venerdì 2 dicembre 2016

pc 2 dicembre - Eternit, contro i padroni assassini a Casale Monferrato

I ragazzi di Casale cresciuti nella tragedia: “Anche il nostro futuro è a rischio”

Nel parco Eternot le reazioni degli studenti tra delusione, rabbia e speranza nello “spacchettamento” dei processi


I ragazzi delle scuole casalesi al parco Eternot tra i filari delle piante dei fazzoletti, monumento simbolo della rinascita di Casale Monferrato (foto Albino Neri)




30/11/2016
casale monferrato
«Dire che la montagna ha partorito il topolino pare riduttivo»: ecco a cosa, dopo udienze, discussioni, interruzione di un anno in attesa della decisione della Consulta e sei ore di Camera di consiglio, è arrivata la giustizia italiana secondo l’Afeva, a «partorire un topolino».
  la presidente dell’associazione familiari vittime dell’amianto di Casale, Giuliana Busto, non riesce a credere che Stefhan Schmidheiny «malgrado sapesse delle morti, grazie alle relazioni dei centri di ricerca dell’Eternit, abbia continuato come se nulla fosse: la morte di centinaia, migliaia di persone è stata trattata come un costo necessario in nome del profitto e questo si chiama, in qualsiasi cultura e tradizione giuridica, dolo di omicidio».
Uno “spacchettamento” che invece preoccupa il sindaco di Casale, Titti Palazzetti. Ieri, proprio mentre il giudice si pronunciava a Torino, lei era in Senato alla II assemblea nazionale sull’amianto: «Sono sconcertata, ma soddisfatta per il rinvio a giudizio, lotteremo ancora, per rispetto delle vittime di questa tragedia e per il futuro nostro e dei giovani, affinché sia chiaro che inquinare l’ambiente e trascurare la salute dei cittadini per profitto è un gravissimo delitto che pregiudica la vita delle generazioni a venire».
Generazioni che sono state raggiunte dalla notizia mentre si trovavano al parco Eternot, nato quest’anno sulle ceneri dell’Eternit. Carlotta Rubinato (5ª B scienze applicate Sobrero) voleva studiare per diventare medico e fare ricerca sull’amianto, ma il viaggio a Torino, in Procura, nel 2012, quando aveva 14 anni, e la delusione per la prescrizione del 2014, l’hanno choccata e le hanno fatto rinchiudere il sogno nel cassetto: «È stato terribile» poi, col magone va a ruota libera: «Sono nata 9 mesi dopo che mio nonno è morto, per mesotelioma, ma non glielo avevano riconosciuto, credevano fosse un cancro alla pleura». Lo racconta tra le piante del fazzoletto, diventate il monumento simbolo della rinascita di Casale: «Non so cosa ci fosse qui prima di questo giardino, ma è come se lo vedessi davanti agli occhi ogni giorno, quel passato triste: i nonni sbattevano tovaglie e lenzuola e in aria si volatilizzava il polverino, è cronaca di tutti i giorni in casa mia».
Nicola Mossone (2ª A liceo classico Balbo), era in prima fila alla fiaccolata di protesta dopo la delusione del primo processo Eternit, oggi ha identica rabbia e uguale delusione di allora, ma una consapevolezza in più: «Un tempo perdevamo i nonni, ora perdiamo i genitori, è successo al mio migliore amico, il papà è morto per l’amianto». «Noi saremo i prossimi»: è agghiacciante, e lucida, la profezia di Carlotta. Nicola lo spiega scientificamente: «Il picco della produzione è stato tra il 1976 e il 1980, quello dei morti tra il 2016 e il 2020».
Sull’accusa di omicidio che da volontario è diventato colposo, i più pessimisti sono Marco Albieri, 5ª B commerciale Leardi («Cadrà in prescrizione anche questa volta: lui la farà franca») e Fabiana Bonfante, 5ª A Leardi: «Me lo aspettavo: studio diritto, mi hanno insegnato che il diritto non è sempre giusto: ci sono cavilli che uccidono la speranza». Lei “tifava” per il volontario, come Arianna Bosticco (5ª B commerciale Leardi): «Sarebbe stata una piccola rivincita per chi ha perso parenti per colpa dell’Eternit e di Schmidheiny».
Nicola vorrebbe incontrarlo il magnate svizzero: «Gli direi: “Tu per la giustizia potrai anche non essere responsabile, ma per noi lo sei e anche per la tua coscienza”». «Io gli chiederei - interviene Alessio Zito, 5ª A elettronica Sobrero -: “Lo rifaresti?”». Andrea Savallo (2ª classico Balbo) ha deciso invece di guardare oltre: «Non è una vittoria, ma neanche una sconfitta: sapevo che sarebbe andata così, ora confido nelle singole procure, spero e credo che siano più sensibili». Anche se i 258 morti, per i quali è imputato Schmidheiny, non saranno trattati assieme: «Noi però restiamo uniti nella battaglia: questa lotta annulla anche la naturale competizione tra istituti scolastici» chiosa Fabiana. E poi, all’unisono: «Ricordiamoci che le vittime sono più di 258: molte di più».
L’ex operaio Pietro Condello, diventato simbolo della battaglia contro il magnate svizzero Stephan Schmidheiny




