lunedì 22 gennaio 2018

pc 22 gennaio - PIANO CALENDA-BENTIVOGLI 2 - IL CORO DI CONSENSI

Il “Piano industriale per l’Italia delle competenze”, presentato insieme da Calenda e Bentivogli e uscito sulla stampa il 12 gennaio, ha ricevuto subito un coro di consensi, a partire da Gentiloni, quindi Poletti, i Ministri Martina e Pinotti (la Min. Pinotti, come Min. Della Difesa sembrerebbe che non centri niente, ma poi nel quadro degli impegni prioritari dell’imperialismo italiano che si sostengono l’uno con l’altro, si capisce il perché. Qui riportiamo la sua dichiarazione che parla di “fare delle scelte e concentrarci sulle aree della nostra eccellenza tecnologica” = produzioni di armi sempre più tecnologicamente avanzate nel loro scopo di guerra e di morte).
Nanicini, consigliere economico di Renzi e responsabile del programma del Pd, sottolinea come in particolare alcune priorità: “formazione permanente, decentramento contrattuale e salario minimo, impresa 4.0, costo dell’energia e concorrenza”, siano in continuità e in perfetta sintonia con le proposte del Pd per la prossima legislatura. Aggiunge che verso le imprese si tratta di passare dagli incentivi congiunturali a un sostegno strutturale per le imprese che innovano; e sostiene con forza,
insieme al Min. Poletti, il decollo di una nuova filiera scolastica “professionalizzante”, rilanciando l’istruzione tecnica e professionale, il potenziamento degli Its, gli Istituti tecnico superiori “per far acquisire ai ragazzi competenze pratiche e subito spendibili nel mondo del lavoro”. O come dice Poletti “offrire attività di formazione mirata al lavoro, connessi con i profili necessari al mondo produttivo
Anche la nuova (vecchia) lista della Bonino, + Europa, invita imprese e sindacati a fare sempre più la loro parte con un ruolo sempre più innovativo e proattivo.
Il “vecchio” ma sempre in prima linea, Maurizio Sacconi, che di legislazione reazionaria sul lavoro se ne intende, dice che “serve un piano straordinario intensivo e veloce rivolto anzitutto alla gran quantità di lavoratori impiegati in attività ripetitive nella manifattura”, che tradotto non potrà che significare buttare fuori, ricambiare i vecchi lavoratori che non si possono adeguare al nuovo piano industriale.

Ugualmente dal mondo padronale e sindacale si esprimono espressioni di consenso e/ di interlocuzione alla filosofia generale del piano. Certo, ci sono delle contraddizioni, ma che non intaccano l’appoggio di sostanza. Per esempio, Confindustria e sindacati sono contrari all’introduzione del salario minimo legale. Essi considerano la contrattazione collettiva lo strumento più efficace per determinare i minimi salariali, in grado di tener conto delle specificità di ciascuna categoria e delle differenze territoriali.
Quindi, non perché non vogliano il salario minimo, ma perché vogliono contrattarlo loro, l’uno per dare la possibilità in alcune realtà di stabilirlo anche inferiore al salario minimo legale; gli altri per mantenere il potere di contrattazione.

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