, un partito comunista saldamente interno al movimento comunista internazionale e in particolare a quello di orientamento marxista-leninista-maoista, con un forte legame con i partiti comunisti impegnati nelle guerre popolari; un partito che combatti attivamente l'economicismo e l'eclettismo teorico-politico, un partito alternativo alle due varianti elettoralismo e militarismo, presenti nel nostro campo, un partito che sappia far vivere al suo interno la lotta ideologica attiva e la lotta tra le due linee e realmente attuare il centralismo democratico, alla luce delle esperienze negative che nel nostro campo ci sono state e che ancora ci possono essere; un partito consapevole del grande lavoro per unire i comunisti da realizzare nel nostro paese.
Con questo obiettivo chiaro è possibile lavorare seriamente insieme per tutto il periodo politicamente necessario a portare a conclusione il processo di unità.
.
Indicare l'obiettivo permette di indirizzare in senso costruttivo e fecondo l'approfondimento sul modo di intendere e praticare i diversi punti, permette di socializzare quello che di buono vi è nelle nostre esperienze passate e in corso e correggendo quello che in essa richieda critica, autocritica, lotta e rettifica.
Bisogna poi affrontare i temi della pratica comune...
Avevamo individuato dei campi di lavoro.
- la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro su questo c'è una esperienza in corso che dobbiamo discutere, per vedere come migliorare e contribuire al piano di lavoro nazionale della rete stessa.
- La mobilitazione antifascista e contro la repressione, su questo dobbiamo discutere perchè siamo impegnati in diversi ambiti e campi, bisogna guardare questo impegno alla luce dell'azione e l'influenza possibile non solo sul piano locale, ma su quello nazionale in relazione alla costruzione necessaria di una effettiva rete antifascista nazionale e di un coordinamento nazionale contro la repressione.
- Infine ma non certo per ultimo, l'intervento nelle lotte operaie e l'organizzazione operaia, occorrono parole d'ordini comuni nelle fabbriche e nelle lotte operaie e vanno affrontate chiaramente i problemi di relazione, posizione nei riguardi di cgil-fiom da un lato, e delle organizzazioni sindacali di base dall'altro.
-Infine riteniamo assolutamente indispensabile l'impegno internazionalista nella creazione del comitato di sostegno alla guerra popolare in India e del sostegno alla rivoluzione nepalese."
riportiamo il comunicato congiunto
COMUNICATO CONGIUNTO
Si è tenuta la riunione congiunta dei compagni di Proletari comunisti e del Coordinamento dei collettivi comunisti, per affrontare il problema delle condizioni necessarie per far avanzare il processo di unità nel quadro generale della battaglia per la costruzione del partito comunista.
Nella riunione si è approfondito in particolare il problema di quale posizione sviluppare a fronte dell'ampia area di compagni che vanno riconoscendo la crisi dei partiti della sinistra borghese e vanno ricercando una nuova prospettiva per i comunisti in Italia.
Nella discussione è emersa la necessità di chiarire con precisione cosa appoggiare e cosa combattere in questo campo nella congiuntura attuale, fermo restando la comune convinzione che il processo di costruzione del partito comunista non vede in questo il suo centro.
Nello stesso tempo è emersa un'ampia convergenza ideologica, politica e pratica nel continuare il processo unitario e farlo avanzare definendone obiettivi, tempi e percorso.
A questo scopo viene formata una commissione congiunta per elaborare un documento di fase, vincolante per tutti i compagni appartenenti alle due organizzazioni, come tappa di questo percorso.
La commissione congiunta contribuisce e sostiene tutte le forme di pratica unitaria nella lotta di classe in corso, in particolare sostiene la Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, la mobilitazione antifascista e contro la repressione, l'intervento verso la classe operaia e nelle lotte dei lavoratori in generale; la commissione congiunta favorirà un confronto e una migliore comprensione sulla questione della lotta rivoluzionaria nel movimento delle donne e sul lavoro internazionalista.
La commissione congiunta si riunirà entro tre mesi.
28.2.2010
I compagni di Proletari comunisti
I compagni del Coordinamento collettivi comunisti.
pc quotidiano 21 maggio Uova e pomodori a Ferrara. Tutti assolti!
Giuliano Ferrara contestato dalla folla a Bergamo (da il giorno 20 maggio 2010)
Il fatto risale al 6 aprile di due anni fa, quando il noto giornalista e direttore de Il Foglio aveva tenuto un comizio nell'ex Chiesa di San Sisto, diventando il bersaglio di un lancio di ortaggi e slogan accusatori
Assolti perchè il fatto non sussiste. Si è concluso in questo modo il processo contro venti persone accusate di aver cercato di forzare il cordone della polizia, il 6 aprile di due anni fa, durante un comizio, nell'ex chiesa di San Sisto a Colognola, del giornalista Giuliano Ferrara, impegnato nella sua campagna antiabortista. La sentenza è stata emessa dal giudice Ilaria Sanesi, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero. Secondo l'accusa, gli imputati avevano deciso di contestare con forza il direttore de Il Foglio, senza accontentarsi di striscioni e slogan, ma anche procurandosi ortaggi e uova da lanciare contro Ferrara e leader dell'allora lista "Aborto? No grazie", ma furono tutti bloccati dalla polizia.
Altri manifestanti, invece, avevano attaccato su un palazzo striscioni contro il giornalista e in difesa della legge 194. Tutti si sono opposti al decreto penale che li condannava al pagamento di una multa di 2.485 euro e sono quindi finiti a processo. Anche oggi, all'esterno del tribunale di via Borfuro, il Movimento femminista proletario rivoluzionario Milano/Bergamo ha organizzato un piccolo presidio, con tanto di bandiere rosse, e ha distribuito un comunicato dove erano ripercorse tutte le fasi della vicenda. "A metà dicembre del 2007 una campagna contro il diritto d'aborto viene lanciata, attraverso la trasmissione 'Otto e mezzo' e, poi, su Il Foglio, da Giuliano Ferrara che, utilizzando la risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, invoca la moratoria sull'aborto, da lui definito 'lo scandalo supremo della nostra epoca' e considerato alla stregua di un omicidio - si legge nel documento -. Il 14 gennaio dello stesso anno al teatro da Verme riafferma che l'aborto è un omicidio. Di più: che non esiste omicidio più perfetto dell'aborto.
In un crescendo continua la sua campagna arrivando ad indicare le donne che hanno abortito o che intendono farlo come autrici di strage, di shoa, di soluzione finale; fino a farsi promotore della lista per le elezioni "Aborto? No grazie". Contro questa campagna a migliaia, in ogni città in cui Ferrara intendeva fare comizi, non si è fatta attendere la risposta delle femministe, delle giovani, delle lavoratrici, spesso con il sostegno attivo di lavoratori". Una risposta che era arrivata anche a Bergamo con la manifestazione di protesta. "A Bergamo - si legge nel comunicato - in 20 hanno ricevuto un decreto penale di condanna, al quale si sono opposti e adeso intendono far sentire forte la loro denuncia e solidarietà in una regione che ha visto la crescita esponenziale dei medici obiettori di coscienza".
di M.A.
Il fatto risale al 6 aprile di due anni fa, quando il noto giornalista e direttore de Il Foglio aveva tenuto un comizio nell'ex Chiesa di San Sisto, diventando il bersaglio di un lancio di ortaggi e slogan accusatori
Assolti perchè il fatto non sussiste. Si è concluso in questo modo il processo contro venti persone accusate di aver cercato di forzare il cordone della polizia, il 6 aprile di due anni fa, durante un comizio, nell'ex chiesa di San Sisto a Colognola, del giornalista Giuliano Ferrara, impegnato nella sua campagna antiabortista. La sentenza è stata emessa dal giudice Ilaria Sanesi, che ha accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero. Secondo l'accusa, gli imputati avevano deciso di contestare con forza il direttore de Il Foglio, senza accontentarsi di striscioni e slogan, ma anche procurandosi ortaggi e uova da lanciare contro Ferrara e leader dell'allora lista "Aborto? No grazie", ma furono tutti bloccati dalla polizia.
Altri manifestanti, invece, avevano attaccato su un palazzo striscioni contro il giornalista e in difesa della legge 194. Tutti si sono opposti al decreto penale che li condannava al pagamento di una multa di 2.485 euro e sono quindi finiti a processo. Anche oggi, all'esterno del tribunale di via Borfuro, il Movimento femminista proletario rivoluzionario Milano/Bergamo ha organizzato un piccolo presidio, con tanto di bandiere rosse, e ha distribuito un comunicato dove erano ripercorse tutte le fasi della vicenda. "A metà dicembre del 2007 una campagna contro il diritto d'aborto viene lanciata, attraverso la trasmissione 'Otto e mezzo' e, poi, su Il Foglio, da Giuliano Ferrara che, utilizzando la risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, invoca la moratoria sull'aborto, da lui definito 'lo scandalo supremo della nostra epoca' e considerato alla stregua di un omicidio - si legge nel documento -. Il 14 gennaio dello stesso anno al teatro da Verme riafferma che l'aborto è un omicidio. Di più: che non esiste omicidio più perfetto dell'aborto.
In un crescendo continua la sua campagna arrivando ad indicare le donne che hanno abortito o che intendono farlo come autrici di strage, di shoa, di soluzione finale; fino a farsi promotore della lista per le elezioni "Aborto? No grazie". Contro questa campagna a migliaia, in ogni città in cui Ferrara intendeva fare comizi, non si è fatta attendere la risposta delle femministe, delle giovani, delle lavoratrici, spesso con il sostegno attivo di lavoratori". Una risposta che era arrivata anche a Bergamo con la manifestazione di protesta. "A Bergamo - si legge nel comunicato - in 20 hanno ricevuto un decreto penale di condanna, al quale si sono opposti e adeso intendono far sentire forte la loro denuncia e solidarietà in una regione che ha visto la crescita esponenziale dei medici obiettori di coscienza".
di M.A.
giovedì 20 maggio 2010
pc quotidiano 19-20 maggio -l'antifascismo non è reato -processo,presidio,assemblea a ravenna
Ravenna: report processo e assemblea antifascista
Il processo contro i compagni antifascisti, di proletari comunisti e dello slai cobas per il sindacato di classe, per le "lesioni" a un fascista di Fiamma Tricolore, continuerà il 31 maggio. Oggi ha avuto luogo solo la deposizione dell'ultimo teste -un agente digos- riguardo il momento dello scontro (perchè solo quello interessa al Tribunale e al fascio che ha sporto denuncia). A noi interessa invece portare in Tribunale il contesto politico che ha determinato il
breve scontro con il fascista. Perciò, nella prossima udienza, oltre che alle dichiarazioni dei compagni sotto processo, interverranno il presidente eletto della Consulta immigrati e di un consigliere all'epoca di RC, oggi SEL.
al processo vi è stato un presidio - ogni volta c'è il problema delle prescrizioni che limitano il diritto di espressione. Bandiere e striscione, comunque vicino all'ingresso del Tribunale, di Proletari comunisti e slai cobas per sind classe. La Rete nazionale antifascista, che pure aveva assunto anche questo processo come una mobilitazione delle realtà antifasciste del nord con partecipazione, nessuna presenza, nè comunicato di solidarietà. Hanno invece partecipato i compagni del coordinamento antifascista romagnolo con un loro striscione ("fascisti tutelati, antifascisti processati") e un compagno del CS Spartaco.
Questa è stata una prima iniziativa di carattere regionale, costruita assieme ai compagni di Forlì, Cesena, Forlimpopoli, che hanno messo in piedi la Rete che è il CAR (coord antifa romagnolo). Il risultato più interessante della giornata è stata proprio l'assemblea antifascista allo Spartaco che la lotta ha riunito. La riunione è stata aperta dal compagno di proletari comunisti sulla questione dei processi: è inaccettabile che gli antifascisti si
debbano difendere nei processi per avere praticato l'antifascismo. Il problema centrale è lo stato di polizia, la brutalità poliziesca, è la politica repressiva di questo governo contro immigrati e opposizione sociale. Ma nel nostro campo, a livello territoriale, non riusciamo a rispondere come necessario per la frammentazione, per la mancanza di unità, per l'assenza di un legame organizzativo tra di noi. A Ravenna non esiste la RAF e bisogna ricostruirla. Nessuno è intervenuto per esempio sulla lotta al revisionismo storico contro la giornata della memoria che a Ravenna ha significato l'intitolazione di un parco a Walter Rossi e ad un fascista da parte della giunta di sinistra, un parco che è a due passi dallo Spartaco. Dobbiamo rafforzare Reti antifasciste nei territori. Poi c'è la risposta alla repressione che può essere un'iniziativa il 19 giugno, giorno dell'eroismo nelle carceri. C'è la solidarietà a Joy e la
lotta ai CIE.
Gli studenti del Collettivo Autonomo hanno partecipato in maniera defilata all'incontro. Hanno comunque denunciato la repressione durante la cerimonia istituzionale del 25 Aprile con Violante a Ravenna e anche le difficoltà di coinvolgere gli altri studenti in generale su tutti i temi.
I compagni del CAR hanno messo in evidenza la necessità del legame con le lotte sociali, come partecipare al presidio Omsa per impedire lo smantellamento della fabbrica, e la repressione. I compagni dello Spartaco hanno analizzato la politica della sinistra al governo locale che, in termini di ordinanze antimmigrati e antigiovani, con episodi di razzismo quotidiano di cui sono protagonisti gli agenti della municipale in particolare, è sulla stessa linea della destra. Inoltre bisogna lottare contro i divieti e le prescrizioni. Manca una presenza nel territorio per contrastare tutto questo.
