lunedì 24 settembre 2018

pc 24 settembre - L'USB getta definitivamente la maschera: da sindacato di base a servile e obbediente strumento... dentro il sindacalismo di base

dei padroni e della repressione... 

come avevamo pubblicato il documento della USB contro il SI COBAS sul blog nei giorni scorsi
oggi pubblichiamo il documento di attacco alla USB  da parte del SI COBAS

Negli ultimi giorni ha destato scalpore e sconcerto nel movimento di classe la pubblicazione di un audio in cui erano registrate le dichiarazioni fatte da Roberto Montanari, dirigente USB di Piacenza, durante un'assemblea degli iscritti alla sua organizzazione, nel corso della quale questo personaggio, a seguito di presunte (e probabilmente inventate) minacce di morte per via telefonica, dopo aver sporto denuncia individuando i “colpevoli” nei lavoratori SI Cobas di Piacenza, si vantava di essere stato ricevuto in Questura e di aver avuto la rassicurazione che “ci avrebbero pensato loro”, arrestandoli e rimandandoli “in Egitto, in Marocco o da dove cazzo vengono” (vedi video 1). Tali affermazioni, dato il contesto in cui sono state pronunciate (e su cui entreremo nel merito tra breve) sono apparse fin dall'inizio talmente chiare e inequivocabili da non essere soggette ad interpretazione. L'imbarazzo nelle fila di USB è apparso evidente: mentre il personaggio in questione tentava una disperata quanto inconcludente autodifesa con una dichiarazione dalla sua cameretta in cui sputava veleno contro i lavoratori iscritti al SI Cobas e si ergeva, in maniera patetica, goffa e delirante, a supremo paladino del rispetto dell'ordine e della legalità nei magazzini della logistica, per diversi giorni in tutta l'USB è regnato il silenzio su questa squallida e torbida vicenda. Tanto tuonò che
piovve... Durante i giorni “del silenzio” sia nel SI Cobas sia tra le migliaia di compagne e compagni che in questi anni hanno avuto modo di conoscere sul campo lo straordinario movimento dei lavoratori della logistica, erano in tanti a confidare che USB, messa di fronte al fatto compiuto, avesse uno “scatto d'orgoglio” e provvedesse quanto meno a censurare e prendere le distanze da un atto così vile. Sebbene in questi anni si siano sempre più accentuate le divaricazioni non tanto tra il Si Cobas e l'USB, quanto tra quest'ultima e la quasi totalità del sindacalismo di base, sia nel merito della condotta sindacale assunta da questa sigla sui luoghi di lavoro sia riguardo al suo utilizzo spregiudicato e strumentale da parte dei suoi vertici per finalità elettorali e istituzionali, in molti si erano illusi che, a fronte di un episodio di tale e inaudita gravità, le “teste pensanti” di USB provvedessero, in un modo o nell'altro e almeno sul singolo episodio, a salvare la faccia e a smarcarsi da una posizione che sarebbe un eufemismo definire imbarazzante non solo per chiunque si collochi nel campo del sindacalismo di classe e dell'internazionalismo proletario, ma per chiunque si opponga all'uso politico delle espulsioni degli immigrati, metodo tanto caro alla Lega e al ministro Salvini. Il comunicato partorito dai vertici USB lo scorso martedì 18 settembre, che si schiera a strenua difesa di Montanari, rivendicandone appieno ed esplicitamente l'operato (ivi compresa la sua condotta delatoria, anti-operaia e reazionaria presso la Questura di Piacenza) attraverso una valanga di calunnie, mistificazioni e ribaltamenti della realtà dei fatti, svela in maniera definitiva come i vertici di questo sindacato stiano oramai svolgendo, in maniera lucida e consapevole, il ruolo di quinta gamba dello Stato e dei suoi apparati repressivi, allo scopo di attaccare e distruggere una delle poche (se non l'unica) esperienze di lotta reale e di massa prodottesi nel nostro paese negli ultimi dieci anni; una lotta che, per il livello di radicalità espresso, ha turbato e continua a turbare i padroni a tal punto da essere ripetutamente attenzionata nelle relazioni annuali dei servizi segreti al parlamento italiano, tanto da costringere ogni anno le forze della repressione al servizio dei padroni a reagire alle centinaia di scioperi dei lavoratori del SI Cobas con ondate di cariche, arresti, fogli di via, processi e carcere. La stragrande maggioranza di coloro che anche una sola volta hanno partecipato agli scioperi nella logistica, che hanno avuto modo di respirarne l'atmosfera di orgoglio e di combattività, e di verificare sul campo come i delegati e i lavoratori più combattivi del SI Cobas abbiano totalmente introiettato e implementato nella loro condotta quei principi di uguaglianza e di solidarietà di classe che, ahinoi, sono oramai pressoché scomparsi nelle roccaforti tradizionali del movimento operaio a prevalenza autoctona, probabilmente riterranno del tutto superflui i passaggi successivi di questo documento, in quanto hanno toccato con mano concretamente e sul campo quanto sia prezioso il patrimonio di questo movimento e quanto esso agisca caparbiamente in controtendenza rispetto al grigiore, alla passività e alla sfiducia che domina lo “stato di cose presente”. Per costoro (i cosiddetti “addetti ai lavori”) indipendentemente dalla condivisione o meno delle pratiche e degli indirizzi adottati dal SI Cobas nella loro interezza, la sequela di falsità e di mistificazioni vomitate dai vertici USB si commenta da sola, e basta e avanza a trarre la conclusione che questi grigi burocrati si stiano ricoprendo di ridicolo e di vergogna da soli. Non essendo però abituati a predicare ai già convertiti, tanto più in questa fase e a fronte di episodi di tale entità, riteniamo giusto e necessario chiarire interamente fatti, dinamiche e circostanze di quel che è accaduto e sta accadendo a Piacenza, al fine di evidenziare come essi rappresentino solo la punta dell'iceberg di una degenerazione che sta attraversando i vertici del sindacato USB a livello nazionale e che procede in maniera coerente e organica più o meno in tutte le città e in tutte le categorie. Ci rivolgiamo a tutti i compagni e a tutti i militanti del sindacalismo di base, soprattutto ai più giovani