mercoledì 20 giugno 2018

pc 20 giugno - Impunità e nuove armi per gli assassini di Jefferson. ¡Queremos justicia!

Un ragazzo di 20 anni, Jefferson Garcia Tomalà è stato ucciso dalla polizia nel quartiere genovese di Borzoli con almeno cinque colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata al torace, mentre si trovava nella sua camera, sdraiato a letto. Il pomeriggio del 10 giugno la madre e il fratello della vittima hanno chiamato un'ambulanza per poter ricevere un aiuto psicologico preoccupati che il ragazzo potesse commettere atti di auto-lesionismo e non hanno mai dichiarato di essere stati minacciati o di aver temuto per la propria incolumità.
”Ieri mio figlio ha avuto un casino e sono venuti i carabinieri, ora è un po' ubriaco... Però è urgente, mio figlio ha un coltello, si sta facendo male... Ieri sera ho avuto un problema con mio figlio. Una storia lunga, adesso ha un coltello. Voglio un aiuto perché si sta facendo tanto male. Si vuole ammazzare... È un problema di ieri perché ha litigato con la ragazza, con il fratello, un macello... un casino... Per favore, fate presto. Voglio un aiuto perché sta tentando di ammazzarsi. Ho tanta paura, non ce la faccio più”. "Certo, signora. Le mando tutti quelli che servono. Ci contatti nel caso cambiasse qualcosa". Stralci della telefonata della madre con i centralini del 112 e 118 (1).
“Ho visto che aveva soltanto un piccolo rasoio con cui si era provocato delle ferite e che poi ho detto "buttalo nella spazzatura””: Santiago Stalin Tomalà Garcia, fratello della vittima.
“Semplicemente si era fatto con un rasoio a mano un qualcosina così per chiamare l'attenzione”: Lourdes Garcia Tomala, madre della vittima (2).
Jefferson si è quindi procurato alcune ferite di poco conto con un rasoio a mano, ma ha con sé un coltello da cucina con il quale potrebbe ferirsi in maniera più grave ed è questa l'unica paura espressa dalla madre nel corso della telefonata. Non arriva un'ambulanza o del personale medico: sono 4 poliziotti a suonare per primi alla porta e ad entrare nella casa di via Borzoli.
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“…io ero seduto con lui a parlare sotto le coperte, mi aveva detto che già era stata chiamata l'ambulanza, quando ho sentito il campanello ho aperto e vedo che entrano nella stanza quattro
poliziotti, non vedo l'ambulanza ancora. L'ambulanza non è arrivata, sono arrivati prima i poliziotti. E mio fratello mi ha chiesto: "Cosa fanno i poliziotti qua?" "Non lo so, io ho chiesto soltanto l'ambulanza, non i poliziotti, non lo so chi abbia chiamato la polizia”: Santiago Stalin Tomalà Garcia (2). Il dottore non arriva e ai 4 agenti se aggiungono altri sei, tra i quali il sovrintendente Paolo Petrella, apparentemente noto tra i colleghi per le sue doti da mediatore (3). “Sono entrati nella stanza (...) si sono aperti un po' i poliziotti perché è entrato non so credo sia un sovrintendente, qualcosa del genere”: Santiago Stalin Tomalà Garcia (2).
Ad un certo punto il più giovane fra i dieci agenti presenti utilizza lo spray al peperoncino prima che il giovane mostri segni di aggressività, all'interno della camera del ragazzo, rendendo l'aria irrespirabile in tutta la casa. Secondo le prime ricostruzioni sarebbe stato un tentativo di "neutralizzare" il soggetto per poterlo immobilizzare più facilmente (3), una violazione palese delle norme di utilizzo dello spray-antiaggressione, secondo cui “lo Spray al peperoncino potrà essere utilizzato dal personale delle volanti in quelle ipotesi in cui sia fallito ogni tentativo di comunicazione ordinaria, di mediazione o di dissuasione verbale e il soggetto ha iniziato la sua azione violenta..." (4).
Solo a questo punto il ragazzo, accecato dallo spray urticante e sentendosi attaccato da 10 uomini armati, tira dei fendenti presumibilmente alla cieca con un coltello da cucina che aveva con sé sotto le lenzuola, colpendo il sovr. Petrella e un giovane agente, probabilmente lo stesso che ha usato lo spray in dotazione al chiuso, all'interno dell'appartamento. Ed è proprio questo poliziotto, 25 anni, autista del capo pattuglia della volante del commissariato Cornigliano, colpito dai fendenti, a esplodere almeno cinque colpi di pistola a distanza ravvicinata contro Jefferson, tutti al torace in punti vitali. Uno dei proiettili colpirà anche Petrella, l'azione si svolge sicuramente in una nube di gas urticante che rende difficoltosa la respirazione e la visibilità (3). “Mio figlio lo ha accoltellato perché lo hanno aggredito tirandogli tanto peperoncino, non si poteva respirare in casa, non si poteva, perché se mio figlio non lo avesse toccato nessuno, mio figlio non avrebbe aggredito nessuno” dichiara la madre (2).
