mercoledì 12 ottobre 2016

pc 12 ottobre - Tunisia ..La storia di un comandante fellega tunisino: un racconto di “ieri” importante per l’oggi


Abbiamo avuto l’occasione di ascoltare un racconto particolare da una giovane studentessa universitaria tunisina. Jihen proviene da Madenine, una città rurale dell’estremo sud tunisino e capoluogo dell’omonimo governatorato; attingendo dalle memorie di vari membri familiari ci racconta la storia di suo nonno: Mohamed Ben Ali Bin Abdel Latif, un guerrigliero della Resistenza tunisina, il movimento noto come quello dei fellega.
Il racconto di Jihen per noi é solo l’inizio di una più ampia e necessaria ricerca per riscoprire una storia in parte dimenticata e in parte stravolta dalla storiogrqfia ufficiale in cui il protagonista é stato il popolo tunisino in lotta per la propria libertà.
Mohamed Ben Ali Bin Abdel Latif nacque intorno al 1903 e visse a Oued Essedr, governatorato di Medenine nel sud della Tunisia.
Intorno all’età di 20 anni si unisce insieme ai suoi figli alla Resistenza anti-coloniale fellega contro l’occupazione francese in quella regione.
La vulgata ufficiale parla dell’esistenza del movimento di Resistenza guerrigliero Fellega in Tunisia nel biennio 1952-1954, in realtà si sono verificati episodi di resistenza armata nelle aree più sottosviluppate del paese e in particolare nelle regioni di Kasserine, Gafsa, Kef, Douz e Gabes sin dalla firma del Trattato del Bardo che sancisce l’occupazione francese nel paese nel 1881.
A più riprese ci saranno rivolte armate in queste regioni durante il primo decennio del secolo scorso, durante la prima guerra mondiale, e negli anni ’40 contro le truppe alleate anglo-francesi che liberarono il paese dall’occupazione nazi-fascista ma che a loro volta vessarono le popolazioni locali in quelle aree e cercarono di arruolare forzatamente gli abitanti nelle truppe alleate.
In questo quadro storico combatté Mohamed, uno dei tanti patrioti tunisini “dimenticati”; essere venuti a conoscenza della sua storia é un primo piccolo passo importante per conoscere meglio l’esperienza della Resistenza tunisina, molto utile e al servizio del futuro di questo paese più di quanto si possa pensare, soprattutto in tempi di “rivoluzione” tradita in cui si ergono statue che guardano al passato per affermare lo status quo contrapponendosi al cambiamento sociale che cova sotto la cenere.
Come tutte le forze di resistenza che devono fronteggiare un nemico meglio organizzato ed equipaggiato, Mohamed organizza con ingegno il proprio gruppo.
Ad esempio per ricevere e nascondere le munizioni delle armi utilizzava i cammelli ai quali veniva somministrato il cibo con dentro le munizioni che venivano quindi trasportate al sicuro nelle loro pance.
Il gruppo era composto in media da 50 guerriglieri, l’età media dei combattenti era compresa tra i 20 e i 30 anni, le armi provenivano principalmente dai gruppi di resistenza libici precedentemente legati all’ormai defunto Omar Mokhtar, il capo della Resistenza anti-italiana e anti-fascista in Libia.
In base al numero dei guerriglieri disponibili si sceglieva l’obiettivo, tra cui vi erano principalmente caserme (vicino Ben Guardane o la caserma di Medenine) e posti di blocco.
Dopo le prime azioni di guerriglia nella zona, che avvenivano principalmente la notte, i francesi iniziano ad indagare sull’identità di Mohamed.
La ricerca non é facile, durante il giorno Mohamed si finge invalido, i francesi sono invece alla ricerca di un baldanzoso capo guerrigliero…
Infine i francesi riescono a individuarlo tramite un infiltrato che ha il compito di eliminarlo avvelenandone il cibo. Ma Mohamed era solito fare mangiare prima il proprio cibo ai suoi cani, per precauzione. Il tentativo di assassinio quindi fallisce.
La potenza occupante organizza allora dei rastrellamenti a cui sfugge spesso sconfinando in Libia unendosi ai gruppi armati libici e partecipando con i suoi uomini ad azioni contro i militari nazi-fascisti che stazionavano nei pressi del confine tunisino-libico.