La riunione si è conclusa con l'impegno di costruire una campagna di denuncia, controinformazione, mobilitazione intorno al processo, che proseguirà con una iniziativa per lunedì 24 maggio davanti al circolo Agorà di Lido Adriano per parlare agli immigrati. Poi ne seguiranno altre a livello cittadino.
Il compagno di proletari comunisti farà il volantino come COR.
L'iniziativa di oggi è un passo in avanti nel rafforzamento del movimento antifascista, a Ravenna come in regione.
prolcomra
Il processo contro i compagni antifascisti, di proletari comunisti e dello slai cobas per il sindacato di classe, per le "lesioni" a un fascista di Fiamma Tricolore, continuerà il 31 maggio. Oggi ha avuto luogo solo la deposizione dell'ultimo teste -un agente digos- riguardo il momento dello scontro (perchè solo quello interessa al Tribunale e al fascio che ha sporto denuncia). A noi interessa invece portare in Tribunale il contesto politico che ha determinato il
breve scontro con il fascista. Perciò, nella prossima udienza, oltre che alle dichiarazioni dei compagni sotto processo, interverranno il presidente eletto della Consulta immigrati e di un consigliere all'epoca di RC, oggi SEL.
al processo vi è stato un presidio - ogni volta c'è il problema delle prescrizioni che limitano il diritto di espressione. Bandiere e striscione, comunque vicino all'ingresso del Tribunale, di Proletari comunisti e slai cobas per sind classe. La Rete nazionale antifascista, che pure aveva assunto anche questo processo come una mobilitazione delle realtà antifasciste del nord con partecipazione, nessuna presenza, nè comunicato di solidarietà. Hanno invece partecipato i compagni del coordinamento antifascista romagnolo con un loro striscione ("fascisti tutelati, antifascisti processati") e un compagno del CS Spartaco.
Questa è stata una prima iniziativa di carattere regionale, costruita assieme ai compagni di Forlì, Cesena, Forlimpopoli, che hanno messo in piedi la Rete che è il CAR (coord antifa romagnolo). Il risultato più interessante della giornata è stata proprio l'assemblea antifascista allo Spartaco che la lotta ha riunito. La riunione è stata aperta dal compagno di proletari comunisti sulla questione dei processi: è inaccettabile che gli antifascisti si
debbano difendere nei processi per avere praticato l'antifascismo. Il problema centrale è lo stato di polizia, la brutalità poliziesca, è la politica repressiva di questo governo contro immigrati e opposizione sociale. Ma nel nostro campo, a livello territoriale, non riusciamo a rispondere come necessario per la frammentazione, per la mancanza di unità, per l'assenza di un legame organizzativo tra di noi. A Ravenna non esiste la RAF e bisogna ricostruirla. Nessuno è intervenuto per esempio sulla lotta al revisionismo storico contro la giornata della memoria che a Ravenna ha significato l'intitolazione di un parco a Walter Rossi e ad un fascista da parte della giunta di sinistra, un parco che è a due passi dallo Spartaco. Dobbiamo rafforzare Reti antifasciste nei territori. Poi c'è la risposta alla repressione che può essere un'iniziativa il 19 giugno, giorno dell'eroismo nelle carceri. C'è la solidarietà a Joy e la
lotta ai CIE.
Gli studenti del Collettivo Autonomo hanno partecipato in maniera defilata all'incontro. Hanno comunque denunciato la repressione durante la cerimonia istituzionale del 25 Aprile con Violante a Ravenna e anche le difficoltà di coinvolgere gli altri studenti in generale su tutti i temi.
I compagni del CAR hanno messo in evidenza la necessità del legame con le lotte sociali, come partecipare al presidio Omsa per impedire lo smantellamento della fabbrica, e la repressione. I compagni dello Spartaco hanno analizzato la politica della sinistra al governo locale che, in termini di ordinanze antimmigrati e antigiovani, con episodi di razzismo quotidiano di cui sono protagonisti gli agenti della municipale in particolare, è sulla stessa linea della destra. Inoltre bisogna lottare contro i divieti e le prescrizioni. Manca una presenza nel territorio per contrastare tutto questo.
La riunione si è conclusa con l'impegno di costruire una campagna di denuncia, controinformazione, mobilitazione intorno al processo, che proseguirà con una iniziativa per lunedì 24 maggio davanti al circolo Agorà di Lido Adriano per parlare agli immigrati. Poi ne seguiranno altre a livello cittadino.
Il compagno di proletari comunisti farà il volantino come COR.
L'iniziativa di oggi è un passo in avanti nel rafforzamento del movimento antifascista, a Ravenna come in regione.
prolcomra
pc quotidiano 19-20 - Grecia, la posizione del PAME,una delle espressioni del sindacalismo di classe in Grecia
Grecia: c'è bisogno di un altro modello di sviluppo
L'intervento di George Pontikòs, responsabile internazionale del PAME all'iniziativa tenutasi alla biblioteca comunale di Pisa
Nel nostro paese, la Grecia, nonostante le lunghe e dure lotte che stiamo ancora portando avanti, è passato un attacco ai diritti senza precenti: questo attacco è stato sferrato dal governo, dal capitale e dall'UE.
E' stato abolito il carattere sociale della previdenza, I diritti alla cura e alla salute sono stati ridotti, il che significa che una famiglia della classe popolare, lavoratrice, spenderà sempre piu' denaro per soddisfare il bisogno di sanità, farmaci,prevenzione e trattamento.
E' stata abolita la contrattazione collettiva .
Le già magre entrate delle famiglie di ceto popolare si assottigliano ulteriormente a causa dell'ascesa continua dei prezzi e delle nuove tasse
La disoccupazione sta aumentando in maniera esplosiva e la sua grande vittima - la disoccupazione giovanile - è un'arma nelle mani dei datori di lavoro utilizzata per ridurre le richieste della classe lavoratrice.
La scuola funzionerà come una azienda. Il goveno sta cancellando il diritto all'istruzione per i figli della classe lavoratrice e sta pianificando il licenziamento degli insegnanti.
Queste misure sono state pianificate molto tempo fa dal capitale, dall'Unione Europea e dai suoi partiti liberali e social-democratici.
Lo scopo di queste misure è quello di superare la crisi a beneficio della plutocrazia e di creare condizioni favorevoli all'aumento dei profitti delle grandi aziende.
Il governo mente quando ci dice che queste misure saranno temporanee. E' una grossa menzogna il fatto che queste misure siano necessarie per il bene della nazione.
E' una menzogna il dire che non ci sia denaro quando la plutocrazia registra continuamente un aumento dei profitti realizzato sullo fruttamento della classe lavoratrice.
Il debito della Grecia proviene dai benefici fiscali concessi ai grossi capitali, dalla sua redditività, dalle eccessive spese militari asservite ai piani NATO, dal percorso di sviluppo capitalista.
Gli industriali, gli armatori, i banchieri,i grossi commercianti di lunga ersperienza, sono loro i responsabili della crisi.
I lavoratori non sono i responsabili della crisi.
Le finanze delle grandi banche sono aumentate di 275 miliardi di Euro nel 2004 e di 579 miliardi di Euro nel 2009.
Le compagnie off shore ( con interessi in Grecia) che sono piu' di 10.000 scambiano piu' di 500 miliardi annui non tassati.
L'evasione fiscale, quella delle 6.000 grandi industrie note, è di 15 miliardi di Euro.
Le industrie quotate in borsa nel 2009 hanno avuto profitti per 11,8 miliardi di Euro.
La decisione premeditata del governo di ricorrere allo schema del prestito da parte dell'EU e del FMI è un'opzione di alleanza strategica. Lo scopo è quello di assicurare interessi a lungo termine alla plutocrazia greca.
Il PAME , che rappresenta in Grecia 700.000 lavoratori, aveva da tempo avvertito la classe lavoratrice sulla natura della crisi economica. I problemi nell gestione dello Stato sono stati creati dalle politiche di supporto ai profitti capitalistici.
Fin dall'inizio del 2010 il PAME è stato alla guida delle lotte della classe lavotrice. Il PAME ha organizzato scioperi generali, comizi, occupazioni simboliche di edifici pubblici ( Ministero del Lavoro, Borsa) E' per questo che il PAME ha acquisito un'ottima reputazione e gode di un'alta considerazione.
L'ampia mobilitazione nel nostro paese ha di recente mostrato che la maggioranza dei lavoratori sono contrari alle misure barbare del governo dell'Unione Europea e del FMI.
Il PAME, esprimendo il movimento sindacale di classe nel nostro paese ha rivelato in tempo che la crisi economica è un fenomeno Europeo e globale e non soltanto greco.
Al summit dei 16 paesi mebri dell'eurozona si' è deciso di dare 720 miliardi di euro alle banche europee ( nel 2008 i governi dell'EU hanno dato duemila miliardi di di euro). Il denaro per il capitale c'è, nonostante la crisi, ma non c'è per il popolo. Simultaneamente è stato deciso un lungo periodo di austerità, disoccupazione e negazione di diritti per i popoli d'Europa per aumentare i profitti dei monopoli.
Il PAME lotta insieme ai lavoratori autonomi impoveriti e agli agricoltori perchè' le misure ( del Governo) non siano applicate, perchè il popolo non sia portato alla bancarotta; lottiamo per uno sviluppo che vada incontro ai bisogni delle persone e che non sia al servizio dei profitti del capitale.
In questo momento ci sono tutti i prerequisiti materiali per una stabile e permanente riduzione dell'orario di lavoro, per servizi gratuiti ed esclusivamente pubblici nel campo della salute, dell'istruzione, dell'alloggio, della cultura, dello sport e tempo libero; per salari e pensioni che corrispondano ai bisogni reali delle persone.
La soddisfazione permanente di questi bisogni richiede un cambiamento negli obiettivi produttivi. C'è bisogno di una società fondata su una pianificazione centralizzata con criteri che assicurino alle persone le necessarie tutele del welfare.
C'è bisogno di un altro modello di sviluppo nel quale ciascuno lavorerà garantito dai diritti e l'unico scopo del quale sarà indirizzare la produzione all'esclusivo servizio dei nostri bisogni.
Una società senza capitalisti, senza lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Un aiuto significativo alla lotta di classe nel nostro paese è la solidarietà internazionale.
George Pontikos
Responsabile Internazionale del PAME
L'intervento di George Pontikòs, responsabile internazionale del PAME all'iniziativa tenutasi alla biblioteca comunale di Pisa
Nel nostro paese, la Grecia, nonostante le lunghe e dure lotte che stiamo ancora portando avanti, è passato un attacco ai diritti senza precenti: questo attacco è stato sferrato dal governo, dal capitale e dall'UE.
E' stato abolito il carattere sociale della previdenza, I diritti alla cura e alla salute sono stati ridotti, il che significa che una famiglia della classe popolare, lavoratrice, spenderà sempre piu' denaro per soddisfare il bisogno di sanità, farmaci,prevenzione e trattamento.
E' stata abolita la contrattazione collettiva .
Le già magre entrate delle famiglie di ceto popolare si assottigliano ulteriormente a causa dell'ascesa continua dei prezzi e delle nuove tasse
La disoccupazione sta aumentando in maniera esplosiva e la sua grande vittima - la disoccupazione giovanile - è un'arma nelle mani dei datori di lavoro utilizzata per ridurre le richieste della classe lavoratrice.
La scuola funzionerà come una azienda. Il goveno sta cancellando il diritto all'istruzione per i figli della classe lavoratrice e sta pianificando il licenziamento degli insegnanti.
Queste misure sono state pianificate molto tempo fa dal capitale, dall'Unione Europea e dai suoi partiti liberali e social-democratici.
Lo scopo di queste misure è quello di superare la crisi a beneficio della plutocrazia e di creare condizioni favorevoli all'aumento dei profitti delle grandi aziende.
Il governo mente quando ci dice che queste misure saranno temporanee. E' una grossa menzogna il fatto che queste misure siano necessarie per il bene della nazione.
E' una menzogna il dire che non ci sia denaro quando la plutocrazia registra continuamente un aumento dei profitti realizzato sullo fruttamento della classe lavoratrice.
Il debito della Grecia proviene dai benefici fiscali concessi ai grossi capitali, dalla sua redditività, dalle eccessive spese militari asservite ai piani NATO, dal percorso di sviluppo capitalista.
Gli industriali, gli armatori, i banchieri,i grossi commercianti di lunga ersperienza, sono loro i responsabili della crisi.
I lavoratori non sono i responsabili della crisi.
Le finanze delle grandi banche sono aumentate di 275 miliardi di Euro nel 2004 e di 579 miliardi di Euro nel 2009.
Le compagnie off shore ( con interessi in Grecia) che sono piu' di 10.000 scambiano piu' di 500 miliardi annui non tassati.
L'evasione fiscale, quella delle 6.000 grandi industrie note, è di 15 miliardi di Euro.
Le industrie quotate in borsa nel 2009 hanno avuto profitti per 11,8 miliardi di Euro.
La decisione premeditata del governo di ricorrere allo schema del prestito da parte dell'EU e del FMI è un'opzione di alleanza strategica. Lo scopo è quello di assicurare interessi a lungo termine alla plutocrazia greca.
Il PAME , che rappresenta in Grecia 700.000 lavoratori, aveva da tempo avvertito la classe lavoratrice sulla natura della crisi economica. I problemi nell gestione dello Stato sono stati creati dalle politiche di supporto ai profitti capitalistici.
Fin dall'inizio del 2010 il PAME è stato alla guida delle lotte della classe lavotrice. Il PAME ha organizzato scioperi generali, comizi, occupazioni simboliche di edifici pubblici ( Ministero del Lavoro, Borsa) E' per questo che il PAME ha acquisito un'ottima reputazione e gode di un'alta considerazione.
