venerdì 19 maggio 2017

pc 19 maggio - L'ISTAT FA POLITICA AL SERVIZIO DI CHI VUOLE CANCELLARE LA CLASSE OPERAIA - Ma non ci faccia ridere...

"Il rapporto annuale dell’Istat sostiene che la classe operaia ha perso il suo connotato univoco, mentre la borghesia si distribuisce su più gruppi sociali. La relazione tra l’appartenenza di classe e l’identità sociale si è sfaccettata...".

Il rapporto dell'Istat - di cui sotto riprendiamo alcune conclusioni e dati - in realtà va oltre i semplici dati e le loro analisi, e fa un'operazione politica, sporca, che ha come scopo di dimostrare che la classe operaia non esiste più, che la divisione di classe non ha più senso, che al posto di "proletariato e borghesia", dobbiamo parlare di un mega precariato interclassista; che quindi siamo tutti nella "stessa barca", e che al posto delle classi ora c'è la divisione tra poveri, meno poveri, e ricchi.
Quindi, se tanto mi dà tanto, se le classi non ci sono più, se la classe operaia è sparita, non ha più senso parlare di lotta di classe; se il problema è "poveri e ricchi" non ha più ragion d'essere la denuncia e la lotta contro lo sfruttamento del capitale, e quindi la lotta non deve essere per rovesciare il sistema del capitale, causa del peggioramento dei lavoratori e delle masse popolari, ma per ridurre le diseguaglianze...

Che queste "statistiche" fossero guidate, non è una sorpresa; ma qui si butta a mare anche la minima capacità cognitiva per tentare miseramente di nascondere e portare confusione su un dato di fondo, materialistico: 
finchè vige il sistema del capitale c'è la forza-lavoro operaia da cui il capitale tre i suoi profitti; 
quindi, finchè ci sono i padroni ci sono gli operai; 
e finchè ci sono gli operai c'è la lotta di classe (ci dispiace per voi...)

Dal rapporto Istat
La principale causa di questa «esplosione» dei confini tra le classi ereditati dal Novecento è la «precarizzazione delle forme contrattuali» e l’aumento delle «diseguaglianze sociali» sostiene l’Istat... oggi non basta essere operai per appartenere alla classe operaia e non basta essere
impiegati o occupati per essere «borghesi». Nella posizione della classe operaia oggi si ritrovano quelli che l’Istituto nazionale di statistica definisce «giovani blue-collar», ovvero precari del terziario più o meno avanzato...
...Lo stesso discorso vale per il ceto medio all’interno del quale esistono redditi e occupazioni più vicine alla condizione di un nuovo proletariato che a quelle più tradizionali... La zona grigia dove si intrecciano la precarizzazione degli operai e la proletarizzazione del ceto medio coinvolge ugualmente il lavoro autonomo freelance e ordinistico. Questa condizione definita – «Quinto stato» o «precariato come classe esplosiva» (Guy Standing), va inoltre analizzata alla luce della crescita della povertà assoluta: 4,6 milioni di persone e della povertà relativa (8,3 milioni)...
...(Poi) emerge un settore “apolide”. Nel 2016 l’Istat ha contato circa 3 milioni 590 mila famiglie senza redditi da lavoro. Parliamo di milioni di persone che non risultano, almeno agli occhi delle statistiche ufficiali, né occupati né pensionati da lavoro. La percentuale più alta si registra nel Mezzogiorno (22,2%) 
...(quindi c'è) l'affermazione di una nuova realtà: il lavoro povero 
...aumenta il lavoro intermittente. Quello permanente a tempo parziale è stato l’unica forma di lavoro a crescere nella crisi (+789 mila dal 2008, +101 mila nell’ultimo anno)... 
ci sono i «Neet», i «giovani che non studiano né lavorano» fino ai 29 anni... l’incidenza dei «Neet» è del 24,3%, la più elevata in Europa dove la media è al 14,2%. Uno degli effetti più visibili di questa situazione è che sette giovani under 35 su dieci vivono nella famiglia di origine...

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