giovedì 7 febbraio 2019

pc 7 febbraio - FORMAZIONE OPERAIA - PROSEGUONO I GRUPPI DI STUDIO SU "Le lotte di classe di Francia" - RAVENNA

A Ravenna la formazione operaia ha avuto almeno 3 momenti in cui si è dibattuto sugli scritti storici di Marx, in particolare quello sulle “Lotte di classe in Francia-dal '48 al '50”.
..della sua necessità siamo consapevoli come arma della critica che prepara il terreno alla critica militante.
Quindi su questo terreno ha insistito il compagno di vecchia data incontrando l'interesse di  compagni operai, giovani antifascista, con cui si è deciso di dare sistematicità, ritmo, a questo lavoro, portare Marx tra le masse in funzione della lotta militante dei comunisti oggi.
Purtroppo non c'è stata la stessa convinzione tra i compagni del vecchio circolo sull'importanza della teoria.
...siamo partiti dalla lettura collettiva degli articoli dei “Giovedì rossi” apparsi sul blog proletaricomunisti sulle “Lotte di classe in Francia” per poi studiare direttamente il testo con una lettura collettiva (siamo arrivati quasi al termine del II° capitolo).
Osservazioni sparse suggerite dal testo di Marx  Le lotte di classe in Francia.
La concezione materialistico-dialettica della storia è fondamentale non solo per analizzare gli
avvenimenti storico-politici ma per prendere parte attiva nello scontro di classe. Studiamo Marx per assimilarne un metodo utile alla scienza politica ma anche per essere all'altezza dell'intervento militante, studiamo dei testi perchè servono alla lotta di classe nel nostro paese. In particolare alla lotta contro il governo fascio-populista, il suo blocco sociale, le tendenze del suo sviluppo, il rapporto con la borghesia imperialista e il suo Stato, il ruolo della piccola borghesia, le alleanze necessarie, il problema dello Stato, la sua natura, le forme politiche su cui poggia il dominio di classe, la partecipazione alla lotta da parte della classe operaia che fa la differenza.
Non studiamo Marx in quanto storico, anche perchè sappiamo che questa scienza -il mestiere dello storico- non potrà mai essere neutra nelle società divise in classi, ma lo facciamo in quanto concepiamo Marx come il più grande combattente proletario, autentico rivoluzionario, che ha consegnato al proletariato l'arma scientifica della sua liberazione mentre organizza i lavoratori e scrive libri con l'unico obiettivo di mettersi al servizio della liberazione della classe operaia a partire dalla costruzione del Partito comunista come forma politica della sua indipendenza/autonomia.
Le classi sociali come si muovono, che politica fanno e l'interpretazione della “sconfitta” sono i primi concetti su cui ci siamo soffermati. Il bilancio dell'esperienza è fondamentale, le lotte politiche educano il proletariato. Dice un compagno operaio: "dopo ogni sconfitta il Partito rivoluzionario si tempra sempre più e abbandona le false idee antiproletarie. Marx ci insegna a guardare la storia di un paese e ad esaminare le "sconfitte" (che altro non sono le premesse della Rivol), cioè a comprenderne i motivi per fare progredire sempre più il P fino alla riuscita della sua rivoluzione”.
 “Solo la sua sconfitta lo convinse (il proletariato parigino) della verità che il più insignificante miglioramento della sua situazione è un'utopia dentro la repubblica borghese, un'utopia che diventa delitto non appena vuole attuarsi. Al posto delle sue rivendicazioni, esagerate nella forma, nel contenuto meschine e persino ancora borghesi, e che esso voleva strappare come concessioni alla repubblica di febbraio, subentrò l'ardita parola di lotta rivoluzionaria: Abbattimento della borghesia! Dittatura della classe operaia! (Marx)”
La partecipazione alla lotta politica da parte della classe operaia fa la differenza tanto che persino la lotta per l'indipendenza nazionale, come in Italia il Risorgimento (Gramsci applicò il marxismo nell'analisi del contributo del proletariato alla storia della formazione dello stato nazionale come una “rivoluzione passiva” nei Quaderni), sono legati alle rivendicazioni della classe operaia:
i popoli che avevano iniziato la lotta per la loro indipendenza nazionale vennero dati in balìa alla prepotenza della Russia, dell'Austria e della Prussia, ma in pari tempo la sorte di queste rivoluzioni nazionali venne subordinata alla sorte della rivoluzione proletaria; esse vennero spogliate della loro apparente autonomia, della loro apparente indipendenza dal grande rivolgimento sociale. Né l'ungherese, né il polacco, né l'italiano possono essere liberi fino a che rimane schiavo l'operaio!”