L'ampia mobilitazione nel nostro paese ha di recente mostrato che la maggioranza dei lavoratori sono contrari alle misure barbare del governo dell'Unione Europea e del FMI.
Il PAME, esprimendo il movimento sindacale di classe nel nostro paese ha rivelato in tempo che la crisi economica è un fenomeno Europeo e globale e non soltanto greco.
Al summit dei 16 paesi mebri dell'eurozona si' è deciso di dare 720 miliardi di euro alle banche europee ( nel 2008 i governi dell'EU hanno dato duemila miliardi di di euro). Il denaro per il capitale c'è, nonostante la crisi, ma non c'è per il popolo. Simultaneamente è stato deciso un lungo periodo di austerità, disoccupazione e negazione di diritti per i popoli d'Europa per aumentare i profitti dei monopoli.
Il PAME lotta insieme ai lavoratori autonomi impoveriti e agli agricoltori perchè' le misure ( del Governo) non siano applicate, perchè il popolo non sia portato alla bancarotta; lottiamo per uno sviluppo che vada incontro ai bisogni delle persone e che non sia al servizio dei profitti del capitale.
In questo momento ci sono tutti i prerequisiti materiali per una stabile e permanente riduzione dell'orario di lavoro, per servizi gratuiti ed esclusivamente pubblici nel campo della salute, dell'istruzione, dell'alloggio, della cultura, dello sport e tempo libero; per salari e pensioni che corrispondano ai bisogni reali delle persone.
La soddisfazione permanente di questi bisogni richiede un cambiamento negli obiettivi produttivi. C'è bisogno di una società fondata su una pianificazione centralizzata con criteri che assicurino alle persone le necessarie tutele del welfare.
C'è bisogno di un altro modello di sviluppo nel quale ciascuno lavorerà garantito dai diritti e l'unico scopo del quale sarà indirizzare la produzione all'esclusivo servizio dei nostri bisogni.
Una società senza capitalisti, senza lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Un aiuto significativo alla lotta di classe nel nostro paese è la solidarietà internazionale.
George Pontikos
Responsabile Internazionale del PAME
pc quotidiano 19-20 maggio Genova -luci e ombre di una sentenza
MASSACRO DELLA DIAZ AL G8 DEL 2001: LA SENTENZA DI APPELLO
Palazzo di Giustizia di Genova, martedì 18 maggio, ore 23:00: il giudice legge la sentenza di appello per la irruzione alla scuola Diaz di piazza Merani in occasione del G8 del 2001; pronuncia 25 condanne, ed una assoluzione, per complessivi cento anni circa di carcere.
Vediamo il dispositivo che rende giustizia, almeno in maniera molto parziale, a chi quella notte subì un attacco terroristico in piena regola.
Tre anni e otto mesi a Massimo Nucera e Maurizio Panzeri per essersi letteralmente inventati l'episodio della presunta coltellata (in primo grado furono assolti).
Tre anni e nove mesi a Pietro Troiani per l'introduzione della molotov che servì come giustificazione della "macelleria messicana" (in primo grado tre anni).
Tre anni a Salvatore Gava per aver sbagliato scuola (andò all'assalto della vicina Pascoli).
Tre anni e otto mesi, per falso ideologico, a: Gilberto Caldarozzi - dirigente del Servizio centrale operativo, Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi e Davide Di Novi (tutti assolti in primo grado).
Quattro anni, per lesioni aggravate in concorso, a: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledori, Pietro Stranieri; per lo stesso reato, tre anni a Vincenzo Compagnone.
Inoltre, sono stati condannati i vertici sul campo del tempo: quattro anni al capo dell'Anticrimine Francesco Gratteri, quattro anni all'ex vice capo dell'Ucigos Giovanni Luperi, e cinque anni all'ex capo del reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini.
Fin qui le buone notizie, ma nel dispositivo della Corte ce ne sono anche, e sono prevalenti, di cattive: Michelangelo Fournier - colui che per primo parlò di "macelleria messicana" - è andato in prescrizione, mentre Michele Burgio è stato assolto (era processato per il fatto delle molotov, a cui è risultato estraneo); quel che è peggio, però, è che tutti i reati - tranne quello di falso ideologico - sono prescritti per cui le condanne non sortiranno alcun effetto.
Quello che ci chiediamo, visto che la legge riconosce il diritto alla sospensione condizionale della pena per i reati per i quali non ci sia una condanna superiore ad anni tre, è se gli sbirri che hanno preso tre anni e otto mesi per falso ideologico - in sostanza per falsificazione di verbali - saranno trattati come persone comuni, finendo come meriterebbero nelle patrie galere.
Infine ci domandiamo: la posizione di vicequestore vicario, occupata attualmente a Torino da Spartaco Mortola, è compatibile con la condanna - avvenuta per tutti gli imputati - alla interdizione per cinque anni dai pubblici uffici?
Genova, 19 maggio 2010
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova
Palazzo di Giustizia di Genova, martedì 18 maggio, ore 23:00: il giudice legge la sentenza di appello per la irruzione alla scuola Diaz di piazza Merani in occasione del G8 del 2001; pronuncia 25 condanne, ed una assoluzione, per complessivi cento anni circa di carcere.
Vediamo il dispositivo che rende giustizia, almeno in maniera molto parziale, a chi quella notte subì un attacco terroristico in piena regola.
Tre anni e otto mesi a Massimo Nucera e Maurizio Panzeri per essersi letteralmente inventati l'episodio della presunta coltellata (in primo grado furono assolti).
Tre anni e nove mesi a Pietro Troiani per l'introduzione della molotov che servì come giustificazione della "macelleria messicana" (in primo grado tre anni).
Tre anni a Salvatore Gava per aver sbagliato scuola (andò all'assalto della vicina Pascoli).
Tre anni e otto mesi, per falso ideologico, a: Gilberto Caldarozzi - dirigente del Servizio centrale operativo, Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola, Carlo Di Sarro, Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi e Davide Di Novi (tutti assolti in primo grado).
Quattro anni, per lesioni aggravate in concorso, a: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledori, Pietro Stranieri; per lo stesso reato, tre anni a Vincenzo Compagnone.
Inoltre, sono stati condannati i vertici sul campo del tempo: quattro anni al capo dell'Anticrimine Francesco Gratteri, quattro anni all'ex vice capo dell'Ucigos Giovanni Luperi, e cinque anni all'ex capo del reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini.
Fin qui le buone notizie, ma nel dispositivo della Corte ce ne sono anche, e sono prevalenti, di cattive: Michelangelo Fournier - colui che per primo parlò di "macelleria messicana" - è andato in prescrizione, mentre Michele Burgio è stato assolto (era processato per il fatto delle molotov, a cui è risultato estraneo); quel che è peggio, però, è che tutti i reati - tranne quello di falso ideologico - sono prescritti per cui le condanne non sortiranno alcun effetto.
Quello che ci chiediamo, visto che la legge riconosce il diritto alla sospensione condizionale della pena per i reati per i quali non ci sia una condanna superiore ad anni tre, è se gli sbirri che hanno preso tre anni e otto mesi per falso ideologico - in sostanza per falsificazione di verbali - saranno trattati come persone comuni, finendo come meriterebbero nelle patrie galere.
Infine ci domandiamo: la posizione di vicequestore vicario, occupata attualmente a Torino da Spartaco Mortola, è compatibile con la condanna - avvenuta per tutti gli imputati - alla interdizione per cinque anni dai pubblici uffici?
Genova, 19 maggio 2010
Stefano Ghio - Comitato promotore Circolo Proletari Comunisti Genova
pc quotidiano 19-20 maggio assolti a bergamo
SI LA LOTTA PAGA!
E DA PALERMO, DOVE IN "UN FILO ROSSO" CHE HA UNITO DIVERSE CITTA' NELLA LOTTA CONTRO L'ATTACCO AL DIRITTO DI ABORTO, ALTRETTANTO FORTE E COMBATTIVO FU IL PRESIDIO DELLE COMPAGNE DEI COLLETTIVI CONTRO LO SQUADRISTA SCRIBACCHINO FERRARA AL SERVIZIO DEL GOVERNO BERLUSCONI, NON POSSIAMO CHE GIOIRE PER QUESTA NOTIZIA!
mfpr palermo
il processo si è concluso. Tutti assolti perchè i fatti non sussistono!!! attendiamo le motivazioni
la lotta paga!
movimento femminista proletario rivoluzionario- Milano/Bergamo
16 marzo 2010
per contatti: mfprmi@libero.it
E DA PALERMO, DOVE IN "UN FILO ROSSO" CHE HA UNITO DIVERSE CITTA' NELLA LOTTA CONTRO L'ATTACCO AL DIRITTO DI ABORTO, ALTRETTANTO FORTE E COMBATTIVO FU IL PRESIDIO DELLE COMPAGNE DEI COLLETTIVI CONTRO LO SQUADRISTA SCRIBACCHINO FERRARA AL SERVIZIO DEL GOVERNO BERLUSCONI, NON POSSIAMO CHE GIOIRE PER QUESTA NOTIZIA!
mfpr palermo
il processo si è concluso. Tutti assolti perchè i fatti non sussistono!!! attendiamo le motivazioni
la lotta paga!
movimento femminista proletario rivoluzionario- Milano/Bergamo
16 marzo 2010
per contatti: mfprmi@libero.it
pc quotid 19-20maggio -morti senza bandiera
mercoledì, 19 maggio 2010
Mi chiamo Mario Di Girolamo, avevo 32 anni, sono morto sul lavoro.
Lascio due orfani e la mia bara non è avvolta nella bandiera
Nessun ministro ha parlato di me, nessun telegiornale mi ha descritto
come un eroe che combatto il terrorismo e va a caccia di petrolio.
Nessuna autorità, al mio funerale, eppure faccio parte di quegli eroi
silenziosi, più di mille ogni anno, che perdono la vita per lavorare,
per mantenere la famiglia, rischiando di più di un rapinatore.
Nessuna demagogia, su di me, solo amici e parenti hanno pianto la mia
scomparsa, nessuna ministra è andata a commuoversi in diretta per i
nostri giovani eroi vittime degli attentati dei cattivi.
Non c'è una Santanchè che passi lo stipendio alla mia vedova, aiuti i
miei bambini, io non faccio notizia, anzi prima scompare la notizia
della mia morte dalle edizioni locali e meglio è.
Non abbiamo tempo per certi eroi, non abbiamo memoria e non abbiamo
cuore, non abbiamo nemmeno la retorica di una divisa, non intervistano
le nostre sorelle e le nostre zie, la nostra bara non arriva in nessun
aeroporto avvolta dalla bandiera.
Quella bandiera che commuove tutta Italia, le nonne e le zie, le
casalinghe e le precarie. Gli uomini no, non stà bene che mostrino le
loro emozioni, non avrebbero le palle.
La stessa bandiera che commuove tutta Italia perchè avvolge le bare dei
nostri difensori dal terrorismo è quella che i leghisti usano per
pulirsi il culo.
Sita tranquillo Renzo Bossi, non andrà mai in guerra, non andrà nemmeno
a lavorare, non rischia niente potrà tranquillamente sparare le sue
cazzate e troverà i giornali che le pubblicheranno in prima pagina.
La notizia della mia morte no, sarà nelle pagine interne, senza
bandiera, senza retorica, senza memoria.
I miei bambini non avranno neppure la soddisfazione di sentirsi
raccontare dagli amici e parenti che il loro padre era un eroe, morto in
Aghanistan, il loro padre era un anonimo operaio morto di lavoro, come
tanti altri di cui non si ricorda più nessuno.
Anche la predica del prete al funerale ha un chè di sentito, ripetitivo,
nessuna enfasi da eroismo e poca retorica, è morto un operaio, non è
morto un eroe, ha lasciato due orfani senza nemmeno saltare in aria su
una bomba e passare dalla gloria alla storia.
20 maggio 2008. Una vita fa.
P.S. Per scrivere questo post ne ho preso uno a caso, sono oltre mille
ogni anno, non si fa fatica.A modo mio ho voluto ricordarne la memoria,
ricordare tutti gli eroi anonimi ai quali le autorità non pensano mai.
Mi chiamo Mario Di Girolamo, avevo 32 anni, sono morto sul lavoro.
Lascio due orfani e la mia bara non è avvolta nella bandiera
Nessun ministro ha parlato di me, nessun telegiornale mi ha descritto
come un eroe che combatto il terrorismo e va a caccia di petrolio.
Nessuna autorità, al mio funerale, eppure faccio parte di quegli eroi
silenziosi, più di mille ogni anno, che perdono la vita per lavorare,
per mantenere la famiglia, rischiando di più di un rapinatore.
Nessuna demagogia, su di me, solo amici e parenti hanno pianto la mia
scomparsa, nessuna ministra è andata a commuoversi in diretta per i
nostri giovani eroi vittime degli attentati dei cattivi.
Non c'è una Santanchè che passi lo stipendio alla mia vedova, aiuti i
miei bambini, io non faccio notizia, anzi prima scompare la notizia
della mia morte dalle edizioni locali e meglio è.
Non abbiamo tempo per certi eroi, non abbiamo memoria e non abbiamo
cuore, non abbiamo nemmeno la retorica di una divisa, non intervistano
le nostre sorelle e le nostre zie, la nostra bara non arriva in nessun
aeroporto avvolta dalla bandiera.
Quella bandiera che commuove tutta Italia, le nonne e le zie, le
casalinghe e le precarie. Gli uomini no, non stà bene che mostrino le
loro emozioni, non avrebbero le palle.