e a coloro che hanno scarsa conoscenza delle lotte sindacali di questi anni nella logistica, affinché abbiano la pazienza di leggere con attenzione la ricostruzione dei fatti che seguono, tesa a smontare pezzo dopo pezzo il castello di calunnie costruito dai vertici USB. Ci rivolgiamo altresì a tutte le realtà del movimento e della sinistra di classe affinché queste ultime, ivi compresi coloro che tuttora si relazionano e intrattengono rapporti con USB considerandola ancora un sindacato di base e combattivo, avviino al loro interno una riflessione basata sull'evidenza dei fatti e sulla condotta assunta negli ultimi mesi da questa sigla su alcuni temi scottanti dell'agenda sindacale e politica. Le lotte della logistica e il ruolo strumentale e parassitario di USB a Piacenza Piacenza, con Milano e Bologna, ha rappresentato la “culla” del movimento dei facchini. In queste città si sono avute le prime importanti lotte contro le condizioni semi-schiavistiche in cui versavano migliaia di lavoratori della logistica, in larga parte immigrati, sottopagati e super-sfruttati grazie al famigerato “sistema delle cooperative”: un sistema attraverso il quale le grandi aziende possono permettersi di utilizzare i lavoratori a costi bassissimi e in violazione del contratto nazionale introdotto in Italia dai governi di centrosinistra; un sistema di sfruttamento fondato su ritmi di lavoro bestiali e sulla negazione dei più elementari diritti (ferie, malattia, tredicesima, riposi, pagamento degli straordinari, ecc.), che ha tra i suoi sponsor politici non solo l'attuale PD ma anche molte figure riconducibili all’area politica della ormai scomparsa Rifondazione Comunista, oggi in parte riciclatasi in Liberi e Uguali e in Potere al Popolo, e che per anni ha potuto radicarsi ed alimentarsi grazie alla complicità e alla compiacenza dei sindacalisti corrotti di CGIL-CISL-UIL, parte integrante di questo sistema. Quando i primi nuclei di lavoratori hanno cominciato ad autorganizzarsi nel SI Cobas, la risposta dei padroni è stata pressoché la stessa ovunque: provvedimenti disciplinari, sospensioni e successivi licenziamenti. Non appena però la forza dei lavoratori ha iniziato a manifestarsi in maniera unitaria e compatta, con centinaia di facchini che hanno deciso di scioperare e fermare i cancelli resistendo anche alle cariche della polizia, i padroni sono stati costretti a cedere di fronte al suo peso e alla sua determinazione. Sebbene i padroni fossero disposti a tutto, anche a pagare migliaia di euro qualche delegato pur di impedire il nostro ingresso nei magazzini, in gran parte dei casi dapprima sono stati ritirati i licenziamenti e successivamente è stata riconosciuta la presenza del SI Cobas; e solo infine, talvolta dopo lunghe e dure trattative, si è arrivati a un miglioramento reale delle condizioni di lavoro e dei livelli salariali. Così è stato nella TNT di Piacenza, primo grande esempio di lotta dei facchini in Emilia, e a seguire nella GLS e in decine di altri magazzini: dovunque il sistema di sfruttamento e di negazione dei diritti era radicato in maniera talmente profonda che sia le cooperative sia le aziende committenti erano sicure di agire nella più totale impunità, tanto da ritenere del tutto utopistica la nostra pretesa di applicare integralmente il CCLN Trasporto Merci e Logistica. Questo risultato è stato unicamente frutto di una battaglia lunga e senza esclusione di colpi condotta quotidianamente dai lavoratori del SI Cobas dentro e fuori ai cancelli dei magazzini, che ha, sciopero dopo sciopero, prima scardinato, poi in larga parte sovvertito questo sistema. Per smentire le farneticazioni dei vertici USB su presunti e inesistenti cedimenti da parte del SI Cobas sul fronte dei diritti basterebbe fare un semplice raffronto tra la busta paga di un qualsiasi lavoratore di un magazzino in cui vigono i nostri accordi (altro che disparità di trattamento tra delegati e non delegati, iscritti e non iscritti!) e le buste paga vigenti prima che si sviluppasse il movimento dei facchini, spesso pari a poco più della metà dei livelli salariali attuali! Negli anni in cui i facchini dovevano sputare sangue anche solo per conquistarsi il diritto al ticket-mensa o al pagamento dell'indennità di malattia mai nessuno di USB si è visto fuori ai cancelli durante uno sciopero, mai questi personaggi hanno speso anche solo una parola a sostegno delle lotte di questi lavoratori. Al contrario, durante una delle vertenze più dure, quella dell'Ikea di Piacenza, costata manganellate, arresti denunce e fogli di via sia ai facchini che ai militanti del SI Cobas, a far bella mostra di sé è stato talvolta proprio il signor Roberto Montanari, il quale, all'epoca nelle vesti di dirigente del PRC, si presentava fuori ai cancelli non certo per solidarizzare con gli scioperanti bensì per... convincere i giovani militanti ad abbandonare lo sciopero “altrimenti per via di questo casino ci fate perdere l'assessore in giunta comunale” (testuali parole)... USB è stata dunque alla finestra (per non dire dall'altra parte della barricata) per anni al pari dei suoi soci politici, e per anni non ha avuto un solo lavoratore iscritto alla sua sigla in nessuno dei magazzini attraversati dalle lotte dei facchini. Come nasce allora l'“intervento” di USB nella logistica a Piacenza? Per rispondere a questa domanda è necessario ripercorrere sinteticamente l'ultima fase del ciclo di lotte nella logistica. Una volta acquisiti pieni diritti in termini salariali, sindacali e di tutele, una volta migliorate in maniera significativa le proprie condizioni di vita, nella logistica così come in ogni luogo di lavoro può capitare che una minoranza di operai, acquisita la consapevolezza dell'efficacia dello strumento dello sciopero al fine di piegare i padroni alle richieste operaie, pensa di poter utilizzare lo stesso strumento di pressione per fini personali e per scopi ben meno nobili e collettivi. Se per la maggioranza dei lavoratori le conquiste frutto degli scioperi rappresentano una preziosa palestra della lotta di classe, c'è talvolta