martedì 28 giugno 2016

pc 28 giugno - LA STORICA LIBRERIA CALUSCA-MILANO E' STATA LA BELLA CONCLUSIONE DI QUESTO NUOVO CICLO DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO ILVA

Video sulla presentazione alla Calusca

https://www.youtube.com/watch?v=5Hp97J-MnUs
https://www.youtube.com/watch?v=MihW2phSyxI
Nella storica libreria Calusca a Milano, presso il C.S. Conchetta, è arrivata la presentazione del libro Ilva, la terza che avviene a Milano, per illustrare alla buona e articolata presenza dei compagni intervenuti lo stato dell'arte sulla vicenda che attraversa la più grande fabbrica italiana, dentro la drammatica condizione ambientale della città di Taranto.

I compagni intervenuti rappresentavano realtà importanti, da Medicina democratica, ai rappresentanti sindacali di diverse organizzazioni di base, Usi, Coordinamento 3 ottobre, Usb, Slai cobas sc, da operai, precari lavoratori attivi nelle lotte, a militanti politici importanti della realtà milanese, come Soy Mendez, il nuovo collettivo di Micene, Anpi, Crescenzago, compagni di 'Penetteria', 'Olga', ecc.

Aprendo la presentazione, la compagna di Taranto è partita dai dati che riassumono la dimensione della questione Ilva, sempre utili e necessari per mettere i compagni in grado di comprendere la portata della vicenda e della lotta necessaria a Taranto.
Quindi ha letto alcuni brani del libro che riguardano la biografia economia, personale di padron Riva, espressione concentrata del capitale industriale nella sua espressione più chiara di attacco ai lavoratori, alla condizione di vita e di sfruttamento globale, di disprezzo per la loro vita.
Intrecciato con la visione di alcuni video che permettevano ai compagni di conoscere volti e fatti, dell'interno dell'Ilva, del quartiere Tamburi, del cimitero di Taranto.
E' seguito quindi un vero e proprio racconto dei contenuti del libro, vale a dire il racconto delle lotte a Taranto, dei 2 anni di ribellione, confusa ma espressasi in diverse forme, sia da parte degli operai, sia
da parte della popolazione nei quartieri e nella città.
Si è voluto soprattutto smentire che gli operai in questa vicenda siano stati succubi dell'azienda o assenti e che tutto si possa rinchiudere nella contraddizione tra lavoro e salute, o, ancor peggio, in una lotta tra operai e cittadini: se viene prima il lavoro o la salute.
E' stato raccontato cosa è avvenuto realmente con l'arrivo di Riva, come padrone neocoloniale che, legandosi ad aspetti degenerati dell'industria di Stato, ha operato con l'accetta, attaccando diritti sindacali e, nel caso della Palazzina Laf, perfino diritti umani. Così come l'impatto nella vicenda della “rottamazione” in fabbrica che ha visto l'uscita di 5mila operai per “benefici amianto” e l'ingresso di 8mila giovani, sindacalmente sprovvisti degli strumenti per lottare e che solo nel susseguirsi delle morti sul lavoro che li hanno toccati hanno cominciato a lottare sul fronte della sicurezza.

La realtà raccontata dal libro, sulla base di cronache, fatti, documenti, polemiche, è invece la dinamica di una lotta di massa che potenzialmente poteva e può unire operai e masse popolari contro il fronte di padroni, governi, sistema del capitale.

E' stato necessario nell'esposizione ritornare su ciò che aveva preceduto i due anni dell'esplosione dell'inchiesta giudiziaria, la lotta e la resistenza degli operai in fabbrica contro prima di tutto dentro una fabbrica che ha prodotto il maggior numero di morti sul lavoro nel nostro paese, e questo sia nei lunghi anni dell'industria di Stato, Italsider, sia negli anni di padron Riva.
Una lotta che aveva visto negli anni '70 perfino piattaforma puntuali e affilate che domandavano cambiamenti degli impianti, dell'organizzazione del lavoro, per aumentare la sicurezza e ridurre l'impatto ambientale; piattaforme su cui gli operai hanno anche lottato, così come hanno reagito alle morti sul lavoro, lottando però quasi sempre soli.
Così come è stata raccontata la lotta della Palazzina Laf, del blocco del convertitore, i cui i giovani delegati della Fiom sono stati licenziati e poi isolati dal loro stesso sindacato, mobbizzati e, infine, dopo la contestazione dell'”Apecar” del 2 agosto, espulsi.