La stessa bandiera che commuove tutta Italia perchè avvolge le bare dei
nostri difensori dal terrorismo è quella che i leghisti usano per
pulirsi il culo.
Sita tranquillo Renzo Bossi, non andrà mai in guerra, non andrà nemmeno
a lavorare, non rischia niente potrà tranquillamente sparare le sue
cazzate e troverà i giornali che le pubblicheranno in prima pagina.
La notizia della mia morte no, sarà nelle pagine interne, senza
bandiera, senza retorica, senza memoria.
I miei bambini non avranno neppure la soddisfazione di sentirsi
raccontare dagli amici e parenti che il loro padre era un eroe, morto in
Aghanistan, il loro padre era un anonimo operaio morto di lavoro, come
tanti altri di cui non si ricorda più nessuno.
Anche la predica del prete al funerale ha un chè di sentito, ripetitivo,
nessuna enfasi da eroismo e poca retorica, è morto un operaio, non è
morto un eroe, ha lasciato due orfani senza nemmeno saltare in aria su
una bomba e passare dalla gloria alla storia.
20 maggio 2008. Una vita fa.
P.S. Per scrivere questo post ne ho preso uno a caso, sono oltre mille
ogni anno, non si fa fatica.A modo mio ho voluto ricordarne la memoria,
ricordare tutti gli eroi anonimi ai quali le autorità non pensano mai.
mercoledì 19 maggio 2010
pc quotid 19-20 maggio -Palermo: in lotta per il lavoro ma non solo
...
*IN LOTTA PER IL LAVORO MA NON SOLO…*
* *
*Nasce a Palermo il Comitato di lotta donne precarie e disoccupate
organizzate*
* ***
In una fase generale di crisi mondiale in cui l’attacco delle politiche
economiche e sociali dei governi ricade pesantemente sui lavoratori, sugli
operai, sui proletari, in particolare si accresce rapidamente la condizione
di precarietà e di disoccupazione che investe tantissime donne.
Le realtà sotto attacco sono davvero molteplici se guardiamo alle precarie
delle scuola a rischio licenziamento o già tagliate fuori dal mondo del
lavoro a causa dei massici tagli operati dal governo Berlusconi con la
riforma scolastica della scuola pubblica a favore della scuola privata, alle
operaie delle fabbriche licenziate o messe in cassa integrazione come quelle
della Fiat, della Italtel, della Lasme, della Omsa…, alle lavoratrici
precarie della cooperative sociali a rischio di licenziamento, donne che
spesso sono costrette a firmare prima dell’assunzione la lettera di
dimissioni in bianco, arma che anche in altri contesti i padroni utilizzano
per licenziare senza problemi in caso di gravidanza, alle disoccupate in
lotta per il lavoro a Taranto alle quali il governo di quella città fino ad
oggi ha risposto con multe, cariche e denunce, alle precarie dei call center
da Milano a Trapani, alle tante donne immigrate supersfruttate.
Tante realtà di donne che però in questi mesi hanno dimostrato di non
volersi arrendere che in diverse forme sono scese a lottare contro gli
attacchi alle loro condizioni di lavoro e di vita.
*In Sicilia, in particolare, che dalle statistiche risulta la regione
d'Italia con il più alto tasso di disoccupazione femminile, le donne devono
affrontare una situazione ancora più difficile e tante ma proprio tante sono
costrette o ad accettare, quando lo trovano, lavori ultraprecari senza alcun
futuro di stabilità o a rimanere disoccupate a vita. *
*Come donne ex precarie delle poste e oggi senza lavoro, precarie delle
cooperative sociali, commesse licenziate e mai più assunte, disoccupate in
cerca di lavoro, anche noi non vogliamo arrenderci ad una situazione in cui
ogni giorno padroni, governo, istituzioni, vogliono renderci sempre più
precarie, sempre meno garantite, e ricacciarci a casa, in famiglia. *Perdere
il lavoro infatti significa anche DIPENDENZA ECONOMICA che in molti casi è
una tra le principali cause che costringono una donna a restare fisicamente
e psicologicamente in situazioni di violenza sempre più frequenti
all’interno della famiglia.
Siamo consapevoli che il percorso di lotta che ci aspetta non è facile ma
vogliamo organizzarci per riprendere la parola e la lotta per *UN DIRITTO
SACROSANTO QUAL È IL LAVORO MA NON SOLO…*perché è sotto gli occhi di tutti,
per chi ha occhi per vedere, come le politiche degli attuali governi,
nazionale e locale, vogliono ancora peggiorare una condizione che tocca
tutti gli aspetti della nostra vita, vedi il taglio selvaggio dei servizi
sociali, vedi l’attacco al nostro diritto di libera scelta in tema di
maternità.
Alla luce di ciò abbiamo deciso di organizzarci nella nostra città e di
lanciare il *Comitato di lotta donne precarie e disoccupate
organizzate.*Invitiamo tutte le donne che vivono nella nostra
situazione ad aderirvi, a
partecipare alle riunioni in cui stiamo decidendo il percorso di lotta e le
iniziative di mobilitazione che sin dalla prossima settimana metteremo in
campo, iniziando in particolare con
*volantinaggi e affissioni informative nei posti di lavoro e nei quartieri*
* *
*l’apertura di liste per il lavoro individuando specifici ambiti lavorativi*
* *
*lancio campagna per il Salario minimo garantito*
* *
*partecipazione in delegazione all’Assemblea Nazionale dei precari e
disoccupati che si terrà a Napoli il 21 maggio prossimo organizzata dai
disoccupati BanchiNuovi di Napoli e dai disoccupati organizzati Slai Cobas
per il sindacato di classe di Taranto *
*Comitato di lotta donne precarie e disoccupate organizzate - Palermo*
* *
*per contatti: lavoratriciprecariedisoccupate@gmail.com – 340/8429376*
**
*Palermo, 15/05/2010*
*IN LOTTA PER IL LAVORO MA NON SOLO…*
* *
*Nasce a Palermo il Comitato di lotta donne precarie e disoccupate
organizzate*
* ***
In una fase generale di crisi mondiale in cui l’attacco delle politiche
economiche e sociali dei governi ricade pesantemente sui lavoratori, sugli
operai, sui proletari, in particolare si accresce rapidamente la condizione
di precarietà e di disoccupazione che investe tantissime donne.
Le realtà sotto attacco sono davvero molteplici se guardiamo alle precarie
delle scuola a rischio licenziamento o già tagliate fuori dal mondo del
lavoro a causa dei massici tagli operati dal governo Berlusconi con la
riforma scolastica della scuola pubblica a favore della scuola privata, alle
operaie delle fabbriche licenziate o messe in cassa integrazione come quelle
della Fiat, della Italtel, della Lasme, della Omsa…, alle lavoratrici
precarie della cooperative sociali a rischio di licenziamento, donne che
spesso sono costrette a firmare prima dell’assunzione la lettera di
dimissioni in bianco, arma che anche in altri contesti i padroni utilizzano
per licenziare senza problemi in caso di gravidanza, alle disoccupate in
lotta per il lavoro a Taranto alle quali il governo di quella città fino ad
oggi ha risposto con multe, cariche e denunce, alle precarie dei call center
da Milano a Trapani, alle tante donne immigrate supersfruttate.
Tante realtà di donne che però in questi mesi hanno dimostrato di non
volersi arrendere che in diverse forme sono scese a lottare contro gli
attacchi alle loro condizioni di lavoro e di vita.
*In Sicilia, in particolare, che dalle statistiche risulta la regione
d'Italia con il più alto tasso di disoccupazione femminile, le donne devono
affrontare una situazione ancora più difficile e tante ma proprio tante sono
costrette o ad accettare, quando lo trovano, lavori ultraprecari senza alcun
futuro di stabilità o a rimanere disoccupate a vita. *
*Come donne ex precarie delle poste e oggi senza lavoro, precarie delle
cooperative sociali, commesse licenziate e mai più assunte, disoccupate in
cerca di lavoro, anche noi non vogliamo arrenderci ad una situazione in cui
ogni giorno padroni, governo, istituzioni, vogliono renderci sempre più
precarie, sempre meno garantite, e ricacciarci a casa, in famiglia. *Perdere
il lavoro infatti significa anche DIPENDENZA ECONOMICA che in molti casi è
una tra le principali cause che costringono una donna a restare fisicamente
e psicologicamente in situazioni di violenza sempre più frequenti
all’interno della famiglia.
Siamo consapevoli che il percorso di lotta che ci aspetta non è facile ma
vogliamo organizzarci per riprendere la parola e la lotta per *UN DIRITTO
SACROSANTO QUAL È IL LAVORO MA NON SOLO…*perché è sotto gli occhi di tutti,
per chi ha occhi per vedere, come le politiche degli attuali governi,
nazionale e locale, vogliono ancora peggiorare una condizione che tocca
tutti gli aspetti della nostra vita, vedi il taglio selvaggio dei servizi
sociali, vedi l’attacco al nostro diritto di libera scelta in tema di
maternità.
Alla luce di ciò abbiamo deciso di organizzarci nella nostra città e di
lanciare il *Comitato di lotta donne precarie e disoccupate
organizzate.*Invitiamo tutte le donne che vivono nella nostra
situazione ad aderirvi, a
partecipare alle riunioni in cui stiamo decidendo il percorso di lotta e le
iniziative di mobilitazione che sin dalla prossima settimana metteremo in
campo, iniziando in particolare con
*volantinaggi e affissioni informative nei posti di lavoro e nei quartieri*
* *
*l’apertura di liste per il lavoro individuando specifici ambiti lavorativi*
* *
*lancio campagna per il Salario minimo garantito*
* *
*partecipazione in delegazione all’Assemblea Nazionale dei precari e
disoccupati che si terrà a Napoli il 21 maggio prossimo organizzata dai
disoccupati BanchiNuovi di Napoli e dai disoccupati organizzati Slai Cobas
per il sindacato di classe di Taranto *
*Comitato di lotta donne precarie e disoccupate organizzate - Palermo*
* *
*per contatti: lavoratriciprecariedisoccupate@gmail.com – 340/8429376*
**
*Palermo, 15/05/2010*
martedì 18 maggio 2010
pc quotidiano 18 maggio - bergamo 19/26 maggio a difesa del diritto di aborto
Il diritto d'aborto non si tocca!
A metà dicembre del 2007 una nuova campagna contro il diritto d'aborto viene lanciata, attraverso la trasmissione Otto e mezzo e, poi, su Il Foglio, da Giuliano Ferrara che, utilizzando la risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, invoca la moratoria sull'aborto, da lui definito “lo scandalo supremo della nostra epoca” e considerato alla stregua di un omicidio.
Il 14/01/2008 al teatro da Verme riafferma che “l'aborto è un omicidio. Di più: che non esiste omicidio più perfetto dell'aborto”:un gruppo di femministe reagisce al grido di: “fascista, nazista, ignorante”
In un crescendo continua la sua campagna arrivando ad indicare le donne - su Il Foglio- che hanno abortito o che intendono farlo come autrici di strage, di shoah, di soluzione finale; fino a farsi promotore della lista per le elezioni “Aborto? No grazie”
Una campagna aggressiva, lesiva della dignità delle donne, della loro autodeterminazione, una campagna contro le donne.
E contro questa campagna a migliaia, in ogni città in cui Ferrara intendeva far comizi, non si è fatta attendere la risposta delle femministe, delle giovani, delle lavoratrici, spesso con il sostegno attivo di lavoratori, consapevoli dell'humus reazionario, di caccia alle streghe, con il seguito di ulteriori provvedimenti, peggioramento della condizione delle donne.
Da Bologna a Pescara, da Milano a Palermo, Crema, Roma, Bergamo...
A Bergamo, 20 compagne e compagni hanno ricevuto un
decreto penale di condanna (artt. 459 e segg. CPP), perchè
"...in concorso tra loro, tentando di entrare nell'auditorium di Bergamo.
ove era organizzato il comizio di Giuliano ferrara, leader della lista
"Aborto? NO grazie" per le elezioni politiche del 2008, cercando di forzare
il cordone di polizia e detenendo quattro uova, mezzo chilogrammi di
pomodorino, due mele, due mandarini ed un'arancia... (sottolineamo l'assurda
precisione della polizia!) all'evidente fine di lanciarli contro il
relatore, compivano atti idonei ad impedire o comunque turbare la suindicata
riunione di propaganda elettorale, non riuscendo nell'intendo solo per la
ferma reazione delle forze di polizia. In bergamo il 6 aprile 2008....
.... chiede l'emissione del decreto penale di condanna nei confronti di
ciascun indagato, per la pena di euro 2485,00 di multa....".
ALLORA, CHI PROVOCAVA ERA GIULIANO FERRARA, CHE FAVORIVA UN CLIMA DI ALLARMISMO CHE HA PORTATO PERSINO AD UN INTERVENTO DELLA POLIZIA AL POLICLINICO DI NAPOLI PER UN SUPPOSTO FETICIDIO, QUANDO DI IVG SI TRATTAVA
E CHE QUELLE PROTESTE, DA BERGAMO A MILANO, A PALERMO, A BOLOGNA, ECC.,
FURONO GIUSTISSIME E' DIMOSTRATO ANCHE DAL FATTO CHE LA LISTA FALLI'
CLAMOROSAMENTE E FERRARA E' SPARITO.
Facciamo sentire forte la nostra denuncia e solidarietà in una regione che ha visto la crescita esponenziale dei medici obiettori di coscienza, l'installazione delle moderne ruote degli esposti in diversi ospedali, la macabra sepoltura dei feti, .. e, ora, l'obiezione di coscienza per la somministrazione della RU486: c'è proprio bisogno di una forte risposta delle donne.