un'esigua minoranza di mele marce che prova in maniera parassitaria a trarre vantaggi e benefici economici e personali attraverso l'uso distorto e strumentale di questa formidabile arma della lotta operaia. Accade allora che: tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 alla GLS di Piacenza, dopo aver ottenuto condizioni migliorative per tutti anche rispetto al contratto nazionale, tre dei quattro delegati SI Cobas cercano insistentemente di costringere il nostro sindacato a far pressione sulla Cooperativa al fine di garantirsi un “trattamento privilegiato” dal punto di vista economico rispetto a tutti gli altri lavoratori; il SI Cobas provinciale e nazionale si rifiuta di fare da sponda a queste richieste inaccettabili e resiste alle minacce di costoro di abbandonare il sindacato;i suddetti abbandonano il SI Cobas in accordo col padrone che, guarda caso, si mostra disponibile alle “concessioni” in cambio di un loro cambio di casacca sindacale e passano armi e bagagli alla CGIL, trascinandosi dietro circa 80 facchini usati come massa di manovra per scopi indegni; nel giro di poche settimane il SI Cobas riesce a smascherare agli occhi di tutti i lavoratori quali siano i reali motivi della rottura, il 90% dei fuoriusciti torna nel SI Cobas e i tre restano con poco più di una decina di seguaci, isolati e disprezzati dalla stragrande maggioranza dei loro colleghi; l'emergere della realtà dei fatti provoca una reazione furiosa da parte del gruppetto di corrotti, tanto che una notte, al termine del turno di lavoro, due facchini del SI Cobas vengono vigliaccamente aggrediti con mazze da baseball nello spogliatoio del magazzino, finendo in ospedale in fin di vita! Immediatamente il SI Cobas entra in sciopero chiedendo l'immediato allontanamento della squadraccia di aggressori; nei giorni successivi, messa con le spalle al muro, la stessa CGIL, in evidente difficoltà, si decide a scaricare il gruppetto di aggressori; questi ultimi, oramai isolati da tutto e da tutti, non trovano altra sponda per accasarsi che in un'unica sigla: l'USB! La quale peraltro arriva a premiare il principale autore del pestaggio promuovendolo come responsabile USB di Piacenza!!! Questa, e non altre, è la storia della nascita dell'USB nella logistica a Piacenza, con modalità artificiose, torbide e parassitarie, alimentata, foraggiata e sponsorizzata con uno straordinario investimento di forze esterne ai magazzini, spacciata a livello nazionale come “sindacalismo combattivo dei diritti” e le cui misere vicissitudini hanno trovato in Roberto Montanari, lo stesso che affermava che i picchetti all'Ikea gli facevano perdere l'assessore, un degno interprete. Suona peraltro quantomeno ridicola l'accusa mossa al SI Cobas di fare pressioni per favorire l'assunzione al lavoro di persone a noi gradite, quando in realtà la stessa USB, una volta entrata nel magazzino GLS di Piacenza, in occasione dei tavoli di trattativa unitari successivi alla morte di Abd El Salaam, ha chiesto proprio l'appoggio del SI Cobas per consentire l'assunzione a tempo indeterminato di alcuni suoi iscritti con contratti a termine che erano entrati a lavorare nel magazzino dietro sponsorizzazione di una delle RSA USB protagonista dell'aggressione ai lavoratori SI Cobas... Da allora in poi, la sparuta minoranza di iscritti USB alla GLS di Piacenza resterà tale ma la sua frustrazione e il suo l'isolamento rispetto alla massa dei lavoratori non le impedirà di perpetrare una sequela costante di provocazioni e di aggressioni. La morte di Abd El Salaam e gli eventi successivi alla Gls Come SI Cobas abbiamo sempre ritenuto che le lotte e i contrasti in seno al movimento di classe vadano messe in secondo piano qualora il nemico di classe sferra attacchi violenti contro il movimento dei lavoratori o arrivi addirittura ad attentare alle loro vite. L'investimento e la successiva morte durante uno sciopero di Abd El Salaam, all'epoca dei fatti iscritto Usb alla Gls di Piacenza, nel settembre del 2016 rientrava per noi a pieno titolo tra questi casi. Decidemmo dunque di mettere da parte le tensioni e sfociate nei gravissimi fatti di cui sopra, prendendo parte con numerose centinaia di lavoratori al corteo indetto da Usb il sabato successivo alla morte di El Salaam, accettando di svolgere un tavolo di trattativa unitario e offrimmo il nostro peso negoziale frutto del sostegno della stragrande maggioranza dei facchini della Gls per aiutare Usb a stabilizzare i suoi iscritti, sebbene tra di loro vi fossero anche coloro che avevano partecipato o solidarizzato con l'aggressione squadrista nei nostri confronti. Nelle settimane successive, abbiamo aperto una cassa di resistenza speciale per la famiglia del lavoratore deceduto durante la lotta, raccogliendo grazie al contributo dei lavoratori circa 20 mila euro... Non abbiamo mai fatto pesare o pubblicizzato queste nostre azioni poiché ritenevamo e riteniamo che il sostegno ai proletari in lotta e alle nostre famiglie non abbia colore o appartenenze di sigla. Evidentemente per Usb non è così, se è vero che non solo i suoi vertici non abbiano mai speso una sola parola di solidarietà di fronte alla repressione condotta nei nostri confronti fuori ai cancelli, ma abbiano persino preso le distanze dalla mobilitazione contro il “teorema-Levoni” ordito dalla questura di Modena e diretto a colpire al cuore il SI Cobas. I motivi di ciò oggi appaiono fin troppo chiari, e ancora una volta grazie al Montanari, il quale, sempre nel corso di un assemblea del suo sindacato, affermava a chiare lettere che Usb avrebbe capitalizzato la fine del SI Cobas per via giudiziaria, e che i padroni gli avrebbero riferito che ciò sarebbe accaduto di sicuro e auspicavano un rafforzamento di Usb nei magazzini in funzione anti-sciopero. Anche queste affermazioni ci sono state riportate da un lavoratore e disponiamo anche in questo caso della registrazione che ne testimonia la totale veridicità, a che tutti possono verificare semplicemente ascoltando le parole di Montanari. (vedi video 2) Il finto “sviluppo” di Usb nella logistica... Ad eccezione