Un testo utile, Le lotte di classe in Francia, anche per demolire il culto del “popolo”, rivelarne la verità rispetto all'immaginario corpo indistinto e cioè mostrare e dimostrare che dietro il velo ideologico interclassista si nasconde l'antagonismo inconciliabile delle classi, gli interessi inconciliabili tra operai e padroni.
In che situazione si trovava il proletariato all'epoca delle rivoluzioni del '48? In un'epoca di crisi mondiale che provoca miseria e disoccupazione, la borghesia porta avanti la sua rivoluzione contro i residui feudali e le monarchie assolutiste e lo fa all'interno dei propri confini per la formazione dello stato nazionale ma non può farlo da sola e fa leva sul "popolo". Il culto del "popolo" come un tutto indistinto, senza classi e, quindi, senza contrasti di classe è una mistificazione immaginaria a cui gli scritti di Marx sugli avvenimenti in Francia nel '48 toglie il velo che la ricopre, rivelando la sola verità, e cioè che l'antagonismo tra le classi in cui è divisa le società finora esistite è, non solo ineliminabile, ma è anche inconciliabile. Altrimenti i processi storici, l'evoluzione della storia degli uomini, viene spiegata come capacità di singole persone, volontà e idee come motori della storia e non, invece, come il bisogno di liberazione di classi sociali a cui le catene del modo di produzione e dei rapporti sociali stanno definitivamente strette, non fanno avanzare il progresso ed è per questo che devono essere spezzate e la rivoluzione si rende necessaria.
Marx descrive anche l'arruolamento dei fascisti da parte della borghesia non appena la classe operaia si organizza. "La borghesia doveva respingere le rivendicazioni del proletariato con le armi alla mano"...”Essa (la borghesia) non si sentiva però abbastanza forte per misurarsi da sola col proletariato. Inoltre era stata costretta, benché dopo la più tenace resistenza e opponendo cento ostacoli diversi, ad aprire a poco a poco e in parte le sue file, e a lasciarvi entrare dei proletari armati. Non rimaneva dunque che una via d'uscita: opporre una parte dei proletari all'altra.
A questo scopo il governo provvisorio formò 24 battaglioni di guardie mobili, ciascuno di 1.000 uomini dai 15 ai 20 anni. Essi appartenevano per la maggior parte al sottoproletariato, che in tutte le grandi città forma una massa nettamente distinta dal proletariato industriale, nella quale si reclutano ladri e delinquenti di ogni genere, che vivono dei rifiuti della società; gente senza un mestiere definito, vagabondi, gens sans feu et sans aveu, diversi secondo il grado di civiltà della nazione cui appartengono, ma che non perdono mai il carattere dei lazzaroni. Facilmente influenzabili per l'età giovanile in cui il governo provvisorio li reclutava, questi elementi erano perfettamente capaci tanto delle più grandi azioni eroiche e della più esaltata abnegazione, quanto dei più volgari atti di banditismo e della più sordida venalità. Il governo provvisorio pagava loro un franco e 50 centesimi al giorno, cioè li comperava. Dette loro una uniforme speciale, cioè li distinse esteriormente dalla blusa dell'operaio. Come comandanti, in parte vennero dati loro ufficiali dell'esercito regolare; in parte si scelsero essi stessi dei giovani figli di borghesi, le cui spacconate di morte per la patria e di sacrificio per la repubblica li attiravano. In questo modo il proletariato di Parigi trovò davanti a sé un esercito, tratto dal suo seno, di 24.000 giovani forti, audaci, e prepotenti. Quando la guardia mobile sfilò per Parigi, l'accolse con degli evviva. In essa riconosceva i suoi combattenti d'avanguardia sulle barricate, e la considerava come la guardia proletaria in opposizione alla guardia nazionale borghese. Il suo errore era perdonabile. Accanto alla guardia mobile il governo decise di raccogliere attorno a sé anche un esercito di operai industriali. Il ministro Marie arruolò nel cosiddetti laboratori nazionali centomila operai gettati sul lastrico dalla crisi e dalla rivoluzione. Sotto questo nome pomposo non si celava altro che l'impiego degli operai a lavori di sterro noiosi, monotoni, improduttivi, per un salario di 23 soldi. Workhouses inglesi all'aria aperta: altro non erano questi laboratori nazionali. In essi il governo provvisorio credette di aver trovato un secondo esercito proletario contro gli operai stessi. Questa volta la borghesia si ingannava circa i laboratori nazionali, come gli operai si ingannavano circa la guardia mobile. Essa aveva creato un esercito per la sommossa".
All'interno di questo, l'agire della piccola borghesia, anche quando è rivoluzionaria e dalla parte del popolo, degli operai, va smascherata e combattuta perchè portatrice di parole d'ordine illusorie e, in alcune vicende, concilianti.
L'ultimo concetto che riportiamo è l'illusione della parola d'ordine del “diritto al lavoro” all'interno di un governo al servizio dei padroni imperialisti che, al massimo, potrà essere il diritto all'assistenza: non è forse la stessa, illusoria, ingannapopolo, fascista, misura politica del reddito di cittadinanza grillina?

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