Il 19 e 26 Maggio a Bergamo si terrano le udienze per il processo di opposizione al decreto penale emesso nel corso del 2009 su richiesta del PM Pavone.
Abbiamo rieditato il foglio speciale dedicato alle mobilitazioni contro l'attacco al diritto d'aborto di Ferrara e l'opuscolo "La donna non è un'incubatrice il feto non è un bambino".
movimento femminista proletario rivoluzionario- Milano/Bergamo
16 marzo 2010
per contatti: mfprmi@libero.it
A metà dicembre del 2007 una nuova campagna contro il diritto d'aborto viene lanciata, attraverso la trasmissione Otto e mezzo e, poi, su Il Foglio, da Giuliano Ferrara che, utilizzando la risoluzione per la moratoria sulla pena di morte, invoca la moratoria sull'aborto, da lui definito “lo scandalo supremo della nostra epoca” e considerato alla stregua di un omicidio.
Il 14/01/2008 al teatro da Verme riafferma che “l'aborto è un omicidio. Di più: che non esiste omicidio più perfetto dell'aborto”:un gruppo di femministe reagisce al grido di: “fascista, nazista, ignorante”
In un crescendo continua la sua campagna arrivando ad indicare le donne - su Il Foglio- che hanno abortito o che intendono farlo come autrici di strage, di shoah, di soluzione finale; fino a farsi promotore della lista per le elezioni “Aborto? No grazie”
Una campagna aggressiva, lesiva della dignità delle donne, della loro autodeterminazione, una campagna contro le donne.
E contro questa campagna a migliaia, in ogni città in cui Ferrara intendeva far comizi, non si è fatta attendere la risposta delle femministe, delle giovani, delle lavoratrici, spesso con il sostegno attivo di lavoratori, consapevoli dell'humus reazionario, di caccia alle streghe, con il seguito di ulteriori provvedimenti, peggioramento della condizione delle donne.
Da Bologna a Pescara, da Milano a Palermo, Crema, Roma, Bergamo...
A Bergamo, 20 compagne e compagni hanno ricevuto un
decreto penale di condanna (artt. 459 e segg. CPP), perchè
"...in concorso tra loro, tentando di entrare nell'auditorium di Bergamo.
ove era organizzato il comizio di Giuliano ferrara, leader della lista
"Aborto? NO grazie" per le elezioni politiche del 2008, cercando di forzare
il cordone di polizia e detenendo quattro uova, mezzo chilogrammi di
pomodorino, due mele, due mandarini ed un'arancia... (sottolineamo l'assurda
precisione della polizia!) all'evidente fine di lanciarli contro il
relatore, compivano atti idonei ad impedire o comunque turbare la suindicata
riunione di propaganda elettorale, non riuscendo nell'intendo solo per la
ferma reazione delle forze di polizia. In bergamo il 6 aprile 2008....
.... chiede l'emissione del decreto penale di condanna nei confronti di
ciascun indagato, per la pena di euro 2485,00 di multa....".
ALLORA, CHI PROVOCAVA ERA GIULIANO FERRARA, CHE FAVORIVA UN CLIMA DI ALLARMISMO CHE HA PORTATO PERSINO AD UN INTERVENTO DELLA POLIZIA AL POLICLINICO DI NAPOLI PER UN SUPPOSTO FETICIDIO, QUANDO DI IVG SI TRATTAVA
E CHE QUELLE PROTESTE, DA BERGAMO A MILANO, A PALERMO, A BOLOGNA, ECC.,
FURONO GIUSTISSIME E' DIMOSTRATO ANCHE DAL FATTO CHE LA LISTA FALLI'
CLAMOROSAMENTE E FERRARA E' SPARITO.
Facciamo sentire forte la nostra denuncia e solidarietà in una regione che ha visto la crescita esponenziale dei medici obiettori di coscienza, l'installazione delle moderne ruote degli esposti in diversi ospedali, la macabra sepoltura dei feti, .. e, ora, l'obiezione di coscienza per la somministrazione della RU486: c'è proprio bisogno di una forte risposta delle donne.
Il 19 e 26 Maggio a Bergamo si terrano le udienze per il processo di opposizione al decreto penale emesso nel corso del 2009 su richiesta del PM Pavone.
Abbiamo rieditato il foglio speciale dedicato alle mobilitazioni contro l'attacco al diritto d'aborto di Ferrara e l'opuscolo "La donna non è un'incubatrice il feto non è un bambino".
movimento femminista proletario rivoluzionario- Milano/Bergamo
16 marzo 2010
per contatti: mfprmi@libero.it
pc quotidiano 18 maggio - Fiat pomigliano e UILM, ovvero sindacalisti al servizio dei padroni
A proposito del piano Fiat presentato da Marchionne il 21 aprile scorso “La
Uilm vuole questa intesa e desidera firmarla al più presto” dice Giovanni
Sgambati, segretario generale della Uilm Campania, in un articolo, che per
dirla in un gergo indovinato, è tutto un programma, articolo premurosamente
pubblicato dal Sole24ore, il giornale dei padroni associati!
“Esistono buone ragioni per condividere il piano complessivo per lo
stabilimento di Pomigliano presentato da Fiat Auto anche ai sindacati”, così
inizia Sgambati, che continua compiaciuto: “Non è solo da questa novità che
dipende però il nostro compiacimento, ma è anche per la quantità di
investimenti, circa 700 milioni, utili a ristrutturare completamente l’impianto
del “G.B. Vico” di Pomigliano: cambierà la stessa concezione di fabbrica così
finora strutturata”.
Ma il sindacalista coscienzioso sa che i soldi del padrone da soli non
bastano, serve un altro aiutino, e cioè lo sblocco degli incentivi che partirà
grazie all’intesa sindacale, il tutto naturalmente nell’interesse addirittura
della salute degli operai perché grazie a questi incentivi si potranno avere
“postazioni di lavoro adeguate ai migliori standard di sicurezza caratterizzati
dalle riduzioni della fatica manuale, applicando il sistema già sperimentato
nel sito di Mirafiori, lo Ergo Uass.” Ergo il nostro sindacalista ci fa sapere
che sa cos’è la fatica manuale e infatti non gli fanno paura, a lui, i 18
turni, né le regole comportamentali “adeguate alle migliorie pratiche di accodi
già realizzati in altri importanti stabilimenti Fiat del Paese.” Si vede che il
sindacalista non ha presentato alcuna denuncia né a Melfi né a Mirafiori, né
tantomeno a Pomigliano, sulle tante patologie di cui soffrono gli operai
proprio grazie a questi meravigliosi sistemi…
Il problema è che il servitore fedele del padrone ha premura, quindi niente
chiacchiere, si deve accettare tutto perché “Bisogna essere pronti per la metà
del 2011; la produzione della nuova Panda deve partire per quella data e
bisogna portare al più presto a regime la piena saturazione dell’impianto
campano”, e aggiunge un’altra ragione: “L’altra ragione altrettanto
significativa per un sindacato che vuole praticare la contrattazione è fondata
sul valore della rappresentanza, cioè l’importanza di favorire la capacità di
sviluppo e la crescita anche della redditività.”
Basta con i tabù, è la redditività, cioè la quantità dei profitti che può fare
il padrone, il nocciolo della questione, perché “Un buon sindacato è tale
quando riesce a firmare buoni accordi. Basta col conflitto fine a sé stesso. È
un modo per mettersi al servizio dei lavoratori [e non dite di non crederci],
perché la UILM ama il proprio paese e l’industria italiana [quando si dice il
vero amore!!!] che dovrà affrontare una dura competizione sui mercati
internazionali.” Che “sui mercati internazionali” ci sono altri operai di altre
fabbriche, sfruttati da altri padroni, per i quali “la dura competizione”
significa solo maggior sfruttamento non sembra interessare al nostro
sindacalista, che conferma ad ogni parola il ribaltamento della logica della
difesa sindacale, infatti una volta il sindacato doveva “convincere” il padrone
delle giuste richieste dei lavoratori adesso deve convincere i lavoratori della
bontà delle pretese del padrone.
Questo “lavoro sporco” qualcuno lo deve pur fare e ci vuole coscienza,
infatti, si chiede ancora incredulo Sgambati, come si fa a non cogliere in
positivo e tutti insieme una sfida come quella che ci è stata annunciata? E si
risponde pure: “Sì, siamo pronti a raccogliere questa sfida”. Cioè quella di
chi riesce a mettersi meglio al servizio del padrone e questo, dobbiamo
ammetterlo, Sgambati lo dice e lo fa proprio bene!
__________ Informazione NOD32 5122 (20100517) __________
Questo messaggio � stato controllato dal Sistema Antivirus NOD32
http://www.nod32.it
Uilm vuole questa intesa e desidera firmarla al più presto” dice Giovanni
Sgambati, segretario generale della Uilm Campania, in un articolo, che per
dirla in un gergo indovinato, è tutto un programma, articolo premurosamente
pubblicato dal Sole24ore, il giornale dei padroni associati!
“Esistono buone ragioni per condividere il piano complessivo per lo
stabilimento di Pomigliano presentato da Fiat Auto anche ai sindacati”, così
inizia Sgambati, che continua compiaciuto: “Non è solo da questa novità che
dipende però il nostro compiacimento, ma è anche per la quantità di
investimenti, circa 700 milioni, utili a ristrutturare completamente l’impianto
del “G.B. Vico” di Pomigliano: cambierà la stessa concezione di fabbrica così
finora strutturata”.
Ma il sindacalista coscienzioso sa che i soldi del padrone da soli non
bastano, serve un altro aiutino, e cioè lo sblocco degli incentivi che partirà
grazie all’intesa sindacale, il tutto naturalmente nell’interesse addirittura
della salute degli operai perché grazie a questi incentivi si potranno avere
“postazioni di lavoro adeguate ai migliori standard di sicurezza caratterizzati
dalle riduzioni della fatica manuale, applicando il sistema già sperimentato
nel sito di Mirafiori, lo Ergo Uass.” Ergo il nostro sindacalista ci fa sapere
che sa cos’è la fatica manuale e infatti non gli fanno paura, a lui, i 18
turni, né le regole comportamentali “adeguate alle migliorie pratiche di accodi
già realizzati in altri importanti stabilimenti Fiat del Paese.” Si vede che il
sindacalista non ha presentato alcuna denuncia né a Melfi né a Mirafiori, né
tantomeno a Pomigliano, sulle tante patologie di cui soffrono gli operai
proprio grazie a questi meravigliosi sistemi…
Il problema è che il servitore fedele del padrone ha premura, quindi niente
chiacchiere, si deve accettare tutto perché “Bisogna essere pronti per la metà
del 2011; la produzione della nuova Panda deve partire per quella data e
bisogna portare al più presto a regime la piena saturazione dell’impianto
campano”, e aggiunge un’altra ragione: “L’altra ragione altrettanto
significativa per un sindacato che vuole praticare la contrattazione è fondata
sul valore della rappresentanza, cioè l’importanza di favorire la capacità di
sviluppo e la crescita anche della redditività.”
Basta con i tabù, è la redditività, cioè la quantità dei profitti che può fare
il padrone, il nocciolo della questione, perché “Un buon sindacato è tale
quando riesce a firmare buoni accordi. Basta col conflitto fine a sé stesso. È
un modo per mettersi al servizio dei lavoratori [e non dite di non crederci],
perché la UILM ama il proprio paese e l’industria italiana [quando si dice il
vero amore!!!] che dovrà affrontare una dura competizione sui mercati
internazionali.” Che “sui mercati internazionali” ci sono altri operai di altre
fabbriche, sfruttati da altri padroni, per i quali “la dura competizione”
significa solo maggior sfruttamento non sembra interessare al nostro
sindacalista, che conferma ad ogni parola il ribaltamento della logica della
difesa sindacale, infatti una volta il sindacato doveva “convincere” il padrone
delle giuste richieste dei lavoratori adesso deve convincere i lavoratori della
bontà delle pretese del padrone.
Questo “lavoro sporco” qualcuno lo deve pur fare e ci vuole coscienza,
infatti, si chiede ancora incredulo Sgambati, come si fa a non cogliere in
positivo e tutti insieme una sfida come quella che ci è stata annunciata? E si
risponde pure: “Sì, siamo pronti a raccogliere questa sfida”. Cioè quella di
chi riesce a mettersi meglio al servizio del padrone e questo, dobbiamo
ammetterlo, Sgambati lo dice e lo fa proprio bene!
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pc quotid 18 maggio - processo avni er rinviato al 10 giugno -manifestazioni a Bari e Torino
Bari
manifestazione a sostegno di Avni Er
No all'estradizione di Avni Er. La campagna a difesa dei diritti umani, organizzata dall'associazione Solidarietà Proletaria, è arrivata a Bari, dove oggi era attesa la decisione del Tribunale sulla richiesta di asilo politico presentata dal giornalista e oppositore politico turco. L'udienza per il ricorso contro l'espulsione disposta dalla commissione territoriale di Bari per i richiedenti asilo, è stata rinviata al 10 giugno perché i legali difensori di Avni Er hanno depositato nuova documentazione. I manifestanti che hanno cantato e recitato la difesa dei diritti umani. Avni Er è stato arrestato nel 2004 a Perugia e condannato a 6 anni di carcere per terrorismo e associazione eversiva. Dopo la sua liberazione è stato trasferito al Centro di Identificazione ed Espulsione di Bari e poi nel Cara, in attesa della decisione dei giudici. La Turchia ne ha chiesto l'estradizione. Lì, anche secondo Amnesty International, il giornalista rischia di essere processato di nuovo e torturato.