della piccola pattuglia di provocatori presenti nella GLS di Piacenza, fino a oggi la presenza di USB nella logistica è stata pressoché inesistente. Anni addietro, il tentativo di entrare nella SDA di Bologna con analoghe operazioni opportunistiche, sfruttando tensioni e dissapori personali tra gli iscritti SI Cobas, è andato male: dopo pochi mesi una parte dei propri iscritti ha aderito alla SGB, l'altra è rientrata nel SI Cobas. A parte qualche sparuto nucleo di poche decine di iscritti in Emilia e a Roma, l'USB nella logistica è di fatto inesistente. Le affermazioni del loro comunicato, in cui si blatera di un'azione del SI Cobas tesa a fermare il suo sviluppo nei magazzini equivalgono a vere e proprie farneticazioni. Perché allora questa ossessione di voler dimostrarsi “concorrenziali” col SI Cobas? E come mai USB costituisce dei piccoli nuclei SEMPRE E SOLO nei magazzini in cui è già radicato il SI Cobas, per giunta raccattando e riciclando gli opportunisti peggiori buttati fuori dal SI Cobas in quanto indegni di appartenere a un sindacato classista? Si tratta di una domanda alla quale, fino a ieri, non riuscivamo a darci una risposta chiara... Se pensiamo che il mondo della logistica abbraccia quasi 700 mila lavoratori, che il SI Cobas e l'unico altro sindacato di base che gode di un certo peso, l'ADL Cobas, ne rappresentano solo alcune decine di migliaia, e che il restante 95% dei lavoratori della logistica continua a patire condizioni di super-sfruttamento e salari da fame, il fatto che le forze di questa sigla si vadano a concentrare tutte in quei magazzini dove, in tutto o in parte, ci sono già stati consistenti miglioramenti destava già in passato più di un sospetto; un sospetto che prende sempre più forma a seguito dell'ingresso di USB in Leroy Merlin a Piacenza. I fatti di Leroy Merlin Nella Leroy Merlin di Piacenza il SI Cobas riesce a organizzarsi solo verso la fine del 2017. In occasione di un cambio di appalto si svolgono una serie di scioperi per garantire la piena applicazione del contratto nazionale nonché l'applicazione della clausola sociale al fine di garantire che nessun lavoratore perda il posto. L'accusa idiota, secondo cui il SI Cobas avrebbe “chiuso gli occhi” di fronte a una situazione di precarietà diffusa, con centinaia di assunti a tempo indeterminato, è talmente strumentale da non tener conto del fatto che il SI Cobas all'epoca dei fatti si era costituito in magazzino da poche settimane, trovandosi di fronte a una situazione di questo tipo ereditata dalla CGIL. Mentre fuori ai cancelli si lotta per i diritti di tutti, l'USB non trova di meglio da fare che improvvisare finti scioperi e con un seguito minoritario di lavoratori al fine di tutelare un capetto suo neo iscritto da poco fuoriuscito dalla CGIL, che svolgeva nel magazzino il ruolo di caporale; e poiché era considerato un collaboratore del padrone, i lavoratori avevano chiesto a gran voce che venisse spostato in un altro reparto e destinato ad altra mansione. Evidentemente l'USB è abituata a prestare particolari attenzioni e a dare copertura a capetti e caporali ammanigliati col padrone; noi del SI Cobas siamo invece abituati a lottare per liberare quanto più possibile gli operai dalla morsa dei padroni, dei capi e dei capetti, e se questo si traduce nel far sì che i lavoratori esercitino un peso conquistato con la lotta anche per decidere di sostituire un caporale assillante e irrispettoso con un operaio più propenso ad ascoltare e comprendere le problematiche dei suoi colleghi e capace di evitare ritmi infernali, per noi ben venga! Lo rivendichiamo appieno e per un sempolice motivo: ciò che Usb, senza vergogna, definisce nel suo comunicato “modalità paramafiose”, noi la chiamiamo lotta di classe e conquista di dignità operaia. Nelle stesse ore in cui gli operai, dopo cinque giorni di sciopero, vincono la battaglia e il SI Cobas strappa un accordo in Prefettura che garantisce tutti i 420 lavoratori di Leroy Merlin, USB, nella persona di Montanari, non trova di meglio da fare che... denunciare alla Questura i lavoratori del SI Cobas e, insieme alla CGIL (oramai, a quanto pare, sua alleata di ferro), cercare di improvvisare presidi fuori al magazzino per far saltare l'accordo, ovviamente col sostegno della polizia e della Digos locale. Per questa condotta, due dei tre delegati USB, seguiti da una ventina di lavoratori, abbandonano la propria sigla sindacale al suo destino e passano al SI Cobas, rivelando che il terzo delegato, l'ex caporale rimasto nelle fila di USB, era stato pagato dalle cooperative per il suo impegno di contrastare il SI Cobas. Prova evidente di quanto affermiamo sono le dichiarazioni stesse delle RSA che hanno abbandonato sdegnate la USB per passare al SI Cobas e che sono facilmente reperiribili sul profilo facebook del S.I.Cobas Piacenza e al seguente link https://www.youtube.com/watch?v=H_j0BES0MJ8 . La realtà, dunque, è diametralmente opposta alla versione di USB Ai burocrati di USB, la gran parte dei quali non sanno neanche cosa significhi bloccare il cancello di un magazzino e/o resistere ai reparti di celere in assetto antisommossa, sarebbe il caso di ricordare due regole fondamentali dell'azione di un sindacato classista: 1) una piattaforma sindacale può ottenere risultati reali solo se e quando è capace di trainare e coinvolgere nella lotta una parte consistente di lavoratori, solo se e quando i lavoratori acquisiscono consapevolezza del proprio peso e della propria forza; 2) il sistema delle cooperative, che sappiamo sulla nostra pelle essere spesso legato a doppio filo ai poteri criminali e malavitosi, si combatte rendendo i lavoratori protagonisti e attori principali del cambiamento, non certo piagnucolando in Questura o nelle sedi istituzionali. In tantissime occasioni anche noi abbiamo denunciato le condizioni di irregolarità nella logistica, ma non certo in occasione di licenziamenti di massa e condotte gravemente antisindacali, e non certo nel bel mezzo di una trattativa in cui è in gioco il destino di 420 lavoratori e nel quale, peraltro, si è