giovedì 5 gennaio 2017

pc 5 gennaio - L'IMPERIALISMO E I SUOI SATELLITI/TURCHIA SI INGARBUGLIANO SEMPRE DI PIU'

(Riprendiamo stralci da due recenti articoli di Tommaso Di Francesco, apparsi sul Manifesto, che mostrano non la forza dell'imperialismo, ma il suo incatenamento nelle sue stesse contraddizioni).


L’attentato di Istanbul è stato troppo paragonato ad altri efferati e siccome ha avuto di mira la discoteca lussuosa Reina ha indubbiamente ricordato il Bataclan di Parigi, per modalità e natura del bersaglio colpito.
Ma quella strage e le altre di quel periodo rappresentavano ancora la fase predicatoria-criminale dello Stato islamico, una sorta di offensiva nei luoghi dell’Occidente, subito in Europa.
Ma erano e sono gli stessi Paesi che avevano attivato in Siria la guerra per procura insieme alle petromonarchie del Golfo; e che avevano visto partire, senza commento, migliaia di foreign fighters. Una scia di sangue di rientro in casa.
Stavolta c’è una novità. L’attentato avviene a poche ore dal voto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che ha approvato all’unanimità con il voto positivo degli Stati uniti ancora a presidenza Obama le condizioni della tregua trattate da una parte da Russia, Turchia e Iran e dall’altra dal fronte dell’opposizione siriana, non solo quella moderata ma anche dei salafiti, escludendo naturalmente Isis e qaedisti.
Proprio quando Ankara sembra volgere lo sguardo dalla Nato, l’alleanza militare di storica appartenenza per rivolgere invece attenzione all’iniziativa della Russia. Con la quale ha fatto un voltafaccia di 360 gradi, tagliando con le milizie dell’Isis che fino all’ultimo ha protetto in traffici di armi, petrolio, finanziamento e addestramento.
Il fianco debole della tregua di pace votata all’Onu è proprio la Turchia. Che è in guerra con una parte del suo popolo nel Kurdistan interno; e che finora è stata il santuario del fronte.
Questo è il fianco debole esposto alla vendetta, che lo Stato islamico in ritirata vuole e, vista la recente connivenza, può colpire.
L’Europa si augura che la Turchia resista. Questo accadrà nella ferocia della cancellazione ulteriore di diritti, libertà e democrazia. Con tanti, troppi silenzi che copriranno, insieme alla difesa e salvaguardia contro l’Isis, la repressione di tante, troppe libertà per le quali le capitali occidentali sono state taciturne e complici.
La guerra, in Siria e prima in Libia e Iraq, è stata solo seminazione d’odio. La scia nefasta che «ci torna a casa» non è solo quella degli attentati sanguinosi.
Diventa normalità essere costretti ad una democrazia blindata, sul chi vive, fittizia, affidata a protezioni eccezionali, magari militari.
Ci si è riempita la bocca delle «stragi di Aleppo» in questi ultimi giorni, dispensando la chiacchiera della scoperta a destra e peggio ancora a sinistra, dopo ben cinque anni di massacri veri che hanno fatto «semplicemente» 200 mila morti e 7 milioni di profughi. Senza capire che in questa ultima settimana è cominciata invece, con la disfatta delle milizie integraliste e delle forze combattenti ad esso legate, l’evacuazione di decine di migliaia di civili ostaggio del doppio assedio dell’intera città e bersaglio di bombardamenti micidiali a est come a ovest. 
Ora c’è la reazione rabbiosa dello jihadismo. Che di fronte alla perdita di Aleppo e verso le «vie di ucita» di Idlib e Raqqa, dall’irachena Mosul – che prenderà a modello le stesse distruzioni e propaganda – chiama alle armi: «Moltiplicate gli sforzi, colpite i crociati: americani, europei, traditori turchi, comunisti russi, tiranni arabi». Ed è partito l’assalto ai turisti in Giordania, l’uccisione dell’ambasciatore russo, la strage di Berlino. Il timore è che non sia finita qui. Il messaggio è indirizzato anche alle leadership, politiche e militari, occidentali. A chi finora li aveva usati per destabilizzare il Medio Oriente, perché dopo la riuscita impresa della Libia doveva toccare alla Siria.
La guerra che abbiamo aizzato altrove – ma Aleppo, ridotta in rovine, è il cuore del Medio Oriente esattamente come Berlino lo è dell’Europa – ci ritorna in casa con il gesto individuale criminale e con i foreign fighters di ritorno e sconfitti. 

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