Torino
questa mattina, a partire dalle ore 9:00 - di fronte a Palazzo di Giustizia - si è svolto un presidio per la concessione dell'asilo politico al compagno Avni Er.
E' andato avanti fino alle ore 11:30 ed ha visto la presenza dei compagni del Collettivo comunista piemontese, di Proletari Comunisti e del Circolo Internazionalista,
Sono stati distribuiti 800 volantini ad avvocati e visitatori con l'invito, rivolto soprattutto ai primi, ad occuparsi di questa battaglia.
E' stato effettuato un collegamento in diretta con Radio Black Out.
In generale si è notato un buon grado di interesse, almeno a parole.
Stefano
manifestazione a sostegno di Avni Er
No all'estradizione di Avni Er. La campagna a difesa dei diritti umani, organizzata dall'associazione Solidarietà Proletaria, è arrivata a Bari, dove oggi era attesa la decisione del Tribunale sulla richiesta di asilo politico presentata dal giornalista e oppositore politico turco. L'udienza per il ricorso contro l'espulsione disposta dalla commissione territoriale di Bari per i richiedenti asilo, è stata rinviata al 10 giugno perché i legali difensori di Avni Er hanno depositato nuova documentazione. I manifestanti che hanno cantato e recitato la difesa dei diritti umani. Avni Er è stato arrestato nel 2004 a Perugia e condannato a 6 anni di carcere per terrorismo e associazione eversiva. Dopo la sua liberazione è stato trasferito al Centro di Identificazione ed Espulsione di Bari e poi nel Cara, in attesa della decisione dei giudici. La Turchia ne ha chiesto l'estradizione. Lì, anche secondo Amnesty International, il giornalista rischia di essere processato di nuovo e torturato.
Torino
questa mattina, a partire dalle ore 9:00 - di fronte a Palazzo di Giustizia - si è svolto un presidio per la concessione dell'asilo politico al compagno Avni Er.
E' andato avanti fino alle ore 11:30 ed ha visto la presenza dei compagni del Collettivo comunista piemontese, di Proletari Comunisti e del Circolo Internazionalista,
Sono stati distribuiti 800 volantini ad avvocati e visitatori con l'invito, rivolto soprattutto ai primi, ad occuparsi di questa battaglia.
E' stato effettuato un collegamento in diretta con Radio Black Out.
In generale si è notato un buon grado di interesse, almeno a parole.
Stefano
pc quotid 18 maggio-DUE FACCE DI UN FALLIMENTO: CRISI DELL’EURO E “OPERAZIONE DI PACE” IN AFGHANISTAN
In queste ore sono davanti gli occhi di tutti i tentativi del governo Berlusconi di porre rimedio a due patate bollenti : la Crisi economica e i soldati morti in Afghanistan. E come sempre il governo utilizzando, mistificazione-amor patrio-demonizzazione del nemico, cerca di difendere, con le unghia e i denti, i suoi interessi imperiali. E ancora una volta “le soluzioni” vengono scaricati sulle masse, dall’Italia all’Afghanistan, nello stesso modo: Militarizzazione e “Bombardamenti Mirati”. Che all’interno prendono il nome di Tagli alla spesa pubblica-blocco del rinnovo dei contratti-ulteriore tassazione-collegato lavoro; all’esterno si chiamano “cordoglio da coccodrillo” per le “povere” vittime degli “attacchi terroristici”-più truppe anziché il ritiro. Ma i colpevoli della Crisi sono loro che assetati del sangue dei popoli, vorrebbero succhiare all’infinito la vita delle masse. Sono loro -congrega di corrotti e corruttori-“papponi” della politica-putrido assembramento di fannulloni e lascivi utilizzatori finali- la causa della Crisi, le Banche hanno solo eseguito i loro ordini, e infatti le hanno ri/finanziate. Sono loro, novelli colonialisti, i mandanti della morte dei soldati italiani –ieri in Iraq, oggi in Afghanistan- trasformati in moderni mercenari, o facendo leva sul ricatto occupazionale o alimentando le “aspirazioni” di invasati rambo moderno fascisti, che in nome del loro profitto fanno la guerra ai popoli del mondo. Sono loro i veri “terroristi” e non i popoli che si ribellano e combattono i loro governi fantocci, la loro barbarie, la loro bramosia i sangue delle masse. Per il governo Berlusconi sembra più una “manna dal cielo” che “una giornata di lutto” quanto successo in Afghanistan. Sembra l’occasione “caduta a fagiolo” per distrarre i lavoratori-i giovani-le masse dall’ondata di scandali che li vede protagonisti e così fargli inghiottire la loro Cura. E di conseguenza, pensando di essere eterni -non fanno mea culpa-non sono disposti a pagare le loro colpe-non si vogliono ritirare in buon ordine-, in questo supportati più che da un’opposizione “balbuziente” da un’opposizione connivente.
I lavoratori, le masse popolari, di questo paese non possono farsi abbindolare e schiacciare dalle parole e i fatti di questo governo, ma devono guardare a quanto ci dicono i lavoratori e i popoli del mondo, dalla Grecia all’Afghanistan-dall’India alle Filippine, “se gli imperialisti non vogliono sparire dalla faccia della Terra, se non vogliono ritirarsi nel dimenticatoio della storia” allora “è giusto Ribellarsi, è giusto Organizzarsi, è giusto Unirsi”, per dargli una “mano” a fare questo passo
I lavoratori, le masse popolari, di questo paese non possono farsi abbindolare e schiacciare dalle parole e i fatti di questo governo, ma devono guardare a quanto ci dicono i lavoratori e i popoli del mondo, dalla Grecia all’Afghanistan-dall’India alle Filippine, “se gli imperialisti non vogliono sparire dalla faccia della Terra, se non vogliono ritirarsi nel dimenticatoio della storia” allora “è giusto Ribellarsi, è giusto Organizzarsi, è giusto Unirsi”, per dargli una “mano” a fare questo passo
pc quotid 18 maggio - ritiro immediato dei soldati dall'afganistan
La presenza dei soldati italiani in Afganistan è una presenza imperialista e neocoloniale, è parte di una invasione e occupazione guidata dall'imperialismo USA e Nato, avallata dall'ONU.
Le truppe imperialiste USA-Nato si rendono responsabili ogni giorno di crimini contro il popolo afgano uccidendo numerose volte civili, donne e bambini, con l'uso sistematico della tortura.
Il governo afgano è un regime fantoccio, corrotto, antipopolare, legato al narcotraffico, illegittimo e le cui stesse elezioni sono state truffaldine.
Le truppe italiane sono protagoniste e complici di tutto questo, e quindi inevitabile che siano bersaglio della resistenza afgana.
E' chi manda i soldati italiani, il responsabile della loro morte.
Il governo Berlusconi, il servo ministro della Difesa La Russa, le alte gerarchie militari sono al servizio dell'imperialismo USA e reggono il moccolo a un governo reazionario contro il popolo afgano.
La resistenza dei popoli alle aggressioni e invasioni imperialiste e neocoloniali non è terrorismo. Il vero terrorismo è quello USA-Nato.
E' stato detto con chiarezza che l'attacco a Emergency e ai suoi ospedali umanitari
è stato fatto per intimidire e cacciare osservatori neutrali per poter fare in Afganistan crimini di guerra senza testimoni.
I soldati italiani non sono eroi ma sono usati come mercenari al servizio dell'imperialismo. Spesso si tratta di ragazzi che non vedono altra alternativa alla disoccupazione, altre volte si tratta di reazionari, fascisti, razzisti e guerrafondai che cercano nella missione il modo per praticare le loro concezioni.
L'opposizione parlamentare è compartecipe di questa politica e di conseguenza è altrettanto responsabile dell'impresa militare e della morte conseguente dei soldati italiani.
Il nazionalismo e il militarismo sono parte del regime moderno fascista in formazione, sono l'altra faccia dello stato di polizia del razzismo-leghismo neofascismo e della politica che scarica la crisi sugli operai e le masse popolari
La morte dei soldati è una ragione in più per lottare per la cacciata del governo Berlusconi, governo della guerra della repressione, della disoccupazione, cosi come per lottare contro l'imperialismo e la guerra rivendicando l'immediato ritiro dei soldati italiani.
proletari comunisti
18 maggio 2010
Le truppe imperialiste USA-Nato si rendono responsabili ogni giorno di crimini contro il popolo afgano uccidendo numerose volte civili, donne e bambini, con l'uso sistematico della tortura.
Il governo afgano è un regime fantoccio, corrotto, antipopolare, legato al narcotraffico, illegittimo e le cui stesse elezioni sono state truffaldine.
Le truppe italiane sono protagoniste e complici di tutto questo, e quindi inevitabile che siano bersaglio della resistenza afgana.
E' chi manda i soldati italiani, il responsabile della loro morte.
Il governo Berlusconi, il servo ministro della Difesa La Russa, le alte gerarchie militari sono al servizio dell'imperialismo USA e reggono il moccolo a un governo reazionario contro il popolo afgano.
La resistenza dei popoli alle aggressioni e invasioni imperialiste e neocoloniali non è terrorismo. Il vero terrorismo è quello USA-Nato.
E' stato detto con chiarezza che l'attacco a Emergency e ai suoi ospedali umanitari
è stato fatto per intimidire e cacciare osservatori neutrali per poter fare in Afganistan crimini di guerra senza testimoni.
I soldati italiani non sono eroi ma sono usati come mercenari al servizio dell'imperialismo. Spesso si tratta di ragazzi che non vedono altra alternativa alla disoccupazione, altre volte si tratta di reazionari, fascisti, razzisti e guerrafondai che cercano nella missione il modo per praticare le loro concezioni.
L'opposizione parlamentare è compartecipe di questa politica e di conseguenza è altrettanto responsabile dell'impresa militare e della morte conseguente dei soldati italiani.
Il nazionalismo e il militarismo sono parte del regime moderno fascista in formazione, sono l'altra faccia dello stato di polizia del razzismo-leghismo neofascismo e della politica che scarica la crisi sugli operai e le masse popolari
La morte dei soldati è una ragione in più per lottare per la cacciata del governo Berlusconi, governo della guerra della repressione, della disoccupazione, cosi come per lottare contro l'imperialismo e la guerra rivendicando l'immediato ritiro dei soldati italiani.
proletari comunisti
18 maggio 2010
lunedì 17 maggio 2010
pc quotid 16-17 maggio bari-processo avni er
Il 18 maggio 2010 al Tribunale di Bari è in programma l’udienza di appello in cui viene discussa la richiesta di asilo politico in Italia di Avni Er, comunista turco che se espulso nel suo paese rischierebbe il carcere, la tortura e la morte, come è capitato a tanti altri suoi compagni che hanno avuto il coraggio di denunciare e combattere le violenze del regime turco, perpetrate in particolare nei confronti degli oppositori politici.
Mobilitarsi per scongiurare l’espulsione in Turchia di Avni vuol dire anche difendere i principi contenuti nella Costituzione italiana, nata dalla Resistenza, secondo la quale (art. 10) “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica”.
Invitiamo individui e associazioni ad unirsi a tutti coloro che hanno già preso posizione in favore di Avni Er, rivolgendoci in particolare ad avvocati e magistrati, il cui ruolo sempre più spesso viene messo in discussione e subordinato all’arroganza di certi parti politiche o, come in questo caso, agli interessi delle lobbies affaristiche che legano Italia e Turchia.
Mobilitarsi per scongiurare l’espulsione in Turchia di Avni vuol dire anche difendere i principi contenuti nella Costituzione italiana, nata dalla Resistenza, secondo la quale (art. 10) “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica”.
Invitiamo individui e associazioni ad unirsi a tutti coloro che hanno già preso posizione in favore di Avni Er, rivolgendoci in particolare ad avvocati e magistrati, il cui ruolo sempre più spesso viene messo in discussione e subordinato all’arroganza di certi parti politiche o, come in questo caso, agli interessi delle lobbies affaristiche che legano Italia e Turchia.
pc quotid 16-17 maggio -a torino sempre repressione
Torino, domenica 16 maggio, ore 19:00, Salone internazionale del libro: al Bookstock Village si tiene un incontro con il famoso procuratore Gian Carlo Caselli dal titolo "La memoria vista di lato".
Dopo qualche minuto, nella sala entra - armata dello striscione "L'Onda non si processa" una cinquantina di studenti dell'Onda che chiede di poter leggere un comunicato di protesta contro i ventuno arresti dell'operazione Rewind, quella che riguarda il G8 univeristario del 2009, svoltosi a maggio scorso in città.
La risposta delle "forze dell'ordine" non si fa attendere: volano i solti spintoni e le usuali manganellate, il cui risultato è il ferimento di una ragazza che, cadendo, sfonda una vetrata.
Oltre il danno la beffa: non solo non è stato consentito - con i soliti metodi fascisti, che questo magistrato ha dimostrato ampiamente di gradire quando si tratta di opporre "l'ordine costituito" alle lotte popolari - di leggere il comunicato, ma la mattina successiva il maggiore quotidiano cittadino asserisce, nel suo pezzo in cronaca locale, che gli studenti sarebbero stati invitati a spiegare le proprie ragioni, ma avrebbero rifiutato.
PIENA SOLIDARIETA' AGLI STUDENTI DELL'ONDA!
Torino, 17 maggio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
Dopo qualche minuto, nella sala entra - armata dello striscione "L'Onda non si processa" una cinquantina di studenti dell'Onda che chiede di poter leggere un comunicato di protesta contro i ventuno arresti dell'operazione Rewind, quella che riguarda il G8 univeristario del 2009, svoltosi a maggio scorso in città.