Questa storia reale di una guerra di classe, ora sotterranea e latente, ora esplicita e diretta, è alla base del manifestarsi delle contraddizioni e delle posizioni tra gli operai e nella città che come in certe fasi hanno animato la protesta, la denuncia e la mobilitazione, poi ne hanno determinato l'implosione e il ripiegamento e anche il materiale abbandono del terreno della lotta di classe, dell'unità di classe e dell'unità del fronte di lotta tra “operai e cittadini”.

La parte finale dell'esposizione è stata dedicata chiaramente all'inchiesta giudiziaria. Un processo ad un intero sistema che i padroni chiaramente non vogliono e che stanno sabotando attraverso i loro legali perchè non cominci neanche, si muova lentamente, non vada a fondo, ma che proprio per questo è una pagina importante dello scontro a Taranto; un processo che, dato il suo carattere di “madre di tutti i processi” di questo genere e di manifestazione estrema della “produzione per il profitto” che distrugge operai, cittadini, ambiente, deve diventare una battaglia nazionale.

Il libro, è stato detto, è stato fatto anche per questo, e il giro delle presentazioni, il confronto con i compagni di diverse realtà, sta dimostrando come cresca questa comprensione e condivisione.

Sono seguite delle domande con cui i compagni hanno cercato di entrare ancor più nella fabbrica e nella vicenda. Qual'è la situazione in questi giorni in fabbrica? Quali sono le forze all'interno che stanno agendo? Come vivono gli operai le vicende più recenti legate ai piani di svendita della fabbrica? Che cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi mesi che succeda all'Ilva?

Alcuni compagni hanno denunciato il ruolo della politica borghese e sindacale in tutte le sue forme per quello che si è determinato e come si debba cercare una risposta anche politica a questa vicenda.
Altri compagni hanno denunciato come sia sbagliato considerare gli operai responsabili di quello che è accaduto all'Ilva e che accade anche in altre fabbriche; altri compagni chiesto se si poteva pensare ad una riconversione produttiva dell'Ilva.
Nel rispondere a queste domande, i compagni autori del libro hanno messo in luce le difficoltà, la frammentazione operaia e sindacale attuale, l'insufficienza del Usb sindacato di base maggiormente presente in Ilva, il ridimensionamento e la passività interna alla fabbrica dei “Liberi e pensanti”. Ma, nello stesso tempo, il generarsi di gruppi di operai non organizzati, non strutturati, che vogliono impegnarsi e si preparano alla lotta che verrà e che domandano anche una presenza degli ambientalisti al fianco degli operai. Mentre in città si assiste ad una nuova mobilitazione contro l'infame decimo decreto del Governo Renzi, che rimanda l'intervento ambientale in fabbrica a quando i nuovi padroni ne prenderanno in mano le redini, il che vuol dire al 2019, rispetto ad un'emergenza di morti, tumori e danni ambientali che già era esplicita nel 2012.
Si è detto che nazionalizzazione, riconversione, o altre “soluzioni” - al di là del merito, spesso illusorio perchè non si vuole fare i conti con un sistema economico e politico capitalista - risultano essere parole d'ordini sterile, e anzi utilizzate dai padroni e dal governo, se non riparte una potente e organizzata lotta generale di operai e masse popolari di Taranto.

Un dibattito che evidentemente anche alla Calusca domanda continuità, legami con Taranto e mobilitazione.
Una mobilitazione che a Taranto, prima che scoppiasse la grande crisi c'era già stata ed era ben rappresentata dal filmato che è stato proiettato alla fine dell'assemblea e che mostra la grossa manifestazione nazionale a Taranto avvenuta il 18 aprile del 2009, in cui si ritrovarono operai, sindacalismo di base e di classe, giovani universitari di Napoli, familiari di operai morti, non solo di Taranto ma provenienti dalla Thyssen e da varie realtà lavorative e città, forze impegnate sulle morti sul lavoro e da inquinamento di diverse parti d'Italia, chiamate a raccolta dalla Rete nazionale per la sicurezza sul lavoro.

Quella manifestazione aveva già contenuti, indicazioni per un movimento nazionale che facesse dell'Ilva e di Taranto una battaglia generale per vincere non solo a Taranto ma in tutto il paese. 

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