lunedì 4 aprile 2016

pc 4 aprile - APPELLO ALLA SOLIDARIETÀ PER I COMPAGNI E LE COMPAGNE IMPUTATI NEL PROCESSO CONTRO IL MOVIMENTO FIORENTINO



MANIFESTAZIONE 9 APRILE 2016 PIAZZA SANTA MARIA NOVELLA ORE 15.30

A Firenze siamo ormai giunti alle battute finali del primo grado nel processo contro il movimento fiorentino.
Il processo è frutto di un'inchiesta aperta dalla procura fiorentina nel 2009 che formulò l'ipotesi del reato di associazione a delinquere applicata alle lotte politiche e sociali.
L'utilizzo del reato associativo ha permesso l'autorizzazione di intercettazioni ambientali e telefoniche, ha sancito il prolungamento delle indagini fino a quasi due anni determinando l'allargamento dell'inchiesta dal contesto studentesco da cui era partita, nello specifico dallo Spazio liberato 400 colpi, a tutte le altre mobilitazioni che stavano investendo il territorio come quella contro la costruzione di un CIE in Toscana, quella antifascista fino alle lotte dei lavoratori.L'utilizzo del reato associativo è servito poi per alimentare la campagna mediatica di criminalizzazione del movimento e soprattutto ha legittimato le successive misure cautelari.
Il 4 maggio 2011 scattò la prima operazione di polizia che portò a diverse perquisizioni e ai primi arresti.
Nelle settimane successive l'inchiesta si allargò alle manifestazioni che furono organizzate per rispondere all'attacco repressivo. Il 13 giugno si arrivò così alla seconda operazione di polizia che portò ad un totale di 86 compagni imputati nel processo di cui 35 sottoposti a misura cautelare tra arresti - uno in carcere gli altri ai domiciliari - e obblighi di firma. Pertanto le realtà, i collettivi e le strutture firmatarie di questo APPELLO alla SOLIDARIETÀ lanciano una campagna di mobilitazione:

1. Affinché del processo si parli e si faccia parlare il più possibile di modo che si crei coscienza, consapevolezza e la repressione non possa agire nel silenzio.

2. Perché sia chiaro che chi lotta per la difesa dei propri diritti e più in generale per la costruzione di una società di eguali senza più guerra, razzismo e sfruttamento non sarà mai lasciato solo di fronte alla repressione con cui facciamo i conti quotidianamente: divieti, denunce, cariche, provocazioni, sgomberi e arresti sono ormai all'ordine del giorno.

3. Per arrivare ad una manifestazione di piazza il 9 APRILE 2016 ALLE ORE 15.30 IN PIAZZA SANTA MARIA NOVELLA A FIRENZE che sia un momento di espressione UNITARIA di solidarietà nei confronti degli 86 compagni e compagne imputati.

Centro Popolare Autogestito fi-sud
Movimento di Lotta per la Casa
Collettivo Politico Scienze Politiche
Cantiere Sociale Camilo Cienfuegos - Campi Bisenzio
Occupazione Corsica 81
Assemblea contro la metropoli
Rete dei Collettivi fiorentini
Confederazione Cobas Firenze
CUB Firenze
Clash City Workers - Firenze
Per un'altra Città
Collettivo contro la repressione - Firenze
La Polveriera
CSA nEXt Emerson
Partito Comunista dei Lavoratori - Firenze
Comitato Comunista Fosco Dinucci - Firenze
Partito Comunista - Firenze
Prc - Firenze
Giovani Comunisti - Firenze
Comitato Piazza Carlo Giuliani onlus
Collettivo d'Agraria
Coordinamento No Austerity
La fiaccola dell'anarchia
Occupazione di via del Leone 60/62
Partito di Alternativa Comunista - sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale
Sa Domu Studentato Occupato Casteddu
Associazione Mariano Ferreyra
Collettivo Bujanov (AR)
ValdarnoAntifascista
Assemblea Antifascista del Q2
Marzolo Occupata
P.CARC - Federazione Toscana
ISKRA - Laboratorio Sociale
Fronte della Gioventù Comunista di Firenze
"Periferie al Centro" - Fuori binario
Osservatorio sulla Repressione
Noi Saremo Tutto
Rete dei Comunisti
Confederazione USB Firenze
Sinistra Classe Rivoluzione Firenze

