mercoledì 28 febbraio 2018

pc 28 febbraio - L'ACCORDO SUI NUOVI CONTRATTI TRA CONFINDUSTRIA E OO.SS = ATTACCO AI SALARI + SFRUTTAMENTO - DIVISIONE DEI LAVORATORI - AZZERAMENTO DEI SINDACATI DI CLASSE E DI BASE

Il nuovo "patto di fabbrica" è la "degna" conclusione di Cgil, Cisl, Uil della loro politica sindacale a totale servizio degli interessi padronali. Per la Confindustria, per il suo Presidente Boccia è l'immediato risultato che si porta a casa dopo "l'autoelogio del capitale e di una società fondata sui "valori" dei padroni" fatto all'Assise generali della Confindustria del 16 febbraio a Verona.
Come la Furlan della Cisl è stata la prima a plaudire a Verona, parlando di un "nuovo sistema di relazioni industriali (leggi, appunto, "patto di fabbrica") incentrato sulla partecipazione, sulla maggiore produttività e sulla qualità di ciò che le imprese realizzano", anche ora, dichiara in maniera entusiasta che «l’ accordo tra Confindustria e sindacati è un vero piano di sviluppo per il sistema-Paese. Un nuovo modello di relazioni industriali partecipative e stabili per alzare la produttività, con più salari (per una ristretta fascia di aristocrazia operai e invece meno salari per tutti - ndr), più formazione, più competenze per i lavoratori».
Ma chiaramente Uil e la Camusso della Cgil non sono da meno.

Questo "patto di fabbrica" - meglio chiamarlo patto con i padroni:
codifica il pesante attacco al salario della stragrande maggioranza dei lavoratori (in parte già in azione); il salario verrà ridotto per tutti a "salario minimo", a cui si potranno eventualmente aggiungere forme di welfare che di fatto sono soldi sottratti al salario dei lavoratori;
opera una divisione tra lavoratori che neanche ai tempi delle "gabbie salariali" era così rilevante, dato che non solo ogni territorio avrà il suo salario rapportato allo stato economico delle aziende, ma ogni azienda darà un salario diverso - fino, con la questione della produttività anche individuale, a  dare a stessi lavoratori che lavorano in una stessa fabbrica o posto di lavoro un salario differente.
Ciò che c'è di certo e, questo sì, unificante è l'aumento dello sfruttamento (nascosto dietro il nome "incremento della produttività").
E' chiaro che perchè tutto questo passi senza ostacoli, questo "patto" doveva mettere e mette il "catenaccio" alle rappresentanze sindacali, leggi sindacati di base, di classe (in particolare a quelli che non hanno accettato il TU sulla rappresentanza già firmato il 10 gennaio 2014). I mass media fanno passare questo punto dell'accordo soprattutto come "certificazione della rappresentanza datoriale"; ma in realtà mentre questa certificazione è solo fumo, rinviata sine die, ciò che è certa e agisce da subito è il nuovo pensante attacco al sindacalismo di classe, ai diritti sindacali dei lavoratori.

Torneremo su questo. Riportiamo, di seguito, alcune note stampa sull'accordo.

"Si è conclusa nella notte la trattativa  tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria per il rinnovo del modello per il rinnovo dei contratti di categoria che fanno capo a Confindustria. Il cosiddetto «patto della fabbrica». Il documento conclusivo sarà sottoposto, nei prossimi giorni, alla valutazione degli organismi delle tre Organizzazioni sindacali. L’accordo sarà firmato al termine di questa verifica nel pomeriggio del 9 marzo».
Perimetri più chiari per contratto nazionale e aziendale
«La contrattazione collettiva continuerà ad articolarsi su due livelli, nazionale e aziendale, ovvero territoriale laddove esistente secondo le prassi in essere, e dovrà garantire, per ciascuno dei due livelli, specifiche caratteristiche e funzioni». 
Il punto H dell’accordo dice che «il contratto collettivo nazionale di categoria individuerà i minimi tabellari per il periodo di vigenza contrattuale, intesi quali trattamento economico minimo (TEM).
La variazione dei valori del TEM (minimi tabellari) avverrà in funzione degli scostamenti registrati nel tempo dall’indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi membri della Comunità europea, depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati come calcolato dall’Istat. Il contratto collettivo nazionale di categoria, in ragione dei processi di trasformazione e o di innovazione organizzativa, potrà modificare il valore del Tem». Cruciale è stato negli ultimi passaggi della trattativa l’inserimento della frase «secondo le regole condivise, per norma e per prassi, dai contratti collettivi». Così ogni categoria potrà continuare a definire autonomamente la base di calcolo dei minimi contrattuali (oggi più elevata, per esempio, nel contratto dei chimici rispetto a quello dei metalmeccanici).
Nello stipendio complessivo entra il welfare
Recita l’intesa: «Il trattamento economico complessivo (TEC) sarà costituito dal trattamento economico minimo (TEM), come determinato alla lettera H, e da tutti quei trattamenti economici — nei quali, limitatamente a questi fini, sono da ricomprendere fra gli altri anche le eventuali forme di welfare — che il contratto collettivo nazionale di categoria qualificherà come «comuni a tutti i lavoratori del settore», a prescindere dal livello di contrattazione a cui il medesimo contratto collettivo nazionale di categoria ne affiderà la disciplina. Il contratto collettivo nazionale di categoria avrà cura di evidenziare in modo chiaro la durata e la causa di tali trattamenti economici e il livello di contrattazione a cui vengono affidati dovendosi, comunque, disciplinare, per i medesimi trattamenti, gli eventuali effetti economici in sommatoria fra il primo e il secondo livello di contrattazione collettiva».

Misurare la rappresentanza di Confindustria & C.
Ecco il passaggio scritto nero su bianco: «Conoscere l’effettivo livello di rappresentanza di entrambe le parti stipulanti un CCNL, infatti, è indispensabile se si vuole davvero contrastare la proliferazione di contratti collettivi, stipulati da soggetti senza nessuna rappresentanza certificata, finalizzati esclusivamente a dare “copertura formale” a situazioni di vero e proprio “dumping contrattuale” che alterano la concorrenza fra imprese e danneggiano lavoratrici e lavoratori. In quest’ottica Confindustria e Cgil, Cisl, Uil, nel definire i reciproci impegni in materia, ritengono utile che si definisca un percorso condiviso anche con le altre Associazioni datoriali per arrivare ad un modello di certificazione della rappresentanza datoriale».

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