riusciti a imporre il rispetto integrale dei livelli salariali previsti dal CCNL; e, di sicuro, non andando ad additare dei lavoratori in lotta come dei criminali da arrestare e da espellere nel più becero stile salviniano!!! La campagna “legalitaria” di Montanari che fa leva sulle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il Consorzio Premium denota, nella migliore delle ipotesi, una scarsa o nulla conoscenza del mondo della logistica, in cui, ripetiamo, quasi nessuna cooperativa è del tutto “pulita”: se Montanari e l'USB fossero mossi da così “nobili intenti”, la loro presunta rettitudine porterebbe all'assurdo che nessuna trattativa sindacale potrebbe mai darsi con nessuna cooperativa... Da questo punto di vista, l'accostamento del SI Cobas alle vicissitudini giudiziarie del Consorzio Premium, ripetuto come un mantra da questi soggetti, potrebbe apparire il semplice prodotto di un'ingenua ossessione legalitaria, incapace di tener conto che il compito di un sindacato è quello di difendere i lavoratori e i loro diritti e non certo di vestire i panni di un improbabile Sherlock Holmes... Ma poiché Montanari e l'USB tutto sono tranne che stupidi, il loro disegno è evidentemente un altro: denigrare e infangare il SI Cobas con una costanza e una tenacia tali da arrivare al punto di agire da vero e proprio braccio politico della Questura di Piacenza. In sostanza l'USB ha scelto di ricoprire a Piacenza lo stesso ruolo ricoperto dalla CGIL a Modena all'epoca del “Teorema-Levoni”, col quale un anno e mezzo fa si tentò di decapitare il SI Cobas con l'arresto del coordinatore Aldo Milani. In quest'ottica, la vile aggressione a danno di un lavoratore della GLS di Piacenza iscritto al SI Cobas, a poche ore dal video di rivendicazione delle denunce fatto da Montanari, evoca scenari inquietanti e sinistri... (vedi foto). In ogni caso, le infamie e le calunnie di Usb non ci intimoriscono e da questo punto di vista i suoi vertici cascano male: in rete e su facebook è possibile trovare tutte le testimonianze capaci di smentirli e di far tornare indietro le loro calunnie come un boomerang. I link che seguono raccontano meglio di ogni parola il reale andamento della lotta in Leroy Merlin, mostrando in maniera chiara come il SI Cobas organizzava gli scioperi con centinaia di opera nelle stesse ore in cui Montanari rendeva i suoi servigi alla Questura di Piacenza, dimostrandosi null'altro che un vile provocatore al servizio dei padroni e della repressione! https://www.facebook.com/mido.gx.58/videos/2142943349252352/?hc_ref=ARRTFWJW7BCfGuoG5ZTYwTW_WfmCI6OIyawfBnRqAh446V5dAxrL6khlFd3s4S_D1ek&__xts__[0]=68.ARDX1y0n8m2FfrYqcUKez-H-a8Q804BOGZabP5o45izx1EWDDu3vWEboC5uT5JvhTAPz5_WJuOT5__p6p7o7ZeihoXcNV1U0mIF-PRV8HR67BuMXdJFxMorIqKfEKj1FAH8N6ViLC0l16J-vzTXcqwlAQb9pQOobKJ_JSSAlLNloQAzhrdzUlg&__tn__=FC-R https://www.facebook.com/jena.plissken.716/videos/2200125373643512/?hc_ref=ARTw8EB1PVqVR1apQvBwEjF74-wSFFbsLDQZwV6ZxduCKxny-da-p6IQWDT0bRy3OU8&__xts__[0]=68.ARBNImgwNaPTnv85sKbYJh-008mBD4EexkA4h6KCkbdzCe92qeH51ZIjZLHtQdkrhmwPEKwPGiEW6mEntfL_c2J5lQOB78y75P-DWPZvAIPe5K15u40nfqojglYRxPGegSE9TY0nRsLhyvdaKsyAhu-CeeLxw3qF1tfUPLgV2cXMudMAAaldOA&__tn__=FC-R https://www.facebook.com/ahmed.azmy5555/videos/865620880310536/?hc_ref=ARS6wGHwAsNrVTexgxgDBln7--lfTYikwik7KMiyD_1ZwwaSAV5tuhrvLidte4-s9dI&__xts__[0]=68.ARBDo_VLL_E9v46NVZ2uigGxvm9VLH6IewV2NP3JCpefJfnie82-0LHjxv8acctfhJSGbCfHs8wlUiYlMbmZSPyTUVlZC9boC2BFFr8-yrY7xhEEHgTEo7u5PntnMTImM-B1jbERg8vXq22NLjIZceQl_n0U7zuj_SxMQhd7AyAVUGIduuTx1w&__tn__=FC-R Le relazioni della sinistra “radicale” piacentina col sistema delle cooperative: dietro la retorica legalitaria si nasconde la rincorsa ai profitti La vertenza Leroy Merlin evidenzia dunque come, analogamente a quanto avvenuto in GLS, USB si serva sistematicamente di elementi di retroguardia, corrotti ed emarginati dal resto dei lavoratori, per issare la propria bandiera e dare inizio a un'opera sistematica di contrasto e denigrazione nei confronti del SI Cobas. Ci troviamo di fronte solo ad alcuni “utili idioti” dei padroni e del potere, disposti a tutto pur di raccattare tessere e avere peso in un settore “prestigioso” come la logistica? Sebbene le aggressioni, le calunnie e le delazioni di Montanari abbiano ampiamente travalicato tutti i limiti dell'accettabile, molti compagni sono portati a ritenere che la situazione creatasi a Piacenza sia, tutto sommato, il frutto degenere ed estremo di un vecchio e radicato vizietto in uso da anni nel sindacalismo di base: quello di contendersi qualche decina di iscritti con le sigle “rivali”, dedicando il proprio tempo e la propria militanza più a erodere consensi agli altri sindacati di base che ad aprirsi un varco reale verso la massa dei lavoratori; un vizietto al quale il SI Cobas si è sottratto da tempo: la collaborazione leale e fraterna nelle lotte della logistica coi compagni dell'ADL Cobas, dai quali pure ci separano alcune divergenze di vedute sul piano generale, è la dimostrazione più evidente di quanto sia falso e strumentale il tentativo di attribuirci posizioni settarie e di chiusura pregiudiziale alla collaborazione con altre sigle. Tuttavia nel caso di Piacenza la loro condotta parassitaria spiega solo in parte l'isterismo e l'aggressività dei personaggi di USB. In realtà, dietro l'apparenza di una guerra tra sindacati “di base”, c'è dell'altro: il SI Cobas deve essere fermato perché crea problemi agli interessi politici ed economici della “sinistra radicale” piacentina. In apertura di questo documento evidenziavamo come Montanari e i suoi soci, prima di fare ingresso nel magazzino GLS in maniera artificiosa e con metodi banditeschi, nelle vesti di dirigenti della locale sezione di Rifondazione Comunista hanno sempre contrastato gli scioperi e il movimento dei facchini con l'espediente opportunista di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: da un lato rapidi passaggi di “solidarietà” a favor di telecamera, dall'altro le pressioni sui solidali al fine di indebolire gli scioperi. Addirittura isteriche telefonate per cercare di sabotare il