Il Rosatellum è intoccabile e quasi non si vede dalla velocità con cui passa dal Senato. La maggioranza riesce in un gioco di prestigio: cammina sul filo del numero legale e riconferma la fiducia al governo Gentiloni, applicata una, due, tre, quattro, cinque volte alla riforma elettorale. Con il numero di votazioni blindate della Camera in tutto fa otto: un record anche senza ricorrere agli annali del Parlamento, repubblicano o monarchico che fosse. I sì sono a una quota bassissima – tra 145 e 151 – ma la cintura di sicurezza è ben allacciata, si chiama Denis Verdini. La maggioranza così deboluccia e così invincibile, nata dalle ceneri del grande pareggio del 2013, riesce così a passare anche quest’ennesima strettoia che produce una legge il cui futuro sembra destinato a durare fino alle elezioni politiche e poi basta. La maggioranza abbandona senza rimpianto né dolori i bersaniani e imbarca una volta per tutte i verdiniani, che il sì l’hanno pronunciato compatti, 13 su 14, per tutt’e cinque le volte. L’intero centrodestra, invece, si gode il lusso di non partecipare ai voti di fiducia e gioire per un sistema elettorale che fa sognare berlusconiani e leghisti.

Il risultato è in due fotografie. La prima: la riforma esce dal Parlamento senza essere modificata nemmeno di una virgola rispetto al testo iniziale deciso dai capi di quello che Maria Cecilia Guerra, capa dei senatori bersaniani, chiama il CartelloPd, Forza Italia, Lega e Alternativa Popolare. La seconda immagine è quella del Rosatellum che viene approvato a una velocità da razzo spaziale, perché tanto si sa già chi vota sì, chi no, chi è assente.