giovedì 13 dicembre 2018

pc 13 dicembre - La lotta operaia e internazionalista metterà fine allo sfruttamento dei padroni!

I lavoratori della Dm Elektron in provincia di Udine stanno scioperando e picchettando la loro fabbrica da cinque giorni. L’azienda sta smontando i macchinari delle linee di produzione per trasferirli nella nuova sede che aprirà in Romania. La polizia è intervenuta sgomberando i picchetti e prelevando di peso i lavoratori che stavano impedendo l’uscita dei tir. Lo Stato difende con la violenza della forza militare organizzata la proprietà dei padroni che sfruttano il lavoro operaio ad ogni latitudine, adesso andranno a fare profitti in Romania sfruttando altri operai che riceveranno salari ancora più miseri dei nostri.

Il capitale usa l’internazionalizzazione del mercato a suo vantaggio, noi operai, pur essendo classe internazionale, con gli stessi interessi, siamo divisi, nei sindacati, nelle categorie, nel cuore. Anziché unirci e solidarizzare, muoverci insieme nella lotta e rafforzarci, ci illudiamo di poter ottenere dei miglioramenti votando questo o quel rappresentante della classe borghese, alcuni dei quali oggi
vorrebbero portarci a difendere gli interessi nazionali. Lo Stato nazionale è in queste immagini, difende lo status dei padroni, la loro roba, la loro proprietà, le loro ricchezze. Noi siamo merce da spremere, sfruttare e poi buttare. Ci sono interessi inconciliabili e contrapposti nella nazione, come operai non abbiamo nessuna nazione da difendere. Dobbiamo collegarci e unirci tra di noi a livello internazionale, per mettere fine alla dittatura dei mercati e al dominio dei padroni.
Il lavoro degli operai della DM Elektron viene rubato non da altri operai ma dai padroni italiani: i padroni rubano il nostro lavoro sia quando ce lo danno, facendoci lavorare decine di ore solo per il loro guadagno, sia quando ce lo tolgono.

Di Maio parlava di dignità e fine della povertà, per chi? Di Maio è solo un burattino che adesso stanno utilizzando per tenerci buoni. Gli altri partiti erano decotti, serviva gente fresca, anagraficamente e politicamente nuova, per evitare che gli operai incazzati e impoveriti riprendessero a lottare. Dobbiamo allora reagire. In Francia c’è un movimento, dove noi operai siamo ancora minoranza, che sta lottando nelle piazze provocando una crisi politica inedita: lottano perché sono infelici di questa vita, lottano perché sono poveri e perché non hanno un lavoro. Questo sistema ormai non ha più nulla da assicurare a milioni di persone. Noi che con il nostro lavoro produciamo tutta la ricchezza possiamo far male davvero paralizzando tutta la produzione, i padroni temono le rivolte, ma ancor di più temono che dentro le rivolte generalizzate si mobilitino gli operai che bloccano gli ingranaggi del loro sistema di produzione. Deve suonare la sveglia per la nostra classe, non possiamo restare a guardare, cosa abbiamo più da perdere?

Sentite la polizia cosa dice agli operai che picchettano la fabbrica: aspettate l’esito degli incontri in Regione! Certo, gli incontri in Regione, al ministero, si fanno da anni. E per noi operai cosa è cambiato? Quando permettiamo che delle nostre vite si decida all’interno dei palazzi del potere istituzionale abbiamo già perso. In quelle sedi nulla viene deciso nel nostro interesse. I sindacati che vanno a trattare sono utilizzati come cani da guardia proprio nei nostri confronti. Bentivogli della Fim-Cisl è lo stesso che fa il portavoce aziendale per FCA, dove migliaia di operai sono in cassa integrazione e gli stabilimenti chiudono, lo conosciamo bene. Ha detto che ai cancelli della Dm Elektron la situazione non è degenerata proprio grazie all’intervento dei sindacati, non avevamo dubbi. Il loro compito consiste proprio in questo: evitare che la lotta degeneri, cioè che esploda, in un modo che né più loro, né più il padrone, né più le parti politiche, possano averne il controllo. E noi dobbiamo spingere in questa direzione: dobbiamo far esplodere la nostra rabbia, dobbiamo far esplodere la nostra lotta.

Michele, operaio metalmeccanico di Pomigliano.

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