corteo contro la repressione seguito agli scontri davanti all’Ikea del 2012. I motivi reali e più profondi sono tutti politici e vanno ricercati nel fitto tessuto di relazioni che questo partito ha intrattenuto (e intrattiene tuttora) col sistema delle “cooperative rosse” in Emilia; un sistema che, oltre a costituire uno dei più potenti, solidi e inestricabili pilastri del capitalismo italiano e a rappresentare una vera e propria giungla di super-sfruttamento della forza-lavoro grazie al sistema degli appalti e dei subappalti, costituisce uno dei terreni privilegiati di infiltrazione dalla mafia, dalla camorra e dalla ndrangheta nelle attività economiche. Questo stato di cose è di dominio pubblico, ampiamente corroborato da dati e da fatti di cronaca provenienti non dal SI Cobas ma da un'ampia messe di statistiche e studi di settore istituzionali. Da questo sistema, diffusosi per lo più attraverso cooperative “spurie” create ad hoc per l'aggiudicazione degli appalti alla criminalità per mezzo del “massimo ribasso”, è tutt'altro che esente il gigante LegaCoop: non è un caso che l'ex ministro Poletti, per anni leader indiscusso di LegaCoop, sia stato avvistato a più riprese a Roma in compagnia del criminale Salvatore Buzzi (generosissimo foraggiatore del PD romano) prima che questi venisse travolto col neofascista Carminati dallo scandalo di “mafia capitale”. Tornando a Piacenza e all'Emilia Romagna, non è un mistero come il Partito della Rifondazione Comunista, all'epoca parte della giunta comunale al fianco del PD anche con l'assessorato alle politiche sociali di Luigi Rabuffi (salvo ritrovarsi all’opposizione solo grazie alla diserzione del suo consigliere comunale attivo nelle lotte della logistica proprio in solidarietà alla lotta dei facchini Ikea), intrattenga in Emilia Romagna un rapporto a dir poco privilegiato con i boss locali di LegaCoop. Esemplare a tal proposito è la figura di Gianni Tasselli, che a Reggio Emilia riveste da anni il doppio ruolo di leader del PRC locale e dirigente della Coop Alleanza 3.0, la più grande tra le cooperative di consumatori del sistema Coop, nel 2017 con un fatturato di 5,3 miliardi di euro e un elenco sterminato di partecipazioni in società di ogni genere e tipo, dal gigante assicurativo-bancario Unipol alle società di investimento immobiliare (IGD) legate anche alle attività di trasporto merci e logistica. Peccato che alcune delle cooperative controllate da Alleanza 3.0, quella che va a braccetto con Rifondazione e che per Montanari e USB sarebbe la parte “sana” del mondo della cooperazione, i facchini di Piacenza e Bologna (vedi la durissima vertenza Granarolo) le conoscano fin troppo bene, in quanto dedite alle stesse identiche forme di illegalità e di soprusi di quelle perpetrate dalle cooperative “spurie”. Peccato per Montanari e i suoi amici che contro questi soprusi i lavoratori si siano autorganizzati nel SI Cobas, smascherando come dietro la retorica legalitaria e solidale si nasconda una giungla di super-sfruttamento e di evasione fiscale e dimostrando nella pratica che per gli operai non esistono consorzi-amici. E peccato che, a differenza di Montanari, in molti magazzini non abbiamo certo disdegnato, una volta aperti i tavoli di trattativa, di sederci al tavolo con i padroni suoi amici, pretendendo e ottenendo il rispetto dei contratti nazionali e arrivando, una volta stabilizzate le relazioni sindacali, persino ad accordi di miglior favore. Noi crediamo che il ruolo di un sindacato di classe sia quello di unire i lavoratori e spingerli a lottare per i loro diritti e per il miglioramento delle loro condizioni di vita, indipendentemente da quale sia la controparte che ti sta davanti. Ma evidentemente a Montanari e ai suoi amici le sorti dei lavoratori interessano ben poco: il loro interesse sta tutto nella sponsorizzazione di una cordata affaristico-imprenditoriale per i propri miseri tornaconti politico-economici; ed è per questo che trascorrono più tempo in Questura che fuori ai magazzini al fianco dei lavoratori. È a dir poco vomitevole che questi loschi figuri pretendano di dare lezioni di moralità e rispetto della legalità a un sindacato quale il SI Cobas, povero di mezzi e da sempre estraneo ai loro giochetti politici, quando loro stessi, per anni, hanno occupato alcuni dei gangli vitali delle istituzioni locali, regionali e nazionali non solo non muovendo un dito contro il sistema delle cooperative ma muovendosi in maniera lucida e consapevole a difesa di quel sistema!!! Montanari e i suoi sodali non sono dunque solo e semplicemente degli “utili idioti” dei padroni ma rappresentano a tutti gli effetti gli interessi di una parte del padronato locale e, per questo, hanno come loro “mission” principale quella di infangare e indebolire il SI Cobas. Possono stare tranquilli: anche stavolta non passeranno! In conclusione, una breve nota a margine: oggi Gianni Tasselli, al pari di altri esponenti di Coop Alleanza 3.0 (così come Roberto Montanari), figura tra i principali animatori e sostenitori delle sezioni emiliane di Potere al Popolo. Pur non volendo fare di tutta un erba un fascio, è impossibile non vedere come, se non saprà depurarsene, PaP tenderà ad essere sempre più ad essere percepita dalle avanguardie di lotta e dai lavoratori combattivi come l'espressione politica di questi loschi figuri che nulla hanno a che spartire col movimento di classe. La rapida e inesorabile parabola discendente della USB nazionale: dal sindacalismo di base alla svolta neoconcertativa Abbiamo ritenuto necessario rispondere in maniera dettagliata, punto per punto, a tutta la sequela di calunnie e falsità indirizzate da USB al SI Cobas sui fatti di Piacenza ma, come già detto in premessa, il contesto in cui si sono verificati questi episodi è tutto fuorché circoscrivibile a un caso locale. La fase della USB “combattiva”, che nel proposito dei suoi fondatori nasce agli inizi di questo decennio con l'obiettivo di allargare e rivitalizzare il sindacalismo di base in crisi, in realtà dura lo spazio di qualche anno. Già nel 2015, infatti, la scelta