martedì 17 maggio 2016

pc 17 maggio - "Non siamo immigrati, siamo prigionieri" Cuneo

Cuneo, i profughi protestano in prefettura: "Non siamo immigrati, siamo prigionieri"

Cuneo, i profughi protestano davanti alla prefettura: "Non siamo immigrati, siamo prigionieri"

In piazza una cinquantina di rifugiati ospitati nel paese di Entracque. Polemico il sindaco: "Hanno ragione, sono troppi per un Comune di 800 abitanti"

Decine di profughi ospitati a Entracque, nel Cuneese, hanno manifestato questa mattina davanti alla Prefettura di Cuneo. Si lamentano delle condizioni in cui sono stati alloggiati: portavano uno striscione con la scritta "Siamo immigrati o prigionieri?". "Mi stupisco solo che sia successo solo adesso, e non prima - commenta Gian Pietro Pepino, sindaco di Entracque - E' assurdo che 50 ragazzi siano ospitati in un paese di soli 800 abitanti. Ho già segnalato più volte il problema alla Prefettura. Sono alloggiati da due anni in una struttura ricettiva gestita da privati e finora non abbiamo avuto problemi di ordine pubblico, ma sono troppi per un paese così piccolo".

Corrente elettrica contingentata, non c’è acqua calda, ci hanno tolto il wifi»

La protesta di cinquanta profughi davanti alla Prefettura. La replica dei gestori della casa che li ospita ad Entracque

La complessa situazione di 53 richiedenti asilo politico ospiti al villaggio «C’era una volta» di Entracque è sfociata, questa mattina (lunedì 16 maggio) in un presidio di protesta davanti alla Prefettura di Cuneo. I migranti hanno da 16 a 42 anni, provengono da diversi Stati dell’Africa sub sahariana (dal Mali alla Nigeria, dal Senegal alla Guinea) e stamane, in bici o con il bus, si sono ritrovati in via Roma con cartelli che chiedevano «Siamo immigrati o prigionieri?».
Alcuni sono ospiti della struttura da oltre un anno, altri da pochi mesi. Mentre una delegazione è stata ricevuta in Prefettura i migranti spiegavano ai cronisti: «Abbiamo la corrente elettrica contingentata, non c’è acqua calda, ci hanno tolto il wifi. Ci viene chiesto di fare piccoli lavori per poter poi andare a prendere medicine o fare visite mediche, come nostro diritto».

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