giovedì 9 febbraio 2017

pc 9 febbraio - Napoli - Michele è vivo... i morti sono loro!

Napoli. «La precarietà uccide, uccidiamo la precarietà!»


michele
La rabbia di studenti e precari dopo la pubblicazione della lettera di Michele, che si è tolto la vita a 30 anni per sfuggire a un presente senza felicità e dignità: striscioni esposti fuori alle università e fuori l'agenzia interinale del lavoro "manpower" affiggendo provocatoriamente cartelli e striscioni
«La morte di michele è un atto d'accusa contro questa società fondata su ingiustizia, miseria e sfruttamento»
Il 31 gennaio Michele, un giovane grafico di Udine di 30 anni, si è tolto la vita.
I genitori hanno deciso di pubblicare la sua ultima lettera.

Le parole di Michele hanno colpito tutti. Parole pesanti come macigni. Un vero e proprio atto d'accusa nei confronti di questa società che condanna intere generazioni a un presente senza futuro fatto di precarietà, sfruttamento, talvolta miseria, rassegnazione.
Si può senz'altro non condividere il gesto di Michele, e chi ha scelto di resistere e lottare per costruire un mondo diverso deve ogni giorno lottare per trasformare questo dolore in rabbia e questa rabbia in legami, organizzazione, lotta e vita, non morte.
Tuttavia non sfugge a nessuno la lucidità e anche la dignità delle sue parole e del suo gesto.
Un gesto che non è isolato: centinaia di persone decidono di togliersi la vita perchè sopraffatti dai debiti, condannati all'emarginazione, insoddisfatti, esausti di combattere contro miseria e sfruttamento. Milioni di persone combattono con i sintomi di questo sistema malato che negli individui si manifestano attraverso ansia, panico, depressione, paranoie e passioni tristi.
Questo atto d'accusa non lascia per noi il campo alla rassegnazione, ma suona come una sveglia per squarciare l'indifferenza e l'anestesia che opprime questa società, guardare negli occhi i nostri nemici, costruire comunità resistenti e capovolgere la bilancia delle ingiustizie, risveglia il desiderio di restituire questa condanna a chi se la merita: ai padroni, alle banche, a una classe politica corrotta e criminale, agli interpreti dell'odio e dell'egoismo sociale, ai responsabili di questo presente di ingiustizie e sfruttamento, ai predicatori della retorica dell'individualismo, dell'imprenditoria di sè stessi, del neoliberismo.
Il riferimento, alla fine della lettera di Michele, al ministro Poletti – il maggiore sponsor del Jobs Act, l'alfiere dei voucher, colui che aveva insultato i cosiddetti cervelli in fuga, i giovani emigranti – valga per tutti i nostri nemici!

Michele è vivo, i morti sono loro!
Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti!

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