per info e adesioni: processo86firenze@hotmail.com

Lunedì 21 marzo il PM Coletta ha avanzato le richieste di condanna nel Processo contro il movimento fiorentino: le lotte politiche e sociali, studentesche, le mobilitazioni antifasciste e antirazziste, la solidarietà, i cortei e i presidi organizzate a Firenze
 dal 2009 al 2011 hanno, per l’accusa, un prezzo di 71 anni e 9 mesi di carcere.

La costruzione dell’inchiesta ruota attorno all’applicazione del reato di associazione a delinquere, utile alla criminalizzazione stessa delle lotte ed a una gestione politica di Procura e Digos, mentre le misure cautelari del 4 maggio e 13 giugno 2011 assumono
 un significato determinante proprio all’interno di quella gestione politica.

Le misure cautelari vengono imposte, richieste dal PM e giudicate necessarie dal GIP, per tre ragioni: pericolo di fuga, di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. La loro applicazione quindi non si basa sull’analisi di fatti specifici bensì sul
 giudizio politico e sociale della persona che il giudice si trova di fronte: conta “chi sei”, la tua appartenenza politica, il tuo lavoro, i tuoi rapporti, sia politici che personali.

La misura cautelare quindi è un dispositivo punitivo che anticipa la condanna, principalmente strumento appunto di coercizione preventiva, utile alla controparte per cercare sin da subito di esercitare pressione sugli indagati, arrivando agli interrogatori
 di garanzia in uno stato di privazione o restringimento di libertà in cui può essere sicuramente più facile che qualcuno scelga strade individuali, di differenziazione o dissociazione.

Nel caso del Processo contro il movimento fiorentino va sottolineato come su 86 compagn* indagat* , con a carico 35 misure cautelari, tutti i compagni interrogati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e tutti gli 86 sono arrivati a processo con rito
 ordinario, rifiutando patteggiamenti e riti abbreviati.

E’ necessario, come sempre, affrontare questa inchiesta e questo processo individuando il contesto e le strategie repressive che vi stanno dietro, la cornice all’interno della quale la strategia repressiva si articola, gli elementi e gli attori che ne determinano
 lo sviluppo, il suo rapporto dialettico con le fasi politiche ed economiche.

La cornice all’interno della quale si riadegua la strategia repressiva è quella della Fortezza Europea, della competizione interimperialista e della guerra, di cui i nostri territori rappresentano il fronte interno, da anni investito da tutte quelle misure
 che stati e governi reputano necessarie per il controllo sociale. E’ proprio all’interno di questo abbiamo il continuo inasprimento della legislazione antirepressiva e antiter che negli ultimi 30 anni ha caratterizzato l’Italia, dove l’accentramento dei poteri
 (esecutivizzazione) e la generalizzazione del controllo si è accompagnato con la specializzazione della repressione.

L’emergenza, già ben oliata nel ciclo di lotte degli anni ‘70/80, è stata leva di consenso attraverso il quale si sono legittimati tutti i passaggi che hanno segnato questa continua ristrutturazione: il 41 bis, i reati associativi, le leggi “antimmigrazione”,
 i CIE e i provvedimenti extragiudiziali, le leggi “antistadio”, la militarizzazione dei territori colpiti da calamità naturali e di quelli ritenuti di “interesse strategico” (muos, tav, discariche…), la progressiva erosione di agibilità e libertà in cambio
 di “sicurezza”.

Lo stato e gli apparati repressivi hanno avuto la forza e la capacità di reclutare e cooptare all’interno delle proprie file anche nuovi soggetti fino a quel momento estranei a compiti di controllo poliziesco: stiamo parlando dei controllori sugli autobus,
 degli stewards allo stadio, del personale medico addetto al TSO, di alcune tipologie di lavoratori coinvolti nella gestione dei CIE, i presidi e il corpo docente nelle scuole dopo l’approvazione della Buona Scuola.