Jefferson viene ucciso come un animale mentre suo fratello e sua madre si trovano nella stanza accanto. La sua ragazza spiegherà che avevano litigato la sera precedente e lei aveva passato la notte fuori casa con la loro bambina di soli 3 mesi, tutti escludono categoricamente che il ragazzo abbia mai avuto comportamenti minacciosi o violenti verso terzi né in passato né nelle sue ultime ore di vita. E' con la madre di sua figlia che Tomalà voleva parlare e lei stava correndo da lui, per calmarlo (5). “Voleva solo la sua ragazza, perché [gli agenti] non hanno ascoltato mio figlio, dovevano chiamare la sua ragazza e dire “signora, dov'è la ragazza? La andiamo a prendere”, perché mio figlio non voleva far male a nessuno”: Lourdes Garcia Tomala (2). “Io so che se fossi entrata lui avrebbe posato il coltello e non avrebbe fatto male a nessuno”: Nataly Giorgio Tomalà Chavez, fidanzata della vittima. La ragazza arriva, ma le viene impedito di entrare in casa. In questo frangente la sorella della vittima viene spintonata dai colleghi degli assassini di suo fratello: “Quando sono arrivata lì i poliziotti non mi hanno voluto far entrare, hanno spinto anche la sorella del mio ragazzo"(6).
copertina avvocati tonnarelli
Nei suoi ultimi istanti di vita Jefferson aveva percepito che gli agenti fossero nervosi e che avessero intenzioni aggressive nei suoi confronti. Un agente, non sappiamo se lo stesso che premerà il grilletto in seguito, continuava a portarsi la mano alla fondina, provocando e impaurendo una persona già emotivamente scossa: “Ha visto che uno dei poliziotti si stava toccando l'arma, lì lui si è sentito provocato... Lui l'ha visto che si toccava l'arma e diceva "cosa vuoi fare? vuoi ammazzarmi? vuoi spararmi mentre sono qua sdraiato?" e lui si è messo quasi mezzo seduto "tu non mi puoi fare niente perché sono nella mia stanza”” ha raccontato il fratello.
Sarà lo stesso sovrintendente, al suo arrivo in ospedale per la medicazione delle ferite riportate, ad ammettere di aver commesso degli errori e che la morte di Jefferson poteva essere evitata: “Non doveva succedere, potevamo salvarlo”: Paolo Petrella, sovrintendente di polizia (3). Questo dovrebbe bastare a far nascere qualche dubbio perlomeno sulla professionalità dell'intervento, anche a chi è abituato a schierarsi sempre dalla parte di chi porta la divisa.
La madre del ragazzo, in una coraggiosa conferenza stampa, ha chiesto giustizia per suo figlio e ha denunciato l'incapacità delle forze dell'ordine intervenute, augurandosi che chi ha ucciso suo figlio non possa più vestire la divisa: “E' un incompetente che non si merita di avere una divisa, che se la deve levare, perché non si tratta così un ragazzo che è solo sdraiato sul letto… questo non è aiutare un ragazzo che ha problemi o che vuole un aiuto psicologico dove si è mai visto questo, uno per diventare un poliziotto deve fare un corso, deve essere capace, non che va ad ammazzare così, sparando, volevano fermarlo? Potevano fermarlo sparandogli a una gamba, non tanti colpi come hanno fatto, non si tratta così neanche un animale” (7).
Oltre 200 tra amici, familiari e abitanti del quartiere hanno dato vita, nella sera di Martedì 12 Giugno, ad una fiaccolata lanciata sui social, che ha attraversato Via Sestri fino ad arrivare in via Borzoli, sotto la casa dove si è consumato il delitto, per dimostrare la propria vicinanza ad una famiglia distrutta e per chiedere giustizia. Questa non è stata una tragedia, non è stata una lite domestica, in tanti in città mormorano che non è una novità che si rischi la vita per un TSO e che da tempo gli abusi, le vessazioni e le violenze delle forze dell'ordine colpiscano principalmente immigrati e abitanti dei quartieri popolari.
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Ad oggi l’agente che ha sparato è indagato per omicidio colposo per eccesso nell’uso delle armi, un atto dovuto per permettere al poliziotto di nominare legale e perito. Per la Procura, l’uso dell’arma d’ordinanza da parte dell’agente di polizia è legittimo e gli accertamenti balistici e forensi appureranno esclusivamente se vi sia stato un eccesso nell’uso dell’arma. Nessuno degli altri agenti e operatori sul posto è stato posto sotto indagine per la gestione dell’operazione. Perfino Tomalà, da morto, è stato indagato per tentato omicidio volontario: il fascicolo verrà archiviato automaticamente e supporterà la difesa del poliziotto. A coordinare le indagini insieme a Marco Calì, dirigente della squadra mobile, è il PM Walter Cotugno, che secondo RaiNews si trovava in via Borzoli già prima della colluttazione e degli spari (8).
Se chi ha il cuore gonfio di dolore e rabbia si sta impegnando per far circolare la verità e per sostenere la famiglia in queste ore difficili, gli avvoltoi delle alte sfere hanno deciso di fare del corpo martoriato di Jefferson l'oggetto di una speculazione politica e mediatica crudele e infame. La mistificazione dei fatti accaduti operata dalle varie testate giornalistiche italiane (ed ecuadoriane) all’inizio puntava a garantire l'impunità dell'assassino in divisa, ma è presto diventata un’opportunità per diffondere un certo tipo di propaganda e mandare un messaggio preciso.

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