30/11/2016
casale monferrato
Questo dramma di morti nella malapolvere e per la malapolvere sembra non finire mai. La giustizia, che potrebbe e dovrebbe placare l’inquietudine di un torto subito, pare più invisibile della fibra che provoca la morte di mesotelioma. Perché, a Casale Monferrato e non solo, dove si è sparso amianto come polvere di stelle, un torto l’abbiamo subito, inconsapevoli e inermi.
Per cinque anni si sono esposte bandiere tricolore lungo tutto il percorso del maxiprocesso Eternit in cui era stato contestato il reato di disastro ambientale doloso. Restò in piedi, con relative condanne, per due gradi di giudizio, poi franò in quello che avrebbe dovuto sancire la sua definizione: la Cassazione concluse tutto nella prescrizione. La procura di Torino tirò fuori altre carte e imboccò un’altra via, peraltro tra le righe evocata dalla Suprema Corte, quella di un procedimento per le morti singole, anziché il reato collettivo di disastro. Ne compilò un elenco di 258: sono soltanto un campione, incompleto, dei lutti di questa città. E accusò l’ultimo dei proprietari di Eternit Italiana ancora vivente, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, di aver messo in conto consapevolmente che questi uomini e queste donne, madri e padri di famiglia, figli che hanno preceduto contro natura i genitori, fratelli, sorelle avrebbero potuto morire per l’amianto che usciva largamente dalla fabbrica, e volteggiava nell’aria, nei cortili, nelle case. Anche questa ipotesi non va. Un giudice non ha ritenuto fondata questa consapevolezza, questa «volizione» in gergo giuridico, da parte dell’imputato. Non nega una colpa cosciente, cioè la previsione, nell’agire dell’imputato, che delle persone sarebbero morte, ma esclude la volontà specifica di aver agito per quello scopo. Colpa e non dolo. E il fascicolo è stato smembrato in quattro parti, i tempi per incardinare nuovi procedimenti si allungano, il gufo della prescrizione è in agguato.

Eternit bis: parti civili, si allontana accertamento cause
Altri magistrati prenderanno in mano quelle carte e proveranno a ragionare per capire se esistono altre ricostruzioni possibili. Quando si arriverà a celebrare quei processi sarà durissima, perché si apriranno, come non si è mai fatto prima, le porte di ogni casa, di ogni camera da letto, di ogni stanza di ospedale dove sono passate le vittime, dove i loro familiari le hanno viste soffrire, impaurite quanto dignitose. Si va avanti perché, per sopire questa inquietudine, e per superare quest’angoscia latente, c’è bisogno di mettere ordine. C’è un modo: trovare la cura che sconfigga il mesotelioma. Di mal d’amianto si deve guarire. In fretta. È un’illusione sperare che la giustizia passi anche attraverso la disponibilità responsabile, autentica e scevra da ricatti, da parte del magnate svizzero verso un risarcimento senza limitazioni, etiche e quantitative, a priori, che porti a compimento la ricerca di una cura salvifica?

La Cia di Alessandria esprime delusione per la decisione in udienza preliminare dell’ “Eternit bis” a Torino che prevede la modifica dell’accusa a Schmidheiny da omicidio volontario a colposo e il trasferimento dei casi ad altre Procure.
La prima sensazione è che le 258 vittime non vedranno più giustizia – commenta il vicedirettore, casalese, della Cia di Alessandria Germano Patrucco -: il processo sarà spacchettato e questo comporterà inevitabili lungaggini a causa della ripresa, dal principio, dello studio dei casi. 

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