A questo livello repressivo corrisponde però anche altro. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un numero di controlli e perquisizioni antidroga all'interno delle strutture scolastiche sempre crescente accompagnate da lezioni e incontri in cui a salire in
 cattedra erano direttamente agenti di polizia con il compito di istruire gli studenti alla “cultura della legalità”, che ben lungi dall'essere superpartes, rappresenta la legalità dalla classe dominante.

Questa è la lente che dobbiamo usare anche per andare oltre la superficie di leggi come il Jobs Act che in realtà agiscono proprio sul piano del controllo e della repressione, dotando il padronato di tutti gli strumenti necessari per agire, in modo preventivo,
 contro ogni tentativo di organizzazione dei lavoratori che esca da un livello di compatibilità con le esigenze produttive.

Alla luce di questo ragionamento, così come sul piano internazionale lottiamo contro la guerra, sui luoghi di lavoro e sul territorio cerchiamo di agire nello scontro tra capitale e lavoro, crediamo sia imprescindibile non lasciare sguarnito il fronte repressione
 considerando la solidarietà come un elemento fondamentale della lotta stessa.

Lottare contro la repressione significa analizzare e approfondire il modo in cui si muovono gli apparati repressivi, individuando complici e responsabili di questa strategia compreso il governo in carica e in questo il Partito Democratico e il governo Renzi.

Lottare contro la repressione significa comprendere i meccanismi su cui essa fa leva per metterci a tacere e isolarci, innescare divisioni e percorsi de-solidaristici. Per questo è importante gettare lo sguardo all'interno delle mura carcerarie perché i livelli
 di divisione e differenziazione che oggi caratterizzano il sistema carcerario sono i medesimi che la controparte ripropone al di fuori. Bisogna comprendere come i carcere sia emblema e punta emergente della repressione stesa e di un sistema diviso in classi.

Dove la controparte cerca di isolare, dividere e differenziare per noi il compito è quello di riallacciare legami e rapporti. Questo lo vediamo nelle carceri ma anche nella quotidianità dei quartieri popolari o sui posti di lavoro, dove un lungo percorso di
 spoliticizzazione e disimpegno di massa sta dando i suoi frutti amari nella crescita di sentimenti egoistici, razzisti e xenofobi, complici delle politiche reazionarie e guerrafondaie.

Si tratta di un meccanismo simile a quello utilizzato durante il periodo fascista dove lo Stato d'eccezione e di guerra era apertamente dichiarato. Lo Stato d'eccezione e di guerra si sono evoluti e trasformati fino ad arrivare noi: lo abbiamo visto nelle fasi
 storiche in cui si è alzato il livello dello scontro di classe e lo vediamo chiaramente ora che la guerra arriva a colpire all'interno dei confini della Unione Europea.

La solidarietà è quindi essa stessa uno strumento e una pratica di lotta. La solidarietà dev'essere una pratica capace di tenere insieme un ragionamento complessivo per sapere contrapporsi alla strategia repressiva, altrimenti corriamo il rischio di relegarla
 ai soli benefit, importanti ma non sufficienti, e esprimerla solo nei confronti dei propri affini e delle pratiche che riconosciamo come nostre.

La solidarietà invece, partendo dal carcere e al di fuori di esso deve tenere insieme tutti i soggetti colpiti dalla repressione: dai prigionieri politici fino ai cosiddetti comuni, lavoratori, studenti, immigrati, proletari e così via...

Questa è la tensione che porteremo in strada il 9 aprile a Firenze, rilanciando l'invito ad unirsi allo spezzone che aprirà il corteo dietro lo striscione "SOLIDARIETÀ PER CHI LOTTA, SOLIDARIETÀ AGLI 86!"

… e ora tutti in piazza!

Le compagne e i compagni del CPA Firenze Sud

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