lunedì 21 marzo 2016

pc 21 marzo - IL 18 MARZO FIANCO A FIANCO OPERAI E LAVORATORI IMMIGRATI: LAVORO NON GUERRA



A Bergamo la giornata del 18 marzo è stata anticipata da volantinaggi che hanno toccato le più importanti fabbriche del territorio dove si è portato agli operai la necessità dello sciopero contro il governo della guerra.
Uno sciopero necessario ma difficile, anche nei posti di lavoro con una presenza organizzata del sindacato. Tante presenze importanti in piazza ma anche tanti vuoti.
Lavoratori della logistica e operai di fabbrica; licenziati con infami accordi sindacali di Cgil e Cisl che hanno chiuso importanti aziende quando il lavoro c'è per favorire la delocalizzazione e lo sfruttamento di nuova manodopera in nuove aziende; i senza diritti delle cooperative in maggioranza immigrati, si sono trovati fianco a fianco contro questo sistema criminale che è il governo delle imprese e della guerra.
Nell'assemblea in piazza questo insieme di esperienze si sono fuse nelle ragioni dello sciopero, i tanti aspetti dello sfruttamento quotidiano, nei magazzini della logistica o sulle catene delle grandi fabbriche.
E' uscito chiaro, che le condizioni da nuovi schiavi imposte con il sistema illegale delle cooperative, è il modello che stanno esportando nelle fabbriche, con la riforma del art. 18, con il jobs act, con la svendita del contratto nazionale come quello dei metalmeccanici ora in discussione.

IL VOLANTINO DIFFUSO

Lavoro non guerra, diritti per tutti
NO allo sfruttamento, NO alla precarietà, NO al razzismo

Contro le guerre ingiuste, vere e proprie rapine internazionali, che i governi fanno, con il governo Renzi in prima fila, per difendere i profitti dei padroni: per il controllo del petrolio, per spartirsi nuovi mercati... Sono queste guerre che producono la miseria e la disperazione che costringono milioni di
uomini e donne a immigrazioni forzate.
Contro la guerra interna ai lavoratori. Delocalizzazioni, e libertà di licenziare con la riforma dell'art. 18. precarietà a vita del lavoro e taglio dei diritti con il Jobs act. morte della democrazia in fabbrica con l'accordo fascista del 10/01/2014
Contro la guerra interna a tutte le masse popolari, attaccate dalla politica barbara e infame del governo Renzi, che taglia servizi essenziali e diritti sociali indispensabili come la sanità, le pensioni, la scuola...
Un governo, quello di Renzi, al servizio dei profitti di Confindustria e delle banche, che taglia per privatizzare. Un governo che toglie risorse vitali al benessere delle masse, per finanziare la politica dei cannoni.

Come lavoratori abbiamo una sola strada, lottare e scioperare per organizzare la nostra guerra di classe:
per cacciare il governo della guerra ai popoli
per difendere il lavoro e le fabbriche
per un salario dignitoso
per i diritti e la libertà di organizzazione sindacale per tutti i lavoratori
per pubblici servizi sociali primari come la sanità, l'istruzione, la casa
per l'unità degli sfruttati contro il razzismo usato per dividere i lavoratori
indetto dai sindacati di base

A Bergamo la giornata del 18 marzo è stata anticipata da volantinaggi che hanno toccato le più importanti fabbriche del territorio dove si è portato agli operai la necessità dello sciopero contro il governo della guerra.
Uno sciopero necessario ma difficile, anche nei posti di lavoro con una presenza organizzata del sindacato. Tante presenze importanti in piazza ma anche tanti vuoti
Lavoratori della logistica e operai di fabbrica; licenziati con infami accordi sindacali di Cgil e Cisl che hanno chiuso importanti aziende quando il lavoro c'è per favorire la delocalizzazione e lo sfruttamento di nuova manodopera in nuove aziende; i senza diritti delle cooperative... in maggioranza immigrati, si sono trovati fianco a fianco contro questo sistema criminale che è il governo delle imprese e della guerra.
Nell'assemblea in piazza questo insieme di esperienze si sono fuse nelle ragioni dello sciopero, i tanti aspetti dello sfruttamento quotidiano, nei magazzini della logistica o sulle catene delle grandi fabbriche.
E' uscito chiaro, che le condizioni da nuovi schiavi imposte con il sistema illegale delle cooperative, è il modello che stanno esportando nelle fabbriche, con la riforma del art. 18, con il jobs act, con la svendita del contratto nazionale come quello dei metalmeccanici ora in discussione.

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