martedì 23 febbraio 2016

pc 23 febbraio - Dall'Aquila, 2 parole su Bertolaso in corsa al Campidoglio


Riceviamo e pubblichiamo:

In questi giorni la stampa nazionale, ma soprattuto quella locale è piena di commenti, a volte feroci altre volte di consenso, circa la candidatura a sindaco di Roma di Guido Bertolaso. Un uomo potente, capace di ramificare i propri contatti e le proprie referenze nei svariati mondi della politica, degli affari, e anche con le alte gerarchie ecclesiastiche.
Un plenipotenzario che oggi è attaccato da più parti per la sua attività spesso al limite della legalità, con coni d'ombra che lasciano più di un sospetto. Tutte critiche sensate e giuste, democraticamente fondate.
Tuttavia Guido Bertolaso è stato anche altro, ha interpretato in modo
forte, mediatico, un modello politico e istituzionale che ha fatto e tuttora fà tendenza verso un funzionalismo amministrativo-politico di stampo europeo. Sono fortemente persuaso che a questo modello di potere ormai sovranazionale le classi dominanti impiegano una quantità di risorse, energie affinché il loro potere vada in un certo modo piuttosto che in un altro. Bertolaso attraverso la gestione dei rifiuti a Chiaiano prima ed a L'Aquila dopo è stato interprete magistrale di quella politica che vede un costante processo di esclusione e marginalizzazione politica delle masse popolari, dei cittadini, di quel popolo portatore di legittimi interessi. E per dovere di verità va ricordato come quella nomina fu condivisa da entrambi gli schieramenti.
A Chiaiano come commissario straordinario sui rifiuti fu nominato dal governo Prodi, viceversa a commissario straodinario ed emergenziale per il terremoto fù nominato dal governo Berlusconi. Nella sua  linearità e semplicità questo esempio ci ricorda  proprio come l'affermarsi di una determinata Weltanschauung come la chiamano i tedeschi cioe (concezione del mondo, della vita, riferito a un gruppo umano o a un popolo) determini e delimiti le regole del gioco in un determinato contesto storico.
Ora gli storici sanno bene che quando si mettono in moto dispositivi emergenziali essi costituiscono il retroterra culturale e politico dei regimi totalitari. Negli anni che precedettero la salita al potere di Hitler, ad esempio i governi socialdemocratici di Weimar avevano fatto un tale ricorso allo stato di emergenza che è lecito dire che la Germania aveva smesso di essere una democrazia parlamentare già prima del 1933. Così in un una situazione di stato emergenziale le operazioni immediate sostituiscono quello che di solito è appannagio di una democrazia normalmente funzionante. Consigli Comunali, territoriali, apparati giudiziari, stampa ecc. Essa viene di fatto superata  dal funzionalismo degli apparati calati dall'alto in nome di una emergenza vera o presunta.
Tutti ricorderanno la neo-lingua imposta subito dopo il 6 aprile. DICOMAC-COM ( DIrezione COMAndo e Controllo), CAPI CAMPO ecc. ecc. e quindi una rapida dissoluzione delle istituzioni pubbliche. Oggi quell'aspetto, ai molti orripilante è sostituito dall'algido logaritmo della finanza. Perché chi determina tutto il flusso finanziario della ricostruzione è deciso in Europa, qui si decide solo di contratti di secondo livello. Una democrazia ampiamente commissariata.
Con quel cambiamento  politico imposto dal nostro Commissario ci fù un salto nello statuto politico e giuridico dei cittadini e del popolo che si reputavano depositari della sovranità. In uno stato di emergenza si osserva "una tendenza irrefrenabile verso una depoliticizzazione progressiva dei cittadini, la cui partecipazione alla vita politica si riduce a sondaggi elettorali. Tale tendenza è ancora più inquietante se si considera che era stata teorizzata dai giuristi nazisti, che definivano il popolo come un elemento sostanzialmente impolitico al quale lo stato deveva garantire protezione e crescita."..."Quello che bisogna capire però è che quando si depoliticizzano i cittadini poi l'unico modo di farli uscire da questa passività è mobilitarli con la paura...."(Giorgio Agamben "Dallo Stato di diritto Allo Stato di Sicurezza"). E quando progressivamente si applicano simili politiche è lecito attendersi una dissoluzione rapida e irreversibile delle istituzioni pubbliche. Ed in tal senso se si guarda agli ultimi avvenimenti di carattere amministrativo e politico tutto torna.
Qualsiasi avvenimento di un certo rilievo, spesso viene, o è sempre commissariato: dal'Expò, al Comune di Roma, e abbiamo persino un commissario agli appalti. Ma l'elenco potrebbe continuare. Si propaganda prima l'inutilità della democrazia, in nome della corruzzione diffusa, quindi si impongono le regole dell'eccezionalità, dell'emergenza.
Bisogna ammettere, anche a distanza di tempo come la figura di Bertolaso ed il suo fare, abbia corrisposto ad una forma politica post-democratica ed autoritaria. Io, non so se l'agire politico e amministrativo di questo personaggio sia stato supportato da tale consapevolezza, tuttavia ha sicuramente interpretato una tendenza che oggi si dispega non solo nel nostro paese ma è in opera in tutto il continente europeo con la scusa del terrorismo. Ora criticare tutte le malefatte di Guido Bertolaso "prestato" alla Protezione Civile è giusto e necessario, tuttavia a me pare che questa opera di sfondamento della democrazia formale per quanto traballante sia la cosa più seria e importante da sottoporre alla riflessione ed alla critica più attenta.

Tempera, 18 Febbraio 2016
Alfonso De Amicis
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Cari romani,

con questa lettera vorremo cercare di raccontarvi brevemente tutti i danni, le speculazioni e le ingiustizie che ha causato Guido Bertolaso sul nostro territorio: L'Aquila.