Tra la Resistenza anti-coloniale libica e quella tunisina vi era quindi una stretta collaborazione.
Una volta che le truppe francesi scoprirono la sua identità, diedero fuoco alla sua casa ma lui riusci a fuggire. I francesi trovano solo la moglie e il figlio che dopo qualche intimidazione vengono comunque lasciati in pace.
Mohamed combatte la sua ultima battaglia a Mareth il 27 Ottobre 1956, in campo aperto infiggendo gravi perdite al nemico ma in cui perdono la vita molti patrioti tra cui il fratello.
La battaglia é stata combattuta pochi mesi dopo l’indipendenza formale, e altre simili vi sono state negli anni successivi fino al 1961 in seguito al rifiuto del governo francese di abbandonare alcune basi militari strategiche.
Tornando alla battaglia di Mareth, in quest’ultima presero parte diversi gruppi fellega, non solo quello locale di Mohamed e corpi di fanteria del neonato esercito tunisino formato principalmente da membri tunisini dell’esercito francese a cui Bourguiba aveva ordinato da  di disertare al fine di formare il nuovo esercito nazionale.
Mohamed muore 5 anni dopo l’indipendenza dopo essersi ritirato a vita privata non partecipando attivamente alla politica del nuovo partito al potere il Neo-Destour.
Dal racconto emergono alcuni dati interessanti, due in particolare:
– Il ruolo attivo delle donne nella Resistenza anti-coloniale tunisina.
Le donne in alcune occasioni hanno combattuto armi in pugno per difendere i propri quartieri e villaggi in occasione dei rastrellamenti quando erano assenti gli uomini. In combattimento si travestivano da uomini per non subire ritorsioni durante i successivi rastrellamenti e le rappresaglie facendo credere alla potenza coloniale che solo gli uomini erano attivi nella guerriglia.
Anche la moglie di Mohamed, Dhawya, partecipo’ attivamente alla Resistenza.
Questo elemento é molto importante e necessita di essere approfondito soprattutto alla luce dei recenti rigurgiti reazionari e conservatori, di cui si fanno interpreti militanti di gruppi salafiti e membri della polizia, che vorrebbero relegare la donna tunisina in casa o incatenarla a dubbi “principi morali” di natura patriarcale.
– Il disarmo dei fellega ottenuta l’indipendenza (formale) dalla Francia.
Dopo l’indipendenza il nuovo esercito tunisino repubblicano fondato da Bourguiba requisisce le armi ai fellega la cui maggioranza non diventerà parte integrante del nuovo esercito.
Cio’ è legato alla visione politica strategica di Bourguiba di collocare la Tunisia nel campo occidentale subordinando gli interessi popolari e nazionali a quello delle potenze imperialiste in particolare Francia (una volta risolte le scaramucce inerenti alla “sovranità territoriale” conclusasi nel 1963 con l’evacuazione dei francesi da Bizerte) e USA.
Esclusi questi episodi, l’indipendenza tunisina é avvenuta per via “pacifica” grazie anche alle vicende internazionali che investivano la Francia e in particolare l’accanita resistenza delle colonie nella vicina Algeria e nella lontana Indocina francese (attuale Vietnam, Laos e Cambogia).
La Francia preferi concentrarsi su due colonie più importanti ancor più avendo delle “rassicurazioni” da parte di Bourguiba circa la futura collocazione internazionale della Tunisia.
Il popolo tunisino in ultima analisi é stato aiutato molto dal popolo algerino e dai popoli dell’allora Indocina francese.
Al contrario il nuovo stato tunisino “indipendente” non ricambierà il favore al popolo algerino, arrivando anche ad osteggiare l’FLN algerino mobilitando il proprio esercito al confine algerino per non inimicarsi l’ex madrepatria francese.
Con i dovuti distinguo storici e contestuali, impossibile non pensare al parallelismo con la Resistenza Antifascista italiana, disarmata dal nuovo governo italiano post-bellico e dallo stesso PCI che da li a poco cambierà natura.

Ma qui vale sempre, in ogni tempo e in ogni luogo, la famosa massima di Mao-Tse-Tung: “senza esercito popolare il popolo non avrebbe niente”.

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