sabato 18 marzo 2017

pc 18 marzo - Il Movimento 5 Stelle in Sicilia confessa di essere un partito che fa carte false pur di avere una poltrona!

Continua la storia dello scandalo (scandalo solo per quelli che credevano o credono che il M5S di Grillo sia qualcosa di diverso dagli altri partiti della media e piccola borghesia) delle firme false per permettere a Riccardo Nuti nel 2012 di candidarsi a sindaco di Palermo, viene confermato dalle confessioni dei suoi due deputati regionali Ciaccio e La Rocca più altri attivisti.

Gli indagati attualmente sono oltre a Ciaccio e La Rocca “i deputati nazionali Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, gli attivisti Samantha Busalacchi, Riccardo Ricciardi e Pietro Salvino” come riporta il GdS del 15 marzo scorso che riproduciamo per intero perché dalla sua lettura si capisce ancora meglio che tipo di spregiudicati personaggi fanno parte di questo partito. “Eravamo tutti d’accordo”, “Mi consigliai con tutti”… sono alcune delle frasi dette; commentiamo con alcune sottolineature e tra parentesi quadre.


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“Ciaccio e La Rocca: ecco chi ricopiò le firme per la candidatura
“Ero sicuramente presenta alla ricopiatura delle firme”, dice Giorgio Ciaccio. “Ho partecipato alla dettatura dei dati e anche alla ricopiatura”, sostiene Giuseppe Ippolito. “Non ho condiviso la
mia scelta con i deputati nazionali palermitani del Movimento 5 Stelle, mentre i miei onorevoli colleghi [ancora onorevoli sono? -ndr] regionali mi hanno sostenuto nella decisione di confessare”, spiega Claudia La Rocca. Non chiamateli pentiti, ma i due deputati pentastellati all’Ars, La Rocca e Ciaccio, assieme a Ippolito e ad altri attivisti grillini, hanno dato un contributo fondamentale alle indagini sulle firme false a sostegno della lista presentata alle elezioni comunali di Palermo, nel 2012. Fanno nomi e cognomi, soprattutto i due parlamentari, di chi c’era e dei ruoli ricoperti dai singoli. E su ciò che loro raccontano – oltre che sulle risultanze delle indagini svolte dalla Digos – dovranno dire la loro gli altri indagati, i deputati nazionali Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita, gli attivisti Samantha Busalacchi, Riccardo Ricciardi e Pietro Salvino: rimasti in silenzio nella prima fase delle indagini, hanno chiesto di essere interrogati dopo che la Procura ha notificato loro l’avviso di conclusione delle indagini.

“Eravamo tutti d’accordo”


Ippolito era candidato alle elezioni amministrative e, quando furono presentate le liste, ad aprile di cinque anni fa, non era nemmeno venticinquenne: soprattutto, non era nato a Palermo ma a Corleone. Dall’indicazione sbagliata del luogo di nascita (errore commesso dalla Busalacchi) e dalla frenesia di rimediare nasce il pasticciaccio brutto di via Sampolo: la ricopiatura delle firme dei sostenitori. “Come molti attivisti – detta a verbale Ciaccio, difeso dall’avvocato Alfonso sorge – ero e sono giovane di età e, posso dire, un po’ sprovveduto su aspetti burocratici e giuridici”. [Tutti i delinquenti in genere sono un po’ “sprovveduti”, ma purtroppo per loro questa non è una giustificazione - ndr]. Da qui l’idea di appoggiarsi a un esperto come l’avvocato Francesco Menallo (pure lui indagato), che di politica aveva una certa esperienza: “Non so dire con certezza – è sempre Ciaccio che parla – se fu Menallo a dare il suggerimento oppure se abbia avallato e condiviso questa decisione. Posso dire con certezza che è passato presso la sede di via Sampolo la sera della ricopiatura. Non so se sia entrato nella stanza ma comunque, quale attivista storico del Momento, era sempre al corrente di tutto”. Chi decise? Vogliono sapere i pm Bernardo Petralia e Claudia Ferrari. “Sulla ricopiatura erano concordi tutti i presenti e in particolare, con certezza, Nuti, La Rocca, Busalacchi, Di Vita, Mannino (Stefano, detto Alessio, ndr), Paradiso, Alice Pantaleone e Toni Ferrara. Non sono certo che ci fosse Pietro Salvino, non credo che ci fosse Riccardo Ricciardi, ma sicuramente è passato dalla sede, facendo ingresso nella stanza della ricopiatura e ha avuto contezza dell’attività che lì si svolgeva, così come la moglie, Loredana Lupo (deputata anche lei, non indagata, ndr).

La Rocca: mi consigliai con tutti

“Giancarlo Cancelleri quest’estate aveva avuto notizia di un servizio delle Iene – racconta ancora Ciaccio – e mi chiese spiegazioni. Io gli confermai che un problema c’era stato, ma che ne avremmo parlato di presenza”. Fu poi fatto un punto fra i deputati regionali “per ricostruire gli accadimenti dell’aprile 2012”. È Claudia La Rocca a raccontare i dettagli: “Subito dopo il servizio delle Iene ho parlato con tutti i miei colleghi deputati regionali, almeno 11, esclusi Ciaccio e Valentina Zafarana. Ho detto loro che la vicenda delle firme false era vera e che io avevo avuto un ruolo attivo nella falsificazione. In particolare ho parlato con gli onorevoli Cancelleri, Matteo Mangiacavallo, Francesco Cappello, Giannina Ciancio, Vanessa Ferreri, Valentina Palmeri, Angela Foti, Sergio Tancredi, Giampiero Trizzino, Salvo Siragusa e Stefano Zito. Loro mi hanno sostenuta nella mia scelta di confessare”. “Il referente di tutto l’attività – insiste la La Rocca era sempre Riccardo Nuti, che era il più interessato (era candidato sindaco, ndr) e che aveva rimproverato a Busalacchi, che, dal canto suo, era mortificata, perché si sentiva responsabile dell’errore”. Sprovveduti, si definiscono i grillini che confessano: “Non ricordo se nella ricopiatura si siano adottati particolari espedienti per simulare l’autenticità delle stesse. Credo che si sia provato a imitare il tratto grafico, ma senza particolare cura, anche perché c’era la necessità di terminare in fretta il lavoro”.

Il Giornale di Sicilia 16 mar. 17

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