giovedì 17 novembre 2016

pc 17 novembre - FORMAZIONE OPERAIA - BREVE SINTESI DE "LA CRITICA DELL'IMPERIALISMO" E UN INTERVENTO DI UN PROFESSORE UNIVERSITARIO IN TUNISIA

Sintesi del IX capitolo de "L'imperialismo" 
da una pubblicazione mlm anni '70
"Gli opportunisti, agenti dell'imperialismo nel movimento operaio, sostengono:la libera concorrenza, la democrazia, la pace, le conferenze internazionali per il pacifico accordo tra imperialisti, il rispetto reciproco. Tutto questo costituisce la loro politica democratico-borghese, ma non fa altro che propagandare inganni e illusioni tra i lavoratori. 
Dal momento che il capitalismo è diventato imperialismo, non è possibile contrapporre a questo nuovo stadio l'idea di un ritorno all'indietro. 
All'imperialismo si può contrapporre solo il socialismo, la dittatura del proletariato, l'internazionalismo proletario. Solo la lotta contro tutta la base capitalista dell'imperialismo è una vera lotta antimperialista".

Intervento
"...l'imperialismo è soprattutto esportazione di capitale..." Ieri, come oggi.

Tornando all'ottavo capitolo de l'Imperialismo di Lenin si approfondisce il concetto che imperialismo non é solo aggressione militare tout court ma a questa si accompagna (anche e soprattutto) un esportazione di capitale. I sedicenti compagni che difendono la Cina dalle accuse di essere diventato un paese imperialista dicendo "quali paesi stranieri ha invaso la Cina? Quante guerre di aggressione?" non vogliono vedere la natura degli investimenti cinesi nel Corno d'Africa e in Africa in generale e nei paesi del sud-est asiatico. Inoltre va aggiunto che con il rafforzarsi dell'asse Mosca-Pechino e con il riavvicinamento recente tra Pechino e Manila, non é escluso che nel prossimo futuro vedremo in azione i militari cinesi al di fuori dei propri confini.
Un'invasione di capitale (quelli che oggi si chiamano IDE, investimenti diretti esteri) che provocano il debito estero che nei paesi oppressi diventa un cappio al collo da rinegoziare continuamente con le grandi agenzie internazionali come FMI e BM che per conto dell'imperialismo gestiscono questi flussi enormi di denaro che dai paesi imperialisti vanno ai paesi oppressi dall'imperialismo e che ritorna indietro sotto forma di dividendi.
Nei paesi imperialisti nasce quindi uno strato parassitario che si occupa di questa "gestione" dei cui benefici ne godono anche uno strato superiore della classe operaia, l'aristocrazia operaia, vera e propria cinghia di trasmissione della corruzione borghese (sia materiale che spirituale) e delle idee verso la classe operaia dei paesi imperialisti che senza organizzazione di classe e senza la propria organizzazione politica, si fa dirigere dal riformismo e dall'opportunismo che sale sul carrozzone dell'imperialismo.
Potremmo dire utilizzando Mao, che questo strato di rentiers e brokers ha come interlocutore nei paesi oppressi la borghesia compradora con cui é legata a doppiofilo da questo rapporto affaristico; inoltre il carattere di parassitismo appartiene a entrambe.
Nei paesi imperialisti vi é ormai una "simbiosi strutturale" tra borghesia imperialista e aristocrazia operaia che fa si che la seconda non fa più parte a nessun titolo del campo proletario e della rivoluzione. Soprattutto quando le contraddizioni si acuiscono anzi l'aristocrazia operaia e le sue organizzazioni diventano il primo ostacolo che il proletariato organizzato deve rimuovere per poter colpire la borghesia imperialista.
I sindacati confederali ormai al servizio del patronato, i partiti di sinistra sempre pronti a sostenere il sistema.
Anche nei paesi che non sono propriamente imperialisti si notano alcuni di questi elementi, in particolare nella Grecia di Tsipras questi nodi vengono al pettine: "l'estrema sinistra" parlamentare al potere attacca quotidianamente i diritti dei lavoratori e i migranti confermando la propria "genetica" sciovinista da seconda internazionale.
Anche nei paesi oppressi si intravedono alcuni elementi simili.
Esempio Tunisia.
Il sindacato UGTT, pressocché sindacato unico nel paese, non puo' certo essere paragonato ai sindacati confederali italiani o a quelli nei paesi imperialisti totalmente integranti e strumento del potere.
Data la natura della Tunisia di paese oppresso la situazione non é analoga.
Tuttavia, considerando anche il fatto che la Tunisia rispetto ad altri paesi oppressi é maggiormente integrata nel sistema finanziario mondiale, ha un settore industriale relativamente sviluppato per essere un paese oppresso ( e anche per questo l'imperialismo ha interesse ad aumentare i propri dividendi in Tunisia, non solo terreni agricoli come si ricorda nella formazione operaia) i trasporti sono relativamente sviluppati, i servizi e il terzo settore in generale é il principale settore del paese, seguito dall'industria e non dall'agricoltura anche se rappresenta un'importante "settore di riserva" data la natura del paese (vedi esportazioni di olio d'oliva, datteri ecc).
Tutto cio' ha fatto si che l'UGTT abbia due anime, una di base compresi alcuni dirigenti locali che utilizzano il sindacato come strumento a difesa dei diritti dei lavoratori contrapponendosi anche alla linea nazionale (caso eclatante rivolta delle miniere di Redeyef, Metlaoui e Gafsa nel 2008). In un paese imperialista e più unico che raro trovare dirigenti sindacali locali nei sindacati ufficiali avere la stessa combattività.
Poi vi é l'UGTT con la sua linea ufficiale e dei grandi dirigenti, sempre più sindacato concertativo e anche di governo, subito dopo la rivolta in un governo post Ben Ali era stato assegnato un ministero ma anche nel periodo Bourguiba ex sindacalisti diventarono ministri, uno dei quattro membri del quartetto a cui é stato conferito il nobel per la pace per l'esito positivo (per gli imperialisti) della rivolta tunisina ricondotta in carreggiata. Un aspetto interssante é come i soldi "sporchi" dell'aristocrazia operaia dei paesi imperialisti vada verso i riformisti e opportunisti si un paese oppresso come la Tunisia per mezzo di ong, associazioni di vario tipo (ambientali, per i diritti dell'uomo ecc) e dai sindacati stessi.
Una volta parlando con uno dei massimi dirigenti del partito di sinistra riformista parlamentare Watad (che si ritiene orgogliosamente più a sinistra dell'ex Partito Comunista Operaio Tunisino di Hamma Hammami) disse che il proprio partito aveva legami con la Cisl da cui erano stati invitati a mandare una delegazione in Italia.
Ma nella Tunisia post Ben Ali, con il fiorire di mille associazioni questo fenomeno é molto evidente con associazioni europee partner che arrivano piene di soldi e finanziamenti e organizzano piccoli e grandi eventi per la "società civile" divisa in questi mille rivoli autoreferenziali e in competizione reciproca distogliendo l'attivismo giovanile dal vero obiettivo.
Queste riflessioni iniziali potranno essere approfondite vedendo come si svilupperà il pomposo "Piano Marshall Tunisino" come é stato definito il prossimo piano quinquennale governativo che si coronerà nel 2020 e in cui gli "aiuti" e investimenti esteri giocano un ruolo di primo piano.

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