venerdì 19 ottobre 2018

pc 19 ottobre - Delia Perricone, avvocata: incostituzionale il decreto sull'immigrazione e sicurezza

L'ordine di Caltanissetta invita gli organi costituzionali a verificare perché il testo discrimina e viola la Costituzione. La legale: il provvedimento farà crescere i clandestini, non i rimpatri
Stefano Miliani
Il decreto sull'immigrazione e la sicurezza del governo Salvini-Di Maio (con Giuseppe Conte come loro portavoce) contiene "profili di incostituzionalità" che gli organi costituzionali dovrebbero verificare: a metterlo nero su bianco, è la Commissione Consiliare "Diritti Umani e Diritto dell'Immigrazione" nel Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Caltanissetta, quindi un organismo in grado di analizzare a fondo le leggi. Al contempo un gruppo di legali della città siciliana invita con un suo documento a rendersi conto di quanto accade e a mobilitarsi contro quel testo perché discriminatorio. Ne parla qui Delia Perricone, componente della Commissione Consiliare. La legale si occupa di immigrazione e che ricorda come, una volta minati i diritti di una categoria, anche le altre categorie in futuro rischiano.
Avvocata, il decreto per voi ha profili di incostituzionalità? Abbiamo analizzato le diverse disposizioni e il decreto presenta diversi punti di criticità costituzionale. Tra questi abroga la
protezione umanitaria, amplia i tempi di trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri, si riforma la cittadinanza con misure fortemente restrittive fino alla previsione della revoca.
In che modo viola la Costituzione? Nel prevedere l'obbligo di allontanamento del richiedente asilo quando vi sia una condanna di primo grado, non definitiva quindi e in pendenza di un procedimento. Ciò significa che se chi richiede protezione fa un'audizione in commissione e questa gli nega una forma protezione, il richiedente può impugnare l'atto e presentare ricorso. Chiarisco: con il decreto qualora vi sia una sentenza primo grado di condanna per quei reati il richiedente dovrà lasciare il territorio nazionale, ma la nostra Costituzione prevede il principio di non colpevolezza fino a che la condanna non è passata in giudicato cioè non è definitiva. Così questo principio vale solo per i cittadini italiani.
E quindi? Cosa succede? Quindi discrimina tra un sistema di diritto che varrà per i cittadini italiani e non vale più per i cittadini stranieri. Si crea anche un pregiudizio al diritto di difesa che va garantito, come prevede sempre la Costituzione. Quando il richiedente dovrà allontanarsi dal territorio non potrà impugnare una condanna di primo grado e non può esercitare pienamente il diritto di difesa. La possibilità di un esito positivo in secondo grado o in Cassazione rimane pertanto solo per i cittadini italiani.

Perché criticate questo impianto? Tutto l'impianto non sta bene. Si vuole ingenerare l'equivoco che limitando o negando l'esercizio dei diritti a quei cittadini si regolarizzerà il fenomeno migratorio. Non è così, è un equivoco di fondo: è una lettura errata pensare che aumentando i provvedimenti di espulsione aumenteranno i rimpatri.
Per quale motivo? Perché per eseguire le espulsioni occorre che il cittadino straniero vada identificato dal paese di origine dal quale l'Italia dovrà ottenere l'identificazione. Invece la maggior parte delle espulsioni non viene eseguita perché con moltissimi paesi non esiste rapporto di bilateralità con noi, non c'è interlocuzione. E altri paesi con cui questo rapporto c'è hanno assunto un atteggiamento di chiusura. È un equivoco pensare che più provvedimenti di espulsione porteranno più rimpatri. La vera soluzione è favorire i rapporti di bilateralità con quei paesi che offrono garanzie di sicurezza per le persone: solo così si potrà procedere a regolarizzare il fenomeno.
L'aumento dei provvedimenti di espulsione quali conseguenze avrà? Poiché non potranno essere eseguiti aumenteranno i clandestini: a quel punto sfuggiranno a ogni controllo e non potranno essere rimpatriati. Già succede oggi: molti destinatari accumulano più di un provvedimento ma rimangono perché non si può procedere, perché manca un rapporto con il paese di origine.
Un gruppo di voi avvocati di Caltanissetta invita alla mobilitazione sociale: per quali ragioni? Lo facciamo in condivisione con gli appelli di diversi organismi: è importante una presa di posizione collettiva soprattutto per divulgare una corretta informazione. I sostenitori del decreto purtroppo sono destinatari di una cattiva o di un'errata informazione. Tra l'altro un'altra conseguenza del decreto sarà che aumenteranno i contenziosi giudiziari.
Non vedete un'opposizione politica adeguata? Penso che la necessità di una presa di posizione investa in generale i cittadini, al di là di una militanza politica che non dovrebbe condizionare quando si parla di violazione di diritti e principi costituzionali. Non è una questione politica, nel senso ideologica, certo non partitica. Penso ci debba essere un movimento al di fuori dei partiti: occorre una presa di coscienza dei cittadini. Come avvocati abbiamo sentito questo dovere in ossequio alla nostra professione, per salvaguardare i principi costituzionali: noi dovremmo essere un presidio contro gli attacchi anche legislativi verso i diritti fondamentali, è un dovere.
Adesso si violano i diritti dei cittadini stranieri: domani potrà accadere anche ai cittadini italiani?
Certo, nessuno è al riparo. Compromettere i diritti verso determinate categorie non può portare a un rafforzamento dei diritti, anzi porta a una frattura e vale per qualunque categoria: oggi tocca ai i cittadini stranieri migranti ma il discorso può essere generalizzato per chiunque. Il decreto ha introdotto un doppio sistema di diritto: uno per i cittadini stranieri che non avranno i diritti costituzionali, un altro sistema per i cittadini italiani. Così si viola anche il principio di non discriminazione e da italiani dobbiamo sentirci esposti.
Chi ha aderito al vostro appello? Una cosa è il comunicato della commissione, che ha avvertito un dovere da professionisti del diritto; un'altra cosa è il documento redatto da singoli avvocati del settore immigrazione al quale hanno aderito anche associazioni fuori del territorio. D'altro canto Caltanissetta è fortemente interessata al fenomeno migratorio, ha una delle pochissime sedi del Cpr, il Centro permanenza rimpatri, che a breve riapre. Il Foro ha ritenuto necessario intervenire perché abbiamo notato una grande disinformazione, vengono divulgati messaggi errati dal punto di vista giuridico.

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