mercoledì 15 giugno 2016

pc 15 giugno - Germania-Cina: gli affari sono affari, altro che dazi, la contesa interimperialista sulle aree strategiche del mondo

Merkel chiude la visita in Cina con accordi per 15 miliardi di dollari e garanzie sull’acciaio

PECHINO - Ben 15 miliardi di dollari di contratti, un bel bottino per il cancelliere Angela Merkel. Si conclude alla grande la sua nona, trionfale, trasferta pechinese in un decennio di potere, questo è il quarto round bilaterale con la Cina. Non è una novità, Merkel è molto amata e apprezzata dai vertici cinesi con i quali il feeling non ha mai registrato alcuna battuta di arresto.
Ma è stato quello con il presidente Xi Jinping il momento più complicato, quando Xi ha ricordato le procedure antidumping europee che coinvolgono aziende cinesi e la questione della mancata concessione dello status di economia di mercato alla Cina. Toni abbastanza pragmatici, la richiesta del presidente è stata quella di superare questi problemi, anche se il cancelliere tedesco è stato accolto come la più genuina portavoce dell’Europa.

Il premier Li Keqiang ha discusso con lei di guerre commerciali («non abbiamo intenzione di rilanciarne»), sovracapacità nell’acciaio («la Cina taglierà l’eccesso di produzione»), barriere agli investimenti in Cina («le abbasseremo e renderemo più semplici gli investimenti»): insomma un florilegio di tutto rispetto, ben più ampio di quel consistente bilancio di 167 miliardi di dollari di interscambio che la Germania, presente con una ventina di pezzi grossi dell’industria, ovviamente vorrebbe incrementare, nonostante le difficoltà in cui versa la Cina.
Mettersi contro un Paese che per la Germania resta il quarto interlocutore commerciale (e, per la Cina, la Germania è il quinto) è l’ultima cosa da fare.
Eppure Angela Merkel è andata spedita. Tagliare l’overcapacity cinese nell’acciaio, dare più spazio alle aziende straniere è stata la replica dei cinesi alle sue richieste, le si deve dar atto di essere in grado di portare a più miti consigli la leadership cinese.
Nella visita ufficiale con al seguito il “core” delle aziende tedesche, il cancelliere ha infatti squadernato le proprie esigenze: più spazio agli investimenti stranieri (e quindi tedeschi), ottenendo in cambio una promessa da parte del premier cinese di tenere sotto controllo l’eccesso di produzione nell’acciaio.
Il tema è caldo, sta squassando i rapporti tra interi blocchi politici, gli Usa si sono persino lanciati nella proposta di creare un Forum mondiale dell’acciaio. Il segretario al tesoro Jacob Lew ne ha fatto il leit motiv del Summit.
Ma a pochi giorni dalla posizione imbarazzante del ministro delle finanze cinesi Lou Jiwei, che nella due giorni di Dialogo strategico con gli Stati Uniti aveva detto che il governo non può far molto perchè le aziende dell’acciaio per metà sono private, ecco che Angela Merkel fa dire al premier Li esattamente il contrario: si, si può fare.
Quanto agli investimenti, il cancelliere è stato anticipato dal cahier de doleance della Camera di commercio europea in Cina - che è costituita soprattutto da aziende tedesche – la quale ha rilevato un sensibile peggioramento dell’indice di fiducia delle aziende attive e operative in Cina.
Li Keqiang ha promesso una maggiore apertura ma in realtà a turbare i sonni dei tedeschi c’è l’aggressività dei cinesi sul versante opposto, brucia ancora l’assalto di Midea che si è lanciata alla conquista della bavarese Kuka un gioiello vero e proprio della robotica, sul piatto ha messo 5.2 miliardi di dollari e non si trova una controofferta che sia una. Nel frattempo ricordiamo anche che l’Europa ha bloccato un altro assalto stavolta di un’azienda cinese statale, la CGD, che aveva avviato una joint venture con la francese EDF nel presupposto che CGD è sottoposta al controllo statale anche sul versante finanziamento. Il matrimonio non si può fare.
Insomma per quanto si possa dire o fare, quello degli investimenti reciproci non è un gioco a somma zero. Ognuno dei due schieramenti ha qualcosa da cui guardarsi e come dimostra il caso Kuka la Cina adesso mostra chiaramente la volontà di puntare sul trasferimento tecnologico ad altissimo livello, costi quel che costi.

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