dei vertici USB di sottoscrivere il Testo Unico sulla Rappresentanza del 10 gennaio 2014 costituisce una clamorosa capitolazione. Giova ricordare ai non addetti ai lavori che la sottoscrizione del Testo Unico implica, in cambio della possibilità di poter partecipare alle elezioni per le RSU, l'accettazione di norme fortemente limitative del diritto di sciopero, la cui regolamentazione è talmente complessa e articolata da renderne di fatto impossibile l'esercizio. Chi accetta il Testo Unico deve comunicare lo sciopero molte settimane addietro e, se non rispetta la procedura indicata, va incontro a dure sanzioni. Trattandosi non di una legge bensì di un accordo tra le parti, il Testo Unico vincola solo chi lo sottoscrive, dunque i sindacati come il SI Cobas e il resto delle sigle di base che non l'hanno sottoscritto, sebbene debbano subire l'infame estromissione dal diritto alla rappresentanza, restano liberi di proclamare e indire gli scioperi senza doverne seguire le procedure. La scelta di USB è stata accolta con stupore e indignazione dalla gran parte del sindacalismo di base poiché, sebbene USB non sia l'unica sigla di base ad aver sottoscritto tale accordo, è sicuramente la più grande organizzazione del sindacalismo extra-confederale per numero di iscritti, dunque la sua capitolazione ha di fatto spezzato le gambe a ogni ipotesi di lotta unitaria e di massa per mettere in discussione il Testo Unico. Da quel momento in poi USB è finita di fatto ai margini del dibattito e delle iniziative del sindacalismo di base, e la stessa indizione di scioperi generali separati nei mesi autunnali è ascrivibile in primo luogo all'adesione al Testo Unico, adesione che peraltro non è stata mai discussa né all'interno degli organismi USB né col resto del sindacalismo di base. Risuona dunque patetica oltre che falsa l'affermazione fatta nel comunicato di difesa dell'operato di Montanari, secondo cui il SI Cobas nella logistica avrebbe firmato con i corrieri del gruppo Fedit una “clausola di limitazione del diritto di sciopero”; falsa perché in quegli accordi, che rappresentano finora il punto più alto delle conquiste del movimento dei facchini, non vi è alcuna limitazione al diritto di sciopero: si prevede esclusivamente che prima di scioperare il sindacato comunichi le ragioni dello stato di agitazione e l'azienda abbia il tempo di venirne a conoscenza e, in caso, di convocare immediatamente un tavolo di trattativa, il che corrisponde alla normale procedura vigente in tutti i luoghi di lavoro; patetica perché ancora una volta USB ribalta e mistifica la realtà, permettendosi di cercare il pelo nell'uovo negli accordi conquistati da altri a prezzo di dure lotte (e omettendo volutamente il quadro di conquiste e avanzamenti materiali contenuti negli accordi-Fedit: riduzione dell'orario di lavoro, passaggi di livello automatici sulla base dell'anzianità e non delle mansioni o dell'arbitrio padronale, assicurazione integrativa a spese dell'azienda in caso di infortunio grave, clausola di salvaguardia in caso di cambio d'appalto, premio di risultato, ecc.) per poi tacere delle proprie gravi responsabilità e complicità nell'aver avallato la limitazione del diritto di sciopero in tutto il mondo del lavoro dipendente!!! Ciononostante, tra le sigle del sindacalismo di base contrarie all'accordo del 10 gennaio il SI Cobas è stata l'unica a ricercare con USB il dialogo e il confronto: lo dimostra l'indizione dello sciopero generale nell'ottobre 2016 nello stesso giorno in cui era stato indetto da USB; lo conferma anche il tentativo dello scorso autunno, anche a costo di ricevere critiche da altre sigle del sindacalismo di base, di far convergere tutte le sigle in un unica data; lo conferma ancor più il fatto che lo scorso 10 novembre alla GLS di Roma, nonostante la grave situazione in atto a Piacenza, il SI Cobas di magazzino abbia scelto di convergere sulla data di sciopero nazionale indetta da USB, proponendo a quest'ultima un'azione unitaria in risposta agli attacchi della cooperativa, salvo poi che quel giorno (ripetiamo, data di sciopero nazionale indetto da USB) a presidiare i cancelli di GLS c'erano solo il SI Cobas assieme ai lavoratori di USB, mentre il loro responsabile di categoria era... a casa a dormire!!! In realtà, nell'ultimo anno l'USB ha marciato in maniera sempre più determinata nella direzione di una rottura totale con la storia e il patrimonio del sindacalismo di classe, di una progressiva trasformazione della sua organizzazione in sponda sindacale di operazioni elettorali e di pezzi di potere istituzionali e, infine, dell'avvicinamento (seppur con un percorso tortuoso) all'orbita di CGIL-CISL-UIL. Le tappe più rilevanti di questa mutazione genetica si possono riassumere in alcune scelte politiche: 1) l'appoggio incondizionato a giunte di “sinistra” quali quella di De Magistris a Napoli e la candidatura di esponenti di USB nelle sue liste, pagati a duro prezzo dai suoi iscritti in alcune importanti vertenze, su tutte quella di Napoli Sociale. In occasione dell'assorbimento dei lavoratori in Napoli Servizi è stato accordato il via libera al furto del loro TFR e il loro demansionamento, con un'operazione tanto goffa e spregiudicata da far sì che la stessa CGIL scavalcasse l'USB “a sinistra” impugnando all'ITL gli accordi sottoscritti da quest'ultima; in ANM, nonostante la generosità e combattività delle sue RSA aziendali, l'USB ha accettato nei fatti il piano di dismissione e la probabile privatizzazione della principale azienda di trasporto pubblico su gomma; l'utilizzo delle strutture, dei simboli e dei militanti dell'organizzazione a sostegno della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle e della candidatura a sindaco di Virginia Raggi a Roma, documentata dai video pubblicati sul web durante la campagna elettorale e dimostrata anche successivamente all'insediamento della nuova giunta comunale col bassissimo, per non dire nullo, livello di conflittualità garantito da USB ai loro nuovi partner politici in occasione di alcune vertenze spinose, su tutte quella del