venerdì 15 aprile 2016

pc 15 aprile - A proposito di migrazioni e civiltà: “Quando l’Inghilterra “deportava” i bambini”

I paesi “maggiormente industrializzati”, i “paesi ricchi”, insomma i paesi imperialisti, vengono definiti dalla borghesia come i paesi della “civiltà”. Questa mostra, che è attualmente in corso a Londra, racconta bene un aspetto di ciò che i borghesi intendono per civiltà sempre sulla pelle del proletariato di qualsiasi età e sesso.
 
Naturalmente sull’Inghilterra, sulla vera natura di questa civiltà, sono imprescindibili le letture di Engels (La condizione della classe operaia in Inghilterra) e di Marx (Il Capitale)

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Quando l’Inghilterra “deportava” i bambini


È stata una “deportazione nascosta”, perpetrata tra la metà del XIX secolo e il 1970 dall’imperiale Inghilterra, culla della democrazia
E a spiegare ogni cosa, anche se usando la giustificazione di voler costruire la “cittadinanza imperiale”, ci sono soprattutto ragioni economiche. Così, per oltre un secolo, 130 mila minori britannici (orfani, ma perlopiù poveri) furono costretti all’emigrazione forzata in Australia, in Canada e in altri Paesi del Commonwealth. La loro età variava tra i 3 e i 15 anni e, con la speranza spesso di un futuro migliore e grazie alla mediazione anche di organizzazioni umanitarie, il governo inglese convinceva le famiglie a lasciarli partire. Portati via dagli affetti e dalla loro terra, quei bambini e ragazzi ebbero in realtà destini ugualmente molto sfortunati: qualcuno riuscì a trovare un lavoro e a formarsi, una volta adulto, una famiglia; gli altri – la maggior parte – vissero in condizioni di sfruttamento e di indigenza non molto diversi da quelli delle loro famiglie d’origine in Inghilterra. Sino al 12 giugno prossimo, le loro storie e le loro tragedie saranno raccontate a Londra nella mostra On Their Own: Britain’n Child Migrants al Museum of Childhood.

Il venerdì 1 aprile ‘16

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