martedì 31 luglio 2018

pc 31 luglio - Un commento critico condivisibile

Ho letto con interesse l’articolo Cosa intendiamo quando parliamo di fascistizzazione della società? comparso su La Città Furura n. 185 del 2 luglio
il discorso ad un certo punto resta sospeso a mezz’aria. 
“In altre parole, la discriminante sarà rappresentata dalla possibilità o meno di dar vita a un partito rivoluzionario capace di conquistarsi un legame organico con la classe e produrre coscienza politica. Se ciò dovesse avvenire, e se da ciò dovessero derivare le rotture necessarie ad aprire all'Italia la via della salvezza, il livello dello scontro di classe salirebbe esponenzialmente e l'alternativa "socialismo o barbarie" tornerebbe d'attualità come espressione non di un avvenire minaccioso, ma della speranza che solo la lotta può dare. In caso contrario, qualunque opzione politica venga a incarnare l'orrore dei prossimi decenni, la loro cifra reale non cambierà.”

commento
“Se ciò dovesse avvenire”: quindi bisogna farlo avvenire, direi io. Come avviene altrimenti? Per opera dello Spirito Santo? Per un aneurisma storico? Per un processo di formazione spontanea del partito a partire dalle lotte diffuse nei territori, o attraverso sommatorie di piccole organizzazioni?
Dire che il mondo andrà di male in peggio se non si forma un partito rivoluzionario è già una buona discriminante rispetto a semplici perdigiorno e a profeti di sventura. Ma un partito rivoluzionario è sempre nato per opera di qualcuno che ha iniziato a costruirlo. Lenin non è partito dal partito che c’era già, ma dal partito che bisognava costruire. L’umanità è gravida di comunismo e starà sempre peggio finché non partorisce. Questo lo ha insegnato già Marx e la storia dopo di lui lo ha confermato. Ma per partorire l’umanità ha bisogno di un’ostetrica. Questo lo ha insegnato Lenin e la storia dopo di lui lo ha confermato. Come si forma questa ostetrica? Cosa dobbiamo fare per costruire il partito rivoluzionario? Questo quindi è il problema del nostro tempo.

Saluti comunisti.
Ludmilla Prandi.

Nessun commento:

Posta un commento