La risposta delle "forze dell'ordine" non si fa attendere: volano i solti spintoni e le usuali manganellate, il cui risultato è il ferimento di una ragazza che, cadendo, sfonda una vetrata.
Oltre il danno la beffa: non solo non è stato consentito - con i soliti metodi fascisti, che questo magistrato ha dimostrato ampiamente di gradire quando si tratta di opporre "l'ordine costituito" alle lotte popolari - di leggere il comunicato, ma la mattina successiva il maggiore quotidiano cittadino asserisce, nel suo pezzo in cronaca locale, che gli studenti sarebbero stati invitati a spiegare le proprie ragioni, ma avrebbero rifiutato.
PIENA SOLIDARIETA' AGLI STUDENTI DELL'ONDA!
Torino, 17 maggio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
pc quotid 16-17 maggio - pacifisti a parole,militaristi nei fatti
una lettera condivisibile apparsa nella lista femminista sommosse,
il titolo è della redazione
Ciao a tutte
La così detta sinistra, in questo paese e in europa, è mutata geneticamente.
Una volta era pacifista e, in occasione della chiamata alle armi per la
patria, sposava ,invece, la causa della guerra.
Adesso, tutto l'anno è guerrafondaia, aggredisce la Jugoslavia, vota i
finanziamenti per tutte le guerre neo-coloniali, ma una volta all'anno
partecipa alla marcia per la pace.
Sempre una volta,i ruoli erano chiari. Adesso, la tavola per la pace incontra
i vertici dell'esercito che ci raccontano che i veri pacifisti sono loro , nel
solco delle guerre ribattezzate "missioni di pace".
Mi viene in mente la lettura che del militarismo fa Rosa Luxemburg
nell'ultimo capitolo del suo libro "L'accumulazione del capitale", dove
l'esercito non è solo lo strumento per conquistare mercati, per sottomettere
popolazioni locali, per dirimere lotte economiche con altri paesi, ma anche un
pilastro su cui si regge l'economia di questa società.
La Luxemburg, infatti, sottolinea come l'apparato bellico sia una delle gambe
su cui si sostiene e cammina l'economia dei nostri paesi.
Pertanto, lei che pacifista era , si oppose con tutte le sue forze alla prima
guerra mondiale.Per questo uscì dal partito socialdemocratico tedesco che del
pacifismo aveva fatto uno dei suoi capisaldi, ma che,al momento dello scoppio
della prima guerra mondiale, votò in parlamento i crediti di guerra e chiamò il
popolo alle armi.
E, coerente con i suoi ideali, Rosa sottolineò sempre con forza che la
battaglia per il pacifismo non poteva essere separata dall'impegno per la
costruzione di un altro sistema socio-economico.
Da femministe e quindi pacifiste, sappiamo che il pacifismo è inconciliabile
con questa società e se vogliamo veramente realizzarlo, di società ne dobbiamo
costruire un'altra.
Elisabetta
_______________________________________________
il titolo è della redazione
Ciao a tutte
La così detta sinistra, in questo paese e in europa, è mutata geneticamente.
Una volta era pacifista e, in occasione della chiamata alle armi per la
patria, sposava ,invece, la causa della guerra.
Adesso, tutto l'anno è guerrafondaia, aggredisce la Jugoslavia, vota i
finanziamenti per tutte le guerre neo-coloniali, ma una volta all'anno
partecipa alla marcia per la pace.
Sempre una volta,i ruoli erano chiari. Adesso, la tavola per la pace incontra
i vertici dell'esercito che ci raccontano che i veri pacifisti sono loro , nel
solco delle guerre ribattezzate "missioni di pace".
Mi viene in mente la lettura che del militarismo fa Rosa Luxemburg
nell'ultimo capitolo del suo libro "L'accumulazione del capitale", dove
l'esercito non è solo lo strumento per conquistare mercati, per sottomettere
popolazioni locali, per dirimere lotte economiche con altri paesi, ma anche un
pilastro su cui si regge l'economia di questa società.
La Luxemburg, infatti, sottolinea come l'apparato bellico sia una delle gambe
su cui si sostiene e cammina l'economia dei nostri paesi.
Pertanto, lei che pacifista era , si oppose con tutte le sue forze alla prima
guerra mondiale.Per questo uscì dal partito socialdemocratico tedesco che del
pacifismo aveva fatto uno dei suoi capisaldi, ma che,al momento dello scoppio
della prima guerra mondiale, votò in parlamento i crediti di guerra e chiamò il
popolo alle armi.
E, coerente con i suoi ideali, Rosa sottolineò sempre con forza che la
battaglia per il pacifismo non poteva essere separata dall'impegno per la
costruzione di un altro sistema socio-economico.
Da femministe e quindi pacifiste, sappiamo che il pacifismo è inconciliabile
con questa società e se vogliamo veramente realizzarlo, di società ne dobbiamo
costruire un'altra.
Elisabetta
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pc quotid.16-17 maggio - palermo, Zen2 Resistere un minuto in più
Zen2 Resistere un minuto in più
I senza casa dello Zen2 hanno fatto propria la parola d’ordine “resistere un minuto in più del padrone”. Con santa pazienza, dormendo in tenda con i loro bambini, hanno aspettato che lo squadrone di polizia-carabinieri-guardia di finanza ecc. ecc. si esaurisse per mancanza di mezzi e non appena se ne sono andati hanno rioccupato con tanto di telecamere della RAI appresso le case da cui erano state costrette ad andare via legittimando la rioccupazione (che la polizia municipale e i vigilantes assoldati dall’impresa non sono riusciti a fermare) davanti a tutta l’opinione pubblica come cosa giusta e necessaria.
Il portavoce degli occupanti dice che non hanno intenzione di bloccare i lavori della ditta e che la mattina sono disposti a uscire dalle case. Non vogliono ostacolare il lavoro degli operai, non vogliono una guerra tra poveri…
La reazione del questore di Palermo, che fa il duro da quando è arrivato in città, è una reazione stizzita “non ci lasceremo certo passare la mosca sotto il naso” dice in una intervista al quotidiano La Repubblica di Palermo di ieri, ma poi continua: “…purtroppo quello dello Zen è un problema di ordine amministrativo che si è incancrenito, trasformandosi in un problema d polizia. Il Comune ci ha chiesto di sgomberare chi aveva occupato abusivamente le case già assegnate e quelle in via di ultimazione, e lo abbiamo fatto nel modo più indolore possibile. Dallo Zen non ci siamo mai ritirati, ma è chiaro che non abbiamo le forze necessarie a garantire lo spiegamento di uomini e mezzi che abbiamo messo in campo per i quindici giorni più caldi. Non si può pensare di presidiare permanentemente, con un numero di uomini considerevole, un cantiere di grandi dimensioni come quello. È impossibile.” [sott. nostre]
Domanda: “…Ma se non si profila una soluzione per gli sfollati, si potrebbe andare avanti così all’infinito.” Risposta: “La soluzione non può essere certo una risposta di polizia… Quel che è certo è che il nostro intervento, così come il nostro presidio non può essere a tempo indeterminato.”
Domanda: “Anche perché non c’è solo lo Zen. Di case popolari occupate da abusivi la città è piena.” Risposta: “Il presidente dello Iacp ci ha detto che ci sono 4.500 alloggi in città che andrebbero liberati, e naturalmente le forze dell’ordine non possono che appoggiare tutte le azioni di ripristino della legalità…”
E di legalità continuano a blaterare il vicesindaco Scoma e l’assessore Milone del Comune chiedendo nervosamente al prefetto che si metta fine all’occupazione… persone concentrate sull’arricchimento personale, fragili, come il loro sistema sociale strutturalmente incancrenito, impossibilitato a dare risposte ai bisogni delle masse, a risolvere anche i problemi più semplici, che si sentono assediate…
Tattica dell’assedio, pazienza, intelligenza, controllo diretto dei lavori… c’è da imparare dalle masse!
16 maggio 2010
I senza casa dello Zen2 hanno fatto propria la parola d’ordine “resistere un minuto in più del padrone”. Con santa pazienza, dormendo in tenda con i loro bambini, hanno aspettato che lo squadrone di polizia-carabinieri-guardia di finanza ecc. ecc. si esaurisse per mancanza di mezzi e non appena se ne sono andati hanno rioccupato con tanto di telecamere della RAI appresso le case da cui erano state costrette ad andare via legittimando la rioccupazione (che la polizia municipale e i vigilantes assoldati dall’impresa non sono riusciti a fermare) davanti a tutta l’opinione pubblica come cosa giusta e necessaria.
Il portavoce degli occupanti dice che non hanno intenzione di bloccare i lavori della ditta e che la mattina sono disposti a uscire dalle case. Non vogliono ostacolare il lavoro degli operai, non vogliono una guerra tra poveri…
La reazione del questore di Palermo, che fa il duro da quando è arrivato in città, è una reazione stizzita “non ci lasceremo certo passare la mosca sotto il naso” dice in una intervista al quotidiano La Repubblica di Palermo di ieri, ma poi continua: “…purtroppo quello dello Zen è un problema di ordine amministrativo che si è incancrenito, trasformandosi in un problema d polizia. Il Comune ci ha chiesto di sgomberare chi aveva occupato abusivamente le case già assegnate e quelle in via di ultimazione, e lo abbiamo fatto nel modo più indolore possibile. Dallo Zen non ci siamo mai ritirati, ma è chiaro che non abbiamo le forze necessarie a garantire lo spiegamento di uomini e mezzi che abbiamo messo in campo per i quindici giorni più caldi. Non si può pensare di presidiare permanentemente, con un numero di uomini considerevole, un cantiere di grandi dimensioni come quello. È impossibile.” [sott. nostre]
Domanda: “…Ma se non si profila una soluzione per gli sfollati, si potrebbe andare avanti così all’infinito.” Risposta: “La soluzione non può essere certo una risposta di polizia… Quel che è certo è che il nostro intervento, così come il nostro presidio non può essere a tempo indeterminato.”
Domanda: “Anche perché non c’è solo lo Zen. Di case popolari occupate da abusivi la città è piena.” Risposta: “Il presidente dello Iacp ci ha detto che ci sono 4.500 alloggi in città che andrebbero liberati, e naturalmente le forze dell’ordine non possono che appoggiare tutte le azioni di ripristino della legalità…”
E di legalità continuano a blaterare il vicesindaco Scoma e l’assessore Milone del Comune chiedendo nervosamente al prefetto che si metta fine all’occupazione… persone concentrate sull’arricchimento personale, fragili, come il loro sistema sociale strutturalmente incancrenito, impossibilitato a dare risposte ai bisogni delle masse, a risolvere anche i problemi più semplici, che si sentono assediate…
Tattica dell’assedio, pazienza, intelligenza, controllo diretto dei lavori… c’è da imparare dalle masse!
16 maggio 2010
pc quotid 16-17 maggio meno tre
MENO TRE
"il manifesto" di domenica 16 maggio presenta, a pagina 5, un'intervista di Alessandro Braga al portavoce nazionale pro tempore della Federazione della sinistra - il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero - a Rostock per il congresso della Linke.
Ferrero, il Pastore valdese è in vena di dichiarazioni pesanti sul modo di affrontare l'attuale crisi del sistema capitalista, sembra quasi un esponente della sinistra radicale.
Il passaggio più interessante è il seguente:.
Che mirabile esempio di comicità involontaria!
E' proprio la mancanza di tutto quanto enunciato, che ha portato la ex "sinistra radicale" fuori dal parlamento borghese e da quasi tutte le istituzioni minori; soltanto che il nativo di Pomaretto non è arrivato ieri da Marte: era ministro del governo del Mortadella ed era segretario del maggiore partito riformista italiano.
Pertanto è tra i principali responsabili della mancanza di una seria alternativa, e del fatto che la falsa sinistra sia complice con queste manovre dei padroni che ora il nativo della val Germanasca denuncia; per la carità: sicuramente non l'unico responsabile, ma sicuramente il principale.
La Federazione della sinistra, il nuovo contenitore che sta nascendo, raggruppa tutti i resti della ex sedicente "sinistra comunista", che si annullano in un nuovo Arcobaleno; in questo modo si avvera il sogno del rinnegato Nichi Vendola e si invera anche quanto promesso dal Pastore valdese: la cancellazione di Rifondazione, e dei sedicenti comunisti in genere.
Non è un caso che alla Fds: sarà il primo passo formale verso l'azzeramento della presenza formale dei sedicenti comunisti nelle istituzioni.
Il conto alla rovescia è cominciato; teniamo lo spumante in fresco: manca poco a brindare alla definitiva scomparsa dei falsi comunisti.
Torino, 16 maggio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
"il manifesto" di domenica 16 maggio presenta, a pagina 5, un'intervista di Alessandro Braga al portavoce nazionale pro tempore della Federazione della sinistra - il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero - a Rostock per il congresso della Linke.
Ferrero, il Pastore valdese è in vena di dichiarazioni pesanti sul modo di affrontare l'attuale crisi del sistema capitalista, sembra quasi un esponente della sinistra radicale.
Il passaggio più interessante è il seguente:
Che mirabile esempio di comicità involontaria!
E' proprio la mancanza di tutto quanto enunciato, che ha portato la ex "sinistra radicale" fuori dal parlamento borghese e da quasi tutte le istituzioni minori; soltanto che il nativo di Pomaretto non è arrivato ieri da Marte: era ministro del governo del Mortadella ed era segretario del maggiore partito riformista italiano.