lavoratori AMA, municipalizzata della raccolta rifiuti; l'accordo Ilva siglato poche settimane fa da USB con Di Maio insieme a CGIL-CISL-UIL-UGL, che non solo riconferma tutti gli assi portanti del piano Calenda di svendita del colosso siderurgico tarantino a Mittal (con 2500 esuberi) ma soprattutto mette una pietra tombale sulla lotta del popolo tarantino per una vera bonifica delle aree inquinate per liberarsi da nocività, tumori e morti. Altro che migliore degli accordi possibili! Altro che sindacato metropolitano! Con questo accordo l'USB ha preferito tutelare il proprio pacchetto di iscritti all'Ilva ed entrare nella “stanza dei bottoni” al fianco dei confederali, senza neanche un'ora di sciopero, sacrificando ai propri interessi di bottega la pelle dell'intera popolazione tarantina e di quegli stessi operai che tra qualche anno, al di là delle vaghe promesse contenute nell'intesa, si troveranno per strada!!! Non a caso, mentre l'ex funzionario fiommino e neofunzionario USB Bellavita brinda al “grande risultato raggiunto”, la quasi totalità dei comitati per la difesa dell'ambiente stracciano le tessere elettorali, i 5 Stelle davvero onesti e in buona fede si dimettono dal consiglio comunale e si rivoltano contro Di Maio e la parte sana del sindacalismo di base (CUB e SLAI per il Sindacato di Classe) indicono mobilitazioni e lanciano una giornata di lotta unitaria in occasione dello sciopero generale del prossimo 26 ottobre! l'intervento tra i braccianti delle campagne di Foggia e della Calabria. Tralasciando le modalità, ancora una volta ambigue, dell'investimento fatto da USB tra i braccianti agricoli nella Capitanata pugliese (con tanto di tesseramento in pompa magna dietro facili quanto aleatorie promesse di risoluzione per via istituzionale dell'annoso problema dei permessi di soggiorno e delle richieste di asilo), a lasciare sconcertati è il fatto che, a seguito dell'uccisione del delegato e attivista locale di USB Soumalia Sacko, i vertici nazionali si siano ben guardati dal proclamare anche una sola ora di sciopero nazionale (davvero il “minimo sindacale” in casi di tale gravità e drammaticità) e che abbiano invece trasformato la piazza di San Ferdinando in un inutile e stucchevole passerella di preti ed esponenti istituzionali, ovvero (almeno questi ultimi) i principali complici dello sfruttamento, del caporalato e delle condizioni di estremo degrado esistenti nei ghetti e nei borghi del foggiano; in ultimo, il più complessivo coinvolgimento politico dei vertici nazionali di USB nella campagna “Eurostop” e l'utilizzo strumentale del sindacato che ne deriva. A scanso di equivoci, noi riteniamo che chiunque militi nel sindacalismo di base possa liberamente e legittimamente scegliersi una parte politica in cui militare, a patto però che i principi del proprio agire politico non siano in aperta contraddizione con quelli sindacali. L'insistenza di quest'area sui temi della “nazione” e della “sovranità” ha portato questi in più di un'occasione a trovarsi in compagnia di soggetti ambigui quando non palesemente rossobruni; soggetti che, come nel caso del gruppo tardotogliattiano di Marx XXI, non nascondono le loro simpatie per il governo giallo-verde arrivando finanche a strizzare l'occhio a Salvini sul tentato respingimento della nave Diciotti! Ci verrebbe da chiedere a tutti i lavoratori attivi in USB e agli stessi braccianti delle campagne che vi aderiscono cos'ha a che vedere questa robaccia con la giusta e sacrosanta aspirazione degli immigrati a una effettiva parità di diritti e a un pieno riconoscimento della loro presenza in Italia! Ci chiediamo come sia possibile conciliare le lotte dei lavoratori con le “relazioni pericolose” intessute da USB con coloro i quali affermano ai quattro venti e in maniera spudorata che “l'immigrazione è un problema perché costituisce un attentato alle condizioni economiche e normative dei lavoratori italiani. Ci troviamo dunque di fronte alla vera e propria chiusura del cerchio!!! I vertici di USB, con le scelte sopra elencate, hanno oramai tendenzialmente collocato questa organizzazione sindacale al di fuori dei confini politici che caratterizzano un sindacato di base, di classe e combattivo. Non lo affermiamo solo noi del SI Cobas: l'auto-marginalizzazione di USB dal resto del sindacalismo di base, resa quest'anno ancor più palese dalla mancata adesione allo sciopero generale indetto per il prossimo 26 ottobre del sindacalismo di base e dalla scelta dei suoi vertici di investire tutto su una manifestazione per le “nazionalizzazioni” (tesa a strizzare l'occhio a Di Maio e ai 5 stelle) ne è la prova più evidente. Lo snaturamento dell'azione sindacale in chiave nazionalista e la pratica dominante in Usb di fare da sponda a un pezzo delle istituzioni borghesi trovano nelle recenti prese di posizione dei suoi vertici la riprova più evidente, e culminano nell' appoggio incondizionato a chi, come Montanari, evoca l'arresto, il rimpatrio e le espulsioni per gli immigrati “scomodi” del SI Cobas!!! Dunque non possiamo che prendere atto che il sindacato Usb non solo si rifiuta di fare pulizia al suo interno, ma rivendica appieno la paternità di tali condotte antioperaie, nonché l'utilizzo della magistratura, della polizia e di tutti i dispositivi repressivi e razzisti come mezzo per combattere altre sigle sindacali. Di conseguenza non possiamo non prendere atto che per quanto ci riguarda i vertici di Usb, nel ripudiare integralmente il patrimonio di valori e le regole fondamentali di comportamento che da sempre contraddistinguono il dna dal sindacalismo di base classista, per quanto ci riguarda si pongono definitivamente fuori e contro il movimento di classe. Auspichiamo che gli elementi più coscienti di tutti i movimenti sociali e le realtà politiche della sinistra di classe sappiano far tesoro di queste considerazioni frutto dell'esperienza diretta, traendone le necessarie conclusioni. Fuori i provocatori dalle lotte operaie! Toccano uno - toccano tutti!
20 settembre 2018
SI Cobas nazionale

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