Menzogne. Il 30 marzo 2009, una settimana prima del terremoto, Bertolaso organizza a L'Aquila la commissione Grandi Rischi. "Un'operazione mediatica", come la definisce lui stesso nelle intercettazioni, con lo scopo di "tranquillizzare la popolazione". Per effetto di questa "operazione" molte persone sono rimaste serene nelle proprie case la notte del terremoto. Bertolaso è attualmente sotto processo con l’accusa di "omicidio colposo plurimo", mentre il suo vice Bernardo De Bernardinis è già stato condannato in via definitiva. Dopo il terremoto, le menzogne hanno continuato ad essere protagoniste: dalla grottesca idea del G8 - che ha avuto il solo merito di blindare la città e far costruire due inutili strade - alla favola “dalle tende alle case”.

Repressione. Fin da subito dopo il terremoto, Bertolaso, commissario per l'emergenza, ha utilizzato i suoi poteri per ostacolare in tutti i modi la partecipazione e l’autorganizzazione della popolazione, vietando assemblee e volantinaggi nelle tendopoli, trasferendo metà della popolazione in altre città e in altre regioni, e reprimendo ogni tipo di protesta, grazie alla complicità del prefetto e vice commissario Franco Gabrielli (poi suo successore a capo della protezione civile e ora Prefetto di Roma – guarda un po'!). Era vietato discutere del futuro della propria città o paese e fin dalle prime ore dopo il terremoto il territorio è stato completamente militarizzato. Si arrivò anche al paradossale sequestro delle carriole utilizzate per le proteste.

Speculazione. Con le palazzine del Progetto Case e le sue 19 "new town" Bertolaso ha sostanzialmente contribuito alla devastazione del territorio aquilano, occupando circa 460 ettari fuori città (più dell'estensione del centro storico aquilano) e favorendo, grazie alla deroga sugli appalti dovuta all'emergenza, le imprese che hanno costruito tali alloggi ad un costo intorno ai 3mila euro a metro quadro. La Protezione Civile è arrivata perfino ad utilizzare isolatori sismici non collaudati e difettosi (forniti dalla fondazione Eucentre di Gian Michele Calvi), dal costo gonfiato, per cui Mauro Dolce, in qualità di responsabile del procedimento di realizzazione del Progetto Case è stato condannato. Ovviamente sia Calvi che Dolce facevano parte del Dipartimento dei Protezione Civile ed erano vicini a Bertolaso. Anche qui viene da chiedersi dove fosse l’allora prefetto Gabrielli, che aveva il compito di vigilare sulla legalità della ricostruzione. Dopo 5 anni in alcuni di questi Progetti Case antisismici sono crollati i balconi e senza che ci fosse bisogno di un terremoto.

Ipocrisia. Bertolaso aveva creato un modello di Protezione Civile, a servizio del Governo Berlusconi, teso a nascondere dietro la propaganda mediatica le grande speculazioni, come quella di Anemone e Balducci (entrambi già condannati). E' successo a L’Aquila, nell’emergenza rifiuti in Campania, per i lavori del G8 alla Maddalena, per i mondiali di nuoto proprio a Roma, e in molti altri casi. Era una prassi talmente collaudata che Bertolaso ha perfino cercato di trasformare la Protezione Civile in una S.p.A.! Solo le proteste dei movimenti, in primis di noi terremotati, sono riuscite a scongiurare una simile follia.

Potremmo continuare per ore. Sembra incredibile che la Protezione Civile abbia subito una simile deriva, piegandosi ad interessi affaristici e politici, e ancora più grave facendosi scudo dell’impegno e del lavoro di tanti volontari. Purtroppo questa gente non conosce dignità, come dimostra il fatto che Bertolaso sia oggi candidato a sindaco di Roma e Gabrielli ne sia già Prefetto!

Il nostro è un appello ai romani (e a tutta Italia), questi personaggi appartenenti alla classe politica, che si definiscono come "tecnici" o "bipartisan" in realtà nascondono la peggiore politica, quella che da anni antepone l’interesse dei poteri economici che distruggono e speculano sui nostri territori, a quelli delle comunità che li vivono. La candidatura di Bertolaso per l’amministrazione della Capitale si inserisce dunque a pieno titolo in un trend di lungo e rodato corso.

La questione è indipendente dall’effettiva vittoria, o anche solo dalla concreta competizione elettorale a cui egli prenderà o meno parte. Anzi, l'appeal bipartisan dell’ex capo del Dipartimento della Protezione Civile è indicativo di un metodo di gestione della cosa pubblica, e delle emergenze in particolare, che ha assunto negli ultimi due decenni una portata sistematica e apparentemente incontestabile nel nostro Paese. Questo metodo si basa, appunto, sulla limitazione temporanea dei diritti civili (e non solo), in contesti in cui l’eccezionalità della situazione (catastrofi naturali, disastri ecologici, grandi eventi, ecc.) viene evocata come condizione sufficiente per un esercizio non convenzionale degli strumenti di controllo, di sicurezza e di repressione a disposizione. La generalizzazione e l’estensione indiscriminata di questo metodo è dunque, senza alcun dubbio, una delle forme attuali, se non la principale, del totalitarismo.

In altri tempi esso si presentava con l’aspetto del dittatore e della violenza dichiarata (e per questo, più facilmente identificabile dal punto di vista della lotta politica). Oggi ha la faccia apparentemente innocua del burocrate e dell’operatore di soccorso: in una parola, del tecnocrate – ma la sostanza, non cambia. 

Bertolaso, ma non ti vergogni neanche un po'?

Comitato 3e32 / CaseMatte

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