Pertanto è tra i principali responsabili della mancanza di una seria alternativa, e del fatto che la falsa sinistra sia complice con queste manovre dei padroni che ora il nativo della val Germanasca denuncia; per la carità: sicuramente non l'unico responsabile, ma sicuramente il principale.
La Federazione della sinistra, il nuovo contenitore che sta nascendo, raggruppa tutti i resti della ex sedicente "sinistra comunista", che si annullano in un nuovo Arcobaleno; in questo modo si avvera il sogno del rinnegato Nichi Vendola e si invera anche quanto promesso dal Pastore valdese: la cancellazione di Rifondazione, e dei sedicenti comunisti in genere.
Non è un caso che
Il conto alla rovescia è cominciato; teniamo lo spumante in fresco: manca poco a brindare alla definitiva scomparsa dei falsi comunisti.
Torino, 16 maggio 2010
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Torino
pc quotid 16-17 maggio- chi paga il conto?
E’ dagl’ultimi mesi del 2008 (irruzione sulla scena mondiale della CRISI) che governo, opposizione?, mas media, confindustria, sindacati confederali, ci bombardano (le orecchie e non solo) che il sistema Italia è solido, di più E’ PULITO, L’ERA TANGENTOPOLI E’ FINITA NEL 94!. Mica siamo la Grecia! Quindi state tranquilli, non state a sentire gli uccelli del malaugurio, i soliti comunisti – disfattisti - che tramano per cambiare lo stato di cose presente. Ci sarà la salvaguardia dei posti di lavoro, il taglio delle tasse, più sicurezza per i cittadini, più giustizia per tutti, più lotta alla corruzione, i fannulloni spariranno. O NO? Arrivano i primi mesi del 2010 e la Grecia -BRUCIA- del furore popolare (che “scopre” una classe politica, un sistema economico e sociale – che impera in maniera globalizzata da Nord a Sud del Mondo -, corrotto fino al midollo e feroce, che difende la CASTA con le armi della repressione, della truffa elettorale, dell’asservimento informativo, della cancellazione di ogni spazio di democrazia borghese). Arriva il 2010 e i – MEMBRI - della Comunità, socia del sistema Grecia, “inorridita” e “incredula” dall’aver dato “credito” a dirigenti incapaci, corre ai ripari cercando di spegnere “le fiamme” che rischiano di espandersi dal Peloponneso alle Asturie-dalle Alpi ai Pirenei-dalla Selva Nera ai Balcani-. Viene varato il Piano Risanamento: PRESTITO PER IL RILANCIO ECONOMICO E LACRIME E SANGUE PER I CORROTTI! I Soci italiani, che hanno giurato e spergiurato, che la crisi era dietro le spalle, confortata dai sondaggi e “un’opposizione” - finalmente consapevole e costruttiva – che approva riforme costituzionali e federalismo fiscale, suo malgrado è costretta ad una manovra correttiva, SIC, per colpa di poche mele marce che infangano “l’Onor patrio”. Quindi l’uomo dei “Miracoli”, deluso dal “traditore” Scajola, alle prossime elezioni si presenterà con una lista snella , “ripulita” dai nani e ballerine –retaggio di Tangentopoli- e composta da fruitori finali ed escort –cosa diversa, tranquilli garantisce (quando c’era) LUI. Peccato che le mele marce hanno lo stesso nome di quelli, che non più tardi di qualche mese fa, venivano definiti “Eroi”. I vari Scajola e Bertolaso della lista Anemone, ovvero tutti da destra a sinistra. Ma lavoratori, giovani, nessuna preoccupazione, su tutto vigilerà l’incorruttibile Lega, che col prode Calderoli, indica la strada e dà l’esempio, TAGLIO DEL 5% DELLO STIPENDIO DEI PARLAMENTARI! In questo modo il fatto, “costretti” secondo loro, di dover tagliare: 1)la spesa sociale, principalmente nella Sanità a causa dell’eccessivo invecchiamento della popolazione; 2) blocco del rinnovo dei contratti, il famoso IPCA da 30/40 euro mensili, del Pubblico Impiego –i soliti privilegiati e fannulloni-, prevedendo addirittura di non elargire il “benefit” -7/8 euro - della vacanza contrattuale; 3) ulteriore attacco alle pensioni –se non muori di lavoro, non te la danno fino a quando ti “ostini” a respirare.
Troppo comodo per lor signori. Il SANGUE E’ NOSTRO, come quello dell’infermiera di Napoli –che aveva deciso di protestare perché non riceveva lo stipendio, facendosi prelevare 150 grammi di sangue al giorno, e che è morta per la vostra barbarie. I TAGLI CI VOGLIONO, ECCOME, ma non la Castrazione Chimica –“caro” padano Calderoli- ma la legge del TAGLIONE, ovvero i vostri “mitici” attributi. E non occorrono POMPIERI che spengano o prevengano le fiamme dell’ira popolare, come si augurano i vari Napolitano, Bersani, Epifani, ma occorre un “benevolo” Eolo proletario che soffi sul vento della rivolta e organizzi una risposta di massa per un cambiamento reale dello stato di cose presente.
Troppo comodo per lor signori. Il SANGUE E’ NOSTRO, come quello dell’infermiera di Napoli –che aveva deciso di protestare perché non riceveva lo stipendio, facendosi prelevare 150 grammi di sangue al giorno, e che è morta per la vostra barbarie. I TAGLI CI VOGLIONO, ECCOME, ma non la Castrazione Chimica –“caro” padano Calderoli- ma la legge del TAGLIONE, ovvero i vostri “mitici” attributi. E non occorrono POMPIERI che spengano o prevengano le fiamme dell’ira popolare, come si augurano i vari Napolitano, Bersani, Epifani, ma occorre un “benevolo” Eolo proletario che soffi sul vento della rivolta e organizzi una risposta di massa per un cambiamento reale dello stato di cose presente.
domenica 16 maggio 2010
pc quotidiano 16-17 maggio - ORA ANCHE IN ITALIA LACRIME E SANGUE.
Tremonti pochi giorni fa annunciava “la sola certezza è che non verranno toccati i salari dei dipendenti pubblici, le pensioni, gli interessi sul debito pubblico, mentre stiamo lavorando sui beni e servizi.. é lì che colpiremo, a partire dalla sanità”.
Ora annuncia: congelamento dei salari per gli statali senza rinnovo del contratto scaduto a fine 2009; proroga di due anni del blocco del turn over e quindi delle assunzioni anche dei precari; pagamento delle liquidazioni anche dopo 6 mesi, blocco di altre voci nel PI, come fondi legati alla produttività, indennità, che di fatto, pur negative, costituivano un incremento degli stipendi per i lavoratori; riduzioni delle finestre di uscita per i pensionati sia pubblici che privati, e quindi tempi più lunghi per andare in pensione, mentre si parla di aumentare l'età pensionabile di 2 anni con anche la parificazione in peggio per le donne nel lavoro privato.
E mentre per i lavoratori si tratta di pesantissimi tagli a salari già da fame, nello stesso tempo, per i capitalisti, speculatori finanziari, annuncia una proroga della sanatoria per chi ha esportato soldi all'estero e condono edile.
“I debiti privati delle banche, le speculazioni finanziarie, sono stati trasformati in maggiore debito pubblico” (scrive L'Espresso). Vale a dire: per salvare le finanze private si socializzano i debiti e si scaricano sulla gente.
Il gatto si mangia la coda: per pagare i debiti dei paesi, la Ue dà soldi che aumentano il debito, e l'unica soluzione che gli Stati capitalisti trovano è far pagare ai lavoratori, alle masse popolari.
Il piano del governo mostra in maniera nuda e cruda che esso è il comitato d'affari della borghesia, che questo sistema è fondato sulla disuguaglianza di classe, sul soccorso ai profitti e alle ricchezze di pochi attraverso l'impoverimento della maggioranza.
Mentre i capitalisti hanno scaricato le flessioni dei loro profitti privati sullo Stato e quindi sulla collettività, grazie alle iniezioni di sostegno fatte con i massicci interventi di cassintegrazione - dati attuali: oltre 1 miliardo di euro da gennaio 2009 per la cassintegrazione in deroga, più 103% per la cassintegrazione ordinaria solo nel primo quadrimestre di quest'anno, un aumento di circa l'80% degli interventi di cigs; con una perdita complessiva di circa 1,6 miliardi di salario per 1 milione e 250 mila lavoratori; mentre altri capitalisti trovano nuove strade per la ripresa, verso i paesi di selvaggio capitalismo, Cina, Brasile, in Asia, ecc.
Mentre le banche salvate dagli interventi pubblici hanno subito ripreso a fare il loro mestiere al servizio delle manovre speculative.
Chi paga per tutti sono i lavoratori, le masse popolari.
Ma è proprio il sistema capitalista, che si vuole salvare, la vera causa della crisi.
Sulle cause di questa crisi si è parlato di tutto, di banchieri avidi e incapaci, di speculatori finanziarie, si tira in ballo il “Dio” mercato come un'entità a sè, ecc., ecc. (“basteranno le misure europee ad ammansire gli speculatori, evitare il contagio, a salvare l'euro e le sue economie? L'ultima parola è in mani ai mercati” - scrive la stampa).
Tutte sciocchezze, che vedono l'albero e non la foresta, che vogliono nascondere il vero cancro: il modo di produzione capitalista che con le sue sovrapproduzioni è anche oggi la vera ragione della situazione attuale.
“La speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che è a sua volta solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi. Il successivo dissesto della produzione non appare come conseguenza necessaria della sua stessa precedente esuberanza, ma come semplice contraccolpo del crollo della speculazione” - scriveva Marx più di 150 anni fa.
Ma c'è una cosa che non dà sogni tranquilli ai governi compreso il nostro. "Le misure che stanno adottando potranno calmare i mercati, ma potranno accendere dovunque i fuochi della protesta sociale..." Questo ora è la loro preoccupazione.
Bene, facciamolo essere il loro principale problema, anche in Italia!
Ora annuncia: congelamento dei salari per gli statali senza rinnovo del contratto scaduto a fine 2009; proroga di due anni del blocco del turn over e quindi delle assunzioni anche dei precari; pagamento delle liquidazioni anche dopo 6 mesi, blocco di altre voci nel PI, come fondi legati alla produttività, indennità, che di fatto, pur negative, costituivano un incremento degli stipendi per i lavoratori; riduzioni delle finestre di uscita per i pensionati sia pubblici che privati, e quindi tempi più lunghi per andare in pensione, mentre si parla di aumentare l'età pensionabile di 2 anni con anche la parificazione in peggio per le donne nel lavoro privato.
E mentre per i lavoratori si tratta di pesantissimi tagli a salari già da fame, nello stesso tempo, per i capitalisti, speculatori finanziari, annuncia una proroga della sanatoria per chi ha esportato soldi all'estero e condono edile.
“I debiti privati delle banche, le speculazioni finanziarie, sono stati trasformati in maggiore debito pubblico” (scrive L'Espresso). Vale a dire: per salvare le finanze private si socializzano i debiti e si scaricano sulla gente.
Il gatto si mangia la coda: per pagare i debiti dei paesi, la Ue dà soldi che aumentano il debito, e l'unica soluzione che gli Stati capitalisti trovano è far pagare ai lavoratori, alle masse popolari.
Il piano del governo mostra in maniera nuda e cruda che esso è il comitato d'affari della borghesia, che questo sistema è fondato sulla disuguaglianza di classe, sul soccorso ai profitti e alle ricchezze di pochi attraverso l'impoverimento della maggioranza.
Mentre i capitalisti hanno scaricato le flessioni dei loro profitti privati sullo Stato e quindi sulla collettività, grazie alle iniezioni di sostegno fatte con i massicci interventi di cassintegrazione - dati attuali: oltre 1 miliardo di euro da gennaio 2009 per la cassintegrazione in deroga, più 103% per la cassintegrazione ordinaria solo nel primo quadrimestre di quest'anno, un aumento di circa l'80% degli interventi di cigs; con una perdita complessiva di circa 1,6 miliardi di salario per 1 milione e 250 mila lavoratori; mentre altri capitalisti trovano nuove strade per la ripresa, verso i paesi di selvaggio capitalismo, Cina, Brasile, in Asia, ecc.
Mentre le banche salvate dagli interventi pubblici hanno subito ripreso a fare il loro mestiere al servizio delle manovre speculative.
Chi paga per tutti sono i lavoratori, le masse popolari.
Ma è proprio il sistema capitalista, che si vuole salvare, la vera causa della crisi.
Sulle cause di questa crisi si è parlato di tutto, di banchieri avidi e incapaci, di speculatori finanziarie, si tira in ballo il “Dio” mercato come un'entità a sè, ecc., ecc. (“basteranno le misure europee ad ammansire gli speculatori, evitare il contagio, a salvare l'euro e le sue economie? L'ultima parola è in mani ai mercati” - scrive la stampa).
Tutte sciocchezze, che vedono l'albero e non la foresta, che vogliono nascondere il vero cancro: il modo di produzione capitalista che con le sue sovrapproduzioni è anche oggi la vera ragione della situazione attuale.
“La speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione. Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione, che è a sua volta solo un sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore superficiale come causa della crisi. Il successivo dissesto della produzione non appare come conseguenza necessaria della sua stessa precedente esuberanza, ma come semplice contraccolpo del crollo della speculazione” - scriveva Marx più di 150 anni fa.
Ma c'è una cosa che non dà sogni tranquilli ai governi compreso il nostro. "Le misure che stanno adottando potranno calmare i mercati, ma potranno accendere dovunque i fuochi della protesta sociale..." Questo ora è la loro preoccupazione.
Bene, facciamolo essere il loro principale problema, anche in Italia!