martedì 14 giugno 2016

pc 14 giugno - Italicum: Legge elettorale truffa di Renzi, fogna della democrazia borghese

Entrerà in vigore dal luglio 2016 e prevede un premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti, soglie di sbarramento al 3%, capilista bloccati, possibilità di candidarsi in più collegi e preferenze di genere.
Riportiamo le due visioni di parte di un giornale borghese e della falsa sinistra che non  colgono i contenuti e gli aspetti moderno fascisti della legge.
Le quattro ragioni di Renzi per non cambiare l’Italicum 
da la stampa
«Non ho alcuna intenzione di modificare l’Italicum. Non lo farò né ora né dopo il referendum costituzionale, per un poker di buone ragioni. Se lo mettano in testa».            La prima riguarda proprio la minoranza interna: «Fuori dal Pd non c’è vita, ormai l’hanno capito. Ma con una legge elettorale diversa potrebbero essere incentivati alla scissione nell’illusione di creare un partitino a sinistra». Seconda carta del poker: «I centristi chiedono il premio alla coalizione per allearsi con il Pd. Ma qual è la loro utilità marginale? Il loro peso è intorno al 3%. Meglio andare per la nostra strada con il partito a vocazione maggioritaria pensato da Veltroni». Tre, i guai del centrodestra. Tra Salvini e Berlusconi «ormai la frattura è consumata e l’Italicum li costringerebbe a rimettersi insieme in un listone unico». E infine, la quarta carta del poker. Nonostante la buona affermazione dei Cinque stelle, Renzi è convinto che la partita nazionale saranno ancora il Pd e il centrodestra a giocarsela. E grazie all’Italicum, che costringe la Lega a unirsi a Forza Italia. C’è infine una ragione non detta nell’insistenza del segretario Pd per l’Italicum. Quei capilista bloccati consentiranno anche un netto ridimensionamento della minoranza interna. I leader come Bersani, Cuperlo e Speranza verranno salvati nella riserva indiana. Gli altri dovranno vedersela con le preferenze. E sarà un bagno di sangue. 

Italicum, un miraggio di modifica 

da il manifesto

Legge elettorale. Il gruppo dirigente renziano allude a possibili aperture, ma è pura tattica. Renzi guarda al referendum, ma ha voluto il premio al singolo partito. Aggirabile dai listoni
Si può davvero tornare al 2014? Un’intervista del capogruppo dei deputati Pd Zanda a Repubblica in cui si dichiara una teorica disponibilità a «migliorare» la legge elettorale regala un piccolo brivido agli avversari dell’Italicum. Anche perché Zanda, in quello che sembra soprattutto un omaggio ai desideri del fondatore Scalfari, indica come ostacolo alla modifica
della legge elettorale «l’individuazione delle forze parlamentari che possono approvarla». Che è forse l’ultimo dei problemi, dal momento che tutti gli alleati centristi, ma anche gli avversari di Forza Italia, non vedono l’ora che l’Italicum torni alla versione approvata alla camera nel 2014, quella con il premio di maggioranza alla coalizione e non alla lista singola. La stesa richiesta che fa da tempo la minoranza Pd, così Renzi avrebbe anche qualcosa da offrire in vista del referendum costituzionale, se davvero decidesse di ripensarci. Ma non lo farà.
Non lo farà perché si tratterebbe di cambiare una legge voluta al punto da farla approvare con la fiducia, violando apertamente il regolamento della camera che per le leggi elettorali impone sempre la procedura di approvazione «normale». Non lo farà – ha sempre detto che non lo farà – perché l’Italicum con il premio alla lista incarna lo spirito del partito «a vocazione maggioritaria» che Renzi ha ereditato da Veltroni, come ha ribadito il presidente del Consiglio appena tre giorni fa (pazienza se con quest’idea in testa Veltroni ha perso le elezioni proprio quando il Pd è arrivato al massimo consenso). Non lo farà, infine, perché la legge non impedisce affatto di presentare una coalizione, richiede solo che questa venga travestita da «listone» unico. L’inganno è già scoperto – e infatti Salvini discute in tutti i talk show della possibilità di entrare in lista con il centrodestra – ed è stato persino certificato nelle disposizioni sulla trasparenza dei partiti, approvate pochi giorni fa alla camera, dov’è prevista la possibilità che il simbolo elettorale rappresenti una lista e non un partito. Del resto, quando Renzi – guardando i risultati delle amministrative – prevede che il ballottaggio nazionale con l’Italicum sarà tra centrodestra e centrosinistra, lo fa proprio ipotizzando il ricorso alla tecnica dei «listoni». L’Italicum non solo non li impedisce, ma li favorisce perché permette di regalare alle piccole formazioni che si mettono in scia una quota di seggi garantiti, con il meccanismo dei capilista bloccati.
Chi certamente sarebbe contrario a un ipotetica riapertura della nuova legge elettorale (che, ricordiamolo, sarà applicabile solo dal prossimo primo luglio) è il Movimento 5 Stelle, unico partito naturalmente ostile alle alleanze e in fondo unico realmente favorito da una legge elettorale che è stata disegnata dai consiglieri renziani per un Pd che non c’è più, quello delle europee 2014 del 40%. Così, mentre si moltiplicano i parlamentari centristi che danno credito all’apertura di Zanda e immaginano una revisione della legge elettorale, il senatore della minoranza Pd Fornaro aggiunge un’altra richiesta a Renzi, oltre al ritorno al premio di coalizione. «Abolire i capolista bloccati in tutti e dieci i collegi, o almeno nella metà – spiega – aiuterebbe anche il sì al referendum costituzionale di ottobre, perché eliminerebbe l’argomento secondo cui il leader del partito vincente controllerebbe l’intero parlamento attraverso i propri uomini, eletti come capolista».
In fondo il vero tema è questo: l’ostilità verso l’Italicum può giocare contro Renzi nel referendum sul quale punta tutto. Il che spiegherebbe l’utilità di mettere in giro l’argomento di una possibile revisione, in realtà impossibile anche solo considerando i tempi necessari per correggere una legge elettorale e l’ansia del presidente del Consiglio di tornare alle urne dopo il referendum. «Ma se Renzi vuole mandare un segnale – aggiunge Fornaro – allora dica qualcosa sulla legge per l’elezione dei senatori. Noi abbiamo presentato la nostra proposta a gennaio, capisco che non si possa incardinare perché pende il referendum sulla riforma costituzionale, ma almeno il governo che è così interventista su tutto il resto dica come la pensa».

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