martedì 27 settembre 2016

pc 27 settembre - La lotta nella miniera d'oro in Perù


Maxima Acuña nobel per ecologia womeninculture 

La resistenza di Máxima Acuña contro violenze e miniere

Nel nord del Perù, precisamente nella regione di Cajamarca,
 si trova Yanacocha: la più grande miniera d’oro a cielo aperto 
di tutta l’America latina.
In questi ultimi anni la multinazionale statunitense Newmont 
Mining ha tentato più volte di ampliare questa miniera, 
un progetto che avrebbe limitato la libertà dei popoli nativi, 
oltre a rappresentare un rischio per l’integrità delle risorse
 idriche della zona, per la biodiversità vegetale e animale.
Nel nord del Perù, però, vive anche Máxima Acuña, 
una donna che ha posto il suo corpo a difesa della 
Terra sino a costringere la multinazionale statunitense
 
alla sospensione del progetto.La lotta condotta da Máxima, raccontata nel documentario Aguas de Oro, oltre a rallentare l’ennesimo atto di violenza mosso ai danni della Terra, è stata anche insignita del premio Goldman 2016 (l’equivalente del premio Nobel per l’ecologia) per la difesa dell’ambiente.


Ma persone come Máxima rappresentano un grande ostacolo per gli interessi di chi specula sulla salute della Terra, in quella che è una corsa quotidiana al monopolio di ogni risorsa di cui il Pianeta dispone e che può fruttare un qualche tipo di guadagno.
Máxima, come capita spesso a chi si impegna direttamente per la difesa della Terra, in questi anni ha subito spesso atti di violenza e intimidazione, da parte di emissari della multinazionali mineraria, allo scopo di farle abbandonare la lotta e la terra abitata.
Poche ore fa, nella mattinata di domenica 18 settembre, Máxima è stata vittima dell’ennesima aggressione da parte dei lavoratori della miniera che la vorrebbero fuori da queste terre.
La notizia è stata diffusa da Isidora Chaupe Acuña, la figlia di Máxima, che in lacrime ha denunciato il nuovo atto di violenza subito dalla madre che ha riportato gravi ferite sopratutto alla testa.
La resistenza condotta da Máxima, come quelle espresse da Berta Caceres e Lesbia Yaneth Urquía (entrambe uccise dal governo honduregno per la loro lotta contro i progetti minerari e idroelettrici che minacciano la libertà del popolo indigeno Lenca), non devono perdersi nel silenzio, ma risuonare forti in tutto il mondo come esempi di lotta per la difesa e per la liberazione della Terra.
Attivisti/e, popoli indigeni, persone che non devono rimanere nell’ombra, la cui lotta e sacrificio, anche a costo della vita, non deve perdersi nel silenzio, perché il loro impegno permette la sopravvivenza di quell’ideale chiamato libertà, che troppo spesso viene dato per scontato senza rendersi conto che c’è chi quotidianamente combatte al fine di preservarlo.

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