martedì 7 giugno 2016

pc 7 giugno - Il ruolo dell'imperialismo italiano in Libia















Dalla Formazione Operaia online su l'Imperialismo: 
"...La descrizione che fa Lenin, infine, della situazione determinatasi con l’ascesa dell’imperialismo corrisponde alla situazione mondiale odierna e mette in luce che la continua trasformazione in seno ad esso non cambia la sostanza del sistema descritto come “sistema mondiale di oppressione e di strangolamento finanziario della maggioranza delle popolazioni del mondo, da parte di un pugno di paesi “progrediti” e la spartizione del bottino ha luogo tra un certo numero di predoni di potenze mondiali armate da capo a piedi che coinvolgono nella loro guerra per la spartizione del loro bottino il mondo intero...”.

(AGI) - Roma, 5 giu. - L'Eni "lavora in Libia per portare sviluppo e stabilita'" e lo sviluppo dell'Africa "e' un tema che dobbiamo affrontare oggi". Lo ha detto l'Ad Claudio Descalzi in una intervista a La Stampa, di ritorno da Tripoli, dove nella base navale di Abu Sitta ha incontrato il premier del governo di accordo nazionale Fayez al Serraj. Era dalla rottura fra le componenti del Paese nell'estate del 2014, ricorda il quotidiano, che l'amministratore delegato non approdava nella capitale.
"Non ho percepito una situazione di precarieta'. Certo, da cinque anni in Libia c'e' una situazione di precarieta', ma lui (Serraj) e' impegnato in un dialogo costruttivo, e' ben consapevole delle priorita' per rimettere insieme la nazione. L'ho visto parlare e affrontare i nodi in modo concreto", assicura il top manager, spiegando che "abbiamo
parlato di lavoro, energia, delle cose da fare". La priorita' e' "avere stabilita'", che in quella parte del Mediterraneo si raggiunge "portando lavoro e sviluppo".

L'Eni in Libia e' presente in molti siti nel deserto e off shore, al largo di Tripoli. "Ed e' una presenza importantissima - sottolinea Descalzi - per la stessa popolazione libica. Perche' il 60% della nostra produzione giornaliera, che ammonta a 35 milioni di metri cubi di gas, va ad alimentare il mercato locale, a far funzionare le centrali elettriche del Paese. Il gas va bene, la produzione di petrolio invece fatica. Prima della crisi il Paese produceva circa 1,5 milioni di barili. Ora a stento 350.000".
La sicurezza nei lughi dove opera Eni, spiega l'Ad, si garantisce "anzitutto creando aree di sicurezza passiva, recinzioni, sistemi di protezione dei vari campi, come a Mellitah e a Wafa; e poi facendo riferimento all'esercito", "le milizie che operano nelle diverse zone del Paese e che sono comunque pagate dalla banca centrale". Descalzi ha auspicato il ritorno in Libia di "tutti i grandi concorrenti, da Total a Bp, a Exxon", perche' "vogliamo competere" nel Paese, "significherebbe piu' sviluppo e piu' investimenti", per questo, "e' auspicabile non essere soli". Sui fenomeni migratori, che toccano direttamente la Libia, Descalzi ha spiegato che "la tragedia e' legata alla mancanza di sviluppo, tra 20-30 anni la situazione sara' ancora piu' ingestibile, la popolazione cresce e arrivera' a due miliardi eppure e' li' che manca energia, che ci sono disfunzioni. Per evitare che il gap si allarghi - conclude - dobbiamo affrontare oggi il tema dello sviluppo dell'Africa. L'energia dell'Africa deve andare in modo prioritario allo sviluppo dell'Africa". (AGI)

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